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Nadia Guessons, 45 anni, lavoratrice, mamma. Strangolata dal marito, già denunciato per maltrattamenti

Cremona, 11 Gennaio 2016

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Titoli & Articoli

Cremona, strangola la moglie a mani nude poi scrive: “Voleva lasciarmi”. Arrestato (la Repubblica – 12 gennaio 2016)
In una lettera lunga quattro pagine l’uomo avrebbe raccontato l’intenzione di suicidarsi. La vittima aveva già denunciato il marito per maltrattamenti
I carabinieri l’hanno trovata coricata sul letto, vestita e senza segni evidenti di violenza, tranne le ecchimosi sul collo, nell’appartamento al primo piano di una palazzina al numero 5 di via dell’Annona a Cremona, a due passi dallo stadio. Quando i militari sono entrati in casa, Nadia Guessons, marocchina nata a Kasbai Tadla che il prossimo 2 marzo avrebbe compiuto 46 anni, era morta da circa mezz’ora, forse asfissiata nel sonno. L’autopsia stabilirà l’orario preciso del decesso, le cause e la dinamica. L’ha uccisa, strangolandola a mani nude, il marito Saddike Chabli, di 57 anni, originario di Sidi Aissa. L’uomo in quattro fogli, sequestrati dagli inquirenti, ha scritto di avere ucciso la donna perché lo voleva lasciare. Ad allertare i carabinieri era stato dal Marocco, dove abita, uno dei tre figli che l’uomo ha avuto da una precedente unione.
Altri due figlie avute da Nadia, Sofia e Sara, una minorenne e l’altra appena maggiorenne, si trovano entrambe in Marocco in vacanza e dovrebbero rientrare a Cremona in settimana. Dunque Nadia e Saddike erano soli. L’uomo ha riferito al figlio cos’era successo dicendogli che voleva farla finita. Ma non ha avuto il coraggio di uccidersi. Il giovane, invece, ha telefonato ai carabinieri. La sua chiamata è stata presa dalla stazione di Cassano d’Adda (Bergamo) da dove è partita la segnalazione al comando di Cremona che ha inviato una pattuglia sul posto.
I vicini della famiglia marocchina sono stati svegliati dal trambusto creato dalle forze dell’ordine. Fino a quel momento, era circa l’una di notte, non avevano sentito nulla. Non un rumore, non un grido, non un gemito. Agli inquirenti hanno raccontato che quella era una coppia tranquilla. Capitava di quando in quando che litigassero, come succede in tutte le famiglie, ma poi si tornava alla normalità che era scandita dagli orari della donna.
L’unica ombra nel passato di Saddike Chabli è una denuncia per maltrattamenti in famiglia che la moglie Nadia presentò all’inizio del 2012 in questura. Il processo è pendente in tribunale. Allora, la coppia abitava a Gadesco Pieve Delmona (Cremona). Nadia, hanno detto i vicini, si alzava al mattino presto per andare al lavoro in una mensa di via Bonomelli, in pieno centro storico. Quando tornava portava il cane in un campetto poco distante da casa dove spesso incontrava una vicina con la quale scambiava qualche parola. “Era una donna molto carina, gentile e riservata, era una grande “ ha spiegato Lia, che abita in un appartamento confinante a piano terra. L’unico motivo di discussione con i vicini era il cane che abbaiava spesso, spingendo alcuni inquilini a chiedere l’intervento della polizia locale.
Il peso della famiglia gravava tutto sulle spalle della donna perché Saddike Chabli era disoccupato da tempo. Sembra che questa condizione fosse la causa delle liti tra i due. All’accusa di omicidio volontario, formalizzata dal sostituto procuratore della Repubblica Lisa Saccaro, potrebbe aggiungersi per il marito della vittima l’aggravante della premeditazione, proprio in relazione ai propositi omicidi manifestati nel foglio scritto dall’uomo.

 

Omicidio di via dell’Annona, Nadia Guessons, uccisa dal marito. Lo sgomento dei vicini (Cremona Oggi – 12 gennaio 2016)
C’è un certo fermento nella mattina di martedì al civico 5 di via dell’Annona, dove nella notte, in un appartamento del primo piano, si è consumato l’omicidio di una donna marocchina di mezza età, Nadia Guessons, strangolata dal marito, Chabli Saddike. Sembra che ad allertare i carabinieri sia stata una telefonata giunta dal Marocco, da parte di un figlio dell’uomo, avuto da precedente matrimonio. Immediato quindi l’intervento dei militari dell’Arma presso l’abitazione della famiglia. Sarebbe stato proprio l’assassino ad aprire la porta. L’uomo aveva lasciato un biglietto, in cui raccontava di essere disoccupato e che il rapporto con la moglie era incrinato da tempo: lei aveva già manifestato la volontà di lasciarlo.
Una storia che ha lasciato senza parole i vicini di casa, che li dipingono con una famiglia normale. A svegliare molti di loro, intorno a mezzanotte e mezza, è stato il suono del campanello nell’appartamento della coppia: erano i carabinieri intervenuti sul posto. “Ho sentito un suono lungo, poi uno scalpiccio di passi. E ho capito subito che era successo qualcosa” racconta una donna che abita proprio sotto l’appartamento del delitto. Nessuno però ha sentito nè grida d’aiuto nè altri rumori provenire dall’abitazione dei due marocchini. Neppure da parte delle due figlie, che probabilmente non erano in casa.
“Mi sembravano una famiglia tranquilla” spiega Ernesto Viola, anch’egli residente al pian terreno. “Ho incrociato lui proprio ieri pomeriggio, mentre scendeva le scale per buttare la spazzatura. Canticchiava, sembrava di buon umore”. Insomma, nessuna avvisaglia di quanto sarebbe accaduto poche ore dopo. I vicini di casa rivelano che si trattava di una coppia riservata. “Sì, ogni tanto litigavano, come tutte le coppie, ma non ho mai notato attriti particolari” rivela un’altra inquilina del pian terreno. Eppure, secondo quanto ricostruito dalle forze dell’ordine, sembra che tra i due vi sia un passato di screzi, e addirittura denunce nei confronti del marito per maltrattamenti verso la moglie.
Al primo piano una coppia abita proprio di fronte alla casa del delitto. “Mi hanno suonato i carabinieri stanotte, ci siamo presi un grande spavento. Siamo riusciti a riaddormentarci solo alle quattro della mattina” racconta la coppia di anziani che vi risiede. Neppure loro avevano notato nulla di strano nei giorni prima. “Abitavano qui da poco più di un anno ma erano una famiglia riservata. Salutavano sempre ma non hanno mai dato confidenza in modo particolare a nessuno”. Di loro si conosce poco. “Lei lavorava dalle suore, lui era sempre a casa” raccontano ancora gli altri inquilini. Durante la notte, oltre ai carabinieri e al 118, sul posto è intervenuta la squadra scientifica. L’uomo è stato portato nel carcere di Ca’ del Ferro, a Cremona, in attesa di essere interrogato, mentre il corpo della vittima è stato trasportato all’obitorio.

I maltrattamenti, la riappacificazione, l’omicidio. Il dramma di Nadia Guessous (la Provincia Cremona – 13 gennaio 2016)
Aveva subìto frequenti maltrattamenti Nadia Guessous, la donna marocchina di 45 anni strangolata dal marito Saddike Chabli di 58 anni nella notte tra lunedì e ieri nella casa dove abita la famiglia in via Dell’Annona a Cremona. Per più di due anni, dal 2012, il tribunale dei minori di Brescia aveva imposto il divieto di coabitazione col padre delle due figlie Sara e Sofia di 18 e 16 anni. Perciò la madre e le due ragazze si erano trasferite nella casa famiglia di via Bonomelli a Cremona, dove la donna lavorava. Nel marzo dello scorso anno, il giudice ha revocato il divieto di coabitazione a seguito del positivo percorso di riabilitazione dell’uomo che precedentemente beveva e usava violenze psicologiche sulle figlie e anche fisiche sulla moglie. Precedentemente l’uomo lavorava come custode in un allevamento avicolo del Cremonese. Poi perse il lavoro e cominciò a bere. Con l’alcol sono cominciati i guai. Nel 2012 la moglie ha sporto querela alla polizia per maltrattamenti. Il 25 febbraio prossimo, Nadia avrebbe dovuto testimoniare davanti al giudice del tribunale di Cremona Maria Stella Leone. In seguito alla denuncia, Sadikke fu allontanato dalla famiglia. Si è curato per vincere il vizio dell’alcol e c’era riuscito, a giudicare dall’esito dei colloqui con la psicologa, che registravano continui progressi. Le relazioni erano positive perché il marocchino si era disintossicato. Perciò fu dato parere positivo al suo ritorno in famiglia. Ma l’altra notte lui l’ha uccisa. La coppia era in casa sola perché le figlie erano in Marocco dove trascorrevano le vacanze. Domani alle 9.30 in carcere si terrà l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Letizia Platè.

Aida Cremona In ricordo di Nadia Guessons (Welfare Network – 12 febbraio 2016)
E’ passato ormai quasi un mese dalla morte di Nadia Guessons, strangolata dal marito mentre dormiva nel proprio letto, nella loro casa di via Dell’Annona, lo scorso 12 gennaio. Uccisa perché lui non accettava di essere lasciato. L’ennesimo femminicidio, l’ennesimo nome di una lista infinita.
Quel giorno di un mese fa per Nadia avrebbe potuto essere come tanti altri: il lavoro, la casa, il cane da potar fuori” scrivono le volontarie dell’associazione. “La solita fatica, quella di una vita dura, fatta di sacrifici in un paese lontano, con due bambine da tirar grandi. Bisogna andare avanti, a testa bassa e con una bestia nel cuore, quella di un marito brutale e violento. Ma tutto si sopporta, fino a quando se ne ha la forza: ci sono le figlie, il pranzo e la cena da mettere insieme. Tutto si sopporta fino a quando la bestia esplode e allora basta. Basta minacce, basta botte, basta tutto. La decisione di lasciare quell’uomo, che già aveva denunciato per maltrattamenti, è stata fatale per Nadia. La sua furia ha colpito, inesorabile nel silenzio del tranquillo condominio di periferia, mentre i vicini dormivano. Nessuno ha sentito nulla: non un rumore, non un grido. Solo dopo, quando ormai era arrivata la polizia, allora tutti hanno capito che la vita di Nadia era stata fermata. Quella vita che lei, disperatamente, cercava di riscattare, di riprendersi per sé e per le figlie”.
Oggi, a un mese dal suo omicidio, le donne di Aida vogliono ricordare Nadia, “perché la sua morte non sia stata invano, la sua come quella di tante, troppe donne che compagni-padroni provocano, dopo anni di umiliazioni e minacce, di dolore e paura. Troppi femminicidi, troppi orfani: troppe vite calpestate, vuoti a perdere del possesso confuso con l’amore, della paura scambiata per quieto vivere. Perché queste tragedie non si consumino più nel chiuso delle mura domestiche, nel silenzio delle nostre vite frettolose e immunizzate al dolore altrui, tutti siamo chiamati in causa, tutti possiamo accogliere il dolore dell’altro, non rigettarlo, come se non ci riguardasse, e vedere piuttosto nell’altro un soggetto portatore di diritti. In fondo, la realtà che ci circonda cambia quando noi, concretamente, mutiamo la prospettiva del nostro sguardo sul mondo rispetto a quella solita. Oggi non è tempo di riflessioni sociologiche o di dati statistici: oggi, per tutti quelli che sono convinti che l’amore è ben altro, è un giorno di dolore ma anche di speranza, perché un modo per uscire da questa spirale odiosa di morte c’è, perché le donne sappiano che non sono sole, perché – in memoria di Nadia – tutte le donne vittime di violenza sappiano che un’altra vita è possibile”.


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