Claudia Ferrari, 38 anni, operatrice di stazione metro, mamma. Uccisa a colpi di arma da fuoco (rubata) dall’ex marito già denunciato
Vitinia (Roma), 11 Giugno 2015
Titoli & Articoli
I corpi di Massimo e Claudia sono stati ritrovati uno accanto all’altra nell’unico spazio all’ombra (Roma Today – 11 giugno 2015)
“Ho sentito tre spari”, ha raccontato una testimone ai carabinieri di Ostia che stanno indagando sul fatto. Marco Di Giovanni era sul fianco sinistro con la testa appoggiata al marciapiede ormai rosso di sangue. Claudia Ferrari, pochi centimetri più in là, supina con la maglia rossa e un paio di shorts. Accanto ai cadaveri c’è una pistola, risultata rubata, vicino alla Mercedes Classe A grigia che di solito l’uomo utilizzava. Tre i bossoli ritrovati. I due, secondo una prima ricostruzione, si erano dati appuntamento per un chiarimento, ma l’uomo che non voleva saperne di finire la storia d’amore ha sparato due colpi di pistola contro la donna uccidendola all’istante. Poi si è suicidato con un colpo alla testa. I corpi sono stati trovati riversi in terra. La donna era a faccia in su, con indosso una maglietta rossa e un paio di shorts. L’uomo, lì vicino, di lato con con la testa sul marciapiede, ormai sporco di sangue.La coppia aveva due figli di 1 e 3 anni.
Vitinia, spara alla ex e poi si uccide: avevano due figli di 1 e 3 anni (Roma Today – 12 giugno 2015)
Massimo Di Giovanni, ha sparato due volte a Claudia Ferrari e poi si è tolto la vita. Entrambi erano dipendenti Atac. La coppia aveva due figlie di 1 e 3 anni. I corpi ritrovati in un parcheggio in via Erminio Macario
La fine di un amore in una pozza di sangue. Vitinia è sotto choc. Le famiglie diMassimo Di Giovanni e Claudia Ferrari distrutte. La folle gelosia ha vinto. Di Giovanni che, nel parcheggio di via Erminio Macario, ha sparato due colpi, a distanza ravvicinata, all’ex compagna per poi spararsi con la stessa arma, risultata poi rubata a Roma anni fa. Lui, di 48 anni, controllore Atac. Lei, di 38, anche dipendente dell’azienda dei trasporti di Roma. Lasciano due bambine di uno e tre anni. Alle 9,30 di ieri mattina in quello spiazzale che divide Centro Giano da Vitinia, Massimo Di Giovanni ha fatto scendere dalla sua Mercedes Classe AClaudia Ferrari. La donna ha fatto pochi passi, la discussione è degenerata, si è trasformata prima in violenta lite e poi in tragedia.
Il rapporto era finito. Troppa la gelosia. La nascita della secondogenita, un anno fa, non aveva risanato la loro storia, ormai diventata trapassata. Eppure la 38enne, a seguito delle minacce dell’ex, aveva già denunciato l’uomo tanto che Di Giovanni si era trasferito altrove, ad Ardea. I due, con le bambine, viveva proprio vicino al parcheggio di via Erminio Macario, a circa 550 metri da lì. (di Lorenzo Nicolini)
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In memoria di
Il coraggio di nonna Stefania, che sta crescendo ”le sue bimbe” orfane di femminicidio (AntiMafiaDuemila – 15 luglio 2017)
Nessuna tutela da parte dello Stato, la legge è ferma al palo. Oggi le piccole hanno sei e quasi quattro anni. “Sanno che sono morti, ma non come”. La pet therapy e le storie dalla buonanotte per farle diventare più forti
Ogni sera, Stefania Mattioli dà la buonanotte alle sue due nipotine leggendo storie di donne che ce l’hanno fatta contando solo sulle loro forze. Vuole farne delle bambine autonome, nella speranza che diventino adolescenti e poi adulte indipendenti e consapevoli. Stefania ha sessantuno anni e un dolore grande, il più grande per una mamma, da addomesticare. Stefania aveva una figlia, Claudia Ferrari, uccisa dall’ex convivente. Di lei le restano fotografie, bigliettini, i ricordi di una vita e le due bambine, sei e quasi quattro anni, nate dalla relazione con Massimo Di Giovanni, l’uomo che in una mattina di giugno di due anni fa in un parcheggio alla periferia di Roma l’ha freddata con due colpi di pistola, rivolgendo poi l’arma contro se stesso. Da quel giorno, che ha spazzato via per sempre tutto quello che c’era prima, per Stefania è iniziata un’altra vita. È lei, che le ha in affidamento e fa loro da tutore, a prendersi cura delle figlie di Claudia “e, le assicuro – dice all’HuffPost – che è un impegno gravoso, sia dal punto di vista psicologico che fisico che economico”.
Stefania, Claudia e la vita spezzata. Da Roma, dove Claudia si era trasferita e aveva trovato lavoro all’Atac, conosciuto Di Giovanni e dove erano nate le loro bambine, Stefania, che aveva raggiunto sua figlia “per darle una mano quando, a novembre 2014, l’ex convivente aveva deciso di andarsene di casa per poi iniziare a perseguitarla in maniera sempre più insistente”, è tornata con le nipoti a Latina, la città d’origine.
“Qui, con il sostegno dell’ex marito, di mia cognata, di alcuni amici, ho creato una rete, una pseudo famiglia, ma al netto di questo supporto che pure è importante – spiega Stefania – per la stragrande maggioranza del tempo sono io ad occuparmi di loro: le porto a scuola, in piscina, a danza, ci tengo che studino l’inglese e non abbiano niente di meno di quello che hanno i bambini di oggi”. E poi c’è l’aspetto più strettamente psicologico, fondamentale in un’età in cui entrambe le figlie di Claudia iniziano a rendersi conto dell’assenza della mamma. Per questo Stefania, convinta sostenitrice della pet therapy, ha deciso di adottare un cagnolino e un gattino e far seguire la nipote più grande da una psicologa, “privatamente perché dal Comune non mi è arrivato alcun sostegno, né a Roma né a Latina”. Un grosso aiuto le viene dall’azienda dove lavora come impiegata da 39 anni. “Mi hanno pagato l’avvocato e lo psicologo e ora che ho chiesto un part time per seguire le bimbe e dunque lo stipendio si è ridotto, i miei colleghi si sono autotassati per integrarmelo. Per fortuna posso contare su dirigenti e colleghi sensibili e attenti, che hanno compreso il peso, anche di natura economica, che grava sulle mie spalle – sospira Stefania – le mie bimbe percepiscono 600 euro di pensione in due, troppo poco per assicurare loro anche il minimo indispensabile”. Stefania ha pagato i debiti lasciati dall’ex convivente della figlia perché non ricadessero sulle spalle delle sue nipoti, ha fittato l’appartamentino di proprietà di Claudia e utilizza gran parte di quel che guadagna per crescere le sue bimbe. I giorni scorrono consumati dalla rabbia “per quello che è accaduto a mia figlia, che amava la vita, aveva due lauree, aveva viaggiato tanto ed è finita con un uomo che, pur avendo un ottimo lavoro, era uno spiantato” e dalla necessità di far quadrare i conti per garantire una quotidianità quanto più normale possibile a quelle che lei chiama “le mie bimbe” e lo Stato “orfane di femminicidio”. “Uno Stato che però oltre questa definizione non va – spiega Stefania – al momento non è garantito alcun supporto a questi bambini, che esistono, non sono fantasmi”.