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Matilde Passa, 62 anni, infermiera in pensione, mamma. Accoltellata e sgozzata dal marito

La-tragedia-familiare-130x130Crescenzago (Milano),  2 maggio 2012

Una coppia affiatata, lui sempre gentile, una brava persona, non avrebbe mai ucciso la moglie.

 

 

navigare-anonimi-logoUmberto Passa, 65 anni, sarto in pensione. Una brava persona. Ma era depresso e non era mai riuscito ad accettare l’intervento al cuore che aveva dovuto subire tre anni fa. E poi non voleva tornare a Brindisi

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Corriere della Sera

L’intervento al cuore, la salute che peggiora, la depressione. Dovrebbe racchiudersi in questa spirale la molla che ha spinto un sarto in pensione a prendere un coltellaccio da cucina e ad ammazzare la moglie prima di suicidarsi. Una tragedia che ha lasciato sbigottiti e increduli tutti gli abitanti dei palazzi di via Rizzoli 85, a Crescenzago. A impugnare il coltello, in un raptus di follia, è stato Umberto Passa, 65 anni. «Una brava persona», dicono unanimemente gli inquilini dello stabile così come lo era la moglie, Matilde Passa, 62 anni, ex infermiera del San Raffaele, a Villa Turro.

A scoprire la tragedia è stato, ieri pomeriggio, il figlio Francesco. «Franco» (come lo chiamano tutti) era da tempo preoccupato per i piccoli diverbi che i due genitori avevano. Alle 15.30 ha deciso di andarli a trovare. È salito con l’ascensore all’ottavo e ultimo piano della scala C ed è entrato in casa. Silenzio, come se non ci fosse nessuno. Franco è andato in camera da letto e si è trovato davanti a una scena raccapricciante: il padre, in pigiama, steso sul letto con il coltello conficcato nel cuore, la madre a terra, anche lei in pigiama, tutta sporca di sangue. Non è ancora chiaro quanti fendenti l’uomo abbia inferto alla moglie: forse cinque, forse sei. In attesa dell’autopsia che ci sarà nei prossimi giorni, un investigatore dei carabinieri si sbilancia: «La donna aveva entrambi gli avambracci sporchi di sangue e una ferita a semicerchio sul collo. Forse il marito, dopo averla colpita ripetutamente, l’ha sgozzata. Lei, con le mani, ha cercato di arginare il sangue che usciva copioso dalla gola».

Che cosa abbia spinto Umberto Passa, sarto da uomo in pensione, a compiere un gesto così atroce è difficile dirlo. Tre anni fa aveva dovuto essere sottoposto a un intervento chirurgico al cuore. E, da allora, la sua vita di uomo dinamico ne aveva risentito. «Non l’aveva mai accettata questa cosa», racconta una vicina che lo conosceva bene. Cadere in depressione è stato poi un attimo. Sono iniziate le discussioni in casa, i piccoli battibecchi. La moglie Matilde spingeva per tornare a Brindisi, città d’origine, dove vive l’altra figlia, Donatella. Umberto si era sempre opposto, non ne voleva sapere di lasciare Milano. E anche su questo litigavano spesso. Nell’appartamento di via Rizzoli sono giunti i carabinieri della «rilievi» e gli uomini del nucleo investigativo. Più tardi è arrivato anche il medico legale e il magistrato di turno. Che si tratti di un omicidio-suicidio pare proprio non esserci dubbio.

di Alberto Berticelli e Michele Focarete

Il Giornale

Nessuno li ha sentiti litigare e, con ogni probabilità, tra loro, prima della tragedia, non c’è stato alcun diverbio, non sono volate parole grosse, di quelle pesanti come macigni e che si fatica a dimenticare. Umberto e Matilde Passa, 65 e 63 anni, formavano una coppia affiatata da oltre 40 anni. E quando il figlio Franco, ieri pomeriggio, li ha trovati morti, in casa, pur realizzando immediatamente che era stato il padre a uccidere la mamma con un coltello da cucina e poi a togliersi la vita, con quella stessa arma in un secondo tempo, deve aver pensato che l’’uno senza l’’altra, difficilmente avrebbe potuto tirare avanti a lungo.

Originari di Brindisi, ma residenti a Milano da oltre quarant’anni, i Passa hanno sempre abitato a Crescenzago, all’ultimo piano, l’ottavo, della palazzina C di via Angelo Rizzoli 85, l’ultimo stabile prima della stazione dell’uscita «Gobba» della tangenziale est e a due passi dall’ospedale San Raffaele. Lì hanno avuto i loro figli: Franco, che abita in centro e lavora nel mondo della moda e Donatella, poco più giovane, che vive a Francavilla Fontana (Brindisi), è sposata con un bimbo e ne aspetta un altro a giorni.

Ex sarto in pensione il signor Umberto, negli ultimi tempi, soffriva di una sottile malinconia che aveva dovuto imparare, faticosamente, a chiamare depressione. Sua moglie, che era stata un’’infermiera alla casa di cura Villa Turro, da quando il consorte si era ancora più rabbuiato per una normale cardiopatia che gli avevano diagnosticato, lo aveva convinto ad affidarsi alle cure di una dottoressa che lavora proprio in quella clinica. Quindi donna Matilde aveva pensato che, proprio per il bene del marito, era meglio cambiare aria. Così, vista anche l’imminente seconda gravidanza della figlia, aveva tentato di convincere il marito a tornare in Puglia. Lì avrebbero potuto non solo occuparsi dei nipotini, ma anche affrontare gli anni della vecchiaia forse con maggiore serenità.

Secondo i carabinieri del nucleo operativo che ieri si sono occupati del caso, però, il signor Umberto non aveva preso molto bene la questione del ritorno in Puglia.

Nel palazzo di via Rizzoli sono tutti pronti a giurare che la famiglia Passa aveva comunicato da un po’’ la disdetta dell’’appartamento all’’ottavo piano all’’amministrazione del palazzo e che la signora Matilde, ma anche lui, l’’Umberto, erano già passati ai saluti. «Noi, tra un po’, ce ne torniamo a Brindisi» avevano comunicato, in più di un’’occasione, ad amici e vicini. Matilde appariva soddisfatta di quella decisione. Un po’ meno l’Umberto, ma lui, negli ultimi tempi – come spiegano i condomini – parlava poco e quindi nessuno pensava che fosse stato proprio l’’idea di quel trasferimento a renderlo ancora più cupo del solito.

Ieri il figlio Franco cercava di parlare con la madre dal mattino, senza risultato. Così, intorno alle 15.30, ha deciso di andarci personalmente a casa dei genitori. E quando ha aperto l’’uscio ha capito che era finita per sempre: ha visto prima la madre, a terra, accoltellata più volte al torace e all’’addome; papà Umberto era sul letto, con l’’arma conficcata nello sterno. Il pensionato non ha lasciato nessun biglietto. Non ha voluto, non ha saputo piegare un gesto che, forse, di spiegazioni vere non ne avrà mai

Il Giorno

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Umberto Passa non reggeva all’idea di doversi curare per un problema cardiaco e all’eventualità di tornare a vivere nella città di cui è originario e dove vive la figlia

Milano, 3 maggio 2012 – Forse hanno nemmeno litigato. Lui, 65enne, ex sarto, in preda a una crisi depressiva ha accoltellato la moglie 62enne, ex infermiera. Quando la donna è stramazzata al suolo colpita dalle coltellate, il marito si è ucciso piantandosi la lama nel petto. Una tragedia della follia. Vittima Umberto e Matilde Passa. Un raptus forse causato dalle condizioni psichiche dell’uomo che negli ultimi tempi aveva dato segni allarmanti di disagio (era in cura). Tre anni fa aveva subito un intervento chirurgico al cuore. Aveva smesso di lavorare e non sopportava l’idea di abbandonare Milano per trasferirsi definitivamente a Brindisi, loro paese d’origine, dove era andata vivere invece la figlia.

Ma basta tutto questo per spiegare una strage? È sufficiente scoprirsi cardiopatico per accoltellare la compagna della propria vita? È sufficiente non volere lasciare la propria casa ed emigrare al Sud per togliersi la vita? Forse è troppo poco. Ma non c’è altro. Nell’omicidio-suicidio consumatosi ieri mattina in un trilocale di via Rizzoli, alla periferia della città, nessuno può trovare un movente convincente.

Il figlio Franco e la figlia Donatella, increduli e disperati, erano consapevoli che il padre negli ultimi mesi stava soffrendo. Uomo in gamba, gran lavoratore, forte e puntiglioso, si era ritrovato malato e rischiava di tagliare le sue radici. Che, paradossalmente, per un pugliese trapiantato a Milano non erano a Brindisi ma proprio in via Rizzoli, dove aveva abitato per 40 anni. Ieri mattina ha impugnato un coltello da cucina e prima ha ucciso la moglie e poi è si è tolto la vita. A scoprire i cadaveri, il figlio che alle 15,30 ha chiamato i carabinieri. Non sembra esserci stata una lotta, forse la donna, riversa ai piedi del letto non ha nemmeno avuto il tempo di realizzare cosa le stesse accadendo. E lui, lucido, si è adagiato sulle lenzuola e si è ucciso con il medesimo coltello. In bagno quella maledetta confezione di antidepressivi da cui era diventato inseparabile. Ma nessuno, a parte i figli, si era mai accorto di nulla. Ai coinquilini appariva sempre lo stesso, loquace, gentile, per bene.