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Giacomina Zanchetta, 67 anni, ex operaia al lanificio, mamma, cantava nel coro della chiesa,mamma. Uccisa a fucilate dal marito.

Vittorio Veneto (Treviso), 19 aprile 2012

Prima o poi mi ammazza. Lo sapeva, Giacomina, di avere i giorni contati. Raffaello non la voleva più far uscire di casa, neppure per recarsi in Chiesa, dove Giacomina cantava nel coro. Le donne (le amiche, la cognata) lo sapevano. Invece gli uomini (il fratello) non si erano accorti di nulla, lui era solo un po’ depresso ma lei gli aveva sempre voluto bene.

Raffaello Salvador, 72 anni, sottufficiale dell’Aeronautica in pensione. Un uomo dal carattere forte, ancora più forte con in mano un fucile.

 Figli: 2, Giovanni e Sabrina. Anche loro le avevano detto di andare via da casa.

Titoli & Articoli

Il Gazzettino

Giacomina aveva paura del marito …«Prima o poi mi uccide. Ho i giorni contati. Non ce la faccio più». Era questo lo stato d’animo, la sensazione, la paura, il presagio che Giacomina Zanchetta, la 67enne freddata con un colpo di fucile all’addome dal marito Raffaello Salvador, aveva confessato alle amiche più intime (…), quelle che conosceva da molti anni. A loro nelle settimane che hanno preceduto il drammatico epilogo, Giacomina aveva raccontato tutto. Era riuscita ad aprirsi, a confidare quel tormento che aveva minato la sua vita coniugale e che, quando Raffaello era andato in pensione, aveva preso una svolta ancor più negativa, culminata nel tragico omicidio-suicidio.

Giorno dopo giorno il 72enne, ex aiutante maresciallo dell’Aeronautica, uomo dal carattere forte, era diventato sempre più possessivo nei confronti della moglie. Anche le amiche del coro della parrocchia di Santi Pietro e Paolo, che Giacomina la conoscevano bene, lo avevano notato. «Cantava con noi da oltre vent’anni – ricordano – poi ha iniziato a diradare le sue presenze, finendo solo per partecipare al coro della speranza, quello dei funerali. Finite le prove non si fermava mai con noi, andava subito a casa. Non partecipava nemmeno ai momenti di festa». Per Giacomina la parrocchia, il coro e la messa, erano le uniche occasioni per uscire di casa, oltre alle visite ai fratelli, Claudio e Dino, e ai figli. La sua vita sociale, negli anni, si era ridotta all’indispensabile.

Il disagio, che viveva quotidianamente tra le mura di casa, Giacomina l’ha confidato soltanto alle amiche più intime. A loro aveva parlato come un libro aperto. «Non ce la faccio più, mi aveva detto piangendo non molto tempo fa – rivela una cara amica della 67enne -. E non era la prima volta che si confidava con me. Le avevo risposto: Giacomina, vai via. Ma lei non se la sentiva di abbandonare il marito, erano sposati da troppi anni».

Per la 67enne rompere gli oltre 40 anni di matrimonio era un peso enorme. «Ha sofferto le pene dell’inferno, ma non lo faceva vedere a nessuno – aggiunge l’amica -. Solo chi la conosceva bene, sapeva quanto soffriva tra le mura di casa».

Giacomina si era sposata con Raffaello alla fine degli anni Sessanta: si erano conosciuti a Santi Pietro e Paolo, il quartiere in cui entrambi erano cresciuti e in cui, una volta sposati, avevano deciso di metter su famiglia. Avevano avuto due figli, Giovanni e Sabrina. «Anche i figli le avevano detto di andare via di casa, ma lei non voleva. Per rispetto nei loro confronti non se la sentiva di abbandonare il marito» spiega un’altra amica della vittima.

Una donna del coro, alcuni giorni fa, era andata a casa dei Salvador per eseguire dei lavoretti: «In casa era solo lui a parlare, lei se ne stava zitta. Mi faceva tanta pena. Povera Giacomina». «Io non avrei sopportato un uomo così – si sfoga una donna che da anni aveva instaurato un rapporto di amicizia con Giacomina -. Esternamente era caro e buono, ma nell’animo era un bruto».

La Tribuna di Treviso

Lite, uccide la moglie e poi si spara in faccia: domani l’autopsia – La tragedia giovedì sera: Giacomina Zanchetta colpita con due fucilate Il marito Raffaello Salvador, ex militare, era accecato dalla gelosia

Una tragedia della gelosia finita nel sangue. Un ex militare ha ucciso la moglie a fucilate e poi si è tolto la vita con un colpo al volto. Il dramma è stato scoperto ieri all’ora di pranzo in via del Lavoro 126 nella zona dei Santi Pietro e Paolo, a Vittorio Veneto. Giacomina Zanchetta, 67 anni, è stata freddata con una scarica di fucilate al petto. Almeno tre colpi sono partiti dal fucile imbracciato dal marito Raffaello Salvador, 72 anni, ex sottufficiale dell’Aeronautica militare.

È toccato a Claudio Zanchetta, fratello della donna, scoprire il massacro. Preoccupato dal silenzio della coppia, a mezzogiorno si è recato nella loro casa. È entrato accompagnato da un vicino. Hanno trovato i corpi senza vita nella cucina della villetta bifamiliare … Sul tavolo della cucina c’era ancora la cena non consumata.

… Non erano considerati una coppia litigiosa, ma la gelosia potrebbe aver scavato un abisso tra i due. Ormai Giacomina non poteva più frequentare neppure il coro parrocchiale. Secondo un parente, Salvador in questo momento era depresso per alcuni problemi di salute. Aveva subito di recente un’operazione agli occhi per la cataratta. «Aveva paura di stare male», rivela Claudio Zanchetta, fratello della vittima. Più probabile che si sia trattato di una serie di concause a scatenare la follia omicida. Sulla scena dell’omicidio-suicidio anche il medico legale Francesco Manglaviti e il medico di famiglia Nazareno De Nardi.

Le armi di Salvador. Raffaello Salvador si era congedato dall’Aeronautica con il grado di maresciallo maggiore. Era esperto di gruppi elettronici, molti anni di servizio sul Pizzoc, poi in ufficio a Treviso e da 15 anni la pensione. In casa teneva due fucili, regolarmente denunciati. Le armi sono state sequestrate. Le indagini sono coordinate dal comandante provinciale dei Carabinieri, colonnello Gianfranco Lusito.

Spetterà ora agli investigatori ricostruire il puzzle della sua vita per trovare il movente a un gesto così repentino e violento.

«Atto imprevedibile». «Stiamo ricostruendo la dinamica», conferma il comandante Lusito, «gli elementi raccolti ci fanno ipotizzare che il fatto si sia verificato ieri sera, all’ora di cena».  «Un dramma familiare sconvolgente, un atto imprevedibile», ha commentato il sindaco Gianantonio Da Re che conosceva la famiglia. Ieri ha  visitato il luogo dell’omicidio-suicidio insieme al vicesindaco Giuseppe Maso. Mai nessun problema per la famiglia Salvador, nessun disagio sociale segnalato ai servizi comunali. Nessuna preoccupazione economica, una vita da pensionati. Giacomina era una donna di fede profonda. Cantava nel coro, almeno finché non è esplosa la gelosia del marito.

di Francesca Gallo

Corriere del Veneto

Settantenne geloso uccide la moglie e si spara – Lei, 67 anni, andava a cantare nel coro della chiesa. Lui la voleva in casa. Ha usato due fucili da caccia per farla finita. I corpi erano irriconoscibili

La tavola apparecchiata come sempre, le pentole sul fuoco con la cena pronta e a terra, in un lago di sangue, i corpi straziati di Giacomina Zanchetta, casalinga di 67 anni, e del marito Raffaello Salvador, 72enne sottufficiale dell’Aeronautica in pensione. Ad uccidere la donna giovedì sera, con un colpo di fucile all’addome, è stato proprio il marito, che poi ha preso una doppietta, se l’è puntata sotto il mento e ha fatto fuoco…

All’origine dell’omicidio-suicidio forse la gelosia ossessiva di Salvador per la moglie con la quale, pare, i litigi fossero ormai molto frequenti. Sembra che l’uomo non sopportasse nemmeno di vederla salutare i vicini o gli amici della parrocchia, che lei frequentava perchè cantava nel coro. Interesse a lui inviso, perchè motivo delle uscite della donna.

Il dramma nella bifamiliare si è consumato in pochi minuti, alla fine di una giornata normale, mentre nessuno dei vicini si accorgeva di nulla. Giacomina e Raffaello sono stati visti per l’ultima volta intorno alle 19.30. Poi la coppia è entrata in casa e ha chiuso le imposte, come faceva ogni sera all’ora di cena.

La tavola era già apparecchiata e la 67enne stava armeggiando in cucina con le pietanze, quando è scattata la furia omicida del marito. Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri, l’uomo ha preso i due fucili da caccia che aveva ereditato dal padre, un monocanna e una doppietta, li ha caricati ed è tornato in cucina. Con il primo ha sparato a bruciapelo contro la moglie, colpendola all’addome. La donna è stramazzata a terra, a pancia in giù in un lago di sangue. Poi l’uomo ha preso la doppietta, se l’è puntata sotto il mento e ha fatto fuoco, accasciandosi accanto al muro. Tutto intorno il sangue e i resti del suo volto, dilaniato al punto da far inizialmente pensare che i colpi esplosi fossero stati tre e da rendere difficile il riconoscimento del corpo. Poi nella villetta è sceso il silenzio, interrotto solo dal fringuello di casa, che continuava a cinguettare. A stabilire l’ora esatta della morte e quanti colpi sono stati sparati sarà il medico legale Massimo Manglaviti, durante l’autopsia che verrà disposta dal pm Barbara Sabattini.

A fare la tragica scoperta il fratello della donna, Claudio, che ogni giorno andava a trovare la coppia. «Quando ieri, a mezzogiorno, ho visto che era ancora tutto chiuso e nessuno rispondeva ho pensato che fosse successo qualcosa di grave—racconta —. Temevo si fossero sentiti male e sono entrato rompendo una finestra ». Così si è trovato davanti i corpi straziati della sorella e del cognato: «Una scena che non dimenticherò mai». Pochi i dubbi sul fatto che si sia trattato di un omicidio-suicidio. «Al momento non ci sono elementi che indichino la presenza sul luogo di terze persone—spiega il comandante provinciale dell’Arma, Gianfranco Lusito —. L’autopsia e l’accertamento balistico sui fucili chiariranno la dinamica dell’accaduto ». Quel che è certo per ora è che Salvador è stato colto da raptus, probabilmente al culmine di un litigio.

Pare infatti che la coppia, descritta da tutti come unita e affiatata, nell’ultimo periodo si lasciasse spesso andare a violente litigate a causa della gelosia del marito. Una gelosia quasi patologica e forse immotivata, quella che l’ex maresciallo provava per la moglie. Erano sposati da 45 anni e avevano due figli, Sabrina che vive a Faenza e Giovanni. Ad aggravare il suo disagio le condizioni di salute dell’uomo, che aveva subìto un intervento alla cataratta e doveva farne un altro. «A me sembrava una coppia normale, che andava d’accordo —dice Claudio Zanchetta—ultimamente però, lui era cambiato, era preoccupato, aveva paura di stare male».

di Milvana Citter

Il Gazzettino

I due corpi senza vita stesi a terra nella penombra della cucina, i due fucili da caccia uno vicino all’altro, nel macabro silenzio della stanza, a fianco dei corpi straziati, chiazze e macchie di sangue un po’ ovunque, anche sul soffitto. Una scena agghiacciante quella che si è presentata a Claudio Zanchetta, il fratello di Giacomina, che ieri poco prima di mezzogiorno è riuscito a entrare nell’abitazione di via del Lavoro, dove si era recato non senza preoccupazione perché contrariamente al solito lei non si era fatta vedere o sentire: «Mia moglie e mia sorella erano solite vedersi puntualmente ogni mattina – racconta con la voce scossa – e anche ieri Giacomina doveva venire a trovarci. Ma non l’abbiamo vista».

Una preoccupazione che è di colpo lievitata quando il telefono nell’abitazione di via del Lavoro ha squillato alcune volte invano. «La cosa è sembrata molto strana – prosegue Claudio – . Mia moglie ha intuito che qualcosa poteva essere successo. E mi ha detto: vai a vedere. Abitiamo a un chilometro di distanza e sono partito subito. Mancava poco a mezzogiorno. Ho suonato al campanello e ho chiamato, ma dall’interno nessun segnale. Allora ho scavalcato la recinzione e mi sono avvicinato alla casa. La persiana della cucina era leggermente alzata, ho guardato attraverso i vetri, mi è sembrato di scorgere una sagoma a terra, sul pavimento varie chiazze scure. Ho chiamato ancora e in quel momento la terribile intuizione si è fatta strada».

In un primo momento Zanchetta ha tentato di sfondare il vetro ma ha desistito subito girando intorno alla casa alla ricerca di una finestra aperta e quasi subito ha trovato quella del bagno socchiusa: «Ho scavalcato il davanzale e sono passato subito in cucina. Poi una scena scioccante: Giacomina era distesa bocconi, a poco più di un metro mio cognato era supino con una gamba appoggiata ad una sedia, aveva il volto sfigurato. Sangue ovunque. La tavola – racconta ancora – era preparata, un fornello del gas ancora acceso con un pentola ormai vuota. Ho chiamato subito il 112. Mezzogiorno era appena suonato. Dopo dieci minuti è arrivata la prima pattuglia dei carabinieri».

Mentre attendeva l’arrivo delle forze dell’ordine, Claudio Zanchetta ha avuto il coraggio di guardare da vicino i congiunti. «Tutte le porte della casa erano state chiuse a chiave dall’interno – ricorda – forse aveva premeditato tutto anche se stento ancora a crederlo. Con lui mi vedevo abbastanza spesso, ultimamente mi era sembrato un pò depresso ma niente di preoccupante».

Claudio Zanchetta non nasconde commozione ricordando la sorella: «Era tutta casa e famiglia. Da giovane aveva lavorato per quindici anni al Lanificio Cerruti poi si è dedicata al marito e ai figli. A Raffaello ha sempre voluto bene». Gli fa eco il cugino Giancarlo: «Giacomina – è il suo ricordo – era una persona allegra e di compagnia. Amava il canto, anche ora faceva parte del coro della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo».

di Giorgio Marenco

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