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Salvatore Maniscalco, 39 anni, cenciaio, padre. Denunciato dalla moglie per violenze, la uccide, brucia il corpo in un bidone e lo nasconde in un casolare. Condannato a 20 anni di reclusione confermati in Cassazione

San Giuseppe Jato (Palermo), 9 Aprile 2014

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Titoli & Articoli

Il giallo di San Giuseppe. Il marito: “L’ho spinta in casa, è caduta e ha battuto la testa” (la Repubblica – 12 giugno 2014)
Il giallo di San Giuseppe, il marito sentito in carcere: “L’ho spinta in casa, è caduta e ha battuto la testa”
Salvatore Maniscalco, ascoltato dal gip Lorenzo Matassa, ha fornito una quarta versione sulla fine della moglie Concetta Conigliaro. “Abbiamo avuto l’ennesimo litigio e lei è caduta per terra”. Non ha mai ammesso di averla uccisa, ma solo di avere bruciato il cadavere. Il legale che lo difende chiede una perizia psichiatrica
“Sono dispiaciuto per quello che è successo, ero disperato”, ha detto durante le due ore di interrogatorio di convalida davanti al giudice Lorenzo Matassa che lo ha sentito stamattina nel carcere Ucciardone. Ha mostrato pentimento Salvatore Maniscalco, il marito di Concetta Conigliaro, ma non ha mai ammesso di avere ucciso la moglie. E ha fornito una ennesima ricostruzione dei fatti.
Alle 13 l’interrogatorio è terminato e il gip ha convalidato il fermo di Salvatore Maniscalco, il marito 39enne di Concetta Conigliaro. La donna di 27 anni è scomparsa dalla sua abitazione a San Giuseppe Jato lo scorso 9 aprile. Il giudice Lorenzo Matassa che in un primo momento si era riservato sull’emissione della misura cautelare, ha poi firmato il provvedimento custodia in carcere.
“Eravamo a casa e c’è stato l’ennesimo litigio tra di noi. Io l’ho spinta e lei è caduta per terra. Ha battuto la testa”, ha raccontato Maniscalco davanti al giudice Matassa, al suo avvocato, Salvatore Ferrante, e al sostituto procuratore Gianluca De Leo. Dopo la perdita di sensi della donna, Maniscalco avrebbe bruciato il cadavere. “Mi dispiace di avere messo i familiari in questa situazione”, ha detto. Non ha mai citato le figlie durante l’interrogatorio.
Maniscalco è stato fermato sabato notte dopo avere condotto i carabinieri di Monreale in una zona, vicino a San Cipirello, dove sono stati ritrovati i resti umani probabilmente appartenenti alla moglie sparita. I carabinieri sono risaliti al marito grazie alla scheda sim della moglie. Scheda telefonica che ha smesso di funzionare il 9 aprile, data in cui la giovane mamma di 27 anni è sparita, per poi tornare in funzione il 13 aprile nel telefonino del marito. Sentito dai carabinieri di Monreale, guidati dal colonnello Pierluigi Sollazzo, Maniscalco in questi giorni ha dato versioni contrastanti su quanto accaduto.
Ed ecco le tre versioni date da Maniscalco: prima ha raccontato di aver trovato Concetta a casa morta suicida con un sacchetto di plastica in testa, di essersi spaventato a vederla senza vita, di averne caricato il corpo in macchina portandolo in campagna dove lo avrebbe bruciato. Poi ha detto di aver aiutato Concetta a suicidarsi portandola in campagna con un bidone di benzina: “Lei voleva morire, io l’ho aiutata”. Nella terza versione dei fatti, invece, Maniscalco ha tirato in ballo un altro uomo con il quale Concetta avrebbe avuto una relazione sentimentale. Sarebbe stato lui ad uccidere la donna. “L’ho saputo da una telefonata anonima, mi hanno detto chi l’aveva uccisa e dov’era il corpo”.
Anche sul movente, Salvatore ha dato più di una spiegazione: “L’ho bruciata per gelosia, per rabbia”. “Volevo rispettare la sua decisione di farla finita” e persino un “Volevo fare felice mia moglie che voleva vedermi in carcere”. Al termine dell’interrogatorio l’avvocato Ferrante ha chiesto al giudice una perizia psichiatrica sul suo assistito.

La morte di Concetta, due indagati. I verbali di un “amore criminale” (Live Sicilia – 18 giugno 2014)
È la storia di un “amore criminale” quello che viene fuori dalle parole di Salvatore Maniscalco. Di una relazione tormentata finita nel più tragico dei modi. Da alcuni giorni l’uomo, muratore di 38 anni, si trova in carcere con l’accusa di avere assassinato la moglie Concetta Conigliaro, scomparsa il 9 aprile scorso da San Giuseppe Jato, e di averne bruciato il cadavere. Non è più il solo indagato. L’ipotesi di favoreggiamento, infatti, viene contestata a Vincenzo e Antonio Caltagirone, padre e figlio, parenti di Maniscalco e proprietari del magazzino dove era nascosto il fusto dentro il quale sarebbe stato bruciato il corpo di Concetta. Assieme al presunto omicida raccoglievano il ferro abbandonato per le strade. “I due indagati si professano estranei ai fatti – spiega l’avvocato Giuseppe Pinella -. La vicenda che li riguarda è assolutamente marginale. Il racconto di Maniscalco sulla loro collaborazione lavorativa ha causato quella che consideriamo un’incomprensione investigativa che speriamo di chiarire al più presto”.
Il legale è stato convocato per assistere al conferimento dell’incarico al medico legale che analizzerà i resti umani bruciati. Non è detto che si riesca ad estrarre il profilo genetico per avere certezza che siano le ossa di Concetta. Non sono mancati due piccoli colpi di scena. Umane sono le ossa trovate dentro il fusto, è umane sarebbero pure, a differenza di quanto inizialmente emerso, quelle avvolte nel giubbotto di Concetta che qualcuno abbandonò qualche giorno dopo la scomparsa davanti all’abitazione della mamma della vittima. Resti di animali, probabilmente di un cane, sarebbero, invece, quelli avvolti in un sacco bianco accanto al fusto e che per questo si era pensato potessero appartenere alla vittima.
Maniscalco ha fornito più versioni dei fatti. Di certo ha ammesso di avere distrutto il corpo con il fuoco nel corso di un interrogatorio di difficile comprensione anche per le carenze linguistiche dell’indagato. Maniscalco, infatti, è analfabeta. In presenza del suo avvocato e del pubblico ministero ha confermato una serie di circostanze pur cambiando parecchie versioni, ma la sua non è stata una confessione. Concetta, infatti, a suo dire, sarebbe morta per un incidente.
Maniscalco ha innanzitutto ricostruito la storia di una profonda crisi coniugale: “Se n’è andata la prima volta nei miei zii, dice io voglio andare via da te e dai bimbi… è scappata di casa”. Maniscalco non si è mai rassegnato: “Io per dirci la verità, davanti a Dio, l’ho andata a prendere soltanto per i miei figli non volevo distruggere questa famiglia, forse ho sbagliato”. La relazione era ormai naufragata: “Dopo è andata via di casa di nuovo ed è andata da un’amica… dopo è andata da sua madre… ho abbassato la testa davanti a Dio e ho andato a prenderla… dice voglio stare per i fatti miei tranquilla e l’ho lasciata nella sua stanza… facevo tutto io a casa”.
Maniscalco non ha tralasciato particolari per descrivere il rapporto burrascoso con la moglie: “… sempre mi ha alzato le mani, colpi di bastone, di scopa… hanno venuto i carabinieri”. Il peggio sarebbe accaduto al termine dell’ennesima lite. Il giudice Lorenzo Matassa ha cercato di cristallizzare nei ricordi di Maniscalco, confusi o presunti tali, gli ultimi istanti di vita della donna: “Quel giorno è venuta, lei comincia a picchiarmi davanti la gente là vicino, è entrata a casa nostra… diceva basta questo matrimonio è finito voglio andare via da questa situazione… ha cominciato a darmi botte.. io l’ho presa con le mano, il muro… ed io ci ho detto statti ferma… i bimbi erano giù… ci ho detto scendete perché la mamma è arrabbiata… al modo che è caduta a terra ha sbattuto la testa a terra e ho fatto una cosa brutta… davanti a Dio i bimbi non c’erano… non ce n’è coltello…”. Maniscalco, dunque, ha ammesso di essersi macchiato di “una cosa brutta”, negando, però, di avere colpito Concetta con un coltello. Una circostanza emersa dai ricordi di una delle figlie.
Il racconto è proseguito con un’altra ammissione: “Non ho capito più niente”. Le domande sono diventate incalzanti. Come l’ha colpita? “Con le mani… coltelli queste cose non ce n’è stato… diciamo che lei è caduta a terra e io invece di aiutarla perché lei soffre… quando si arrabbia ci manca il respiro… l’ho chiamata e non mi rispondeva. Ci ho messo la mano così e ho visto che non respirava più, ho preso una bottiglia d’acqua ce l’ho buttata sopra e non rispondeva più”.
Perché non ha chiamato un’ambulanza? “Ho sbagliato… e non ho chiamato a nessuno, perché volevo prendere che lei diceva tu devi andare in galera. Momenti di testa che ho sbagliato…”. Maniscalco non l’avrebbe soccorsa perché sapeva che il desiderio della moglie era di vederlo in galera. Un desiderio che poteva essere soddisfatto solo con la morte della ragazza: “… l’ho presa che io al momento non capivo più niente e l’ho messa sopra la macchina… così per come era vestita… in braccio… invece di aiutarla l’ho fatta proprio fuori… fuori a nasconderla per non fare capire niente a nessuno… ho visto così e la testa non capivo più niente e ho fatto questa cosa”. L’ha bruciata? “Sì”. E la benzina? “L’ho comprata prima, io lavoro in campagna e mi serviva per lavorare… davanti a Dio nessuno mi ha aiutato”. Le indagini dei carabinieri del gruppo di Monreale non escludono, infatti, che Maniscalco sia stato aiutato nella fase di distruzione del cadavere.
Ha utilizzato un bidone? “Sì”. E le ha dato fuoco? ”Sì, me sono andatoperché avevo la coscienza sporca”. Com’era vestita? “Jeans, giubbotto rosso”. E le ha tolto il giubbotto prima di bruciarla? ”No”. Altro punto controverso: il giubbotto è lo stesso abbandonato nei pressi dell’abitazione della madre di Concetta, alcuni giorni dopo la scomparsa.
I carabinieri hanno stretto il cerchio su Maniscalco anche perché l’uomo ha inserito la sim del telefonino di Concetta nel suo cellulare. Un gesto giustificato dall’uomo “per farci capire ai carabinieri che sono stato io”. Fin qui le fasi della morte di Concetta e l’occultamento del cadavere. È stato lo stesso Manoscalco ad accompagnare i militari dove il corpo è stato bruciato, un fusto arrugginito abbandonato in campagna. È lo stesso luogo dove i carabinieri lo avevano visto dopo la scomparsa della moglie: “Ero andato là a prendere un po’ di verdura”, si è giustificato davanti al magistrato.
Nel corso dell’interrogatorio è emerso anche il possibile movente del delitto, e cioè la gelosia. Maniscalco ha raccontato di essere stato tradito dalla moglie. Ha parlato di un uomo: “Me lo sono visto a casa che i vicini mi hanno chiamato e mi hanno detto c’ha un altro a casa”. Un uomo “un po’ magro, lungo due metri” con cui lui ha visto uscire Concetta: “Erano mano con mano che uscivano di casa e ho fatto le foto e dopo hanno venuto i carabinieri”. Un uomo che lui stesso ha affrontato.: “Gli ho detto hai fatto giusto quello stai facendo? Dice tua moglie non ne vuole sapere più di te e ci ho avvicinato però io non volevo litigare”.

Uccise la moglie e bruciò il cadavere, condannato a venti anni (Corriere del Mezzogiorno – 15 luglio 2015)
L’uxoricidio avvenne nell’aprile 2014 a San Giuseppe Jato. I resti della giovane furono ritrovati carbonizzati in un casolare di campagna
È stato condannato a 20 anni di reclusione Salvatore Maniscalco, 39 anni, accusato di aver ucciso il 9 aprile del 2014 la moglie, Concetta Conigliaro, 27 anni, e di averne bruciato il cadavere. L’uxoricidio avvenne a San Giuseppe Jato in provincia di Palermo. I resti della giovane furono ritrovati carbonizzati in un casolare di campagna. La coppia, che aveva due figlie, si era separata dopo che la donna aveva denunciato il marito per abusi sessuali.
Quando la giovane scomparve misteriosamente i sospetti degli investigatori si concentrarono subito su Maniscalco, che alla fine crollò. A condurre i carabinieri in contrada Giambascio fu proprio l’uomo, difeso dall’avvocato Salvatore Ferrante, che avrebbe ucciso la moglie colpendola con un attrezzo e una volta morta avrebbe bruciato il cadavere all’interno di un fusto in metallo.
Condannati per il delitto pure Vincenzo ed Antonino Caltagirone, zio e cugino dell’uxoricida. Padre e figlio erano accusati di occultamento di cadavere. Tre anni la pena per Vincenzo Caltagirone, ai domiciliari per motivi di salute, 4 anni e otto mesi, invece, la condanna per Antonino Caltagirone. La sentenza con il rito abbreviato è stata emessa dal Gup Sergio Ziino. Il giudice ha accolto le richieste dei pm Gianluca De Leo e della collega Ilaria De Somma.

Omicidio Conigliaro, Cassazione conferma condanna a 20 anni per il marito (Palermo Today – 3 febbraio 2018)
Nessuno sconto di pena per Salvatore Maniscalco, riconosciuto colpevole per l’uccisione di Concetta Conigliaro, 27 anni. La giovane mamma fu fatta a pezzi e bruciata dal coniuge a San Giuseppe Jato nell’aprile del 2014
Nessuno sconto di pena per il delitto di Concetta Conigliaro, 27 anni, la mamma di due bambine fatta a pezzi e bruciata dal marito Salvatore Maniscalco a San Giuseppe Jato nell’aprile del 2014. Maniscalco aveva sostenuto di essere stato una vittima di stalking da parte della consorte, ma la prima sezione della Suprema Corte non ha concesso attenuanti e ha confermato la condanna a 20 anni di reclusione. Lo riporta il Giornale di Sicilia. Il cugino Antonino Caltagirone, accusato di distruzione del cadavere è stato condannato a 4 anni e 8 mesi. Della donna furono trovati solo pochi resti, su indicazione dello stesso marito, nelle campagne di San Cipirello. La decisione della Cassazione ha confermato anche i risarcimenti dovuti ai parenti della vittima.

 


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