Carla Molinari, 82 anni, tipografa in pensione. Sgozzata con un cacciavite e uccisa con oltre venti coltellate dal “killer delle mani mozzate” (suo amante), che le amputa le mani e la decapita
Cocquio Trevisago (Varese), 5 Novembre 2009
Titoli & Articoli
Donna sgozzata e senza mani,spunta pista satanica (il Secolo XIX – 6 novembre 2009)
Carla Molinari C’e’ anche una pista satanica fra le ipotesi al vaglio degli investigatori che stanno indagando sull’omicidio di Carla Molinari. La tipografa in pensione e’ stata uccisa a coltellate e mutilata di entrambe le mani a Cocquio Trevisago, nel Varesotto. Le indagini sembrano per ora escludere le ipotesi di una rapina finita male o di una sorta di vendetta contro la donna le cui mani, asportate dall’omicida, non sono state ritrovate. Proseguono gli interrogatori di vicini e conoscenti
Nella notte, l’82enne Carla Molinari è stata uccisa nella sua villetta di Cocquio Trevisago (provincia di Varese), in via Dante Alighieri; secondo quanto reso noto dal 118, e poi confermato dagli inquirenti, il corpo della donna aveva le mani mozzate e numerose altre ferite da arma da taglio, di cui una, letale, sul collo. Di più: le mani, tagliate «quasi con precisione chirurgica» sono state asportate dal killer o dagli assassini.
La vittima, una tipografa in pensione, viveva da sola; in serata, i vicini hanno notato una finestra della villetta aperta e hanno pensato a un furto. È intervenuto per primo il 118, che ha trovato il cadavere dell’anziana all’interno della casa, poi arrivata la squadra Mobile della polizia di Varese, che ha dato il via alle indagini sull’omicidio.
Secondo quanto è stato accertato sinora, la vittima non aveva parenti residenti nelle vicinanze. In queste ore non è stato possibile stabilire se dalla villetta siano stati portati via oggetti di valore. Insomma, la donna potrebbe essere stata uccisa da un ladro sorpreso in casa, ma al momento non è possibile escludere altri moventi.
Varese, 82enne sgozzata: introvabili le due mani amputate dall’assassino (il Giornale – 7 novembre 2009)
Scena raccappriciante nella villetta di Cocquio Trevisago: il cadavere di Carla Molinari, tipografa in pensione, presenta ferite da arma da taglio: la gola tagliata e le mani mozzate (le immagini). Il procuratore: “La casa era in ordine”
La gola recisa. Le mani mozzate, introvabili. Nella tarda serata di ieri Carla Molinari, 82 anni è stata uccisa nella sua abitazione, una villetta di Cocquio Trevisago, in via Dante Alighieri. Secondo quanto riferito dal 118 regionale, il cadavere dell’anziana presentava ferite da arma da taglio. Emergono particolari inquietanti: è sgozzato e ha le mani mozzate il cadavere della donna. Nella casa cassetti aperti e oggetti per terra. L’interno dell’abitazione, composta da soggiorno, cucina, due camere da letto e bagni alla francese, non fa pensare, però, a una rapina. Come conferma anche il procuratore di Varese, Maurizio Grigo: “La casa non sembra sottosopra. L’omicidio si presta a letture molteplici, ma aspettiamo i rilievi della scientifica e l’autopsia sul corpo della donna”.
Non si trovano le mani. Non sono state trovate sul luogo del delitto le mani mozzate di netto a Carla Molinari. Le mani sono state tagliate quasi con precisione chirurgica. La donna sarebbe stata dapprima colpita tra il collo e torace con un corpo contundente e affilato che l’avrebbe tramortita. Quindi, l’assassino l’avrebbe sgozzata con un taglio profondo tanto da mozzarle quasi la testa. Infine si sarebbe accanito sulle mani della vittima che potrebbe aver portato con sé nella fuga.
Anche se il sopralluogo nella villetta è ancora in corso. Sembra poco probabile che il motivo di questo accanimento delle mani, che somiglia quasi a un rito, sia la presenza di qualche anello di valore: sarebbe stato forse più facile tagliare solo un dito. Non si esclude che l’omicida abbia voluto far sparire tracce di una colluttazione. Al momento è ancora in corso il sopralluogo con i vertici della magistratura e della polizia di Varese con il capo della squadra mobile Sebastiano Bortolotta. Sono in corso ancora i rilievi della polizia scientifica.
I vicini: “Mai minacciata” I vicini di casa descrivono l’anziana uccisa come una “persona gentile ed energica, che usciva poco di casa e che non aveva mai ricevuto minacce da nessuno“. Il paese che si affaccia sul lago di Varese, a una decina di chilometri dal capoluogo, è sconvolto dall’omicidio, avvenuto in una zona di villette dove “non sono mai accaduti fatti di sangue”. “Carla era una persona tranquilla – ha detto Sergio, uno dei vicini – e mercoledì l’ho vista per l’ultima volta. La donna aveva molti parenti in paese e aveva vissuto in Francia per un periodo”. La prima persona ad accorgersi dell’assenza di Carla sarebbe stata una vicina che ieri sera ha notato le tapparelle alzate che di solito “erano chiuse già dalle cinque del pomeriggio”. La donna avrebbe poi avvisato una cugina di Carla Molinari che, entrata in casa, ha lanciato l’allarme. Secondo un vicino gli aggressori sarebbero potuti entrare mentre la donna portava fuori casa il secchio della spazzatura, “visto che durante il giorno di solito non usciva mai e non apriva a nessuno”. La donna, tipografa in pensione, viveva da sola, secondo quanto riferito dalla polizia. Da quando le era morto il padre e di lei si prendevano cura i vicini e alcuni parenti, come una cugina di secondo grado, residente a Gavirate. Dopo l’allarme è intervenuto per primo il 118, che ha trovato il cadavere dell’anziana all’interno della casa. Sul posto è poi arrivata la squadra mobile di Varese, che indaga sull’omicidio assieme al Servizio centrale operativo (Sco) della polizia. I rilievi sono stati compiuti dalla scientifica di Milano. Durante la notte sono stati sentiti tutti i vicini, perlustrata la zona denominata Sant’Andrea, a meno di 500 metri dalla stazione ferroviaria delle Nord e da un centro commerciale. Sono stati setacciati anche tutti i bidoni della spazzatura per trovare l’arma del delitto.
Anziana uccisa con mani mozzate, un fermo per omicidio premeditato (la Repubblica – 26 novembre 2009)
E’ un imbianchino di 58 anni, che conosceva da tempo la sua vittima. A tradirlo, le impronte di scarpe. Le mani dell’anziana tagliate perchè aveva cercato di difendersi, graffiando il suo assassino sul volto
Svolta nell’indagine sull’omicidio di Carla Molinari, l’anziana donna uccisa nella sua abitazione a Cocquio Trevisago, in provincia di Varese, sulla quale l’assassino aveva infierito mozzandole le mani e recidendole la gola fino a decapitarla. E’ stato fermato un uomo, un imbianchino di 58 anni, che vive in un paese vicino e che aveva con la vittima “rapporti risalenti nel tempo”. Capelli grigi, giubbotto arancione, l’indagato è uscito dalla questura di Varese ammanettato e coprendosi il volto con un foglio di carta. E’ stato fatto salire a bordo di un’auto della polizia che è partita a velocità sostenuta verso il carcere cittadino.
L’uomo è accusato di omicidio premeditato aggravato da brutalità e futili motivi, ha spiegato il procuratore capo di Varese Maurizio Grigo, in una breve conferenza stampa in cui aveva accanto a sia il questore della città, Marcello Cardona. Grigo non ha voluto fornire altri particolari, in quanto “ci sono ancora indagini in corso”. Secondo indiscrezioni, il presunto assassino sarebbe già stato condannato in passato per omicidio colposo della moglie, morta in un incidente nel febbraio del 2003. La moglie morì carbonizzata, mentre il marito si mise in salvo senza però riuscire a salvarle la vita. A incastrare il presunto omicida sono stati gli uomini della polizia scientifica e del Servizio Centrale Operativo. A tradirlo sarebbero state le numerose impronte di scarpe trovate nell’appartamento. Si tratterebbe di calzature piccole, 38/39, lo stesso numero di quelle abitualmente indossate dalla vittima. Le impronte in alcuni punti della casa erano appaiate come fosse stata la conseguenza di un salto. L’uomo le avrebbe lasciate per depistare le indagini; l’assassino aveva messo parzialmente in disordine la casa come a voler far credere ad una rapina. Altro depistaggio i quattro mozziconi di sigaretta di altrettante marche diverse messe in quattro posaceneri diversi. L’ex tipografa non fumava.
Le prove raccolte dagli agenti della squadra mobile di Varese e dallo Sco sono state definite “inequivocabili” Infatti sarebbero stati dimostrati contatti diretti tra il fermato e la vittima nell’ora indicata dai periti. L’omicidio è avvenuto il 5 novembre.
Carla Molinari, una pensionata di 82 anni, viveva da sola in una villetta di via Dante Alighieri a Coquio Trevisago, in provincia di Varese, un paesino di 4600 abitanti. A scoprire l’omicidio una cugina della donna, che risiede a Gavirate. Visto che la parente non le rispondeva al televono, aveva chiesto a una vicina di controllare. La porta di casa era aperta: all’interno, l’anziana era a terra, l’assassino l’aveva prima colpita forse con un cacciavite, e poi sgozzata. Il particolare più raccapricciante era che dal corpo erano state tagliate le mani con precisione chirurgica. Anche questo alla fine avrebbe però tradito l’assassino: le avrebbe amputato le mani perchè la vittima, in un estremo tentativo di difendersi, gli avrebbe graffiato il volto. Sotto le unghie della donna, quindi, ci sarebbe stata la prova che avrebbe portato gli inquirenti al suo assassino. L’uomo infatti, ha dei profondi graffi al viso e secondo gli inquirenti proprio questi segni potrebbero motivare la ferocia con la quale ha mozzato le mani alla vittima.
Le chiavi della villetta di via Dante erano nella toppa, quando � stato ritrovato il cadavere, e la porta non presentava segni di scasso, fatto che lasciava supporre che la Molinari avesse potuto conoscere il suo omicida. Un altro particolare emerso è che l’omicida dovrebbe essere uscito dalla villetta sporco di sangue in quanto non sono state trovate tracce di sangue nel bagno della vittima e pertanto chi ha ucciso la pensionata non si era lavato.
Omicidio delle mani mozzate “L’assassino è nostro padre” (Quotidiano Nazionale – 30 novembre 2009)
Le parole di Nunzia — figlia di Giuseppe Piccolomo, 58 anni, presunto omicida di Carla Molinari, l’ex tipografa di 82 anni uccisa il 5 novembre nella sua villetta e mutilata dal killer delle mani — davanti alla telecamera del Tg2, raggelano il sangue. La maggiore delle figlie dell’ex imbianchino, uno sguardo in cui si leggono paura e angoscia, davanti al microfono non esita a dire del padre: «Sono convinta che sia un assassino».
La giovane donna nasconde un dramma familiare con cui ha convissuto a lungo, quello di un rapporto difficile con un genitore che, secondo il suo racconto, «è sempre stato violento, irascibile, capace di qualunque cosa». Parole pesanti come macigni. Nunzia Piccolomo ha raccontato di non vedere più il padre da 7 anni, di averlo cancellato per sempre dalla sua vita. Ora quel genitore mai rimpianto perché violento e capace di tutto, è in carcere con l’accusa di omicidio. E la figlia non ha dubbi sulla colpevolezza del padre, anzi, chiede che venga accertata anche la verità a proposito dell’incidente automobilistico nel quale, 6 anni fa, morì carbonizzata la madre, Marisa Maldera.
«Quando mi dissero che cosa era accaduto alla mamma, morta carbonizzata in auto mentre lui non si era fatto neppure un graffio — accusa Nunzia —, ho subito pensato che fosse stato lui». Adesso, con la sorella minore Cinzia, chiede giustizia per la morte della mamma. E il caso potrebbe essere riaperto. Cinzia fa risalire i problemi di Piccolomo con la moglie proprio a quando l’attuale compagna dell’uomo — una marocchina che ora è nel suo Paese con i due figli piccoli della coppia — cominciò a lavorare nel ristorante-pizzeria della coppia, dalla gestione fallimentare: «Era la sua ombra, abbiamo cercato di aprire gli occhi a nostra madre».
Intanto Piccolomo,interrogato ieri mattina in carcere a Varese dal gip Giuseppe Fazio, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il suo legale, Simona Bettiati ha chiesto la scarcerazione per l’assenza di gravi indizi di colpevolezza, mentre il pm Luca Petrucci ha chiesto la convalida del fermo e la custodia in carcere. Il giudice deciderà oggi. Pronto a incontrareil presunto assassino è il parroco di Cocquio Trevisago, don Hervè Simeoni, che sente il dovere «di essere cristianamente vicino a chi ha calpestato la dignità della propria vita. La dignità di figlio di Dio non viene tolta nemmeno a chi si macchia di un delitto così orribile». Don Simeoni, qualora l’ex imbianchino lo chiedesse, è dunque pronto all’incontro. «Lo farei — spiega — non come don Hervè, ma come farebbe qualunque sacerdote per via del suo ministero dentro un cammino di recupero della dignità umana».
Si cercano ancora le mani dell’anziana ex tipografa. Non hanno dato esito le ricerche nel giardino dell’abitazione di Piccolomo, l’ipotesi al vaglio degli inquirenti è che possano essere state gettate nel torrente Bardello, un corso non lontano dall’abitazione dell’ex imbianchino a Ispra. E per Cocquio Trevisago, piccolo paese sconvolto dall’orribile fine di Carla Molinari, è ancora impossibile recuperare serenità nonostante il fermo del presunto colpevole. Al lavoro adesso sono gli psicologi messi a disposizione dall’amministrazione comunale per aiutare i cittadini, soprattutto anziani, a lasciarsi alle spalle paure e stati d’ansia che si sono manifestati dopo l’efferato delitto che ha messo sotto i riflettori mediatici un piccolo paese che ora vuole tornare alla sua normalità.
Delitto mani mozzate: vittima e assassino ebbero una relazione (la Stampa – 2 dicembre 2009)
E spunta l’ipotesi di un complice
Giuseppe Piccolomo, arrestato per l’omicidio della pensionata Carla Molinari, anni fa «ebbe una relazione extraconiugale con la signora Molinari». A dichiararlo sono state le figlie di Piccolomo in una deposizione contenuta nella ordinanza con cui il gip di Varese dispone il carcere per l’indagato. «Tanti anni fa, quando la mamma era ancora viva, ebbe una relazione extraconiugale con la signora Molinari». «Cosa nota – osserva il gip – anche ai due fratelli dell’indagato». E nelle indagini sulla vicenda spunta l’ipotesi di un complice di Piccolomo. Lo si evince dall’ordinanza con la quale il Gip di Varese Giuseppe Fazio ha convalidato il fermo per omicidio volontario aggravato. «Il Gip rileva la presenza della Nissan di Piccolomo nel parcheggio del centro commerciale e nei pressi della casa della vittima tra le 12,48 e le 15,07 di quel giorno. »Ma quello che è doveroso evidenziare – scrive il giudice – è soprattutto l’elemento che riguarda la persona che, in quella fascia oraria, è stata ripresa sulla Nissan di Piccolomo: prima mentre si avvicina alla vettura e, successivamente, mentre si allontana dal parcheggio e transita in contrada Motto del Galli alla guida di essa. Tale persona non è identificabile nel Piccolomo.
Il Gip per delineare la personalità di Piccolomo fa riferimento «a minacce e sevizie» che nel tempo l’uomo avrebbe riservato alle figlie, alla loro madre e anche alla suocera. La prima moglie di Piccolomo morì in un incidente stradale nel febbraio del 2003. La donna morì carbonizzata in auto mentre il marito riuscì a salvarsi.
Il dna di Carla Molinari sul pugnale di Piccolomo (la Provincia di Varese – 9 maggio 2011)
Sulla lama di un pugnale di Giuseppe Piccolomo ci sono le tracce del dna di Carla Molinari, la tipografa in pensione uccisa e amputata di entrambe la mani nel novembre del 2009 a Cocquio Trevisago. Lo ha riferito il perito Carlo Robino che ha esposto stamani davanti al presidente della Corte d’assise di Varese, Ottavio D’Agostino, i risultati delle analisi effetuate in sede di incidente probatorio su alcuni oggetti appartenenti all’artigiano, accusato di omicidio e vilipendio di cadavere. Dalla perizia, che costituisce uno degli elementi cardine dell’accusa, è emersa quindi con “pressochè assoluta certezza” la presenza di sangue della vittima sul coltello lungo una trentina di centimetri, che potrebbe essere l’arma del delitto. Altre analisi sono state eseguite dal perito, che si è già occupato degli omicidi di Cogne e Garlasco, su un secondo coltello ritrovato dietro un cassonetto a Cocquio Trevisago, su una scatola di guanti in lattice, su una felpa e sull’auto dell’imputato, dove però non sono state ritrovate tracce biologiche della vittima. Durante l’udienza del processo sono stati interrogati alcuni testimoni presentati dal legale dell’uomo, che continua a proclamarsi innocente.
Dieci anni fa l’omicidio delle mani mozzate (Varese News – 6 novembre 2019)
Due agenti sulla soglia del cancello, qualche curioso che cominciava a fermarsi e a sbirciare nel giardino di un villino nella zona semi centrale di Cocquio Trevisago, non distante dalla statale e dalle scuole del paese. Nella casa le divise blu della Croce Rosa, poi quelle arancioni degli operatori del 118 con le prime voci che stavano cominciando a girare. «Hanno ucciso una donna».
Pioveva, dieci anni fa, quella notte fra il 5 e il 6 novembre 2009 (nella foto di apertura: è il primo scatto a pochi minuti dall’arrivo sul posto dei mezzi di soccorso). Un giovedì sera spettrale, umido e con le prime nebbie che chiamavano caldo e coperte e invece hanno trasformato quelle ore, nel buio, in una cornice di uno di delitti più efferati della storia della cronaca nera italiana. Il delitto delle mani mozzate che ha distrutto la tranquillità di quella provincia catapultata nei flash d’agenzia e nei primi video installati nella metrò di Roma dove la notizia veniva battuta come ultim’ora. Poi i tg e le luci delle dirette che illuminavano il cancello (foto sopra) e l’unico albero – una magnolia, oggi tagliata – di quel giardino, dove gli investigatori anche il giorno successivo stavano cercando qualcosa.
Erano le mani di Carla Molinari, anziana pensionata trucidata nella sua abitazione, si scoprirà più avanti a scopo di rapina. Gli investigatori della squadra mobile di Varese si misero pancia a terra e cominciarono a setacciare la vita privata dell’anziana, le sue conoscenze in paese, i vicini e i parenti nei centri che confinano con Cocquio. Poi la svolta: una donna che nota qualcosa di strano nel comportamento di un uomo che cerca dei mozziconi di sigaretta, qualche giorno prima dell’omicidio, nei posaceneri del centro commerciale. Un’intuizione geniale, decisiva, che ha portato gli investigatori a emettere un fermo di indiziato di delitto ai danni di un uomo «tarchiato, con occhiali e barba e una giacca a vento rossa che è entrato questo pomeriggio nella questura», scrivevano i cronisti già nella sera del 26 novembre. Venti giorni, di fatto, per chiudere la partita con l’assassino. Oltre alla testimonianza sui mozziconi, ad incastrare il fermato fu il coltello trovato nella sua casa con tracce di dna appartenenti alla vittima. Quell’uomo, Giuseppe Piccoloomo, imbianchino del Lago Maggiore, era già conosciuto dalla giustizia varesina per aver patteggiato tre anni prima una pena per la morte della moglie bruciata nella sua auto nel 2003 a Caravate. Un incidente, secondo l’accusa. Un omicidio, deciderà 13 anni più tardi la corte d’Assise di Varese. Lo stesso collegio che lo condannò nel 2011 all’ergastolo per l’omicidio premeditato e aggravato dalla crudeltà dell’ex tipografa in pensione, decisione passata in giudicato dopo la sentenza della Cassazione arrivata nell’aprile 2014.