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Jessica Filianti, 17 anni, studentessa. Massacrata con 43 coltellate dal fidanzato all’uscita da scuola

Reggio Emilia, 14 Marzo 1996



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In memoria di

Jessica Filianti uccisa 25 anni fa: il ricordo della mamma. VIDEO (Reggio Online – 13 marzo 2021)

“Voglio aiutare le donne vittime di violenza. Nel nome di Jessica” (TheDoc cultura – 16 dicembre 2013)
Intervista a Giuliana Reggio, madre della ragazza uccisa dal fidanzato nel 1996
Si può dimenticare il dolore per la perdita per una figlia assassinata? No, non è possibile, nemmeno dopo anni. Il dolore sopravviverà per sempre accanto al ricordo, ma può diventare utile per gli altri. E’ questa la lezione di Giuliana Reggio, la mamma di Jessica Filianti, uccisa dal fidanzato appena ventenne che non accettava la fine della relazione. Era il 14 marzo del 1996 e dopo 17 anni Giuliana non ha ottenuto giustizia, ma non ha perso la forza di combattere. Luca Ferrari, l’assassino di sua figlia, oggi e libero e vive a Parma con la sua famiglia.  Condannato all’ergastolo, poi a 23 anni, Ferrari è uscito dal carcere nel settembre dello scorso anno. “Dimenticatemi” si è limitato a dire appena tornato in libertà. Non una scusa, non una richiesta di perdono, non un pensiero per la sua vittima. Perdonare? “Nessuno me lo ha chiesto, né l’assassino di mia figlia, né i suoi genitori” risponde Giuliana che ricorda quando è stata ospite di Mara Venier a Domenica In e un sacerdote le aveva fatto presente che anche per i genitori del suo assassino è stato come perdere un figlio: “Solo che io devo andare su una lapide per piangere Jessica” è stata la risposta. Che non ammette repliche. Ma nello sguardo di Giuliana c’è qualcos’altro che va oltre la rabbia per una giustizia che dopo 17 anni non è ancora arrivata,  oltre il dolore e la consapevolezza che Jessica le è stata strappata per sempre. E’ il pensiero che altre ragazze e giovani donne hanno fatto o rischiano di fare la fine di Jessica, vittime di un amore che non è amore, ma possesso e violenza.
Per questo oggi Giuliana Reggio parla di Jessica senza reticenze a chiunque voglia conoscere la sua storia, non solo da dietro il bancone del suo bar, il Reggianello di via della Costituzione, ma ogni volta che la invitano a un convegno a una conferenza sulla violenza sulle donne. Il dolore e la rabbia si trasformano così in testimonianza, e la testimonianza in un dono per il prossimo. “Quello che mi sta più a cuore – spiega – è che nessuna madre si trovi a passare quello che ho passato io. Per questo è fondamentale che si capisca che uno schiaffo non è amore, che la violenza non è amore”. In queste parole si ritrova un filo conduttore in una storia che oggi è di terribile attualità, in un’epoca in cui la cronaca racconta quotidianamente di donne uccise, violentate, sfigurate e mutilate a causa di una concezione malata dell’amore. La tragedia dunque assume un senso profondo, si trasforma in testimonianza, in esempio. “C’è un messaggio che voglio dare a tutte le donne vittime di violenza: – dice Giuliana – ribellatevi, denunciate, raccontate quello che vi sta capitando”.

"Voglio aiutare le donne vittime di violenza. Nel nome di Jessica"

Jessica lo aveva fatto, aveva raccontato alla mamma di quell’ex fidanzato che la perseguitava e la minacciava. Era scattata anche una denuncia, ma allora non esisteva ancora una legge sullo stalking. Così le forze dell’ordine non avevano potuto fare nulla: “Sono giovani, vedrà che tutto si risolverà” le avevano detto in caserma. Il risultato è stato un omicidio feroce, 43 coltellate sferrate con rabbia cieca e una ragazza di 18 anni in una pozza di sangue all’incrocio tra via Buozzi e via Terrachini, dove ancora oggi c’è un mazzo di fiori a ricordare la tragedia. E un assassino mai pentito che oggi gode della piena libertà e non ha versato un solo centesimo di risarcimento. Qualcosa in questi anni è stato fatto, a cominciare dalla legge sullo staliking. Ma non basta. “Troppe donne restano sole – spiega Giuliana – e quando denunciano non vengono ascoltate. Non possiamo limitarci a fare nuove leggi, serve un vero cambiamento culturale”.


La famiglia Filianti “Portanova deve lavorare Così se sarà colpevole potrà risarcire la vittima” (il Resto del Carlino – 5 agosto 2023)
La madre e il fratello della ragazza uccisa 27 anni fa attaccano le femministe “L’assassino di Jessica è libero, si è rifatto una vita e non ha mai pagato un euro. Non abbiamo mai visto le associazioni protestare per questo, siano coerenti”.
“Non abbiamo visto le femministe andare a protestare davanti al luogo dove lavora adesso l’assassino della nostra Jessica…”. Nel dibattito sul caso di Manolo Portanova – il neo calciatore della Reggiana condannato a sei anni, in primo grado, in abbreviato, per violenza sessuale di gruppo – interviene anche la famiglia di Jessica Filianti, uccisa a soli 17 anni, nel marzo del 1996, a coltellate dall’ex fidanzato; uno dei femminicidi più efferati nella storia della città e che più rimasto impresso brutalmente nella memoria collettiva. La mamma di Jessica, Giuliana Reggio, è da tempo un fortissimo simbolo anti-violenza del nostro territorio e non solo. E oggi vuole dire la sua sulle polemiche di queste settimane. Non è una vera e propria difesa all’atleta, ma con grande intelligenza fa un discorso non banale. Dal garantismo alla giustizia che spesso utilizza due pesi e due misure.
“Sono sempre dalla parte delle donne e contro ogni tipo di crimine, lo sanno tutti – attacca Giuliana – Non conosco bene i fatti che accusano Portanova e non sono un giudice. Al terzo grado si capirà se è colpevole. Io dico solo questo: a me hanno tolto una figlia in malo modo, con 43 coltellate a soli 17 anni. L’assassino è finito in carcere subito, poi gli è stato inflitto l’ergastolo e alla fine è uscito. Si è laureato nel penitenziario, ha trovato un lavoro, si è reintegrato nella società e ha pure una figlia. A lui hanno dato la possibilità di rifarsi una vita…”. Una premessa che Giuliana tiene a fare per poi entrare nel merito della questione: “È giusto che Portanova continui a lavorare. Anche perché in questo modo può guadagnare denaro che potrebbe essere utile qualora dovesse essere riconosciuto colpevole, al fine di risarcire la vittima. A noi hanno tolto una figlia e non ci è stato dato neppure un euro di risarcimento…”.
Il figlio Fabiano, 46 anni, fratello di Jessica (quando venne uccisa ne aveva solo 19 anni), è molto più tranchant. “Per me combattere la violenza è tutti i giorni, non solo a parole e non solo quando fa comodo…”, dice Fabiano Filianti che lavora anche nello stesso mondo del calcio (ha allenato anche la primavera del Sassuolo femminile) e che oggi gestisce il bar ’Il Nuovo Reggianello’, in via Emilia Santo Stefano, “l’unico locale della città con una targa col 1522, il numero telefonico antiviolenza”.
Un riferimento chiaro e preciso alle associazioni femministe – Non Una di Meno e Nondasola – che stanno battagliando contro il fatto che a Portanova venga concesso di continuare a giocare a calcio; prima con una manifestazione in piazza Prampolini con cartellini rossi simbolici e fischietti in bocca, poi col blitz pochi giorni fa ai campi d’allenamento della Reggiana in via Agosti. “Violentare una donna è un atto ripugnante. Ma se lo Stato italiano ha dato la possibilità di essere reintegrato nella società ad una persona che ha volontariamente ucciso mia sorella, perché non farlo con Portanova? O reintegriamo tutti i colpevoli, cercando di essere superiori a loro oppure che dovremmo fare, buttarli tutti in un cassonetto dell’immondizia? Tutti devono essere puniti nella stessa maniera. La violenza non si combatte con altra violenza, ma col cervello! Le femministe dovrebbero fare prevenzione tutti i giorni oppure siano coerenti e vadano anche davanti al luogo dove lavora chi ha ammazzato mia sorella. È troppo facile cavalcare l’onda mediatica per farsi pubblicità quando scoppia un caso come quello del calciatore…”.
Fabiano conclude: “Portanova è giusto che continui a lavorare. Poi se il tribunale lo dichiarerà colpevole è giusto che paghi fino all’ultimo giorno di condanna. Ma quantomeno avrà i soldi necessari per risarcire la povera ragazza…”.