Loading

Camilla Auciello, 34 anni, operatrice mensa, mamma. Massacrata con 46 colpi di forbice e martello dal convivente, davanti alla figlia di due anni (che viene affidata alla sorella dell’assassino)

Baricella (Bologna), 2 Aprile 2011

 


Titoli & Articoli

Baricella, la madre della vittima: “Uccisa con ferocia disumana”  (il Resto del Carlino – 6 aprile 2011)
La mamma di Camilla Auciello, massacrata dal compagno a martellate e colpi di forbice, è arrivata da Bari per il riconoscimento del cadavere
L’ORRORE. Puro, purissimo: «Nemmeno con la più fervida immaginazione avrei potuto pensare a come è stata ridotta mia figlia». Sospira: «Non pensavo che esistesse, a questo mondo, una ferocia simile. Non credevo di poter vedere quello che ho visto». La madre di Camilla Auciello, la 35enne uccisa dal compagno a martellate e colpi di forbice sabato mattina a Baricella, è arrivata in città da Bari. Alla Medicina legaledi Bologna, ieri, lo straziante rito del riconoscimento: «In tanti anni che faccio questo mestiere non avevo mai visto un corpo straziato in questo modo», è sconvolta anche Monica Nassisi, l’avvocato della famiglia Auciello. Grondano disperazione i familiari di Camilla: «Ce l’ha ammazzata».
Lui, l’assassino, è Claudio Bertazzoli, il carabiniere 44enne in servizio alla caserma di via Agucchi: con Camilla conviveva da quattro anni, ma da alcune settimane lei aveva deciso di troncare la relazione. Ieri, a Ravenna, si è tenuto l’interrogatorio di convalida dell’arresto davanti al gip Monica Galassi: la misura della custodia cautelare in carcere per omicidio volontario è stata confermata e l’uomo è tornato nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere. In piazza Trento e Trieste, intanto, verranno trasmessi tutti gli atti relativi alla vicenda da parte della procura di Ravenna. Il pubblico ministero Maria Gabriella Tavano coordina le indagini.
LO STRAZIO del riconoscimento, per la famiglia Auciello. Chiaro. Ma anche la rabbia: «Non ci resta che prendere atto di questa situazione tremenda — denuncia l’avvocato Nassisi —. Le dichiarazioni della famiglia dell’assassino ci lasciano basiti: invece di chiedere scusa e rendersi conto della gravità di quel che è successo, i familiari di Bertazzoli diramano notizie false sia sulla ragazza sia sulla storia».
Il riferimento è alla frase, riferita dal padre di Claudio Bertazzoli, Rodolfo, sulla piccola figlia della coppia, Alessia: «Ho due papà». Nassisi non crede a quella frase, pur tenuta in conto dalla pm Cristina D’Aniello: «La bimba non può averlo detto, Camilla non aveva compagni — dice il legale della vittima —. Davanti a situazione così grave, è ingiustificabile cercare di buttare tanto fango. Aggiunge soltanto orrore e vergogna». Va infatti registrato come davanti al magistrato Bertazzoli avesse detto che non sapeva che la compagna avesse una relazione con un altro uomo.
«E INFATTI non l’aveva — spiega Nassisi —. Camilla e Claudio convivevano da quattro anni, ma da un mesetto lei aveva deciso di troncare la relazione. Vivevano insieme e, nonostante la scelta di separarsi (anche se non erano sposati, ndr) avevano passato momenti molto sereni». Fino al tracollo dell’altro giorno: «Che qualcosa fosse cambiato lo sapevamo», denuncia Auciello. Motivo: «Da martedì scorso, la madre di Camilla riceveva insistenti telefonate di Claudio». Facile intuire l’argomento delle chiamate: «Diceva che Camilla avrebbe dovuto fare quello che voleva lui, altrimenti lui le avrebbe fatto togliere la bambina. Voleva che lei se ne andasse di casa senza chiedere o pretendere nulla più di quanto lui potesse darle. Punto». Ma quella bella cascina in via Savena Vecchia, quella bella casa immersa nella campagna, Camilla la sentiva anche casa sua: «L’avevano comprata insieme e, anche se l’abitazione era intestata a Bertazzoli, la mia assistita aveva contribuito economicamente all’acquisto».
ADESSO la questione si riverbera sulla battaglia legale per l’affidamento della piccola Alessia, due anni e mezzo: «Siamo nella situazione assurda in cui la bimba si trova dai nonni paterni e dalla zia che, peraltro, non hanno nemmeno avuto il buon gusto o l’umanità di contattare la nonna materna che ieri ha dovuto affrontare il riconoscimento del cadavere della figlia. Nulla può giustificare questo delitto, che secondo noi è efferato e premeditato: sia il martello sia le forbici non si trovavano nell’abitazione della coppia. Bertazzoli aveva pianificato tutto». Questi, e altri elementi (come le lettere dei legali che i conviventi si erano scambiati), sono già all’attenzione del pm Tavano: «Ma sia chiaro che in questa vicenda le vittime sono due: Camilla e la piccola Alessia, che non vedrà mai più la sua mamma — chiude Nassisi —. Camilla era soltanto stanca delle angherie di Claudio, mai avrebbe negato alla piccola la possibilità di vedere il padre. Ecco perché ora faremo azioni per avere in affidamento la bambina». Ieri il legale ha già fatto un incontro preliminare al Tribunale dei minori per presentare istanza formale per la custodia di Alessia.
(di Valerio Baroncini)

 

L’omicidio di Camilla Auciello fu premeditato? (il Faro Notizie – 2012)
Continuano a crescere gli omicidi domestici in Italia, la vittima è generalmente donna, il carnefice è quasi sempre uomo. Il movente principale resta quello passionale, ma sta crescendo decisamente quello a seguito di separazioni.
La storia di Camilla Auciello, nativa di Acquaviva delle Fonti (BA),  è la storia di una ragazza che per amore all’età di vent’anni lascia la sua terra natia e segue il suo fidanzato, suo conterraneo, a Bologna, con il quale, dopo un periodo di convivenza, convola a nozze. Camilla, ragazza molto bella, solare, gentile, dolce, che dispensa sorrisi a tutti, trova lavoro prima in una casa di riposo per anziani, poi alla mensa della caserma dei carabinieri di Via Agucchi a Bologna, infine alla mensa della RAI di Bologna.
Il matrimonio con Tommaso non decolla e cessa con una separazione legale. Agli inizi del 2007 mentre serve ai tavoli della mensa dei Carabinieri di Via Agucchi a Bologna, Camilla si fa affascinare dalla divisa, forse solo quella, di Claudio Bertazzoli, 45enne appuntato dei Carabinieri, della provincia di Ravenna, 10 anni più grande di lei. Tra i due scoppia l’amore e vanno a vivere insieme a Baricella, una tranquilla cittadina di poco più di 6000 abitanti in provincia di Bologna, dove comprano una villetta con i risparmi di entrambi (Camilla contribuisce con 40.000 euro) più l’accensione di un mutuo, ma la casa se la intesta unicamente il compagno. Stessa cosa il compagno farà con un’auto, acquistata con i soldi di entrambi, ma anche in questo caso intestata solo a lui.
Inizialmente il rapporto sembra funzionare. Dalla loro unione nel mese di  Luglio del 2008 nasce Alessia. Per Camilla significa toccare il cielo con un dito, desiderava tanto avere un figlio. Il rapporto tra i due dopo la nascita di Alessia, però, s’incrina.
Il compagno improvvisamente non è più contento di avere Camilla al suo fianco. L’accusa di essere poco acculturata, tanto che Camilla pensa di riprendere gli studi. Ma non c’è solo questo, Camilla agli occhi del compagno non è più fisicamente la bella ragazza di cui diceva di essersi innamorato. Pare che va chiedere anche un preventivo per un operazione di chirurgia plastica al seno di Camilla.
La ragazza non sa darsi una spiegazione a questo cambiamento d’atteggiamento del compagno nei suoi confronti. La ragazza subisce un’umiliazione dopo l’altra, tanto che, ormai stanca, si rivolge ad un avvocato per chiedere l’affidamento della piccola Alessia. Siamo nel mese di Febbraio 2011. L’avvocato dice chiaramente al compagno di Camilla che la bambina in caso di ricorso davanti al giudice verrebbe affidata alla madre e che a lui toccherebbe pagarle gli alimenti. Il Bertazzoli non manda giù questa ribellione da parte di Camilla, le chiede di lasciargli la figlia e di andare via dalla casa che avevano comprato insieme. Camilla non accetta l’out out del compagno. Quella casa è anche sua. Dice al compagno che non gli avrebbe mai negato di vedere la figlia dopo l’affidamento. Vuole porre solo fine ad un rapporto di more uxorio ormai minato alle fondamenta nel quale aveva creduto ma che non aveva più ragione di esistere.
Il 2 aprile 2011 tra le 6:00 e le 7:00 di mattina, Camilla Auciello viene uccisa con una ferocia inaudita con 47 colpi di martello e di grosse forbici in particolare alla testa e al volto della ragazza. A confessare l’omicidio è il compagno Bertazzoli che si costituisce, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, non davanti alla sua Arma, ma davanti alla Polizia di Faenza. Un testimone lo vede uscire dalla villetta di Baricella intorno alle 09:00. Pare che dopo l’omicidio il Bertazzoli si sia fatto la doccia nella villetta. Si reca a casa dei suoi genitori a Riolo Terme (RA) dove lascia la piccola Alessia. Solo alle 11.00 si presenterà presso il commissariato di Faenza. Nessuno delle persone informate sui fatti tra le 9:30 e le 11:00 si preoccupa di chiamare il 118 per verificare se Camilla era effettivamente morta o meno.
I soccorsi arriveranno molto più tardi solo dopo l’autodenuncia da parte del reo confesso e troveranno Camilla nella sua camera da letto in un lago di sangue, priva di segni di vita. Un testimone ha raccontato agli inquirenti che nell’ora del delitto ha sentito Camilla urlare e la piccola Alessia chiamare “Mamma mamma”. Il Bertazzoli ha raccontato che la bambina dormiva, ma alla luce di questa testimonianza nonché di un riscontro avuto dalla bambina che associa la madre al sangue è altamente probabile che la piccolina abbia assistito all’omicidio. Alessia è stata affidata temporaneamente alla sorella e alla famiglia del reo confesso. La famiglia di Camilla ha avanzato a sua volta richiesta formale d’affidamento della bambina al Tribunale dei minori.
Claudio Bertazzoli è stato rinchiuso nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere (CE). Non c’è stato nel frattempo da parte dell’Arma dei Carabinieri alcun provvedimento significativo nei suoi confronti, visto l’assassinio efferato di cui si è macchiato. Ciò gli permette di essere rinchiuso in una struttura senza dubbio più confortevole di quanto sarebbe un carcere ordinario.
Il pm titolare del caso Maria Gabriella Tavano non ha contestato al Bertazzoli la premeditazione. Di parere decisamente opposto sono l’avvocato della famiglia di Camilla, Monica Nassisi e la criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone, consulente tecnico di parte della madre della vittima, che cercheranno di dimostrare, con riscontri diretti e indiretti, che l’omicidio è stato pianificato e organizzato. Il martello e le forbici non si trovavano, a loro dire, nell’abitazione della coppia. L’uomo sarebbe, dunque, andato a prenderli appositamente per commettere l’omicidio.
Di parere diverso la difesa del Bertazzoli, secondo la quale l’uomo avrebbe commesso l’omicidio sia per motivi economici, ritenendo di potersi trovare completamente sul lastrico a causa delle richieste della compagna, che d’impeto dopo una frase che la piccola Alessia avrebbe detto “Sai che ho due papà”. Camilla non aveva, secondo molte testimonianze di persone che la conoscevano, nessuna relazione con altri uomini durante il rapporto con il Bertazzoli, ragion per cui è improbabile che la bambina abbia potuto dire quelle parole.
Intanto nell’udienza preliminare davanti al gup Bruno Perla è stato accolta la richiesta della difesa del Bertazzoli di rito abbreviato, che permetterebbe al reo confesso di beneficiare dello sconto di un terzo della pena, ma è stata rigettata la richiesta di sottoporre il Bertazzoli a perizia psichiatrica. Per il gup è pienamente capace d’intendere e di volere. Prossima udienza il 17 luglio 2012.
(di Giuseppe Centonze)

 


Link


In memoria di

La mia nipotina affidata alla famiglia di chi le ha ucciso la mamma (La Gazzetta del Mezzogiorno – 4 agosto 2012)
«Non solo la bimba è stata affidata alla sorella dell’uomo che ha ucciso sua madre, ma adesso le viene anche impedito di trascorrere una settimana con la nonna materna». C’è una tragedia nella tragedia nel raccapricciante assassinio di Camilla Auciello, la donna originaria di Acquaviva delle Fonti, uccisa a 34 anni dal suo ex compagno, il carabiniere Claudio Bertazzoli, di 46 anni. Il delitto si è consumato nella loro abitazione in provincia di Bologna. Il pensiero di Titti Monteleone che considera Camilla come se fosse sua figlia, avendola vista crescere nell’appartamento di fronte al suo, quando le rispettive famiglie vivevano ad Acquaviva, va prima alla giovane vittima («non ho più lacrime per lei»), poi alla bimba di Camilla.
«Incredibilmente è stata affidata alla sorella dell’assassino di sua madre. Il giorno del verdetto così ingiusto avrebbe dovuto andare con la nonna materna per una settimana in Abruzzo, un diritto che le è stato negato perchè la zia affidataria ha detto di no».
Il 31 luglio scorso il gup del Tribunale di Bologna ha condannato Bertazzoli a sedici anni di reclusione con l’accusa di omicidio volontario. Parenti e amici lamentano la mancata contestazione da parte del pm di aggravanti che, se riconosciute, avrebbero portato a una condanna più pesante. «Camilla è stata uccisa due volte», tuona la signora Monteleone. Anche perché la bimba, che ironia della sorte ha compiuto quattro anni nel giorno in cui suo padre è stato condannato per avere ucciso sua madre, il 2 aprile 2011 era lì, a Baricella, in provincia di Bologna, in quella che è diventata la casa degli orrori.
«I servizi sociali avevano affidato provvisoriamente la piccola alla zia paterna – spiega l’avvocato Monica Nassisi che rappresenta la nonna di Camilla – e già questo lo trovo incredibile. Non capisco poi come sia stato possibile non rispettare un ordine del giudice che stabiliva che la piccola dovesse trascorrere una settimana con la nonna materna».
L’avvocato Nassisi, oltre ad avere criticato nei giorni scorsi duramente una condanna ritenuta troppo mite, figlia, a suo giudizio, di un’impostazione sbagliata da parte della pubblica accusa, ha iniziato una battaglia legale parallela per far sì che la figlia di Camilla venga affidata ai parenti materni. «Dalle carte dell’inchiesta emerge che ha visto tutto. C’è una testimone, una vicina di casa, che dice di avere sentito i rumori della colluttazione e di avere udito la voce della piccola che diceva “Mamma, mamma!”».
Da quando i servizi sociali hanno affidato in modo temporaneo la bimba alla zia paterna, «la piccola non ha mai chiesto della mamma. Non ha mai pianto. È come se avesse rimosso Camilla con un atteggiamento di autodifesa»
. Solo a settembre, mesi dopo l’omicidio, le è stato detto che la mamma era andata in cielo, diventando una stellina. «Ha detto “Una stellina con tanto sangue”. Chissà cosa ha visto poverina. Nessuno si è preoccupato per lei, per il suo benessere psicologico. I servizi sociali le hanno parlato solo ad agosto. La mamma di Camilla ha dovuto pure subire l’umiliazione di incontrare sua nipote “guardata a vista” dalla sorella dell’assassino e dai servizi sociali». E pensare che se non fosse stato per la sentenza che ha sospeso la potestà gentoriale, Bertazzoli ha continuato ad esercitare tutti i diritti di padre, sia pure dietro le sbarre. Il ricorso pende davanti al Tribunale per i Minorenni.

(di Giovanni Longo)