Maria Riccarda Carrara Bottagisio, 43 anni, avvocata, mamma. Uccisa a colpi di pistola dal marito (strage di San Michele Extra)
Verona, 20 Novembre 2008
Titoli & Articoli
Verona, stermina la famiglia: uccide moglie e 3 figli, poi si suicida (la Repubblica – 21 novembre 2008)
Strage nel quartiere residenziale di San Michele Extra. Lui commercialista, lei avvocato
Avevano tre bambini di tre, sei e nove anni. Trovati dalla donna delle pulizie, uccisi ieri sera
Ha ucciso la moglie, i tre figli poi si è sparato un colpo alla testa. Ancora non si sa perchè un commercialista di Verona ha sterminato la famiglia, perchè ha sparato alla moglie e ai suoi bambini di nove, sei e tre anni.
Jacopo giocava con i soldatini. Ieri sera i vicini hanno sentito rimbombare nell’aria sei colpi secchi ma non ci hanno fatto caso. Credevano fossero petardi. Invece era una strage. Stamane la donna delle pulizie ha trovato i cadaveri: sul pavimento della taverna, davanti alla tv, il figlio più piccolo, Jacopo, freddato mentre giocava ai soldatini, e sua madre, l’unica colpita con due colpi di pistola, l’uno alla testa l’altro al braccio, forse perchè ha tentato istintivamente di coprirsi il volto.
Due pistole, nessun biglietto. In una camera gli altri due bambini, Filippo di nove anni e Nicolò di 6, colpiti mentre dormivano. Nel letto matrimoniale, infine, il corpo dell’uomo, suicida con un colpo di pistola alla tempia. Accanto, le due pistole semiautomatiche di grosso calibro utilizzate per la strage, una aveva ancora il cane alzato. “Ma nessun biglietto che possa spiegare tanta violenza”, ha detto il procuratore uscendo dall’appartamento. Nessun apparente problema economico; mai segnali di crisi nel rapporto di coppia. “Alessandro era uomo di grande equilibrio”, ha detto un suo collega; “Era una coppia serena”, come l’ha definita il parroco di San Felice.
Lui commercialista, lei avvocato. Alessandro Mariacci e Maria Riccarda Carrara Bottagisio avevano entrambi 43 anni. Lui, uno stimato tributarista, lavorava in uno studio associato a Verona, occupandosi in particolare di diritto fallimentare. Lei, avvocato civilista, da tempo aveva abbandonato la professione per occuparsi a tempo pieno della famiglia. Si erano trasferiti da un paio d’anni in un elegante palazzo storico ristrutturato nel quartiere residenziale di San Michele Extra.
I bambini indossavano il pigiamino. Secondo il medico legale, l’ora degli omicidi è da “collocare presumibilmente tra le 22.30 e le 23 di ieri sera”. Qualche vicino di casa ha confermato agli investigatori di aver sentito intorno a quell’ora dei colpi, ma “come potevamo immaginare che fosse il dottore a sparare“, ha detto un’inquilina. Conferma indiretta dell’ora del delitto viene anche dagli abiti indossati dalle vittime: i bambini erano in pigiama, la donna portava una tuta da ginnastica.
“Troppe armi in circolazione”. La presenza in casa del commercialista di due pistole, seppur denunciate, riapre il dibattito sui permessi a detenere armi. “Ci sono troppe armi in circolazione”, denuncia Enzo Marco Letizia, segretario nazionale dell’Associazione nazionale funzionari di polizia. La famiglia italiana uccide più della mafia: un morto ogni due giorni, oltre 1.300 vittime in sei anni. Sette delitti su dieci avvenuti nella sfera familiare nel 2006, sono stati compiuti tra le mura domestiche. Dai dati degli ultimi due rapporti Eures-Ansa sull’omicidio volontario in Italia – relativi agli anni 2005 e 2006 – emerge una realtà inequivocabile: un omicidio su tre avviene in ambito familiare. (di Bruno Persano)
4 omicidi, poi si toglie la vita: Alessandro Mariacci era nato a Piacenza (Piacenza24 – 21 novembre 2008)
Alessandro Mariacci, l’uomo di 43 anni che ha ucciso a colpi di pistola la moglie, i tre figli maschi di 3, 6 e 9 anni, e poi si è suicidato, era nato a Piacenza. La tragedia è avvenuta in una casa di San Felice Extra, alle porte di Verona. L’uomo, era un commercialista, la moglie, Maria Riccarda Carrara Bottagisio, un avvocato. Mariacci all’età di 6 anni, nel 1971, era rimasto orfano di padre e madre che avevano perso la vita in un incidente stradale. Alessandro Mariacci ha colpito alla fronte le vittime, la moglie anche uno ad un braccio. La donna è stata colpita mentre stava guardando la tv in taverna; il figlio più piccolo, Jacopo, 3 anni, stava giocando con dei soldatini quando e’ stato raggiunto dal colpo di pistola del padre. L’omicida si è poi sparato togliendosi la vita.
Verona, dietro la strage il timore di una crisi familiare (la Repubblica – 22 novembre 2008)
Crepe nella “famiglia perfetta” del commercialista che ha ucciso moglie e figli e si è suicidato
Dall’indagine i primi segnali di un disagio che gli amici della coppia di recente avevano scorto
Dietro quella vita perfetta, forse il timore di una crisi familiare. Dall’indagine sull’omicidio-suicidio di ieri a Verona, emergono i primi segnali di un disagio che gli amici della coppia avevano scorto recentemente nelle parole di Alessandro Mariacci. Sarebbero stati gli attriti familiari ad armare la mano del commercialista che due giorni fa ha ucciso sua moglie e i tre figli nel loro villino nella campagna veronese.
“Era una famiglia solare”, avevano detto i vicini. Una bella casa; un ottimo lavoro; tre splendidi bambini; una moglie carina e nessun problema di salute. Tutto sembrava filare liscio. E invece no. “Quando mi descrivono una situazione come la pubblicità del Mulino Bianco, capisco subito che sotto covano le braci”, commenta adesso il vice capo della Mobile di Verona, Giampaolo Trevisi.
“Sì, li conoscevo”, ammette Giuliana, un’inquilina della corte dove risiedevano i coniugi Mariacci. “Vedevo uscire i bambini con la mamma la mattina presto, poi la sera tornare a casa. Ogni tanto qualche amico. Mai un litigio, un rumore. Sempre un sorriso“. E il parroco, don Federico, le fa eco: “Persone serene, che frequentavano la chiesa regolarmente. Bambini bellissimi, che giocavano e andavano d’accordo”. Ma le audizioni dei conoscenti della coppia, iniziate subito dopo il ritrovamento dei cinque cadaveri e proseguite stamane, hanno fatto emergere piccole incrinature nel quadro apparentemente “normale” della “famiglia perfetta”.
Alessandro una vita felice l’aveva cercata per tanto tempo. Quando aveva sei anni aveva perso entrambi i genitori in un incidente stradale. L’avevano tirato su i nonni materni, morti qualche anno fa. La sua famiglia era diventata quella di Maria Riccarda, la moglie avvocato civilista, 43 anni, coetanea del marito. Poi c’erano i loro tre figli di tre, sei e nove anni. Cosa si è rotto allora in questa famiglia perfetta? Di certo, la strage non è giustificata da una crisi finanziaria: gli accertamenti bancari lo escludono. Come esclusi sono i problemi di salute: non risulta a nessuno che Alessandro fosse in cura con farmaci o da uno psicologo. L’operazione di anni fa a un testicolo pare l’avesse superata bene, “tanto che pare non facesse più neanche i controlli”.
“Dietro quella scorza di normalità – spiega il direttore dell’ospedale pschiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino, Franco Scarpa – si nascondeva un disturbo profondo, un disagio psicologico. Molto probabilmente l’omicida ha lanciato uno o più segnali che non sono stati però compresi in tempo”.
Corriere della Sera – 22 novembre 2008
La disperazione del suocero: “Non può essere stato lui a distruggere le loro vite” (il Giornale – 22 novembre 2008)
Il padre di Maria Carrara Bottagisio incredulo di fronte al dramma: “Li avevo appena sentiti al telefono. Erano felici”
Gli hanno appena detto, con tutte le cautele del caso, che è stato il genero ad ammazzare sua figlia e i tre amatissimi nipotini, prima di puntare la pistola contro se stesso e suicidarsi. Gianpietro Carrara Bottagisio non può e non vuole credere che Alessandro Mariacci, il genero, abbia sparato due colpi di pistola a Riccarda, conosciuta tanti anni prima sui banchi del liceo Maffei di Verona. Non può e non vuole credere che quel professionista così calmo e stimato sia stato capace di sparare anche ai figli, ai piccoli Filippo, Nicolò e Jacopo, sangue del suo sangue. «Ci eravamo sentiti da poco – ha raccontato il padre di Maria Riccarda Carrara Bottagisio ai poliziotti poco dopo essere arrivato in questura assieme alla moglie e alle altre figlie -, li avevamo sentiti felici e tranquilli, come sempre. Avevamo chiesto quali regali potevamo fare ai bambini per Santa Lucia. Non può essere andata come dite voi, non può essere stato Alessandro a distruggere la loro vita, la mia vita».
E invece è stato proprio lui, quel ragazzo che aveva subito conquistato la fiducia della famiglia Carrara Bottagisio, un casato nobile di Verona. Orfano di entrambi i genitori, arrivato da Piacenza nei primi anni 70, Mariacci si era impegnato molto e, con l’aiuto di una nonna che l’aveva allevato, era riuscito a laurearsi e ad aprire uno studio commercialista. Il tutto in coppia con Riccarda, compagna di studi, di vita e pure nella professione. Tutto perfetto, insomma, con l’aggiunta di tre bambini splendidi. E allora perché?
Un collega del commercialista, che preferisce rimanere anonimo, una risposta prova a immaginarla: «Qualcosa potrebbe averlo sconvolto – dice -. Non so cosa, ma lo dico perché lui era un tipo tranquillo, solare, innamorato della sua famiglia. Magari ha temuto, chissà per quale motivo, che potesse succedere qualcosa ai bambini, alla moglie, e ha reagito guidato dalla follia».
Gli inquirenti stanno setacciando la contabilità del suo studio, i conti bancari a lui intestati, per capire se alla base del gesto ci possano essere motivazioni finanziarie. «Al momento – affermano in questura a Verona – non ci sono elementi che ci facciano privilegiare una pista piuttosto che un’altra».
I vicini di casa che stanno in corte Morosini, in un complesso recentemente restaurato e risalente al Seicento, un’idea di quel che possa essere successo nella mente di Mariacci proprio non ce l’hanno. «Erano persone educate e disponibili – dice Silvana Barbati, insegnante di scuole elementare -. Ricordo che lui una volta mi ha dato una mano a far ripartire la macchina rimasta in panne per una noia al radiatore. E i figli, pur non conoscendomi, mi salutavano mentre giocavano in giardino. Con la signora, poi, una donna bella e slanciata, scambiavamo qualche battuta. Lei era sempre sorridente. È davvero triste, però, accorgersi di quanto poco conosciamo chi ci abita accanto».
Un altro vicino ricorda il commercialista in compagnia dei figli. «Li portava spesso a fare passeggiate e si vedeva che li adorava, che non avrebbe potuto resistere senza di loro. E poi mi raccontava dei suoi giri in bicicletta. Era atletico e quando mi incrociava, di ritorno dalle sue corse in bici, mi annunciava raggiante: “Anche oggi venti chilometri”. Non capisco cosa possa essere successo nella sua mente. Anche perché non ho mai sentito un urlo, una frase fuori posto provenire da quella casa. Era tutto così a posto, tutto così perfetto».
Quali sono le cause scatenanti di un simile evento? Per lo psicologo e psichiatra Paolo Crepet, la tragedia di Verona «lascia attoniti per la sua apparente – al momento – assenza di motivi».Per lo psicologo, tuttavia non si può parlare di «assenza di motivi». «Siamo noi che ancora non li conosciamo- aggiunge-, ma sicuramente qualcuno sa, qualcuno deve avere sentito qualcosa. Non è possibile pensare che cinque cadaveri non abbiano una spiegazione.
La paura della solitudine (La Stampa – 23 novembre 2008)
Lei cercava casa, aveva incaricato un’agenzia immobiliare
Nella vita geometricamente precisa di Alessandro Mariacci qualcosa si stava per incrinare: il rapporto con la moglie, conosciuta sui banchi del liceo Maffei a 16 anni, compagna di sempre, madre dei suoi tre bambini. Lei bionda, lui bruno; lei avvocato, lui tributarista di successo: una coppia e una famiglia da Mulino bianco per chi osservava da fuori. Ma tra le mura domestiche la musica cambiava: lui sempre più nervoso e taciturno, lei sempre più insofferente. Il solito piccolo inferno di tante coppie che per Mariacci però stava diventando intollerabile.
Le amiche dei giardini e dell’asilo raccontano in un tam tam che attraversa la città, che Maria Riccarda avrebbe voluto separarsi. E forse quella casa che aveva chiesto a un’agenzia immobiliare di cercarle in affitto, inizialmente pensata per i suoi genitori, aveva assunto un significato diverso, di nuova destinazione per lei e i bambini. Probabilmente era contro questa possibilità che il tributarista della Verona bene stava lottando disperatamente, fino a decidere di rendere impossibile questa separazione con le armi. «Ultimamente – ha raccontato un testimone alla polizia – sembrava evidente che soffrisse di una situazione di angoscia legata alla famiglia…».
Eppure, all’esterno, trapelava pochissimo. Qualche scatto di nervosismo («partiva e tornava sempre con sgommate», dicono i vicini), qualche rigidità più del solito sul lavoro. Perfino la donna delle pulizie romena, Maria, che l’altra mattina ha trovato uno dopo l’altro i corpi della famiglia in cui era a servizio dal ’97, aveva ancora un’idea della coppia idilliaca: «Qualche volta li avevo trovati tutti nel lettone, mamma, papà e bambini. Lui giocava spesso coi figli…». Anche se poi, nel pomeriggio, aveva voluto fare delle precisazioni: «A pensarci bene, la signora proprio ieri mi era sembrata agitata. “Meno male che sei arrivata altrimenti con Jacopo avrei fatto come la Franzoni”». Chissà se c’era stato un litigio col marito: nessuno potrà confermarlo. E però anche agli inquirenti sono sembrati piccoli segnali per qualcosa di molto più grosso, forse ancora soltanto in divenire ma certo sufficente per uno come Mariacci a trasformarsi in un’ossessione, esplosa l’altra sera con una furia omicida. Il commercialista in passato aveva lavorato per la Banca Popolare di Verona, alcuni dipendenti lo ricordano come una persona «un po’ strana, sempre molto tesa, eccessivamente formale, un po’ rigida». E sono i rigidi che si spezzano con più facilità.
Maria Riccarda si era rivolta all’agenzia immobiliare del centro per cercare l’appartamento in affitto e aveva lasciato come recapito il numero di telefono dello studio del marito: forse l’intenzione di lanciargli un messaggio che lui invece deve aver colto come scelta irreparabile. E quindi, la paura di rimanere solo. Intollerabile per uno rimasto orfano di entrambi i genitori a otto anni e cresciuto dalla nonna in una città che non era la sua. La mamma era morta in seguito a un trapianto finito male in Belgio a 42 anni, il padre l’aveva seguita poco dopo con un infarto a 43 anni. Mariacci si era impegnato: aveva frequentato uno dei migliori licei veronesi, aveva conosciuto e sposato Maria Riccarda con quel doppio cognome nobiliare e importante, si era laureato e dopo la gavetta in banca aveva aperto uno dei più avviati studi tributaristi della città. Una vita in ascesa che adesso stava per crollare.