Deborah Rizzato, 25 anni, operaia tessile. Uccisa con sette coltellate alla schiena dall’uomo che l’aveva violentata dieci anni prima
L’aveva violentata quando lei aveva appena 14 anni. Lei lo aveva denunciato e mandato in galera e lui questo non poteva perdonarlo, e poi lei era “sua”. Dopo appena tre anni, Emiliano detto “la bestia” è di nuovo libero, e per 7 lunghissimi anni l’ha perseguitata, minacciata e aggredita. Senza che nessuno abbia potuto fare niente, nonostante lei lo avesse denunciato di nuovo. Una mattina di novembre lui l’ha attesa nel parcheggio della fabbrica, l’ha investita con la macchina e massacrata a pugnalate.
Emiliano Santangelo, 32 anni, pluripregiudicato e invalido. Si è impiccato in carcere.
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A Trivero, in provincia di Biella. Debora Rizzato aveva 25 anni – Uccisa dall’uomo che la violentò 10 anni fa. In passato lo aveva denunciato. Caccia nella notte all’omicida – «Un animale», così lo chiamano in paese. Ma quell’animale aveva trovato la sua preda: e la sua preda aveva 14 anni. Era il 1995. Lui la violentò. Fu condannato a tre anni. Poi per altri sette di fila, tra un processo e l’altro, l’ha perseguitata, minacciata, aggredita di nuovo, sempre fra quelle quattro strade dove tutti sapevano. E dove anche altre ragazze erano sue prede, ma nessuna come lei: «Devi stare con me. Se testimoni contro di me ti ammazzo, e ammazzo anche i tuoi». Ieri mattina all’alba, in una strada deserta sotto la neve, in Piemonte, l’ossessione è finita: Emiliano Santangelo, pregiudicato 32enne, ha massacrato con sette coltellate alla schiena Debora Rizzato, 25 anni, operaia biondina di una fabbrica tessile; questa è almeno l’accusa – omicidio volontario – per la quale è ricercato.
Per essere più sicuro avrebbe investito la sua vittima con l’auto, mentre lei cercava di fuggire nella neve: prima o dopo le pugnalate, ancora non si sa bene.
Ma si sa bene che l’uomo si portava addosso una catena di denunce e reati sessuali o comunque di violenza, estorsioni, truffe, anche in altre parti d’Italia; ed era seguito da medici, curato con psicofarmaci. Almeno sulla carta, in teoria: perché da dieci anni Debora chiedeva aiuto; non ha trovato ascolto. E l’assassino, ieri a tarda notte, era ancora braccato. «Molto pericoloso» lo definiscono i bollettini di ricerca. Ma non da ieri: da sempre. Omicidio annunciato. Tutto è accaduto in un fazzoletto di monti e pianura, nel cuore di quella «factory land» biellese e torinese dove centinaia di ipermercati o mobilifici e anche vecchi lanifici, non si chiamano quasi mai negozi o fabbriche ma solo «outlet», «megastore» o appunto «factory».
Debora viveva con i genitori, a Cossato: faccia pulita, qualche sera in discoteca e in palestra, forse un ragazzo, una vita tranquilla. E un lavoro sicuro: operaia in una ditta che tinge tessuti, nella frazione Fila di Traviano, a 30 chilometri da casa, dove è già montagna. Emiliano Santangelo viveva invece da solo, a pochi passi dalla madre, a Carema che è un altro borgo ai confini del Torinese: viveva lì quando non era in carcere o in fuga. Sulla porta, una targa; «Avvocato». Diceva che Debora era la sua ragazza. Minacciava lei e le sue amiche: «Prima o poi manderò in giro quei filmini porno che abbiamo fatto insieme». Ma tutti sapevano che non era vero: da Debora, aggredita che era ancora una bambina, lui non aveva mai avuto neppure un sorriso.
Ieri mattina, si è appena fatta luce, nevica fitto, quando due operai arrivano ai cancelli della fabbrica. C’è un’auto abbandonata ai bordi della strada. Si avvicinano: dentro, il corpo di Debora, coperta di sangue. La riconoscono subito: come è giunta fin là? La sua auto non c’è, non è quella: l’assassino deve averla usata per la fuga. In un primo momento si pensa a un incidente. Arriva un’ambulanza, inutile. Ai carabinieri del reparto operativo di Biella basta un controllo rapido per scoprire a chi appartiene la vettura: a un tizio che dice di averla prestata o ceduta a Emiliano Santangelo; «La macchina mi serve subito – avrebbe detto lui – il passaggio di proprietà casomai lo faremo dopo». Gli serviva per l’agguato. Secondo una prima ricostruzione, quando Debora è arrivata ed è scesa, lui l’ha investita. Debora ha fatto qualche passo nel parcheggio, è caduta sotto le pugnalate, si è rialzata ed è stata pugnalata ancora, infine è stata gettata sul sedile dell’altra vettura. Oppure, prima è stata accoltellata e poi investita. Ma non ci sono testimonianze dirette, per ora: non passava nessuno in quel momento. E se anche lei ha gridato, nessuno l’ha sentita: il rumore dei macchinari della fabbrica deve aver coperto tutto. Debora, dicono i suoi colleghi, non tardava mai di un minuto al suo turno del mattino.
di Luigi Offeddu
La vittima aveva 25 anni; l’assassino l’ha attesa davanti al lavoro – Scontati tre anni di reclusione aveva ripreso a perseguitare la ragazza – undici anni fa la violentò oggi l’ha uccisa con una coltellata
Undici anni fa l’aveva violentata; oggi l’ha uccisa. Debora Rizzato, la venticinquenne trovata morta nel parcheggio della fabbrica dove lavorava a Trivero (Biella), è stata uccisa dallo stesso aguzzino che l’aveva violentata nel ’94, quando aveva appena 14 anni. Un incubo durato undici anni, tra minacce e terrore, concluso stamani con una coltellata. L’assassino è fuggito sull’auto della sua vittima: istituiti posti di blocco, diffusa ai commissariati e alle stazioni dei carabinieri la foto del maniaco. Si chiama Emiliano Santangelo; ha 32 anni ed abita a Carema, un comune di 750 anime a Nord della provincia di Torino. Nel ’94 era finito in prigione ma, dopo tre anni, era stato scarcerato e, con la libertà, aveva ricominciato a perseguitare la sua vittima. La minacciava di morte: voleva che ritirasse le denunce.
Il corpo di Debora è stato trovato intorno alle otto, da due colleghi di lavoro: era disteso sull’asfalto del parcheggio della fabbrica dove lavorava, vicino ad un’auto danneggiata; il sangue macchiava la neve candida scesa nella notte.
Sembrava la vittima di un pirata della strada: una macchina danneggiata ferma suggeriva una prova certa. Invece le cose sono andate diversamente. Alle otto Debora ha parcheggiato la sua auto nel piazzale della Tin.fin.come faceva ogni mattina. Lui l’aspettava con un coltello in pugno. L’autopsia non è stata ancora eseguita ma il medico legale ha detto che la ragazza è stata dapprima accoltellata e poi forse anche schiacciata dalle ruote di un’auto. La stessa che l’assassino ha abbandonato nel parcheggio, rubata qualche giorno prima in un paese non distante.
Era addetta ai controlli dei tessuti Debora. Assunta nel settembre 2004, era figlia di un commerciante di Cossato e aveva una sorella di due anni più giovame. “Era una ragazza gentile e ben voluta da tutti”: così la ricordano i colleghi. Ma agli amici e alla famiglia aveva confidato che il suo violentatore si era rifatto vivo e lei l’aveva denunciato una volta ancora ai carabinieri. Ma inutilmente.