Jamila Assafa, 30 anni, disoccupata, mamma di due bambini (di 3 anni e di 16 mesi). Uccisa con una coltellata al cuore dal marito che aveva denunciato più volte
Budrio (Bologna), 23 Febbraio 2013
Era una donna forte: aveva presentato molte denunce.
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Femminicidio: Jamila Assafa, 30 anni, uccisa a Budrio dal marito. Per i carabinieri era “una donna forte”, aveva presentato molte denunce
Nell’ultimo anno Jamila Assafa, 30 anni, aveva bussato numerose volte alla stazione dei carabinieri di Budrio, in provincia di Bologna. Presentava querele contro il marito Abderrahim Qablaoui, 53 anni, raccontava che l’uomo non si occupava adeguatamente della famiglia, denunciava ingiurie e minacce, un giorno aveva portato un referto medico per le botte ricevute. «Semplici graffi», dicono ora i militari, che spesso erano intervenuti a sedare i litigi della coppia.
Venerdì sera Qablaoui ha preso un coltello e durante un’ennesima lite ha ucciso Jamila, piantandole la lama nel cuore. I vicini hanno udito un urlo sovrumano, poi lo hanno visto fuggire in auto con i due figli, il primo di due anni, il secondo di quindici mesi. Soltanto nella notte l’uomo si è costituito presso la stessa caserma dei carabinieri, raccontando che quella sera la moglie lo aveva rimproverato per averla trattata male di fronte ai parenti. Di nuovo discussioni, grida, poi il delitto.
La famiglia Qablaoui era seguita dai servizi sociali di Budrio, specialmente da quando Abderrahim aveva perso il lavoro. Jamila rimaneva in casa, sperando che il marito raggranellasse qualche soldo con piccoli mestieri occasionali. I litigi erano continui. Tra pochi giorni sarebbero stati sfrattati dall’alloggio fornito dal Comune, la tensione famigliare era altissima.
«Assafa era una donna decisa, con un carattere forte», la descrivono i carabinieri. Forse per questo motivo nessuno ha pensato che avesse bisogno di un ordine di protezione. Eppure il rischio di femminicidio era palese: violenze, botte, ingiurie. «Estrema litigiosità», riassumono nella caserma di Budrio, dove ricordano di avere trovato molte volte la casa dei Qablaoui a soqquadro, oggetti scaraventati a terra, segni di una vita matrimoniale finita. Ora l’assassinio di Assafa viene motivato con la formula «futili motivi».
Jamila è la tredicesima vittima di femminicidio dall’inizio dell’anno. Questa sera verrà organizzata una fiaccolata nelle vie di Budrio per ricordare che la violenza di genere va combattuta e non soltanto sensibilizzando l’opinione pubblica. «Il sostegno e la valorizzazione delle realtà che da sempre si occupano dell’accoglienza delle donne vittime di violenza, spesso solo grazie al volontariato, è un’esigenza altrettanto indispensabile» è il duro comunicato del Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia Romagna, seconda regione dopo la Lombardia per numero di femminicidi e terza (dopo Molise e Liguria) per tasso di rischio.
Nonostante l’entità dell’allarme, e nonostante il territorio possa vantare 11 centri anti-violenza e una buona rete di sostegno alle donne abusate, mancano fondi e alcune realtà rischiano di chiudere. «Il 50% dei femminicidi accade nel Nord» ricorda la vicepresidente della Casa delle donne di Bologna, Angela Romanin. «E questo succede perché l’emancipazione e la parità dei generi corre di pari passo con la violenza contro le donne: in questo senso la violenza contro le donne diventa una ritorsione maschile, una volontà punitiva».
Secondo la ricerca Eures/Ansa sul femminicidio in Italia, pubblicata lo scorso dicembre, le donne straniere come Jamila subiscono un tasso di rischio cinque volte maggiore delle italiane. Per Romanin «non dipende dalla differenza culturale ma proprio dal fatto che l’emigrazione è un evento stressante che vediamo spesso concomitante con l’acuirsi della violenza domestica. Succede anche nelle coppie che vanno a convivere, che si sposano, durante la gravidanza. Eventi scatenanti che colpiscono in maniera trasversale italiani e stranieri».
Uccide moglie, coltellata al cuore dopo lite banale, fugge coi figli poi si consegna.
L’ha uccisa davanti alla figlia di poco più di tre anni e al fratellino di 16 mesi, con un colpo al cuore, sferrato con un coltello da cucina, poi gettato nel lavello. Quindi è fuggito con una Fiat Punto, portandosi via i bambini. Ma dopo un paio d’ore, si è costituito nella stazione dei carabinieri di Budrio, il paese dove viveva con la moglie nella pianura bolognese. Ora Abderrahim Qablaoui, 53 anni, marocchino come la sua vittima, è in stato di fermo per l’omicidio di Jamila Assafa, 30 anni. In mattinata è stato interrogato dal pm Giuseppe Di Giorgio. Si è consegnato nella notte dopo aver lasciato i bambini ad una sorella. Ai militari ha detto di aver fatto una sciocchezza: la coltellata mortale è arrivata al culmine di una lite per motivi banali. Lei gli avrebbe fatto notare di non aver gradito il modo in cui era stata trattata, poco prima, davanti ai parenti di lui. Poi i toni si sono accesi. Non era la prima volta: i carabinieri in passato erano intervenuti per litigi. Ieri l’allarme è stato dato alle 21.15 da vicini, che hanno sentito trambusto e grida al primo piano della casa in via Frati Cappuccini e qualcuno ha visto l’uomo uscire in fretta. Arrivati, i militari hanno sentito che dentro la tv era accesa, ma non rispondeva nessuno. Hanno forzato la porta e hanno trovato la donna in terra, in sala. Inutile, l’intervento del 118. La coppia aveva difficoltà economiche, lei disoccupata e lui con lavori saltuari. Vivevano in una casa comunale, pare che da qualche tempo non pagassero l’affitto