Denise Morello, 22 anni, ragioniera. Uccisa con un colpo di pistola dall’ex, dopo mesi di stalking e diffide
Montebelluna (Treviso), 16 Aprile 2013
Titoli & Articoli
Tragedia in Veneto, spara e uccide ex e si suicida nel parcheggio di un supermercato a Montebelluna (Ansa – 17 aprile 2013)
“Questa follia per farti capire quanto sono pazzo di te, Denise”. Un messaggio d’amore che due mesi dopo ha assunto un sapore tragico, perché Matteo Rossi, il 40enne trevigiano che aveva comperato un’intera pagina di giornale per riconquistare la fidanzata, ieri sera la ‘sua’ Denise l’ha uccisa, con un colpo di pistola alla testa. Poi con la stessa arma, una ‘Beretta’ appena acquistata, si è suicidato. Denise Morello, 22 anni, è morta all’istante. Secondo una testimonianza, mentre da dentro l’auto vedeva avvicinarsi Matteo con la pistola in mano avrebbe urlato, forse per implorarlo di non sparare. La tragedia è avvenuta nel parcheggio seminterrato di un supermercato di Montebelluna. Denise Morello, una bella ragazza dai capelli biondi, lavorava in uno studio di commercialista che si trova sopra il centro commerciale.
Una giovane seria, impegnata, “un angelo” l’ha definita una conoscente, che aveva iniziato a lavorare subito dopo aver conseguito il diploma di ragioneria. Con Matteo, rappresentante di una ditta di materassi, residente a Pederobba, aveva avuto una relazione durata circa un anno, intensa. Poi si erano lasciati. Ma l’uomo non si era mai arreso all’idea di perderla. Dopo la rottura, due mesi fa, aveva tentato di riconquistarla comperando un’intera pagina di giornale, sull’edizione di Treviso del ‘Gazzettino’. “Questa follia per farti capire quanto sono pazzo di te, Denise. Tuo Matteo”, aveva fatto scrivere, con il disegno di un grande cuore. Lei l’aveva vista ma non era tornata sui propri passi.
Il giovane, secondo quanto si è appreso da fonti investigative, aveva iniziato a perseguitarla e Denise si era rivolta ai carabinieri di Montebelluna. Il quarantenne era stata chiamato in caserma; una ramanzina, il consiglio di cambiare registro e lasciar in pace l’ex fidanzata. Ma qualcosa forse già covava nella mente dell’uomo, perché risulta che poco dopo abbia fatto richiesta alle autorità per ottenere il porto d’armi per “uso sportivo”. La Beretta modello ‘Iver’ con la quale ha fatto fuoco stasera l’aveva acquistata a marzo 2013.
Ora i carabinieri – sull’omicidio-suicidio sono al lavoro i militari di Montebelluna e gli investigatori del reparto operativo di Treviso – dovranno accertare esattamente la dinamica. Da una prima ricostruzione, pare che Matteo abbia atteso che l’ex compagna terminasse l’orario di lavoro nello studio commercialista e verso le 19 sia arrivato in auto al parcheggio del supermarket. Denise era appena salita sulla propria vettura quando il 40enne le si è avvicinato. Un colpo soltanto, alla nuca, e la ragazza si è accasciata sul sedile di guida. La porta dell’auto è stata trovata aperta. Poi l’uomo ha rivolto contro l’arma contro se stesso e ha fatto fuoco una seconda volta, uccidendosi.
Il padre: «Si sapeva che Denise era in pericolo, nessuno ha fermato l’assassino» (il Gazzettino – 19 aprile 2013)
Omicidio-suicidio di Montebelluna: «Dovevano sospettare qualcosa: andò a Jesolo per chiedere di detenere un’arma»
Mia figlia sapeva di essere in pericolo. Ma nessuno si è informato se questo qui avesse un’arma». A rompere il silenzio, ai microfoni di Antennatre Nord Est, è Adriano Morello, il padre della 23enne Denise. È distrutto dal dolore, provato per la perdita della figlia e per il modo in cui gli è stata portata via. Secondo il genitore le forze dell’ordine non avrebbero intuito il pericolo che la ragazza correva. «Non siamo stati capiti quando abbiamo fatto la diffida contro questo elemento». L’uomo non fa mai il nome di Matteo, dell’ex fidanzato e assassino di sua figlia. Quello che è successo solo due giorni fa appare ancora inconcepibile nell’abitazione di via Lisbona a San Gaetano di Montebelluna (Treviso). Le domande si susseguono e la famiglia si chiede se in qualche modo Denise potesse essere protetta e quindi la tragedia fosse evitabile. «Avrebbero dovuto prendere la questione con molta più attenzione e non sottovalutare la richiesta d’aiuto di Denise» conferma. Era il 31 gennaio, sei giorni prima Matteo aveva acquistato una pagina sul Gazzettino per tentare di riconquistarla. Denise, invece, ulteriormente seccata da un gesto così plateale, entra nella caserma dei carabinieri con la madre. Racconta delle attenzioni del ragazzo e delle telefonate che lui le fa. Ci sono gli estremi per una denuncia per molestie telefoniche ma la ragazza in un gesto di estrema pietà decide di non farlo.
Questo tipo di reato a differenza dello stalking è perseguibile solo a querela di parte. Il giovane viene comunque convocato in caserma, si sorbisce la ramanzina e tutto sembra finito. Da quel giorno nei terminali delle forze dell’ordine non c’è più traccia di Denise e neppure di Matteo che intanto, proprio perché Denise non lo ha denunciato per paura di rovinargli la vita, ne approfitta per procurarsi una pistola. Per farlo decide di non andare a Montebelluna, dove lui ha il domicilio o a Pederobba dove ha la residenza, ma al commissariato di Jesolo: giustifica con facilità la necessità e dice di trovarsi spesso in zona «per lavoro». «Mi chiedo come sia possibile che quando a Jesolo vedono uno di Montebelluna non gli venga il sospetto – chiede laconico il padre – Denise mi manca tanto, non è giusto che se la sia presa lui così». Anche il gemello di Denise, Patrik, al microfono dell’emittente trevigiana si chiede se tutto questo fosse in qualche modo evitabile: «Mi chiedo perché sia andata via per colpa di qualcuno che non la meritava». Una realtà difficile, non solo da accettare ma anche da capire. «Io e Denise siamo cresciuti insieme abbiamo superato tutto assieme, la scuola, la famiglia, tutto quanto». «Denise era la perfezione, basta guardare una sua foto e i suoi occhi».
«A lungo abbiamo scortato Denise. Lui ha finto distacco e l’ha uccisa» (Corriere del Veneto – 19 aprile 2013)
Parla la famiglia della ragazza uccisa: arrabbiati con chi doveva proteggerla. Il padre: «Mia figlia diceva: Matteo ha una doppia personalità»
A San Gaetano di Montebelluna, in via Lisbona, è un continuo via vai di auto. Sono quelle degli amici e dei parenti di Denise Morello che non vogliono lasciare soli neanche per un secondo Adriano e Luisa, papà e mamma della 23enne, il fratello gemello Patrick e le sorelle Manuela e Michela. Enorme il loro dolore dopo il dramma consumatosi alle 19 di martedì, quando Denise, uscita dallo studio del commercialista dove lavorava come segretaria ed aver raggiunto il parcheggio interrato, è stata freddata con un colpo di pistola alla nuca dall’ex fidanzato Matteo Rossi, 37enne originario di Pederobba, con il quale aveva troncato una relazione sentimentale durata fino allo scorso dicembre.
Nei mesi scorsi, l’uomo aveva cercato di riconquistarla acquistando una pagina del Gazzettino, sui cui aveva fatto pubblicare l’ennesima dichiarazione d’amore. Poi però aveva cominciato a molestare Denise e i suoi familiari, motivo per il quale fu chiamato in caserma dai carabinieri dopo la diffida presentata dalla ragazza. «Siamo arrabbiati con i carabinieri – afferma subito il padre della ragazza – la sera della morte di Denise nessuno ci ha avvertito. Siamo venuti a saperlo dai telegiornali. Abbiamo sentito di una sparatoria nel parcheggio dell’Interspar e abbiamo capito subito di cosa si trattava. Ma siamo arrabbiati anche perché non siamo stati capiti». In che senso non siete stati capiti? «Dopo la diffida presentata in caserma, per Denise non è cambiato nulla. E invece i carabinieri avrebbero dovuto proteggerla. Soprattutto dopo che Matteo ha comprato la pistola».
Denise vi aveva detto di avere paura? «Aveva capito di essere in pericolo. Diceva che Matteo aveva una doppia personalità: da un lato faceva il gentile, dall’altro era ossessivo. Dopo che si sono lasciati aveva cominciato a pedinarla e a mandarle centinaia di messaggi al giorno. Le diceva che se non fosse tornata con lui si sarebbe ucciso. Io gli avevo detto di lasciarla in pace e che l’avrebbe pagata se avesse torto un capello a mia figlia».
Denise sapeva che Matteo si era comprato una pistola? «Non credo, ce l’avrebbe detto. Il fatto è che non lo sapevano neanche le forze dell’ordine. Ma com’è possibile che una persona così, dopo la diffida, possa ottenere un’arma? A me 7 anni fa hanno sequestrato il fucile solo perché il mio vicino dava di matto e andava a sparare in giro per le campagne e temevano che reagissi ».
Come va ricordata Denise? «Era splendida, bella, gentile con tutti. Aveva sempre un sorriso sul volto. Non è giusto quello che è successo».
Anche mamma Luisa vuole raccontare quei mesi d’angoscia, quando il fidanzato della figlia si era trasformato in uno stalker. Cosa pensa quando qualcuno definisce quanto successo una follia d’amore? «Il suo non era amore. Era odio. Voleva Denise solo per lui e quando ha capito che non poteva averla, ha voluto privarne anche gli altri. Era geloso e quello che ha fatto lo ha fatto per punire tutti noi. Lui ci perseguitava tutti, ma quando siamo andati a presentare la diffida si è arrabbiato ancora di più. E’ stata una vendetta non solo nei confronti di Denise, ma anche nei nostri».
Patrick, fratello gemello di Denise, è sotto shock. «Siamo cresciuti insieme, non ci credo ancora che non ci sia più per colpa di uno che neanche se la meritava». Con lei Denise si confidava? «Certamente. Ma in casa tutti sapevano di questa situazione. Lei era spaventata per via della sua doppia personalità. Ma nell’ultimo mese non si era fatto più sentire. Forse lo ha fatto apposta perché Denise uscisse allo scoperto».
Cosa vuoi dire? «Da dicembre in poi, quando Matteo ha cominciato a pedinarla e ad appostarsi fuori dall’ufficio o da casa nostra, io e mia sorella la scortavamo fino alla macchina, per evitare che lui si avvicinasse. Persino al lavoro i suoi titolari la accompagnavano in parcheggio per assicurarsi che non vi fosse Matteo ad aspettarla. E lei per questo parcheggiava sempre all’aperto, al pianterreno ». Come mai martedì aveva lasciato la macchina nel seminterrato? «Ultimamente non lo aveva più visto. Aveva smesso di fare gli appostamenti e di mandarle sms. E lei si sentiva più tranquilla: credeva di essere uscita da quell’incubo».
Cosa pensi di Matteo? «Penso che se anche non avesse avuto la pistola l’avrebbe ammazzata comunque». Pistola, che aggiunge Michela, Matteo ha comprato nell’armeria di Montebelluna, i cui titolari sono vicini di casa dai Morello. «Li conosciamo bene, è stata Ivonne a vendergliela. Purtroppo quando si è presentato in negozio non lo hanno riconosciuto». La differenza di età tra Denise e Matteo vi preoccupava? «Per nulla, anzi. Lui era più grande e per questo avrebbe dovuto coccolarla e difenderla. E invece le ha fatto del male. Voleva averla ai suoi piedi, come le altre». Le altre? «Quella a cui aveva scritto le email e che Denise aveva scoperto. E’ per questo che lo aveva lasciato, perché aveva capito che frequentava altre donne, anche se lui ha sempre negato. Poi ha cercato di riconquistarla, ma era tardi. E non potendo più averla, ha deciso di ammazzarla. Non lo perdoneremo mai». I funerali di Denise sono stati fissati per sabato mattina alle 10,30 al duomo di Montebelluna. Le offerte saranno devolute alla Famiglia Sma, associazione che si occupa di malati di atrofia muscolare spinale. Intanto su Facebook gli amici hanno aperto una pagina dedicata alla 23enne, che in meno di 24 ore, ha raggiunto 4.500 iscrizioni.
(di Alberto Beltrame)