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Mara Catani Nieri, 42 anni, mamma. Massacrata di botte dal compagno, muore perchè lui non chiama i soccorsi

Capannoli (Pisa), 26 Aprile 2013

 


Titoli & Articoli

Compagna morta, a processo il convivente (QuiNews Pisa – 2 dicembre 2014)
Camionista 39enne accusato di omicidio preterintenzionale. In un primo momento si era pensato che la donna fosse deceduta per un malore. Le indagini
CAPANNOLI — A processo con l’accusa di omicidio preterintenzionale Alfredo Di Giovannantonio, camionista di 39 anni, di Cascina, per la morte della compagna Mara Catani Nieri, 42 anni, avvenuta il 26 aprile 2013 in circostanze ancora da chiarire nella loro abitazione a Capannoli. Oggi il giudice dell’udienza preliminare, ha disposto il decreto di rinvio a giudizio. La data del processo non è ancora stata fissata.
La famiglia della donna si è costituita parte civile. In un primo momento si era pensato che la 42enne fosse morta in seguito a un malore, poi l’autopsia rivelò segni di trascinamento e la procura ha allora ipotizzato che il decesso sia scaturito al termine di un litigio della coppia.L’uomo si è sempre proclamato innocente, ma i Ris trovarono tracce di sangue nella casa della coppia. Anche la Scientifica aveva riscontrato segni del trascinamento del corpo sia all’interno sia all’esterno dell’abitazione.

Un test al processo: “Litigavano spesso e lui l’aveva picchiata” (il Tirreno – 6 ottobre 2015)
Davanti alla Corte d’Assise un amico di famiglia conferma che l’imputato aveva percosso la compagna pochi mesi prima della tragedia. Impassibile, Alfredo Di Giovannantonio, 39 anni, camionista di Zambra, ascolta i testimoni al processo che lo vede accusato di omicidio preterintenzionale, in seguito alla morte della compagna, Mara Catani Nieri, 42 anni, trovata senza vita a Capannoli il 26 aprile 2013. La verità, cioè che Mara non era stata uccisa da un malore, è venuta alla luce alcuni giorni dopo la tragedia. Già l’autopsia aveva confermato i sospetti dei familiari, a cominciare dalla madre vittima, ora parte civile al processo, assistiti dall’avvocato Rolando Rossi. Ma il compagno, che la sera precedente era stato con Mara a Calci a casa di un amico e insieme si erano ubriacati, si era costruito una storia molto diversa dalla realtà. Ai carabinieri aveva detto che la sera, insieme al figlio piccolo, avevano cenato a casa. Poi si erano addormentati e la mattina, all’alba, Mara era stata trovata morta nel cortile della loro casa a Capannoli. Non era morta lì, qualcuno l’aveva trascinata fuori dalla modesta casa. La donna venne trovata, senza scarpe, con i jeans abbassati, la maglietta sollevata sulla pancia. «Il compagno era molto nervoso – testimonia un volontario del 118, John Gallo – Aveva il volto gonfio, sembrava fosse stata oggetto di percosse». «La donna aveva una macchia sul corpo come da sfregamento, come se il corpo fosse stato trascinato», riferisce davanti alla Corte d’Assiste, rispondendo alle domande del Pm Giovanni Porpora, il maresciallo dei carabinieri Mauro Tuveri.
Le liti tra i due, Mara e Alfredo (difeso da Giuseppe Carvelli), erano una costante. Lui la picchiava e Mara cercava di nasconderlo. Anche quella notte Mara è stata picchiata ed è poi morta soffocata nel sangue: questa l’ipotesi accusatoria. Se solo il compagno – in casa c’erano solo lui e il figlio – avesse attivato i soccorsi, forse la donna si sarebbe salvata. Invece risulta che l’uomo di notte abbia fatto due telefonate a Mara, alle 2,28 e alle 2,34 per motivi non chiari. E la mattina della tragedia il cellulare di Mara sembrava sparito. Solo una decina di giorni dopo i carabinieri – i quali avevano saputo che la coppia era stata a Calci con amici – ne entrarono in possesso. Per tutto quel tempo il telefono era rimasto a casa di Graziano Bottoni, una delle ultime persone ad avere visto Mara viva. A quel punto la verità si stava componendo. La coppia non aveva cenato a casa, anche se i carabinieri avevano trovato la tavola apparecchiata. La casa era in totale disordine, ma non da colluttazione. Quella sera i due erano stati a Calci. Lì avevano bevuto – così sostiene Bottoni, che però si contraddice più volte – cinque litri di vino in quattro. Il testimone, come risulta dalle intercettazioni, era stato invitato dal compagno di Mara a non dire niente. Contraddizione dopo contraddizione, dalle parole del testimone si intuisce che potrebbero esserci ancora particolari non detti su quella sera. Bottoni sostiene di avere visto la coppia e il bambino uscire insieme. Dalle scale di casa sua Mara non è caduta. «Stava sulle sue gambe e dava la mano al figlio», ripete davanti ai due giudici togati e a quelli popolari. E se la coppia, che aveva bevuto, avesse cominciato a litigare proprio a Calci? E se la lite fosse proseguita in auto – Mara ha il naso rotto e segni di percosse a un timpano – fino a Capannoli? «So che in passato avevano litigato – ammette Bottoni – Quattro o cinque mesi prima avevo visto Mara con un labbro spaccato e un occhio nero». Bottoni chiese spiegazioni alla donna e poi il compagno, che in questi anni non ha mai confessato, confermò la circostanza: «Sì, Alfredo mi disse che l’aveva menata».


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