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Maria Antonietta Multari, 33 anni, commessa. Accoltellata dall’ex fidanzato (assolto dall’accusa di aver ucciso la precedente fidanzata)

Imperia (Savona), 10 Agosto 2007

L’aveva minacciata tante di quelle volte che pure sua madre era andata a denunciarlo. Lui era già sotto processo per l’uccisione di Luciana Biggi, e Maria Antonietta non lo voleva più vedere. Lui invece ruba un motorino e la raggiunge, la segue e, prima che lei entri dall’estetista, l’aggredisce in strada, in pieno centro, davanti a tutti.

 

Luca Delfino, 34 anni. Indagato per l’omicidio della ex fidanzata, denunciato per stalking da un’altra, viene assolto al processo per la morte di Luciana Biggi. Condannato a 16 anni e otto mesi con rito abbreviato, oltre a 5 mesi di condanna per molestie e altri 5 anni di ricovero psichiatrico.

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Repubblica

Luca Delfino ha aggredito la donna che passeggiava per strada con un’amica – E’ anche il principale indiziato dell’omicidio di Luciana Biggi, a Genova

Una donna di 33 anni, Maria Antonietta Multari, è stata accoltellata e uccisa, poco dopo le 14, in via Volta, a Sanremo, dall’ex fidanzato. L’uomo, che l’ha aggredita per motivi passionali, è già stato arrestato dalla polizia e ora si trova in commissariato, a disposizione del pubblico ministero Vittore Ferraro. E’ stato bloccato quando in mano aveva ancora il coltello a serramanico sporco di sangue. Si tratta di un personaggio già noto alle cronache: Luca Delfino, trent’anni, indiziato per un celebre delitto avvenuto a Genova a fine aprile 2006, quello di Luciana Biggi. Ex fidanzata proprio di Delfino, che era stato a lungo indagato, ma mai inchiodato, dagli inquirenti del capoluogo ligure.

Adesso l’arresto per un nuovo delitto, avvenuto con modalità assai simili. La vittima di oggi, che lavora come commessa a Vallecrosia, nell’Imperiese, è stata aggredita alle spalle mentre passeggiava con un’amica in via Volta, a poche centinaia di metri dal centro. Stava andando in un istituto di estetica, quando Delfino, che ora vive ad Imperia e ha raggiunto Sanremo con un motorino rubato, l’ha affrontata e l’ha colpita con numerose coltellate alla gola e al petto. La ragazza ha cercato di difendersi, ha invocato aiuto, ma la rabbia dell’uomo ha avuto il sopravvento.

Maria Antonietta Multari aveva lasciato Delfino da qualche mese, dietro le insistenze dei suoi genitori. Gli episodi di violenza non erano mancati. Nel gennaio scorso l’uomo era stato denunciato per minacce, percosse, violenza privata e molestie dalla madre di lei. Ma lui continuava a dire di amare Maria Antonietta, continuava a ripetere di “non poter vivere senza di lei”.

Delfino è tuttora il principale indiziato per il cosiddetto “delitto dei vicoli” di Genova, ossia l’omicidio di Luciana Biggi, sgozzata in vico San Bernardo, nel cuore del centro storico, nella notte fra il 27 e il 28 aprile dello scorso anno. L’indagine condotta dalla Squadra Mobile, secondo la Procura, non conteneva elementi sufficienti per rinviare a giudizio l’ex compagno della vittima.

“Una personalità disturbata, un uomo socialmente pericoloso”: questa la definizione data di lui dagli investigatori genovesi. Al pm, Enrico Zucca, fu presentata “una marea di indizi” a carico di Delfino, come dice il capo della mobile, Claudio Sanfilippo, ma mai prove concrete di colpevolezza, “la pistola fumante”, come lui stesso la definisce. Anche se, insiste l’investigatore, “gli elementi per metterlo in carcere c’erano tutti”. L’indagato ha sempre ammesso di avere passato quella serata finita in tragedia insieme alla donna, ma ha ostinatamente negato di averla assassinata: “L’ho lasciata pochi minuti prima che venisse uccisa”.

Certo, gli indizi a suo carico erano molti: non ha un alibi per i minuti in cui è avvenuto il delitto, è stato l’ultimo a vedere Luciana viva, l’hanno visto mentre litigava con lei prima del delitto, la mattina successiva si è tagliato barba e capelli e non si è presentato alla polizia quando ha appreso del delitto. Non solo: sarebbe proprio lui il responsabile di una misteriosa esplosione provocata dal gas che poteva uccidere Luciana nella sua abitazione di Rivarolo, qualche tempo prima dell’omicidio.

Mancava però la prova. Il procuratore capo di Genova Francesco Lalla, dopo l’arresto di Delfino, ha spiegato che “per il delitto avvenuto a Genova c’erano elementi che potevano far pensare a lui, ma non prove sufficienti e convincenti per chiedere una misura cautelare”.

Delfino si trova adesso in stato di fermo. Non parla, e non parlerà, come dichiara dalla Scozia, dov’è in vacanza, il suo avvocato, Riccardo Lamonaca, che lo assiste anche nel caso-Biggi. “Non ho ancora avuto

modo di parlare con il mio cliente”, dice, “ma posso già annunciare che si avvarrà della facoltà di non rispondere”. E del resto, conclude, “in casi come questi è difficile che una deposizione possa fare la differenza rispetto al silenzio”.

 

Cado in piedi

Tra garantismo e giustizialismo (3ª parte)

Quando Delfino uccise la seconda fidanzata sgozzandola davanti a tutti …

Trascorre più di un anno. Il 10 agosto 2007 Luca Delfino viene arrestato a Sanremo. Davanti a decine di persone, ha sgozzato una giovane commessa di 33 anni, Maria Antonietta Multari, sua nuova fidanzata. Le modalità del delitto sono le stesse dell’omicidio Biggi. Esplode la rabbia dell’opinione pubblica. Sanfilippo, il capo della squadra mobile di Genova che non era riuscito ad incastrarlo accusa di inerzia il sostituto procuratore della città, Enrico Zucca, il quale si difende sostenendo che contro Delfino c’erano solo indizi, ma nessuna prova. Il fatto diventa di portata nazionale. L’allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella, chiede gli atti alla procura di Genova. Vuol sapere perché Delfino fosse in libertà. La destra e Di Pietro tuonano contro l’indulto (che nella fattispecie non c’entra nulla) e chiedono più fermezza: tolleranza zero a tutela dei cittadini perbene. L’ex Guardasigilli leghista Roberto Castelli tuona sulla “necessità di cambiare la mentalità dei magistrati”. Per Maurizio Gasparri “E’ tempo di legge e ordine”. Carlo Giovanardi, che sta ancora nell’Udc, domanda: “Ma che razza di giustizia amministrano le procure che liberano i killer?”. E Berlusconi, allora leader dell’opposizione: “Ormai c’é un abisso fra la gente e alcuni pubblici ministeri”.

Mentre Delfino viene processato, riconosciuto seminfermo di mente e condannato per il delitto Multari, riprendono, con una proroga, le indagini su di lui per il delitto Biggi. Ma i risultati non arrivano. Intanto il pm Zucca è stato “assolto” dal Csm che ha riconosciuto “la piena correttezza” del suo operato, ma evidentemente il magistrato è rimasto scosso dalla vicenda, tanto che con gli stessi identici indizi con cui aveva evitato di perseguire Delfino, il 28 luglio 2009 ne chiede invece il rinvio a giudizio. In aula Zucca fa di più: chiede per Delfino una condanna a 25 anni. Inevitabile la sentenza della corte d’Assise che il 14 febbraio scorso lo ha assolto. Perché? Semplice perché non ha trovato neanche una prova della sua colpevolezza.

di Sandro Provvisionato

Il Giornale

Assolto per non avere commesso il fatto. Già in carcere per l’omicidio dell’ex fidanzata Maria Antonietta Multari, sgozzata nel centro di Sanremo il pomeriggio del 10 agosto 2007, Luca Delfino, 34 anni, oggi è riuscito a farsi assolvere dalla Corte d’Assise di Genova per un omicidio quasi identico, quello di un altra sua ex fidanzata, Luciana Biggi, uccisa a colpi di cocci di bottiglia la notte tra il 28 e il 29 aprile nel centro storico di Genova.

L’omicidio di Antonietta Nel caso di Antonietta, Delfino era stato catturato da una volante della polizia a una quarantina di metri dal luogo del delitto, pochi minuti dopo avere colpito la ragazza con quaranta coltellate alla gola, al seno, all’addome e alla schiena. Grondante sangue, con il coltello ancora in mano, stava cercando di medicarsi una ferita ricevuta durante la colluttazione. Motivo dell’omicidio: lei non voleva più saperne di lui.

Dopo mesi di persecuzioni, minacce alla ragazza e ai suoi genitori, il 10 agosto Delfino, rubati un motorino e un casco a Sanremo, si era diretto a Vallecrosia, dove la ragazza, residente a Ventimiglia, lavorava come commessa in un negozio di abbigliamento. L’aveva poi seguita quando lei da Vallecrosia si era spostata a Sanremo per servirsi di un centro estetico. Qui l’aveva attesa e aggredita.

… Nel caso dell’omicidio di Genova la ricostruzione non era stata così chiara e, anzi, aveva dato luogo a una violenta polemica tra l’allora capo della squadra mobile di Genova, Claudio Sanfilippo, e il sostituto procuratore Enrico Zucca, incaricato dell’indagine. Zucca è il pm che al processo ha chiesto 25 anni per l’imputato Delfino, ma allora aveva ritenuto che a carico del giovane indagato esistessero molti indizi ma non una prova decisiva. E lo aveva lasciato libero.

Alla notizia dell’omicidio di Sanremo Sanfilippo aveva dichiarato che Delfino avrebbe dovuto essere sottoposto a custodia cautelare e che la morte di Antonietta avrebbe potuto essere evitata. Consegnando alla procura, tre mesi dopo il fatto, il rapporto finale sul caso Biggi, il capo della mobile aveva elencato “elementi gravi e circostanziati” a carico di Delfino, chiedendo nei suoi confronti la custodia cautelare e sottolineandone la pericolosità.

La ricostruzione dei fatti Nel rapporto venivano ricostruiti i movimenti compiuti la notte del delitto dall’accusato, ripreso dalle telecamere mentre litiga con Luciana Biggi una quarantina di minuti prima della sua uccisione, e si sottolineava il comportamento sospetto tenuto dal giovane il giorno dopo.

La Biggi era stata scoperta stesa in una pozza di sangue, agonizzante, con la gola squarciata, alle 2.50 circa di venerdì 28 aprile, in mezzo a vico San Bernardo, da due ragazzi che tornavano a casa dalla movida nel centro storico genovese.

Sanitari e polizia, subito accorsi, avevano trovato una donna alta poco più di 1 metro e settanta, carnagione chiara, capelli e occhi castano chiari, con addosso jeans, felpa nera e stivaletti. Niente borsa, cellulare e documenti. Il fendente alla gola era stato inferto con un coccio di bottiglia.

Il riconoscimento della Biggi avvenne poi per mezzo della sorella gemella, Bruna, preoccupata perchè da due giorni senza notizie di Luciana, che assomigliava alla descrizione della donna assassinata riportata sui giornali.

Il giorno dopo l’omicidio Delfino aveva fatto lavare vestiti e scarpe indossati la sera prima, si era tagliato capelli e barba e aveva lasciato l’abitazione, a Serra Riccò, nell’entroterra genovese trasferendosi in una casa a Gorreto, al confine con il piacentino.

Gli investigatori avevano anche messo a fuoco i precedenti del sospettato, tra cui l’aggressione a un’altra ragazza, prima minacciata e poi picchiata, e l’esplosione della caldaia in casa della Biggi pochi giorni prima della sua uccisione, avvenuta in coincidenza con una visita di Delfino e causata dalla manomissione di un tubo. Unprofilo delineato da psicologi, e allegato dalla squadra mobile nel fascicolo, definiva Delfino “pericoloso”. Invano. Delfino restò indagato, ma a piede libero, e fu scarcerato.

Carfagna: “L’assoluzione aggiunge dolore” L’assoluzione di Delfino “aggiunge dolore ad una tragedia di per sé dolorosa”. Il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna spiega che “è una sentenza che aggiunge dolore ad una tragedia di per sé dolorosa. Un uomo violento, già condannato per l’omicidio di una donna, per molestie e per stalking, è stato assolto per mancanza di prove”.

“La magistratura – aggiunge la Carfagna – ha il compito di valutare l’oggettività dei fatti, quello delle istituzioni è di creare un clima che isoli la violenza e dia sicurezza alle donne. Sono fiduciosa che, nei successivi due gradi di giudizio, i famigliari della vittima troveranno la giustizia che attendono.

I reati commessi contro le donne, come già previsto dal decreto antistupri, vanno trattati con la massima severità. Per questa ragione colpisce che la cronaca giudiziaria di oggi riferisca di una ragazza bolognese che, dopo avere denunciato uno stupro,rischia di vedere archiviato il caso, perché provato che conosceva chi ha abusato di lei. Non è attraverso queste decisioni che si crea una società più a misura di donna”.

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