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Concetta Conigliaro, 27 anni, mamma. Uccisa dall’ex marito, già denunciato per violenze, che ne brucia il corpo. I suoi resti vengono ritrovati mesi dopo, i funerali celebrati 4 anni dopo

San Giuseppe Jato (Palermo), 9 Aprile 2014


Titoli & Articoli

VIDEO Chi l’ha visto? 4 giugno 2014

 

L’ultimo giorno di Concetta “Angosciata per la lite col marito” (Live Sicilia – 9 giugno 2014)
Concetta Conigliaro, 27 anni, il giorno della scomparsa voleva denunciare di nuovo il marito. Lo aveva già fatto tre volte. L’uomo è in carcere con l’accusa di omicidio e distruzione di cadavere dopo il ritrovamento delle ossa avvenuto ieri: si attendono gli esami del dna, potrebbero essere della giovane.E’ stata l’ultima persona ad averla vista prima della sua scomparsa.
Concetta era ancora una volta tesa, nervosa. E preoccupata. “L’unico pensiero che la sollevava era quello della separazione dal marito,
 una procedura che avremmo avviato a breve, se avessimo avuto il tempo”, dice l’avvocato della famiglia Conigliaro, Maria Grazia Messeri. Quel giorno, era il 9 aprile scorso, Concetta – che tutti conoscevano come “Cetty” – si era recata nello studio del legale: voleva denunciare di nuovo il marito, Salvatore Maniscalco, da ieri sera rinchiuso all’Ucciardone di Palermo dopo il fermo effettuato dai carabinieri di Monreale.
Le accuse, pesantissime, sono quelle di omicidio e distruzione di cadavere. Forse, un rapporto che in molti a San Giuseppe Jato definiscono “turbolento”, è sfociato in un terribile epilogo. E quelle ossa ritrovate all’interno di un un grosso fusto metallico abbandonato nei pressi di un ponte, nelle campagne che costeggiano la strada San Cipirello-Partinico, potrebbero essere proprio quelle della ragazza di 27 anni con cui Maniscalco aveva avuto due bambine che adesso hanno otto e sei anni e sono state trasferite in una comunità per minori.
A dirlo saranno gli esami medico-legali che hanno già confermato che si tratta di ossa umane e dai quali si potrà accertare il dna. “Noi speriamo tanto non sia così – dice l’avvocato -. Vorrebbe dire che Concetta è morta in modo terribile, che non c’è più speranza”. Era proprio la speranza a fare andare avanti la giovane, nata e cresciuta nella piccola cittadina in provincia di Palermo. “Sento che mia figlia è morta – dice la mamma della giovane, Giovanna Lo Biondo – Una madre le sente dentro, queste cose. Speriamo sempre che quei resti non siano di Concetta e che possano riprendere le ricerche. Ma ho un bruttissimo presentimento”.
I suoi genitori si erano separati quando aveva soltanto dieci anni, a diciassette aveva conosciuto Salvatore. Un anno dopo sarebbe nata la loro prima figlia. Fin qui, quella della ragazza e del marito sembrava la storia di una coppia felice, semplice. Ma poi sarebbero subentrati i problemi economici, tanto da chiedere spesso in Comune un posto di lavoro, poi le incomprensioni e le relative liti degenerate nel peggiore dei modi. “Già – sottolinea l’avvocato Messeri – Concetta aveva già denunciato Maniscalco. La prima denuncia l’avevamo formalizzata insieme. Si era rivolta a me a febbraio, quando non riusciva ad avere la possibilità di vedere le bambine che ormai vivevano con lui. Una scelta che avevano formalmente preso di comune accordo, ma che in realtà non le permetteva di portare avanti il rapporto con le piccole”.
Negli ultimi tempi, infatti, la ragazza si sarebbe trasferita a casa di un’amica e gli unici momenti che avrebbe potuto trascorrere con le figlie sarebbero stati quelli all’uscita da scuola. Ed anche il 9 aprile, il giorno della scomparsa, era andata a prenderle lei. “E’ venuta qui in studio con le figlie – spiega l’avvocato – e mi ha detto che subito dopo avrebbe dovuto riportarle a casa dal marito. Da quel momento in poi, però, abbiamo perso tutti le sue tracce. Avevo notato nuovamente la sua preoccupazione, era angosciata. Mi ha raccontato che lui l’aveva insultata un’altra volta e che l’aveva strattonata. E, d’altronde, si era rivolta lei direttamente ai carabinieri per denunciare in altri due casi il marito per violenza sessuale e maltrattamenti su minore. Adesso non ci resta che sperare e attendere gli esiti dell’esame del dna”.
Nel frattempo, le indagini dei carabinieri coordinati dal pm Gianluca De Leo, proseguono. Ieri insieme al marito era stato fermato anche un cugino di Concetta, un trentunenne. Dopo essere stato ascoltato a lungo dagli investigatori, è stato rilasciato, mentre la convalida dell’arresto di Maniscalco potrebbe avvenire nelle prossime ore. Maniscalco, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, potrebbe avere agito per motivi passionali: Concetta aveva iniziato a frequentare un altro uomo conosciuto a dicembre. Avevano avuto i primi contatti su Facebook, poi avevano cominciato a vedersi, ma la loro storia si era a quanto pare già conclusa.

 

La storia di Concetta Conigliaro a “Chi l’ha visto?” (Nebrodi e dintorni – 14 giugno 2014) 
Concetta Conigliaro non si era allontanata volontariamente, come ritenuto dagli inquirenti prima del drammatico appello dei familiari a “Chi l’ha visto?”. Dopo le dichiarazioni del marito nell’ultima puntata, sono stati sentiti dai carabinieri prima un suo congiunto e poi lui stesso, interrogato fino alla tarda notte di sabato 7 giugno. Nel luogo indicato dal marito sono stati trovati ieri frammenti ossei bruciati attribuiti alla donna di 27 anni, madre di due bambine, scomparsa dal 9 aprile
Nella puntata di “Chi l’ha visto?”, in onda mercoledì 11 giugno alle 21.05 su Rai3, è stato Salvatore Maniscalco a far ritrovare ai carabinieri i resti bruciati della moglie, portandoli sul luogo della distruzione del cadavere. In un primo momento aveva detto che era scomparsa volontariamente.
Dopo il drammatico appello dei familiari della donna a “Chi l’ha visto?”, l’uomo è stato interrogato. Il pm ha poi disposto il fermo di Maniscalco con l’accusa di omicidio aggravato e distruzione di cadavere.
L’uomo è sospettato di avere ucciso la moglie Concetta Conigliaro, dalla quale era separato da alcuni mesi, e di averne bruciato il corpo. Concetta, 27 anni e madre di due bambine, era scomparsa dal 9 aprile. Alcuni giorni fa era stato fatto trovare un sacco contenente frammenti ossei con un giubbino rosso, mostrato nell’ultima puntata di “Chi l’ha visto?” e riconosciuto dai parenti come quello della donna . I carabinieri hanno trovato, in un magazzino nelle campagne di San Giuseppe Jato, frammenti ossei attribuiti alla vittima. “Chi l’ha visto?” continua ad occuparsene.

La morte di Concetta, due indagati. I verbali di un “amore criminale” (Live Sicilia – 18 giugno 2014)
È la storia di un “amore criminale” quello che viene fuori dalle parole di Salvatore Maniscalco. Di una relazione tormentata finita nel più tragico dei modi. Da alcuni giorni l’uomo, muratore di 38 anni, si trova in carcere con l’accusa di avere assassinato la moglie Concetta Conigliaro, scomparsa il 9 aprile scorso da San Giuseppe Jato, e di averne bruciato il cadavere. Non è più il solo indagato. L’ipotesi di favoreggiamento, infatti, viene contestata a Vincenzo e Antonio Caltagirone, padre e figlio, parenti di Maniscalco e proprietari del magazzino dove era nascosto il fusto dentro il quale sarebbe stato bruciato il corpo di Concetta. Assieme al presunto omicida raccoglievano il ferro abbandonato per le strade. “I due indagati si professano estranei ai fatti – spiega l’avvocato Giuseppe Pinella -. La vicenda che li riguarda è assolutamente marginale. Il racconto di Maniscalco sulla loro collaborazione lavorativa ha causato quella che consideriamo un’incomprensione investigativa che speriamo di chiarire al più presto”.
Il legale è stato convocato per assistere al conferimento dell’incarico al medico legale che analizzerà i resti umani bruciati. Non è detto che si riesca ad estrarre il profilo genetico per avere certezza che siano le ossa di Concetta. Non sono mancati due piccoli colpi di scena. Umane sono le ossa trovate dentro il fusto, è umane sarebbero pure, a differenza di quanto inizialmente emerso, quelle avvolte nel giubbotto di Concetta che qualcuno abbandonò qualche giorno dopo la scomparsa davanti all’abitazione della mamma della vittima. Resti di animali, probabilmente di un cane, sarebbero, invece, quelli avvolti in un sacco bianco accanto al fusto e che per questo si era pensato potessero appartenere alla vittima.
Maniscalco ha fornito più versioni dei fatti. Di certo ha ammesso di avere distrutto il corpo con il fuoco nel corso di un interrogatorio di difficile comprensione anche per le carenze linguistiche dell’indagato. Maniscalco, infatti, è analfabeta. In presenza del suo avvocato e del pubblico ministero ha confermato una serie di circostanze pur cambiando parecchie versioni, ma la sua non è stata una confessione. Concetta, infatti, a suo dire, sarebbe morta per un incidente.
Maniscalco ha innanzitutto ricostruito la storia di una profonda crisi coniugale: “Se n’è andata la prima volta nei miei zii, dice io voglio andare via da te e dai bimbi… è scappata di casa”. Maniscalco non si è mai rassegnato: “Io per dirci la verità, davanti a Dio, l’ho andata a prendere soltanto per i miei figli non volevo distruggere questa famiglia, forse ho sbagliato”. La relazione era ormai naufragata: “Dopo è andata via di casa di nuovo ed è andata da un’amica… dopo è andata da sua madre… ho abbassato la testa davanti a Dio e ho andato a prenderla… dice voglio stare per i fatti miei tranquilla e l’ho lasciata nella sua stanza… facevo tutto io a casa”.
Maniscalco non ha tralasciato particolari per descrivere il rapporto burrascoso con la moglie: “… sempre mi ha alzato le mani, colpi di bastone, di scopa… hanno venuto i carabinieri”. Il peggio sarebbe accaduto al termine dell’ennesima lite. Il giudice Lorenzo Matassa ha cercato di cristallizzare nei ricordi di Maniscalco, confusi o presunti tali, gli ultimi istanti di vita della donna: “Quel giorno è venuta, lei comincia a picchiarmi davanti la gente là vicino, è entrata a casa nostra… diceva basta questo matrimonio è finito voglio andare via da questa situazione… ha cominciato a darmi botte.. io l’ho presa con le mano, il muro… ed io ci ho detto statti ferma… i bimbi erano giù… ci ho detto scendete perché la mamma è arrabbiata… al modo che è caduta a terra ha sbattuto la testa a terra e ho fatto una cosa brutta… davanti a Dio i bimbi non c’erano… non ce n’è coltello…”. Maniscalco, dunque, ha ammesso di essersi macchiato di “una cosa brutta”, negando, però, di avere colpito Concetta con un coltello. Una circostanza emersa dai ricordi di una delle figlie.
Il racconto è proseguito con un’altra ammissione: “Non ho capito più niente”. Le domande sono diventate incalzanti. Come l’ha colpita? “Con le mani… coltelli queste cose non ce n’è stato… diciamo che lei è caduta a terra e io invece di aiutarla perché lei soffre… quando si arrabbia ci manca il respiro… l’ho chiamata e non mi rispondeva. Ci ho messo la mano così e ho visto che non respirava più, ho preso una bottiglia d’acqua ce l’ho buttata sopra e non rispondeva più”.
Perché non ha chiamato un’ambulanza? “Ho sbagliato… e non ho chiamato a nessuno, perché volevo prendere che lei diceva tu devi andare in galera. Momenti di testa che ho sbagliato…”. Maniscalco non l’avrebbe soccorsa perché sapeva che il desiderio della moglie era di vederlo in galera. Un desiderio che poteva essere soddisfatto solo con la morte della ragazza: “… l’ho presa che io al momento non capivo più niente e l’ho messa sopra la macchina… così per come era vestita… in braccio… invece di aiutarla l’ho fatta proprio fuori… fuori a nasconderla per non fare capire niente a nessuno… ho visto così e la testa non capivo più niente e ho fatto questa cosa”. L’ha bruciata? “Sì”. E la benzina? “L’ho comprata prima, io lavoro in campagna e mi serviva per lavorare… davanti a Dio nessuno mi ha aiutato”. Le indagini dei carabinieri del gruppo di Monreale non escludono, infatti, che Maniscalco sia stato aiutato nella fase di distruzione del cadavere.
Ha utilizzato un bidone? “Sì”. E le ha dato fuoco? ”Sì, me sono andato, perché avevo la coscienza sporca”. Com’era vestita? “Jeans, giubbotto rosso”. E le ha tolto il giubbotto prima di bruciarla? ”No”. Altro punto controverso: il giubbotto è lo stesso abbandonato nei pressi dell’abitazione della madre di Concetta, alcuni giorni dopo la scomparsa.
I carabinieri hanno stretto il cerchio su Maniscalco anche perché l’uomo ha inserito la sim del telefonino di Concetta nel suo cellulare. Un gesto giustificato dall’uomo “per farci capire ai carabinieri che sono stato io”. Fin qui le fasi della morte di Concetta e l’occultamento del cadavere. È stato lo stesso Manoscalco ad accompagnare i militari dove il corpo è stato bruciato, un fusto arrugginito abbandonato in campagna. È lo stesso luogo dove i carabinieri lo avevano visto dopo la scomparsa della moglie: “Ero andato là a prendere un po’ di verdura”, si è giustificato davanti al magistrato.
Nel corso dell’interrogatorio è emerso anche il possibile movente del delitto, e cioè la gelosia. Maniscalco ha raccontato di essere stato tradito dalla moglie. Ha parlato di un uomo: “Me lo sono visto a casa che i vicini mi hanno chiamato e mi hanno detto c’ha un altro a casa”. Un uomo “un po’ magro, lungo due metri” con cui lui ha visto uscire Concetta: “Erano mano con mano che uscivano di casa e ho fatto le foto e dopo hanno venuto i carabinieri”. Un uomo che lui stesso ha affrontato.: “Gli ho detto hai fatto giusto quello stai facendo? Dice tua moglie non ne vuole sapere più di te e ci ho avvicinato però io non volevo litigare”.

Uccisa e custodita in un deposito. La vita dimenticata di Cettina (Live Sicilia – 21 gennaio 2018)
Maria Concetta Conigliaro uccisa e bruciata a San Giuseppe Jato. I suoi funerali dopo quattro anni.
“Mia figlia era tutto per me. Mi mancano i suoi abbracci. Mi mancano le sue carezze”.
Il vento sopra i tetti di San Giuseppe Jato sfiora i capelli e le parole di Giovanna Lo Biondo, fino a increspare la sua voce in lacrime. Giovanna, mamma di Maria Concetta Conigliaro, uccisa e bruciata a ventisette anni, secondo i resoconti disponibili di una tragedia. Accusato di quel delitto, dopo la conferma in secondo grado, il marito di Concetta, Salvatore Maniscalco, è stato condannato a vent’anni. In appello, il pg Giuseppe Fici aveva chiesto una riduzione a sedici anni per l’attenuante della provocazione. A breve si pronunceranno i giudici della Cassazione per scrivere l’ultimo capitolo.
San Giuseppe Jato, paese di vento e “non più di mafia”, amministrato dal neo-eletto sindaco, Rosario Agostaro. Che gonfia il petto: “C’è stata una svolta”. E’ lui – Rosario – ad accompagnare cronista e fotografo verso il cimitero. A quasi quattro anni dai fatti – ci sono state le indagini e qualche incomprensione – a Cettina sarà finalmente concessa una degna sepoltura, tra qualche giorno. Maria Concetta Conigliaro sparì il nove aprile del 2014, dopo avere scritto una marea di post su facebook. A maggio la madre denunciò la scomparsa. A giugno, il ritrovamento di ciò che restava della ragazza, abbandonato e carbonizzato in un fusto, nell’erba alta della campagna, dalle parti di San Cipirello. Il marito ha rilasciato dichiarazioni contraddittorie, tra mezze ammissioni e mezze retromarce. Lei voleva lasciarlo – riferiscono le cronache nere e giudiziarie cristallizzate fin qui – lui non ci stava. Maria Concetta fu uccisa e devastata dal fuoco.
Il sindaco Agostaro si passa una mano sulla faccia tesa: non è mai semplice mettere le didascalie all’orrore: “Il corpo di Cettina bruciò per giorni e giorni, prima di essere ritrovato”. L’attenzione mediatica per la vicenda fu intermittente. Non tutte le vittime muovono a sdegno e pietà nell’identica maniera. Una tappa di ‘Chi l’ha visto’, rintracciabile in rete, inanella personaggi e interpreti. Sullo sfumare della puntata irrompe una vicina: “Cettina era una bimba e aveva la faccia come una rosa”.
Ma non ci sono fiori per lei che alloggia nel deposito del camposanto. I fiori sono tutti per gli altri. Una signora anziana, in un cappotto marrone, porta dei girasoli e li depone ai margini di una lapide, su una foto giovane che ha tutta l’aria di un figlio. Cettina riposa dentro una bara sormontata da un drappeggio nero. Giovanni, il custode dei loculi, scuote la testa: “No, non è venuto nessuno”. “Il Comune si sta dando da fare per la sepoltura, come è giusto che sia – dice Rosario Agostaro -. Essere sindaco qui significa pensare a tutto e a tutti. Ascoltare tutti e tutto. Abbiamo ottomilaseicentocinquanta anime”. Il vento di San Giuseppe Jato ha convocato, intanto, nuvole scure e qualche filo di nebbia sul cimitero.
Maria Grazia Messeri è l’avvocato che ha assistito Concetta nelle battaglie di una vita coniugale impossibile. Il suo studio, vicino al corso principale, è la scena in cui si narrano i quadri di un inferno familiare: “Era una donna che voleva amare ed essere amata. Aveva passato la sua infanzia in una casa famiglia, per i problemi dei genitori. Ed è normale che in quel contesto si cerchi una via d’uscita”. Il matrimonio con Salvo, i figli e una vicenda di coppia che si era trasformata in sofferenza, in accuse di abusi e di violenze. Fino alla decisione di separarsi dall’uomo che non amava più. E l’orrore con le sue incancellabili didascalie.
“L’otto marzo scorso – spiega l’avvocato – abbiamo pensato che fosse, finalmente, giusto organizzare qualcosa in memoria di Maria Concetta. E abbiamo saputo che le spoglie erano già a San Giuseppe Jato, dissequestrate, nella caserma dei carabinieri”. Da lì si è mosso il meccanismo di una condivisa solidarietà. L’avvocato Katia La Barbera, legale di parte civile della famiglia, aggiunge, raggiunta al cellulare: “La restituzione era stata accordata qualche tempo fa. Probabilmente, c’è stato anche un equivoco di comunicazione”.
Grazia Messeri continua: “Ora Cettina potrà riposare in pace. Sì, lei voleva soltanto amare ed essere amata. Non ha avuto questa fortuna, purtroppo”. Le frasi sono inframezzate da un luccichio che imperla gli occhi verde acqua di colei che narra.
Il nove aprile del 2014, quando ancora poteva farlo, Maria Concetta Conigliaro si recò nello studio del suo avvocato,  per presentare un’altra denuncia. Infine, disseminò le briciole del suo cuore su facebook, come un’ombra sperduta che lasci un segno per rintracciare la sua strada al buio. Immagini e parole di dolcezza. L’ultimo post: “Sai quando c’è una persona che ci tiene a te? Quando non aspetta che sia tu a cercarla. Quando, anche se si sente dire ‘vattene’, resta con te”. La sua foto nel profilo: una ragazza dallo sguardo indefinito e sfuggente, con un soprassalto di paura.
Giovanna Lo Biondo, la mamma di Cettina, sta lavorando: “Volete avvicinare per parlare con me? – sussurra al telefono con un timbro soffocato – Sì, sì. Venite pure”. E accetta di lasciarsi riprendere: “Mia figlia era tutto per me. E’ come se fosse sempre con me. Mi manca tutto di lei. Mi manca tanto. Lei mi dava la forza di andare avanti”.
Giovanna si stringe le braccia al petto, piangendo sommessamente. E pare di rivederla la ragazza che voleva amare ed essere amata, tra le le nuvole e i tetti di San Giuseppe Jato. Cettina, dalla faccia bella come una rosa, cullata dal vento, come se il vento fosse una madre.

Funerali di Concetta Conigliaro, l’avvocato: Siamo tutti un pò responsabili (Valle Jato News – 22 febbraio 2018)
Sono stati celebrati ieri pomeriggio in chiesa madre i funerali di Concetta Conigliaro, la ventisettenne che nell’aprile del 2014 venne uccisa dal marito e data alle fiamme. Ed in tanti, soprattutto donne, ieri erano presenti alle esequie religiose. Quello di Concetta fu un caso di “femminicidio” che scosse tutta la comunità. Ma ci sono voluti quasi quatto anni per dare sepoltura a ciò che rimane della giovane donna: circa 250 grammi di resti ossei sui quali, per via del fuoco, non rimane traccia neanche del Dna. E fu proprio il coniuge, Salvatore Maniscalco, a condurre i carabinieri in contrada Giambascio, dove il corpo della donna era stato dato alle fiamme all’interno di un grosso fusto metallico.
“Rendiamo il giusto omaggio e dignità di un funerale e della sepoltura – ha detto don Filippo Lupo nella sua omelia – ad una vittima della violenza e dell’odio umano”. Le tracce della ventisettenne si erano perse il 9 aprile del 2014. Due mesi dopo il marito confessò l’omicidio avvenuto al culmine di un litigio, l’ennesimo tra i due, separati da tempo ma costretti a vivere sotto lo stesso tetto.
“Da oggi Concetta avrà finalmente una casa – ha detto l’avvocato Maria Grazia Messeri -. Quella casa che è stata l’origine di tutti i guai”. L’avvocato Messeri assisteva la ventisettenne Conigliaro e fu tra le ultime persone a vederla in vita il 7 aprile. Quel giorno la giovane si era presentata al suo studio per sporgere querela contro il marito per presunte lesioni. E non era la prima volta che la donna accusava l’uomo, che aveva a sua volta denunciato la moglie per percosse e maltrattamenti.
La giovane, cresciuta in una casa famiglia, all’età di 18 anni aveva deciso di sposare Salvatore. Dal matrimonio sono nati due figli. Da gennaio del 2014 i due coniugi si erano però separati e la giovane aveva deciso di intraprendere una nuova relazione. Ma per ragioni economiche e burocratiche fu costretta a continuare a vivere sotto lo stesso tetto con l’ex marito. “Concetta bussò a tante porte: la mia, quella delle istituzioni e della sua famiglia – ricorda con lucidità e coraggio l’avvocato Messeri -. Ma non abbiamo capito che era in pericolo. Che aveva bisogno di un aiuto concreto. Della morte di Concetta siamo dunque tutti un po’ responsabili”. (di Leandro Salvia)

I funerali di Concetta Conigliaro a quattro anni dalla morte: uccisa e bruciata dal marito (Tp24 – 22 febbraio 2018)
Una bara leggerissima, con sole poche ossa. Sono stati celebrati ieri in chiesa madre a San Giuseppe Jato i funerali di Concetta Conigliaro, la ventisettenne che nel 2014 venne uccisa dal marito e data alle fiamme. Ci sono voluti quasi quatto anni per dare sepoltura a ciò che rimane della giovane donna: circa 250 grammi di resti ossei sui quali, per via del fuoco, non rimane traccia neanche del Dna. Così neppure le analisi dei Ris hanno potuto “scientificamente” accertare che siano di Concetta. Ma per gli inquirenti non ci sono dubbi: fu infatti il marito, Salvatore Maniscalco, a condurre i carabinieri in contrada Giambascio. Dove il corpo venne dato alle fiamme all’interno di un grosso fusto metallico. I resti di Concetta furono ritrovati il 7 giugno del 2014 nelle campagne tra San Cipirello e Partinico. Dopo le analisi dei Ris di Messina e durante le fasi processuali sono rimasti custoditi nella locale caserma dei carabinieri. Nei mesi scorsi sono stati dissequestrati su iniziativa degli avvocati Katia La Barbera e Maria Grazia Messeri, che assistevano Concetta. Ma in tanti si sono mobilitati affinché la giovane avesse un funerale ed una sepoltura: la piccola bara ed il servizio di onoranze funebri sono stati donati dalla ditta “Fratelli Ales”; il Comune, guidato dal sindaco Rosario Agostaro, ha messo invece a disposizione un loculo requisito in precedenza. Mentre la lapide è stata donata grazie ad una raccolta fondi promossa dalle locali associazioni antiviolenza. A mettere in moto la macchina della solidarietà è stato Luciano Crociata, che modera il gruppo social “Jato e dintorni 2”. Ma ad attendere da quasi quattro anni i funerali è soprattutto Giovanna Lo Biondo, la madre di Concetta, che non ha mai perdonato l’assassino.
Alla cerimonia saranno presenti, oltre ai sindaci dei due Comuni, i carabinieri del comando di Monreale e le delegazioni delle locali scuole superiori. Per il delitto Conigliaro è stato condannato a 20 anni di reclusione il marito: Salvatore Maniscalco. Proprio nelle scorse settimane la Cassazione ha confermato la pena per il quarantaduenne jatino. Condanna confermata anche per un cugino dei due ex coniugi: il sancipirellese Antonino Caltagirone, accusato di distruzione del cadavere. Per lui 4 anni e 8 mesi, in buona parte già scontati.
Le tracce della ventisettenne Concetta Conigliaro si erano perse il 9 aprile del 2014. In un primo momento in tanti avevano ipotizzato un allontanamento volontario. Quattro giorni dopo dalla scheda telefonica della giovane partì un messaggio indirizzato ad una delle sorelle. Le indagini dei carabinieri hanno accertato che quel messaggio era stato in realtà inviato dal cellulare del marito, dove era stata inserita la Sim di Concetta. Ed il 23 aprile 2014 Maniscalco si era perfino recato in caserma per accusare la moglie di violazione degli obblighi di assistenza familiare. In quegli stessi giorni alla stazione centrale di Palermo venne anche fatta ritrovare la borsa della donna. Gli effetti personali vennero consegnati alla madre, Giovanna Lo Biondo, che il 14 maggio presentò denuncia di scomparsa. Il 31 maggio, in via Mazzini, dove abitava la signora Lo Biondo, qualcuno lasciò per terra un giubbotto della ragazza e delle ossa bruciacchiate. Una settimana dopo, su indicazione di Maniscalco, vennero ritrovati altri resti. (Articolo tratto da un originale di Leandro Salvia, che si ringrazia per la gentile disponibilità)

 


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In memoria di

A San Giuseppe Jato nessun ricordo per Concetta Conigliaro, trucidata dal marito, a 27 anni (FiloDiretto Monreale – 25 novembre 2021)
Nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne nessun ricordo di Concetta Conigliaro, Geluso: “Solo passerelle”
“Oggi si parla di femminicidio, violenza sulle donne, non ho visto un solo commento per ricordare Concetta Conigliaro…. Sempre e solo passerelle…. Ogni riferimento puramente casuale…..”. Il messaggio, apparso sul proprio profilo Facebook, è di Vincenzo Geluso, ex sindaco di San Cipirello.
Oggi, 25 novembre, nella giornata dedicata alle donne vittime di femminicidio, istituzioni, media, politici, scuole, come ogni anno, sono impegnati (quasi) ovunque a ricordare la gravità di un fenomeno che ha raggiunto dimensioni spaventose. Solamente nel 2021 si è registrata una media di tre casi di femminicidio al giorno, in Italia. Più del 70% di questi delitti sono stati consumati dentro le mura di casa. (Quasi) ovunque vengono collocate panchine rosse, mentre scarpette rosse spuntano nelle piazze. Il Governo dichiara che la tutela della donna è una priorità assoluta, eppure nel 2020 solo il 2% dei fondi destinati ai centri antiviolenza è andato in porto. E allora? Solo passerelle?
“Dobbiamo ricordarci – scrive su Facebook la senatrice Cinzia Leone, vicepresidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio – che non si tratta di un’emergenza, bensì di un dramma profondo le cui radici affondano nella cultura maschilista, negli stereotipi in cui ci ritroviamo ogni giorno. Serve quindi un impegno costante e quotidiano, non solo oggi…”. Se l’esponente del governo parla della necessità di un impegno costante, l’ex sindaco solleva il dubbio che intorno alla piaga del femminicidio si facciano solo passerelle. Ed intanto il ricordo di Concetta Conigliaro a San Giuseppe Jato sembra essere piuttosto sbiadito.
Concetta Conigliaro fu massacrata dal marito, Salvatore Maniscalco, fatta a pezzi e bruciata a San Giuseppe Jato il 9 aprile del 2014. Aveva 27 anni. Lasciò 2 bambine. I funerali si tennero 4 anni dopo, il 21 febbraio 2018. Pochi giorni prima dell’omicidio era stata dal suo avvocato con le figlie, per denunciare l’ennesimo atto violento del marito, dal quale si voleva separare. Il marito venne condannato a 20 anni di carcere. Oggi, in paese, a poco più di tre anni dal funerale che aveva commosso e raccolto tutto il paese, nessun ricordo ufficiale della giovane donna. Il comune palermitano sembra avere dimenticato la giovane vittima. Niente scarpette rosse per lei, nessuna panchina rossa per ricordare Concetta, e con lei il dramma che tante donne continuano a vivere. E qualcuno si chiede se la sua morte sia servita a qualcosa.