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Rosanna Lisa Siciliano, 37 anni, mamma. Uccisa a colpi di pistola dal marito

Palermo, 7 febbraio 2012
Papà ha sparato alla mamma. Le cose non andavano più bene da tempo. Lei era bellissima, lui l’aveva trascurata e troppo tardi si era reso conto di quello che aveva perso.

Rinaldo D’Alba, 39 anni, carabiniere. Era tranquillo fino a un’ora prima.

 

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“Papà ha sparato alla mamma”
“Aiuto, aiuto, papà ha sparato alla mamma”: è tutto nel disperato sos lanciato da una bambina di 12 anni il dramma che ha distrutto ieri la famiglia di Rinaldo D’Alba, appuntato barese dei carabinieri in servizio a Palermo che ha sparato alla moglie, Rosanna Siciliano, e poi si é ucciso.
“Sono in caserma – prosegue la figlia del carabiniere che era a casa con la sorellina di 5 anni nel momento del delitto – Correte”. Tra urla e pianti la bambina, che viveva nell’alloggio di servizio assegnato al padre, chiede aiuto: la telefonata è stata acquisita al fascicolo di indagini aperto dalla procura. Dopo avere sentito gli spari che venivano dalla camera da letto dell’appartamento, ha provato ad entrare. I genitori, che mesi fa avevano avviato una causa di separazione, si erano chiusi a chiave nella stanza. La ragazzina, terrorizzata, ha dovuto sfondare la porta con un attrezzo. Quando ha visto i genitori a terra in un lago di sangue – il padre era già morto, la madre in fin di vita – non si è persa d’animo e ha chiamato il 118.

Nella drammatica telefonata c’é la descrizione della terribile scena che la piccola si è trovata davanti. Dopo avere telefonato, ha poi portato la sorella, che non sarebbe entrata nella camera, fuori di casa per evitare che vedesse i corpi. Le due bambine, dopo l’arrivo dei carabinieri, sono state portate nell’alloggio di un collega del padre e dovrebbero essere affidate dal tribunale dei minorenni a una sorella della madre. La Siciliano viveva nella caserma della Stazione Falde, nel quartiere dell’Acquasanta; mentre il marito, dopo la separazione, si era trasferito nella camerata con i colleghi, sempre nello stesso edificio.

Il pm che indaga sull’omicidio-suicidio, Nino Di Matteo, ha disposto l’autopsia sui due corpi che dovrebbe essere effettuata tra domani e venerdì e potrebbe risentire la bambina, ancora sotto choc, nei prossimi giorni.
Dai primi accertamenti è venuto fuori che D’Alba ha sparato 5 colpi di pistola alla moglie al collo e al torace – invano il medico ha cercato di rianimarla -; poi si è sparato alla tempia.
Gli inquirenti stanno cercando ora di capire cosa abbia scatenato il raptus di follia visto che la coppia, almeno apparentemente, non viveva tensioni tali da far pensare a un simile gesto. I colleghi hanno inoltre raccontato che D’Alba, fino a un’ora prima del delitto, sembrava sereno ed aveva partecipato a una riunione di lavoro.  I carabinieri stanno esaminando i tabulati telefonici dei due protagonisti della vicenda e una serie di lettere dalle quali sarebbe venuto fuori che l’uomo voleva tornare insieme alla moglie, mentre la donna era determinata a portare avanti la causa di separazione.

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LA GELOSIA lo ossessionava. Voleva tornare indietro, voleva la sua ex moglie e ammetteva di avere sbagliato. Le scriveva lettere d’ amore e le chiedeva perdono per non averla saputa capire: «Amore mio, tu sei la donna con la D maiuscola». I
n due lettere i carabinieri del reparto operativo hanno trovato gli sfoghi di Rinaldo D’ Alba, l’ appuntato dei carabinieri che ha ucciso la ex moglie, Rosanna Lisa Siciliano, con la pistola d’ ordinanza e poi si è sparato un colpo alla tempia. Scritti che la Procura ha sequestrato martedì notte nella stanza del militare nella stazione “Palermo Falde” dell’ Acquasanta, in via Giordano Calcedonio. Un omicidio-suicidio sul quale rimane poco da capire per gli investigatori, altra cosa scandagliare nell’ inquietudine di un uomo di 39 anni che si era reso conto di aver perduto la donna della sua vita. E quando D’ Alba, che era originario di Valenzano nel Barese, ha capito che tutto era perduto, alla fine di sua lettera si è rivolto anche alla madre: «Perdonami, seppellitemi nella mia terra».

Martedì sera, intorno alle 19, D’ Alba si trovava nell’ alloggio di servizio della stazione dei carabinieri dell’ Acquasanta con l’ ex moglie e le sue due figlie di 12 e 5 anni. La coppia era separata da 8 mesi definitivamente, ma già in passato c’ erano stati lunghi periodi di separazione per incomprensioni. Il giudice aveva assegnato quell’ appartamento a Lisa Siciliano, mentre l’ appuntato dormiva in un’ altra casa della caserma.

Gli ex coniugi si sono chiusi a chiave nella camera da letto. Le bambine, invece, stavano giocando nella loro cameretta. Tutto è accaduto in pochi secondi. Uno sparo, un altro e un altro ancora. D’ Alba, hanno rilevato in nottata i carabinieri della scientifica, ha sparato contro la moglie sei colpi dalla sua 9×21. Uno solo lo sparo che ha riservato per se stesso, alla tempia.

Sotto sequestro sono finiti anche l’ arma e il cellulare del carabiniere. Intanto domani saranno svolte le autopsie disposte dal pm Nino Di Matteo. Secondo i militari del reparto operativo, tutti quei colpi dimostrano una rabbia cieca, un raptus di follia.

Nelle due lettere ritrovate, D’ Alba non ha mai fatto riferimento a un progetto di omicidio, semmai parlava della sua morte, mostrando una gelosia infondata: dopo la separazione, Lisa si era dedicata alle sue bambine e alla comunità dei testimoni di Geova. La Procura ha sequestrato anche la registrazione della chiamata al 118 della figlia maggiore. Dopo gli spari, la bambina ha sfondato la porta della camera da letto e si è ritrovata davanti il corpo del padre, ormai esanime, sopra quello della madre che respirava ancora. Ha impedito alla sorellina più piccola di entrare in camera e ha chiamato i soccorsi. In pochi attimi nella stazione dell’ Acquasanta è scoppiato il panico.

In casa dell’ appuntato sono piombati il comandante della stazione, vicino d’ appartamento delle vittime e gli altri militari che si trovavano nei sei alloggi dell’ edificio. Un ruolo fondamentale è stato svolto dagli psicologi dell’ Asp, richiesti dal coordinatore dei soccorsi del 118, Marco Palmeri, e dal responsabile della centrale del 118, Gaetano Marchese. Le bambine sono state portate subito via dalla casa e hanno trascorso la notte in casa del comandante della stazione, che ha due figli della stessa età delle figlie dell’ appuntato. Ieri le due sorelline sono state affidate alla nonna materna, Rosaria Alessi, che le ha portate a casa sua a Borgo Nuovo. Alla stazione sono arrivate anche le due sorelle di Lisa Siciliano e uno dei due fratelli. In una valigia rosa hanno messo alcuni abiti delle bambine. Poi, intorno alle 13, hanno lasciato la caserma.

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‘Rinaldo aveva trascurato Lisa ma pretendeva di tornare indietro’

«RINALDO aveva la testa un po’ qua e un po’ là. Aveva avuto le sue scappatelle. Ora si era fissato che doveva tornare con mia figlia. Sapeva quello che aveva perduto». Parla Rosaria Alessi, la mamma di Rosanna Lisa Siciliano, la trentasettenne ex moglie dell’ appuntato dei carabinieri autore martedì sera dell’ omicidio-suicidio all’ Acquasanta.

Lo fa senza rancore e senza rabbia questa donna di sessantacinque anni, stretta dentro a un cappotto verde troppo leggero per il freddo che ha dentro. «Mi sembra tutto impossibile», dice, mentre lascia la caserma di via Giordano Calcedonio circondata dai figli e dai generi. «Lisa – si sforza di parlare nonostante i tranquillanti – era una donna piena d’ amore per sé e per gli altri. Alle sue figlie aveva insegnato come affrontare la vita. Per questo la più grande non ha perso nemmeno un attimo a chiamare i soccorsi».

Rosaria Alessi, vedova, una vita trascorsa a Borgo Nuovo, il suo quartiere d’ origine, adesso è una donna piegata dal dolore. «Non so darmi pace – dice trattenendo le lacrime- da quando ho saputo, siamo distrutti. Le bambine vengono con me e spero che il giudice le affidi a me per sempre. Non voglio che si separino. Devono rimanere insieme».

I Siciliano, testimoni di Geova da generazioni, hanno un’ idea precisa di quanto accaduto. «Lui – dice ancora Rosaria Alessi – non era testimone di Geova, ma la religione non era mai stato un ostacolo nella relazione tra mia figlia e Rinaldo. Qui si tratta di altro. Si tratta di una storia che non aveva più futuro, con troppi problemi che ormai non si potevano superare. Lisa si lamentava perché il marito non si prendeva più cura di lei. Era disinteressato e non voleva responsabilità».

Di quei problemi Lisa ne parlava in famiglia senza timori. «Sapevamo – dice uno dei cognati della vittima, Michele – che la serenità era andata perduta da tempo. Lisa l’ avevo vista due settimane fa. Era serena e non ha mai pensato di lasciare la caserma. Forse, però, ripensandoci, la scelta del giudice che le ha assegnato l’ alloggio non è stata la migliore. La gelosia e il possesso, in questa storia, hanno giocato un ruolo centrale. La mente di Rinaldo ormai era offuscata».

Lisa era alta un metro e 70, capelli biondi, occhi castani, solare e sorridente. Era così bella che ancora veniva ingaggiata saltuariamente come promoter. Bella sì, ma non solo. Con le sue bambine era una mamma chioccia e si impegnava anche per i più bisognosi della borgata dell’ Acquasanta ai quali spesso distribuiva i volantini dei testimoni di Geova. Sulla sua vita coniugale, però, nemmeno una parola.

Rinaldo era alto un metroe 90. Bruno, cordiale ma a volte anche ruvido quando era al lavoro alla stazione “Palermo Falde”. Da qualche tempo trascorreva troppe ore al computer. Era diventato internet-dipendente, ma su Facebook non aveva registrato il suo profilo. I suoi colleghi raccontano che un’ ora prima dell’ omicidio Rinaldo D’ Alba era quello di sempre. Un tipo tranquillo e aveva partecipato all’ addestramento settimanale, fino alle 18 di martedì, con l’ impegno di sempre. Alle 19 ha sparato sei colpi di pistola contro la moglie e ha fatto precipitare in un incubo le due figliolette. «Le bambine- spiega un parente- sono due angeli. Se sono così è grazie a Lisa. La più grande si comporta come se non fosse successo nulla. Ha una forza che impressiona. La più piccola, invece, sa solo che la mamma si è fatta male».

Uccisa dal marito nel 2012: per le figlie nessun risarcimento