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Elda Tandura, 66 anni, professoressa in pensione. Massacrata di botte dal compagno, muore dopo un mese di agonia in ospedale

Vittorio Veneto (Treviso), 24 Ottobre 2017


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Giallo a Vittorio Veneto, la rivelazione prima di morire: “E’ stato lui” (Oggi Treviso – 28 ottobre 2017)
Elda Tandura avrebbe rivelato ad un’infermiera il responsabile della sua morte
Ci potrebbe essere uno sviluppo decisivo nella vicenda della morte di Elda Tandura, la 66enne di via Caprera morta dopo un mese di coma, forse uccisa dalle lesioni causatele da una violenta litigata con un amico.
Come riporta il Gazzettino, infatti, la donna avrebbe raccontato ad un’infermiera – che la stava assistendo in ospedale prima di morire – che sarebbe stato il suo amico 47enne, coneglianese, a ridurla in quello stato. I magistrati vogliono ora sentire la versione dell’infermiera, che potrebbe essere depositaria della verità del caso. L’autopsia verrà disposta invece lunedì: saranno gli esami a stabilire un eventuale nesso tra la litigata e la morte della donna.
Il 47enne era già stato denunciato nel 2012, ed è imputato in un processo per lesioni e maltrattamenti sulla donna. Un anno prima, da parte della vedova, era arrivata anche la denuncia per violenza sessuale, ma l’indagine era stata archiviata dal gip. E nell’estate del 2011 un’altra querela, sempre per maltrattamenti e lesioni: in questo caso l’inchiesta è ancora in corso. Il fascicolo che riguarda l’uomo potrebbe quindi avere un aggiornamento decisivo, se venisse confermata la morte a causa delle violenze da lui perpetrate: potrebbe infatti essere riqualificato in lesioni e maltrattamenti aggravati da sopravvenuta morte o addirittura in omicidio.

Una spinta e poi la caduta così è morta Elda Tandura (La tribuna di Treviso – 3 novembre 2017)
Sarebbe stata una caduta, provocata da una violenta spinta, a provocare l’emorragia cerebrale che ha portato alla morte di Elda Tandura, deceduta dopo circa un mese di ricovero in ospedale. Nei giorni scorsi è stata infatti eseguita l’autopsia sul corpo della sessantaseienne per fare chiarezza su quanto accaduto. Il dottor Alberto Furlanetto dovrà ora studiare le cinque cartelle cliniche sequestrate per ricostruire cosa è stato fatto nel mese di ricovero durante il quale la donna è stata anche sottoposta a diversi interventi chirurgici. L’anatompatologo avrà ora sessanta giorni di tempo per depositare le conclusioni sul tavolo della Procura.
Si tratta di un primo importante tassello per risolvere il giallo della morte di Elda Tandura, deceduta a 66 anni nella notte tra lunedì e martedì scorso dopo un lungo ricovero in ospedale.
Al momento c’è un indagato: si tratta di Luca Furlan, quarantanovenne di Preganziol, e l’ipotesi di reato è di maltrattamenti aggravati dalla morte. L’uomo, difeso dall’avvocato Alessandra Nava, è stato sentito nei giorni scorsi dal magistrato che coordina l’indagine e si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Una scelta inevitabile, era impossibile sostenere un interrogatorio fissato solo il giorno prima, a un mese dai presunti fatti che gli vengono contestati», ha spiegato il legale.
È stato anche posto sotto sequestro l’appartamento di via Caprera a Vittorio Veneto dove viveva la Tandura. Nei prossimi giorni arriveranno i carabinieri del Ris (Reparto Investigazioni Scientifiche) per effettuare i rilievi e dare la caccia a tracce che possano corroborare l’ipotesi d’accusa avanzata dalla procura che, nel frattempo, dopo aver ordinato il sequestro delle cartelle cliniche ha disposto l’audizione di possibili testimoni in grado di riferire le confidenze dell’ex insegnante: saranno sentiti medici ed infermieri, che sono stati a contatto con la donna, nell’ultimo mese di ricovero, prima della morte, ed i vicini di casa.

Femminicidio a Vittorio Veneto: «Elda è stata uccisa», in manette l’ex compagno (la tribuna di Treviso – 23 gennaio 2018)
Vittorio Veneto. La Tandura morì dopo un mese d’agonia. Furlan l’avrebbe picchiata e spinta. L’accusa è omicidio preterintenzionale
Luca Furlan, il quarantanovenne di Preganziol ex compagno di Elda Tandura, è stato arrestato ieri mattina dai carabinieri con l’accusa di omicidio preterintanzionale della donna, deceduta dopo un mese di ricovero in ospedale, per le conseguenze di un’emorragia cerebrale provocata dalle lesioni subite alla testa. La Procura di Treviso ha deciso di imprimere una svolta nell’inchiesta sulla morte della Tandura chiedendo e ottenendo dal tribunale le manette per il quarantanovenne ora rinchiuso nel carcere di Santa Bona. La motivazione con la quale il giudice Angelo Mascolo ha emesso l’ordinanza è che Furlan è ritenuto un soggetto pericoloso. L’uomo infatti si trova anche sotto processo con l’accusa di percosse e tentata estorsione perché accusato di aver tentato di estorcere denaro alla donna minacciandola anche di morte. Per questo era stato anche raggiunto da un foglio di via da Vittorio Veneto, che aveva ripetutamente violato.
La prima svolta nelle indagini c’era stata una decina di giorni fa quando la Procura aveva deciso di trasformare l’accusa di lesioni aggravate da morte in omicidio preterintenzionale nei confronti dell’uomo che, difeso dall’avvocato Alessandra Nava, ha scelto la via del silenzio di fonte alle domande degli inquirenti. Sarebbe stata infatti la stessa Elda a confidare a un’infermiera che l’ha seguita nell’agonia, che a picchiarla sarebbe stato il compagno. E la testimonianza dell’infermiera è tra gli elementi che hanno convinto il giudice ad emettere l’ordinanza.
Elda Tandura è deceduta a 66 anni dopo un lungo ricovero in ospedale dove era arrivata con profonde ferite alla testa. Dall’autopsia eseguita dal dottor Alberto Furlanetto sarebbe poi emerso che era stata una caduta, provocata da una violenta spinta, a provocare l’emorragia cerebrale che aveva causato la morte della donna, deceduta dopo circa un mese di ricovero in ospedale.
L’anatomopatologo aveva poi studiato le cinque cartelle cliniche sequestrate per ricostruire cosa fosse stato fatto nel mese di ricovero, durante il quale la donna è stata anche sottoposta a diversi interventi chirurgici. I risultati sono confluiti nella relazione che ha contribuito a convincere la Procura a richiedere la misura di custodia cautelare in carcere. «Impugneremo l’ordinanza al Riesame», ha spiegato ieri l’avvocato Nava, «gli accertamenti sono assolutamente neutri. Non dicono ad esempio dove sia avvenuta la caduta, se in casa o in strada o chissà dove».
Successivamente era anche stato posto sotto sequestro l’appartamento di via Caprera a Vittorio Veneto dove viveva la Tandura. Lì erano arrivati anche i carabinieri del Ris (Reparto Investigazioni Scientifiche) per effettuare i rilievi e dare la caccia a tracce che potessero corroborare l’ipotesi d’accusa avanzata dalla Procura che, nel frattempo, dopo aver sequestrato le cartelle cliniche, aveva anche disposto l’audizione di possibili testimoni in grado di riferire le confidenze dell’ex insegnante: sono stati sentiti medici ed infermieri, che sono stati a contatto con la donna, nell’ultimo mese di ricovero, prima della morte, ed i vicini di casa.
Una vita difficile quella di Elda Tandura, che si faceva chiamare Gaia. La sua débacle si era acuita negli ultimi sette anni. La donna aveva contratto l’ultimo matrimonio nel 1995, ma nel 2005 era rimasta vedova. L’ex insegnante aveva abitato in città nelle vie Rizzera e Galilei. Dal 2014 si era trasferita in un appartamento di via Caprera, vicino alla chiesa di San Giovanni Battista, prima aveva vissuto anche a Montebelluna. I servizi sociali si recavano tutti i giorni nell’appartamento di via Caprera. Era anche seguita dal Centro di Salute Mentale. Per questo la procura aveva disposto che fosse sentito anche tutto il personale sanitario, medici e infermiere, che l’avevano seguita durante il lungo ricovero prima della morte.
Nell’ordinanza di quattro pagine emessa dall giudice Mascolo sottolinea poi le carenze investigative nelle prime ore successive al ricovero. «Forse qualcosa in più gli inquirenti avrebbero potuto fare nell’immediatezza del grave avvenimento», ha scritto il giudice. Le indagini infatti scattarono solo successivamente alla morte della donna, quando il fascicolo era nel frattempo passato dal tavolo del magistrato di turno la notte del ricovero a quello che lo sta coordinando oggi.


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