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Betta (Bernardetta) Fella, 55 anni, maestra d’asilo. Massacrata dall’ex convivente che occulta il cadavere in frigorifero

Modena, 27 Giugno 2016

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Titoli & Articoli

Omicidio di Modena, il racconto choc delle amiche di Betta (il Resto del Carlino – 29 giugno 2016)
Chi conosceva la donna uccisa parla delle sue paure e dell’incapacità di liberarsi di quell’uomo. “Contro di lui tante denunce ma lei è rimasta sola”

 

Lo sfogo dopo le dichiarazioni della magistratura: «Non basta una rigorosa osservanza delle regole»
Piepaolo Ascari è il nipote di Bernardetta Fella. È già intervenuto sulle pagine del nostro giornale stigmatizzando un episodio di brutale violenza , quello per il quale sua zia finì in ospedale, con prognosi superiore ai 20 giorni e che è l’unico episodio sfociato in una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’ex compagno Armando Canò, ora reoconfesso dell’omicidio di Bernardetta.
Ora il nipote interviene nuovamente, commentando sulla sua pagina di Facebook le dichiarazioni del procuratore capo Lucia Musti.«Il procuratore capo Lucia Musti – scrive il nipote di “Betta” – ci ha tenuto a precisare che in relazione alla morte di mia zia non c’è stata “nessuna sottovalutazione” e questo perché tutte le denunce a carico dell’assassino “non dipingono un seriale volto a commettere il reato di violenza domestica”. Certo, c’erano già stati gli “episodi di lesioni” e “non soltanto in danno della deceduta ma anche in danno di un’altra donna”, però il profilo non era quello dell’uomo che da un giorno all’altro può strangolare la sua ex-convivente».«Anche la brutta fine che le aveva fatto fare nel 2012 precisa la dottoressa Musti non si chiama correttamente “tentato omicidio” ma “lesione volontaria” ed è con questa imputazione che l’assassino dovrà affrontare il rinvio a giudizio previsto dalle istituzioni non sottovalutanti per il 15 settembre del 2016. Se non fosse che nel frattempo si muore poi davvero».
«La dottoressa Musti – prosegue Pierpaolo Ascari – saprà del resto che in Italia le donne non potevano lavorare negli uffici pubblici fino al 1960, che soltanto tre anni dopo vengono impediti i licenziamenti delle lavoratrici a causa del matrimonio, che bisogna attendere il 1975 perché ai mariti e alle mogli siano riconosciuti gli stessi diritti, che soltanto nel 1981 spariscono dal codice penale le norme relative al delitto d’onore e che solo dal 1996, finalmente, lo stupro non è più un reato contro la morale ma viene considerato più propriamente un reato contro le persone. Anche un minuto prima che accadessero tutte queste belle cose le procure stavano senz’altro attenendosi alla più rigorosa osservanza dei lessico e delle procedure, ma intanto là fuori succedeva quello che succedeva».«Sicuramente la dottoressa Musti avrà poi letto i giornali – conclude il nipote – se non altro per verificare che le sue parole fossero riportate in modo formalmente ineccepibile. E quindi avrà visto anche le dichiarazioni di mio cugino quando dice “il sistema sanitario ha adempiuto al suo dovere legale, non ci lamentiamo di questo, ma non è partito un input che potesse dare una svolta risolutiva insieme alle forze dell’ordine. E viceversa. Insomma ci sono delle carenze legislative e sanitarie: il caso di nostra madre non è stato affrontato a dovere”».«E per finire mio cugino aggiunge: “Vorremmo la dimostrazione di un sistema in grado di riconoscere i suoi limiti e che si impegna a migliorare il suo aiuto verso i suoi cittadini in difficoltà”. E a parlare così è un ragazzo al quale hanno appena ammazzato la mamma, signora dottoressa, mentre in procura andava tutto alla grande».

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