Ilaria Palummieri, 20 anni, barista. Legata, seviziata, violentata e infine soffocata con un sacchetto di plastica dall’ex fidanzato che aveva già ammazzato il fratello
Rho (Milano), 24 Giugno 2011
Titoli & Articoli
Milano, uccide la ragazza durante il gioco erotico “Suo fratello mi ha scoperto. L’ho accoltellato” (il Giornale – 24 giugno 2011)
Riccardo Bianchi, 20 anni, si è presentato alle 2 di notte in commissariato dicendo di aver trovato la fidanzata, Ilaria Palummari, 20 anni, cadavere nel letto. La ragazza era nuda, con i polsi legati, soffocata da un sacchetto. Il fidanzato, poi, sorpreso dal fratello della vittima l’avrebbe ucciso con 20 coltellate, nascondendo il corpo in un lenzuolo e portandolo a Rho. Il giovane confessa i delitti
Ilaria soffocata con un sacchetto sul volto durante un gioco erotico. Poi l’ingresso in casa di Gianluca, il fratello, 21 anni. Che vede la sorella morta. E’ nuda, ha le mani legate al letto. E perde la testa. Riccardo Bianchi, 20 anni, il fidanzato della ragazza, impiegata come cameriera in un pub del centro, prende un coltello e uccide anche lui. Con venti colpi inferti tra addome e torace. Poi avvolge il corpo in un lenzuolo e lo abbandona vicino a un cassonetto a 14 km di distanza da quell’appartamento di via Gozzoli 160, zona Lorenteggio, periferia Ovest di Milano. Arriva fino a Rho, nell’hinterland. Poi si presenta al commissariato di Bonola e racconta agli agenti di essersi svegliato con la fidanzata morta accanto nel letto.
Verifica sul racconto Al momento il racconto del giovane che appare pieno di lacune e di incongruenze è al vaglio del pm all’interno degli uffici della mobile. Il fratello della giovane che viveva con lei nell’appartamento dove è stata trovata, è stato trovato morto questa mattina a Rho, comune dell’interland nord ovest di Milano. Sul suo corpo ci sono numerose coltellate, molte delle quali al torace. Il giovane è stato trovato avvolto in un lenzuolo e gli investigatori stanno valutando la possibilità che il lenzuolo sia compatibile con quelli presenti all’interno dell’abitazione dove è morta la ragazza. Il ragazzo è sotto torchio da 8 ore davanti al pm di turno, Cecilia Vassena. La ricerca dei complici È in corso da circa 8 ore l’interrogatorio di Riccardo Bianchii. Negli uffici della wuestura il pm sta ascoltando il giovane che alle 4 circa, in stato confusionale, si è rivolto agli agenti per denunciare la morte della fidanzata. Dai primi riscontri medico legali la 21enne è morta per soffocamento, mentre il fratello è stato accoltellato 20 volte. Tra le ipotesi che non trovano conferma c’è quella di un gioco erotico finito male e di un possibile complice che abbia potuto aiutare Riccardo a trasportare il corpo senza vita di Gianluca fino a un cassonetto di Rho, lontano circa 14 chilometri di distanza.
La rabbia del papà di Ilaria e Gianluca (Milano Today – 25 giugno 2011)
L’uomo stamattina ha tentato per due volte di fare irruzione nel palazzo di via Pompeo Marchesi dove l’assassino dei suoi figli risiede coi genitori. Intanto si cerca il movente
Il papà di Ilaria e Gianluca, i due fratelli assassinati dal fidanzato di lei, si è fatto vivo questa mattina per due volte davanti al palazzo di via Pompeo Marchesi dove il giovane omicida, Riccardo Bianchi, risiede insieme ai genitori. Questo mentre Riccardo ha passato la notte in una delle celle speciali di San Vittore, guardato a vista dalla polizia penitenziaria. L’uomo si è visto davanti al palazzo una prima volta alle 8.30, si è sfogato e poi se n’è andato per poi tornare verso le 11. Questa volta ha tentato di entrare nello stabile: un condomino l’avrebbe fermato ricevendo una testata.
Fratelli uccisi, interrogato l’assassino”Ilaria l’ha lasciato e ha perso la testa” (la Stampa – 26 giugno 2011)
Il killer dal pm per quasi 3 oreNon si sa se abbia rispostoalle domande. Un amico:«Lei voleva i suoi spazi»
E’ durato circa due ore e mezzo e si è concluso da poco l’interrogatorio di convalida dell’arresto di Riccardo Bianchi, il giovane accusato di duplice omicidio volontario e violenza sessuale per avere ucciso il suo migliore amico Gianluca Palummieri e la sorella di questi, nonchè la sua ex fidanzata, Ilaria. Al momento non si sa se il giovane ha risposto alle domande del gip Stefania Donadeo e quindi se ha confermato la versione resa davanti agli uomini della Squadra mobile e al pm Cecilia Vassena (anche lei presente oggi all’interrogatorio), oppure si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il suo difensore, l’avvocato Gianluigi Bonifati, mentre lasciava il carcere di San Vittore non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. «Oggi non ho nessuna dichiarazione da fare», ha detto Bonifati. Ora il gip dovrà decidere se convalidare o meno la richiesta d’arresto avanzata dal pm. Convalida che dovrebbe essere scontata.
«Penso che Riccardo abbia perso la testa quando si è accorto che Ilaria non era più la sua ragazza». Sono le parole di Andrea, 21 anni, amico di Ilaria e Gianluca. Andrea che si trova insieme a Leonardo, 24 anni, davanti al carcere di San Vittore di Milano ha spiegato che l’assassino era una persona «tranquilla e che quando prendeva confidenza in gruppo rideva e scherzava. Non so cosa gli sia passato per la testa». Il ragazzo ha inoltre spiegato che Ilaria e Riccardo si conoscevano da quattro-cinque anni: «Una volta si sono mollati e poi si sono ripresi. Ilaria poi un mese e mezzo fa aveva detto basta perchè si sentiva limitata, voleva avere i suoi spazi. Lei non voleva farsi mettere i piedi in testa – ha proseguito – e Riccardo era succube. Ogni cosa che Ilaria diceva per Riccardo era legge».
Il giovane poi ha anche affermato, questa è però una sua opinione, che Riccardo «aveva già premeditato di uccidere Ilaria. Il fratello invece l’avrà ammazzato per paura di ritorsioni». Andrea ha spiegato che mercoledì sera Riccardo era uscito con Gianluca e lo aveva fatto bere «appositamente», «perchè quando uno è brillo è più vulnerabile. Sono certo – ha proseguito il ragazzo – che l’ha preso alle spalle e poi penso che sia stato aiutato da qualcuno perchè una persona da sola non può sollevare un corpo che pesa almeno 70 chili e caricarlo nel bagagliaio dell’auto».
RICCARDO: LUI DOVEVA ESSERE MIO COMPLICE
«Ho ucciso Gianluca perché non mi aiutava a riconquistare Ila» (Corriere della Sera – 28 giugno 2011)
Milano, il movente del delitto dei due fratelli
C’era un piano nella testa di Riccardo Bianchi. Un piano «diabolico» per riconquistare Ilaria. Cercare l’aiuto, la «complicità» (come ha messo a verbale davanti al giudice che ieri ha confermato il suo arresto) «del fratello Gianluca». «Pensavo solo a Ila, era un mese che pensavo solo a lei», ha detto ai magistrati. Ma poi qualcosa è andato storto: «Ero fuori di me, non ricordo come ho fatto. Li ho uccisi tutti e due». Ricky non dice altro, ripete che in quella notte e un giorno di follia, quando dopo aver ucciso in strada Gianluca Palummieri, 20 anni, ha seviziato e soffocato la sorella Ilaria, di un anno più grande, «non ragionava». Andava su e giù per il bilocale di via Benozzo Gozzoli, periferia ovest di Milano, quattro grandi torri davanti a un supermarket. Sul letto il corpo della ex fidanzata con le mani legate con il cavo del joystick della Xbox alla testata del letto.
«Ho fatto tutto da solo, non cercate complici», ha confermato il ragazzo a Cecilia Vassena, il magistrato titolare dell’inchiesta, e al gip milanese Stefania Donadeo. Una ricostruzione che, a quasi una settimana dal duplice omicidio, avrebbe trovato riscontri anche per gli agenti della squadra Mobile. Ieri in questura sono stati riascoltati i genitori di Riccardo (Massimo e Barbara Bianchi) e il padre delle due vittime (Giovanni Palummieri). Gli investigatori guidati da Alessandro Giuliano stanno cercando di far luce sul movente.
Perché la confessione del 21enne è ritenuta «credibile», ma per gli inquirenti le sue ragioni non sono sufficienti a giustificare quella catena di violenza. La gelosia? Allora perché uccidere il fratello di Ilaria? «Un piano troppo diabolico», ripetono gli investigatori. Così sono stati risentiti anche gli amici più stretti di Ila e Gianluca. Il rapporto con Riccardo era finito da un mese. Lui – come ha confessato – non aveva accettato la separazione. Ma non aveva mai molestato la ex fidanzata. E perché poi, mercoledì sera, uscire insieme al fratello Gianluca? È stata forse un’azione premeditata
Il difensore di Bianchi, l’avvocato Gianluigi Bonifati ha parlato di «massima collaborazione con gli inquirenti». La difesa pensa a una perizia psichiatrica. Ma allora perché quelle parole di Riccardo davanti ai magistrati: «Cercavo la complicità del fratello per riconquistare Ilaria»? Gianluca si è forse opposto? Riccardo è reo confesso, il quadro accusatorio è devastante. La soluzione del movente, dal punto di vista strettamente giudiziario, non è indispensabile. Ma in questa storia di omicidi e violenza, con tre ragazzi che insieme fanno poco più di sessant’anni, l’indirizzo della Procura è di andare fino in fondo. Entrare nelle vite di questi rapporti «prendersi e lasciarsi», dell’amore e del sesso esposti su Facebook, e allo stesso tempo così comuni a tanti ragazzi con poca voglia di studiare e molta, moltissima di divertirsi, ballare, ubriacarsi.
Al padre di Ilaria e Gianluca i poliziotti hanno chiesto di mantenere la calma. Sabato scorso s’era spinto fin sotto le finestre della palazzina dove vivono i genitori di Riccardo: «Assassino, non finisce qui». Chi lo conosce parla di una persona distrutta. Nel complesso a Bonola dove abita con la madre (85 anni) manca da due giorni. «Siamo distrutti, ce li hanno portati via», s’è sfogata in lacrime l’anziana. Dicono che Giovanni Palummieri stia girando in lungo e in largo con la sua moto. Gli amici di Ila e Gianluca lo cercano perché venerdì vogliono organizzare una fiaccolata nel quartiere di Baggio. Servirà anche il suo assenso. Sotto le torri grigie di via Gozzoli, davanti allo striscione con le foto dei due fratelli, gli amici hanno portato lumini, fiori e peluche. In rete, invece, il cugino di Riccardo scrive: «La colpa è solo di Ilaria, quella ragazza ti ha rovinato». (di Cesare Giuzzi)
Fratelli uccisi a Milano, padre ha fatto perdere le sue tracce (Libero Quotidiano – 30 giugno 2011)
Giovanni Palummieri disperato per la morte di Ilaria e Gianluca vaga per Milano. Bianchi resta in carcere
Al dramma di Ilaria e Gianluca Palummieri, i fratelli di 21 e 20 anni uccisi barbaramente da Riccardo Bianchi a Milano, si aggiunge quello del loro padre Giovanni. Sabato si era recato sotto casa del killer dei suoi figli per gridare tutta la sua rabbia. Mentre i ragazzi del quartiere ricordavano le due vittime con cartelloni e mazzi di fiori, l’uomo si è dato alla macchia. “Ha cambiato numero di telefono, non si fa trovare. Sappiamo che sta girando senza meta e senza un senso sulla sua motocicletta”, ha detto chi lo conosce. Il timore è che possa accadere un’altra tragedia della disperazione.
Giovanni un anno fa aveva perso la moglie (madre di Ilaria e Gianluca) e i suoi figli avevano scelto di vivere da soli lontano dal padre, a Baggio, periferia Nord-Ovest di Milano.
Alla ricerca del movente – Mentre il profilo Facebook di Gianluca registra il progressivo ‘distacco’ degli amici virtuali del 21enne milanese (da oltre 300 a 281, con messaggi spariti dalla sua bacheca), gli inquirenti stanno ancora torchiando l’assassino per scoprire il movente del duplice omicidio tre giorni dopo la confessione di venerdì. “Penso che Riccardo abbia perso la testa quando si è accorto che Ilaria non era più la sua ragazza”, spiega un amico delle vittime. Potrebbe essere proprio la gelosia ad aver armato la mano del ragazzo, descritto da molti come un “tipo tranquillo”. L’ipotesi avanzata da più parti è che Riccardo abbia fatto bere Gianluca per poi coglierlo di sorpresa, magari con l’aiuto di un complice. Intanto è stato convalidato il suo arresto: resterà in carcere.
(di Giulio Bucchi)
«Ciao Ila, Ciao Gianlu». La rabbia contro i fotografi (Milano Today – 12 luglio 2011)
Chiesa di ss. Nebore e Felice gremita per l’ultimo abbraccio a Ilaria e Gianluca. Gli amici interrompono la funzione per stringersi al padre. Tensione verso giornalisti e fotografi: i ragazzi “proteggono” l’uscita delle bare
Il rito non lo prevede. La liturgia vorrebbe i fedeli sulle panche, in silenzio, ad attendere la fine della celebrazione. Ma è dura. E’ maledettamente dura vedere quelle bare bianche, ed esserne lontani, anche solo tre, quattro, cinque metri. Gli amici di Ilaria e Gianluca si alzano. Si abbracciano, si stringono. Piangono. Piangono forte. Il parrocco è costretto a richiamarli (“Finiamo la messa, poi potrete salutare Ilaria e Gianluca”) loro si risiedono, composti, ma quel dolore lancinante rimane, stretto come una morsa.
GLI AMICI NELLE PRIME FILE – E’ quasi mezzogiorno di un bollente martedì di luglio. Parrocchia di santi Nabore e Felice, in piazzale Perrucchetti. Mille posti che si riempiono immediatamente. Davanti, sotto l’altare,Ilaria e Gianluca Palummieri, due giovani fratelli uccisi dalla feroce follia dell’ex fidanzato di Ilaria, Riccardo Bianchi, indiziato per omicidio e ora in carcere. Feretri bianchi, rose rosse, rosa e gialle per l’ultimo abbraccio. Nei primi posti, l’assessore comunale alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino e il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo. Poi il padre di Ilaria e Gianluca, gli amici, i parenti. In pochi riescono a seguire l’eucarestia, o a non piangere. Negli occhi gonfi di dolore delle prime file c’è solo rabbia e sgomento.
“NON SAPPIAMO NULLA DAVANTI ALLA MORTE” – “Le parole, in momenti come questo – dice padreLuigi Boccati nell’omelia -, diventano vuote. Diciamo qualcosa solo per coprire un silenzio duro, imbarazzante. La morte di due persone innocenti, che non hanno fatto nulla per meritarselo, è un mistero, qualcosa che non riusciamo a spiegarci. Di fronte a questi eventi anche cose che prima ci sembravano importantissime diventano banali. Ma Ilaria e Gianluca ci lasciano un’eredità, un’eredità forte: la loro presenza per noi è stata un dono, e la cosa migliore per ricordarli e amare la vita quanto più possiamo”.
IL DOLORE DEL PADRE DI ILARIA E GIANLUCA Una ragazza si alza per leggere un pensiero ai fratelli, ma non riesce; è sopraffatta dall’emozione, scoppia in lacrime. Un’altra si sente male; viene soccorsa dai paramedici. Gli amici vanno intorno al padre dei fratelli, lo incitano, gli dicono di resistere. Giovanni Palummieri è immobile, accanto alla nonna Rosa e all’altra sorella delle vittime. Lui non ha più la forza di essere disperato, ha lo sguardo fisso, non riesce a parlare, ringrazia con automatica cortesia. E’ il momento più duro, più bestiale. Due figli portati via da una lama di ferocia, in pochi minuti di follia che non possono appartenere a questo mondo. Eppure. Ilaria e Gianluca non sorrideranno mai più.
TENSIONE CON GIORNALISTI E FOTOGRAFI – Le esequie sono terminate. Vengono portati fuori i feretri. Come era stato all’ingresso della cattedrale, un fragoroso applauso saluta i due giovani. C’è qualche attimo di tensione con giornalisti e fotografi, “bloccati” davanti al sagrato dalla polizia locale. Vengono insultati, c’è qualche spintone. Gli amici di Ilaria e Gianluca formano un “muro” umano per impedire ai reporter di scattare fotografie alle bare; vengono parcheggiati dei furgoncini come ulteriore protezione. Altro applauso. Ilaria a Gianluca iniziano l’ultimo viaggio. Dietro di loro, solo un vuoto gelido, nonostante i 38 gradi.
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In memoria di
“Un balordo ha ucciso i miei figli La giustizia li tiene prigionieri” (il Giornale – 29 giugno 2012)
Giovanni Palummieri: “Gianluca e Ilaria sono stati dimenticati I loro corpi sono ancora all’obitorio, non riesco neanche a seppellirli”
«Non conosceranno Amsterdam». Oppure: «Non sentiranno più il mare, non vedranno più arrivare l’inverno». Dice così, Giovanni Palummieri, parlando dei due figli che gli hanno ammazzato. Ilaria aveva ventun anni, Gianluca venti. È da poco passato un anno dal giorno in cui Riccardo Bianchi, il fidanzato che Ilaria aveva deciso di piantare, uccise a coltellate Gianluca; poi andò da Ilaria, la sequestrò, la violentò per dieci ore e la strangolò. Accadde a Milano, tra il 22 e il 23 di giugno.
Verrà il giorno in cui Giovanni Palummieri si vendicherà: lo dice senza enfasi ma con determinazione. Ma questo appartiene al futuro, a quando Riccardo uscirà dal carcere o dal manicomio. Oggi questo padre senza più figli vuole raccontare la sua storia con lo Stato. Giovanni vuole che si sappia cosa succede «dopo», quando la cronaca ha spento le sue luci sull’ennesimo fatto di sangue, e al posto dei servizi dei telegiornali arriva la fredda burocrazia della giustizia. Vuole che si sappia cosa succede quando le troupe smettono di attaccarsi al citofono di casa tua, e tutta la tua vita passata e futura diventa il numero di un procedimento penale.
I riconoscimenti dei corpi, «metta qui una firma», nella saletta dell’obitorio con gente che va e viene. I verbali delle autopsie che arrivano a casa, con i dettagli che un padre aveva deciso di non conoscere scritti nero su bianco. L’udienza preliminare, con l’assassino lì, a due passi, con gli occhi bassi: e i carabinieri che dicono al padre dei morti «si comporti bene». É il racconto di una burocrazia del delitto che trasforma un padre in «parte offesa», «come se mi avessero rubato la motocicletta o dato un pugno», e sembra tutelare più i colpevoli delle vittime. Fino allo sfregio finale, quello dei corpi mai più ridati. Ilaria e Gianluca sono ancora sotto sequestro. Non appartengono al loro papà ma alla macchina della giustizia. L’inchiesta è chiusa, non c’è più niente da scoprire: «Eppure i miei due figli sono ancora sotto ghiaccio al cimitero di Lambrate. Non mi hanno ridato nemmeno gli anelli che avevano addosso».
L’INIZIO «Mi chiamarono dal commissariato dicendo di presentarmi da loro. «Perché, cosa volete?» «Non possiamo dirlo» «Se non mi dite perché, allora io non vengo». Telefonai ai mei figli, uno dopo l’altro, e non rispondevano. Allora andai sotto casa ed era pieno di auto della polizia. Feci per avvicinarmi e due ragazzi del quartiere, due che mi conoscono bene, mi fermarono: Giovanni non andare, è meglio se non vai. Allora cominciai a capire».
IL FIDANZATO «Riccardo, il ragazzo di mia figlia, era uno scemo qualunque. Invece Ilaria era una fuoriclasse, una che faceva tre lavori per volta. Di solito nelle compagnie di giovani, sono le femmine a venire individuate un po’ col nome del loro ragazzo: lei è la ragazza di Tizio, l’altra è la ragazza di Caio. Invece Riccardo non contava niente, lo conoscevano solo come il ragazzo dell’Ilaria. Senza di lei lui non era nessuno. Così quando lei lo ha lasciato ha deciso di fargliela pagare».
IL TELEFONINO Le carte dell’indagine, quelle che senza tanti riguardi hanno spedito a casa di Giovanni, raccontano un dettaglio che spiega tante cose. Sul suo telefonino, Riccardo aveva ancora il numero di telefono di Ilaria, ma sotto il nome «Ila Troia».
IL CORPO DI GIANLUCA «Mio figlio pesava settanta chili. Avete in mente cosa vuol dire sollevare da soli un corpo morto di settanta chili? Riccardo Bianchi è un gracilino. Secondo la giustizia ha fatto tutto da solo. Ma io non crederò mai che dopo avere ucciso mio figlio sia riuscito a nascondere il corpo da solo. E so anche chi è stato ad aiutarlo».
IL DELITTO Riccardo Bianchi decide tutto prima e si prepara accuratamente. Nell’ultimo mese, sul suo computer invece dei soliti siti porno fa delle ricerche usando le parole chiave «abuse» e «brutal», che lo portano a vedere e studiare trattamenti identici a quello che riserverà a Ilaria. Prima però deve uccidere Gianluca, per procurarsi le chiavi dell’appartamento dei ragazzi. Lo invita a uscire il mercoledì sera. Esce di casa con lo zaino e con il coltello. Per essere sicuro di prendere l’amico alla sprovvista passa la sera a chiacchierare con lui, poi lo accoltella e lo mette nel baule della macchina. Gli prende le chiavi di casa, sveglia Ilaria e mentre lei apre gli occhi le dice: «Ho ucciso tuo fratello». Poi comincia l’inferno.
IL RICONOSCIMENTO «Mi fecero andare all’obitorio di piazzale Gorini. C’era una stanza con gente che entrava e usciva, tirarono fuori i corpi da dietro un vetro e mi chiesero se riconoscevo i miei figli. Allora, mi dissero, deve firmare questo modulo».
LE CARTE «Ho nominato un avvocato, le carte del processo le aveva tutte lui. Un giorno mi arriva a casa una busta con l’intestazione della Corte d’appello. Purtroppo l’ho aperta». Dentro c’è scritto per filo e per segno come è stato ucciso Gianluca, e per quante volte e per quante ore è stata violentata Ilaria, «cagionando alla stessa sofferenze particolarmente dolorose», e in che modo è stata alla fine soffocata.
L’ANELLO «La mamma dei mie figli era morta un anno prima che me li uccidessero. Il suo anello di fidanzamento l’avevo regalato a Ilaria che la portava al collo. L’aveva al collo anche il giorno in cui Riccardo l’ha uccisa. E Gianluca aveva la fede nuziale di sua mamma. Ho chiesto che mi venissero restituiti ma fino ad oggi non c’è stato niente da fare»
L’UDIENZA «Il giorno dell’udienza preliminare mi sono presentato in tribunale. Pensavo di vedere Riccardo in gabbia, o almeno ammanettato, in mezzo ai carabinieri. Invece me lo sono ritrovato nella mia stessa stanza, seduto a pochi passi da me. Come lo guardavo? Come si guarda uno che ti ha ucciso i figli. Allora i carabinieri sono venuti da me e mi hanno detto che dovevo stare buono».
I CORPI «Mi hanno prestato i corpi di Ilaria e Gianluca per fare il funerale, poi se li sono ripresi e non me li hanno più ridati. L’ultima volta che ho provato a chiederli, mi hanno risposto che dovevo far fare una istanza all’avvocato. Allora, gli ho detto, con voi ho chiuso. Dicono che se proprio voglio mi possono dare il permesso di seppellirli. Ma io non li voglio mettere sotto terra. Io li voglio cremare e mettere in una stessa urna, perché voglio che stiano insieme, e li voglio mettere accanto alla loro mamma. Dicono che non posso: se vuole, signor Palummieri, li può seppellire, altrimenti ce li teniamo noi. Ma cosa vogliono ancora scoprire dal corpo dei miei figli? L’inchiesta è finita, non c’è niente da capire, Riccardo ha confessato. Il pubblico ministero ha scritto nero su bianco come sono stati uccisi. E allora? Io credo che i corpi di Ilaria e Gianluca appartengano al loro papà, all’uomo che li ha imboccati e li ha lavati, e non allo Stato. Invece da un anno me li tengono sotto ghiaccio». Dopo la richiesta di rinvio a giudizio, la competenza sui corpi è passata dalla Procura al giudice preliminare.
L’ASSASSINO Il prossimo 8 luglio ci sarà il processo con rito abbreviato a Riccardo Bianchi. L’avvocato ha depositato una perizia secondo cui l’imputato era incapace di intendere e di volere al momento dell’omicidio. Le intercettazioni dopo l’arresto raccontano che già poche ore dopo il delitto Riccardo progettava di farsi passare per pazzo.
PERCHÉ «In questo anno mi sono chiestotante volte: perché è successo a me? Non trovavo una risposta. Poi è uscito un film dove il protagonista si fa la stessa domanda e si risponde: è successo a me perché sono capace di sopportarlo. Forse è la risposta giusta».
Il pm: «Ilaria sarebbe ancora viva se i vicini avessero dato l’allarme» (il Giornale – 19 gennaio 2013)
Gianluca Palummieri non si sarebbe potuto salvare. Mentre Riccardo Bianchi, il suo amico Riccardo Bianchi che aveva passato la sera a chiacchierare con lui, violentava e torturava sua sorella Ilaria, Gianluca era già morto da ore, trafitto da trenta coltellate, ucciso da Riccardo e infilato nel baule dell’automobile. Invece Ilaria si sarebbe potuta salvare, i suoi vent’anni di ragazza avrebbero potuto diventare la vita normale e vissuta di una donna. Dopo avere ucciso Gianluca, Riccardo era andato a casa sua: di Ilaria, che era stata la sua fidanzata, e che l’aveva piantato. Ilaria era una ragazza forte. Urlò, si ribellò, lottò. I vicini sentirono le sue urla, sentirono i colpi. Ma si girarono dall’altra parte. Nessuno, nel palazzo, pensò che fosse proprio dovere chiamare la polizia.
Ieri Cecilia Vassena, pubblico ministero, ha pronunciato la sua requisitoria contro Riccardo Bianchi, giudicato dai periti perfettamente capace di intendere e di volere quando ammazzò i fratelli Palummieri, tra il 23 e il 24 giugno 2011. Per Bianchi, che «non ha mai mostrato alcun segno di pentimento», il pm Vassena ha chiesto l’ergastolo per duplice omicidio. Ma nel suo intervento ha avuto parole pesanti anche per l’indifferenza di chi udì quelle urla e non alzò la cornetta del telefono. Non c’è un obbligo giuridico di chiamare la polizia. Ma una parte di colpa pesa anche sulla coscienza di chi quella notte fece finta di niente.
Per il resto, la requisitoria della Procura si è mossa su un sentiero obbligato. Nulla, per come i fatti hanno preso forma e dettaglio durante l’inchiesta, poteva ridimensionare le responsabilità di Bianchi. Non lo stato mentale, che pure i consulenti della difesa hanno cercato di spacciare per una sorta di follia momentanea, e che invece i periti del tribunale hanno trovato assolutamente normale: se normale si può considerare la crudeltà di chi decide di vendicare col sangue l’onta di una relazione interrotta; non le modalità dell’omicidio di Gianluca, e soprattutto di quello di Ilaria, preceduto da un lungo sequestro e da stupri ripetuti; e ancora più decisivi, nell’impedire la concessione di qualunque attenuante, sono stati i meticolosi preparativi che hanno preceduto il duplice delitto, studiato fin nei dettagli documentandosi su siti e manuali.
In aula, ad ascoltare la richiesta di ergastolo, ieri c’era anche Riccardo Bianchi: apparentemente impassibile. A pochi passi da lui, con gli occhi lucidi di rabbia, il padre dei due ragazzi uccisi. In questi lunghi mesi passati dalla notte del delitto, Giovanni Palummieri non ha avuto un rapporto facile con la giustizia. Ha avuto la sensazione di essere trattato come un numero e non come la vittima di una tragedia immane. Ha ricevuto a casa, impietosamente, gli atti con i referti dettagliati delle torture. Si è visto rifiutare a lungo, e senza motivo, la riconsegna dei corpi. Ha ricevuto una lettera burocratica del Comune che sfrattava i suoi figli dall’obitorio. Ma ha soprattutto covato il timore di una sentenza indulgente, che consentisse all’assassino dei suoi figli di tornare un giorno libero: «Non c’è problema, lo aspetto quando esce». Mercoledì prossimo si conoscerà la sentenza.
(di Luca Fazzo)