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Nella Burrini, 88 anni, pensionata, madre. Strangolata dal marito

Firenze , 22 Marzo 2014


Titoli & Articoli

Uccide la moglie malata di alzheimer (la Repubblica – 22 marzo 2014)
PER tutta la notte ha cercato disperatamente di calmarla, di farle passare la tremenda crisi che la stava tormentando. Ma all’improvviso ha stretto una sciarpa sul collo dell’anziana moglie, Nella Burrini, 88 anni, da tempo malata di Alzheimer, e non ha più mollato la presa. Poi si è presentato al posto di polizia più vicino e si è costituito: «Non ce la facevo più a vederla soffrire», ha detto con la voce spezzata dal dolore.
L’uomo, Giancarlo Vergelli, 83 anni, ha confermato il racconto anche davanti al pubblico ministero Christine Von Borries. Vista l’età e la particolarità del caso, per lui è scattata la misura degli arresti domiciliari, da scontare a casa della figlia. Il pm ha comunque disposto l’autopsia sul corpo della donna, che si terrà lunedì mattina all’istituto di medicina legale di Careggi.
La tragedia familiare si è consumata ieri mattina all’alba al terzo piano di un palazzo in Borgo Pinti, senza che nessuno dei vicini si accorgesse di ciò che stava accadendo. Secondo quanto emerso durante i primi accertamenti, l’anziana era malata da tempo ma era sempre stata accudita con amore dal marito e dalla figlia. Negli ultimi giorni però le sue condizioni di salute erano precipitate, tanto da spingere i familiari a rivolgersi alla Asl per organizzare un servizio di assistenza (l’Asl non ha però avuto il tempo materiale di intervenire).
Ieri mattina il drammatico epilogo. Dopo l’ennesima crisi, l’uomo si è avvicinato alla compagna di una vita e le ha stretto la sciarpa intorno al collo, fino a strangolarla. Prima di raggiungere il commissariato di San Giovanni in via Pietrapiana ha aspettato circa un’ora, forse per vegliare il corpo della donna. Di fronte agli agenti non avrebbe parlato di particolari disagi economici o familiari né della sensazione di trovarsi in uno stato di abbandono, concentrandosi invece sul dramma della malattia e sui continui stati di agitazione di cui la moglie soffriva negli ultimi tempi. Una testimonianza shock, che ha spinto gli uomini guidati da Giuseppe Solimene a disporre immediati accertamenti sul luogo del delitto. In Borgo Pinti sono quindi arrivati gli investigatori della squadra mobile e della polizia scientifica per i rilievi, seguiti dallo stesso pubblico ministero e dal medico legale. Appresa la notizia, anche la figlia si è precipitata sul posto per raggiungere il padre. Poi il lungo interrogatorio davanti al pm e l’arresto per omicidio. «Non ci posso credere — spiegava ieri mattina un anziano vicino di casa, sconvolto dall’accaduto — lo conosco bene, è una persona splendida. Viveva la malattia della moglie con grande dignità, non ci sono parole». Vergelli era in pensione da diversi anni, dopo aver lasciato la sua attività di apparecchi ortopedici in via Guido Monaco. I suoi vicini lo descrivono come una persona riservata e generosa.

Fine vita, nessuna attenuante se si uccide la moglie malata (il Giornale – 16 febbraio 2018)
La Cassazione conferma la condanna di un artigiano: “Aveva l’Alzheimer? Il gesto non ha valore pietoso”
Non c’è ancora, nella società italiana, un «generale apprezzamento positivo sull’eutanasia», e anzi vi sono «ampie correnti di pensiero che la contrastano». Non può bastare la condizione senza ritorno di un malato perché la sua soppressione possa rivestire un «particolare valore etico». Così ieri la Cassazione conferma la condanna di un uomo ormai vecchio: Giancarlo Vergelli, 85 anni, l’artigiano fiorentino che quattro anni fa aveva ucciso la moglie malata di Alzheimer. Fu un omicidio volontario, dicono i giudici, un omicidio in condizioni particolari, e infatti la pena è relativamente lieve: sette anni e otto mesi.
Ma riconoscere un «particolare valore etico al suo gesto» al gesto dell’uomo darebbe per scontate convinzioni che nella società italiana non sono affatto unanimemente condivise.
La decisione della Cassazione arriva all’indomani di un’altra sentenza che ha riacceso l’attenzione sul tema del «fine vita», del rapporto tra dignità e diritto in situazioni in cui la malattia o l’infermità hanno preso il sopravvento. A Milano, la Corte d’assise ha sospeso il processo al radicale Marco Cappato, che accompagnò a morire il disc jockey Fabiano Antoniani, trasmettendo gli atti alla Corte Costituzionale perché valuti se la legge che proibisce sempre e comunque l’aiuto al suicidio sia al passo con i tempi. La Cassazione, nel caso dell’artigiano fiorentino, dà una decisione che sembra andare nel segno opposto: andiamoci piano con l’eutanasia.


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