Loading

Atika Gharib, 32 anni, operaia in un vivaio, mamma. Strangolata e data alle fiamme dall’ex per averlo denunciato

Castello d'Argile (Bologna), 2 Settembre 2019

Una donna timida, forte e buona

 

 


Titoli & Articoli

Omicidio Bologna, la sorella della vittima: “Molestò la figlia e Atika lo cacciò” (il Resto del Carlino – 4 settembre 2019)
Orrore nel casolare, lo strazio e il racconto: “Ha chiamato mia mamma e ha detto di averla uccisa”
«Atika era una ragazza timida e buona. Me l’hanno uccisa. Non ho più parole». Khadija Gharib, sorella della 32enne marocchina trovata carbonizzata in un casolare di Castello d’Argile (Bologna), non si dà pace. Piange, stretta nell’abbraccio di amici e parenti che l’hanno raggiunta nell’appartamento di via Oroboni, a pochi passi da quello in cui viveva la sorella con le figlie di 16 e 17 anni, avute da un precedente marito dal quale aveva divorziato.
Khadija, quando ha visto sua sorella per l’ultima volta?
«Domenica sera. Siamo state insieme fino a mezzanotte. Mi ha detto che il giorno dopo sarebbe andata al Consolato di Bologna per il passaporto».
Da allora più nulla?
«Ho provato a chiamarla lunedì intorno alle 10. Non mi ha risposto e ho iniziato a preoccuparmi».
Poi cosa è successo? 
«Ho saputo che l’ex compagno di Atika, M’hamed, aveva chiamato mia madre e le aveva detto di averla uccisa. Stessa cosa con un’altra mia sorella. A lei ha detto ‘per Atika il fuoco non basta’»
Lei cosa ha fatto?
«Poco dopo il cellulare di Atika si è spento. Sono corsa dai carabinieri e ho raccontato tutto. Loro hanno cercato il telefono di mia sorella e lo hanno intercettato a Castello d’Argile»
A quel punto lei è andata lì?
«Sapevo che M’hamed a volte si fermava in una casa abbandonata proprio a Castello d’Argile. Allora mi sono fatta accompagnare lì da mio cugino»
Cosa ha trovato?
«Un capannone bruciato. C’erano i vigili del fuoco e il sindaco. Ho spiegato la mia situazione ma sulle prime sembrava che nel casale non ci fosse nulla»
Ma lei non era convinta
«No. Sono tornata a casa e sono rimasta in contatto con i carabinieri. Non ho dormito tutta notte. Non riuscivo a liberarmi dal dubbio che mia sorella fosse lì sotto»
Quando ha saputo la verità?
«Ieri sera (martedì, ndr). erano quasi le 23 quando mi hanno avvisata che avevano trovato un cadavere»
Si aspettava un tale epilogo?
«No, mai avrei pensato. Ma quando ho sentito quello che aveva detto M’hamed ho capito tutto»
Perché era finita la relazione tra Atika e M’hamed?
«Da febbraio vivevano insieme ma lui non andava d’accordo con le figlie. Poi all’inizio di agosto mia sorella l’ha cacciato di casa. Aveva scoperto che aveva molestato la figlia più giovane e lo ha denunciato»
Lui come ha reagito?
«Veniva sotto casa e la minacciava. Una volta ha scavalcato il cancello e si è infilato in uno scantinato. In un borsello aveva un coltello. Diceva che ci avrebbe uccise tutte»
Che donna era Atika?
«Timida e dolce. Era in Italia dal 2002. Prima stava a Crevalcore poi, dal 2016, è venuta a Ferrara. Lavorava come operaia in un vivaio fuori città. Era il mio angelo. Ma ora l’ho persa»


Uccide la ex e invia un sms crudele alla madre: “non la vedrai più” (FanPage – 5 settembre 2019)
“Ho già ucciso tua figlia. Non c’è già più, non la vedrai più”, è il terribile e crudele messaggio che il 42enne marocchino M’hamed Chamek avrebbe inviato alla suocera subito dopo aver ucciso la ex compagna, la 32enne Atika Gharib, il cui corpo senza vita  è stato ritrovato carbonizzato mercoledì in un fienile andato a fuoco a Castello d’Argile, nella città metropolitana di Bologna.
A raccontarlo è la sorella della vittima, Khadija Gharib, la stessa donna che aveva messo in allarme i carabinieri dopo che la 32enne era sparita. Era stata sempre lei indicare l’ex compagno della sorella come possibile autore del delitto visto che ormai da mesi l’uomo minacciava la donna e anche la sua famiglia. “Ha mandato anche un messaggio a mia madre in Marocco, usando il telefono di Atika” ha spiegato Khadija Gharib, ai microfoni di Trc Tv.  Un messaggio spietato, inviato apposta per aggiungere altro dolore alla famiglia della vittima. L’uomo però non si sarebbe fermato al messaggio.
Sempre secondo Khadija Gharib, avrebbe fatto ai parenti della vittima diverse telefonate dove annunciava soddisfatto di aver compiuto il delitto minacciato da tempo. “Quando mia nipote ha chiamato il numero della madre dopo che lunedì era scomparsa lui le ha detto che Atika si era stancata di noi e che non voleva più sentirci” ha rivelato ancora la sorella della 32enne. “Poi le ha anche scritto: ‘Tua madre è in paradiso’. Io ho detto ai carabinieri che stava mandando questi messaggi a mia nipote. Poi ha chiamato anche l’altra mia sorella e ha minacciato di uccidere anche me” ha ricostruito la donna. Fatti che ora sono al vaglio degli investigatori dei carabinieri che hanno acquisito i tabulati telefonici dei cellulari e stanno cercando di ricostruire le telefonate fatte dal 42enne.
Come ha ricostruito sempre Khadija, tutto era nato all’inizio dell’agosto scorso quando “lo hanno cacciato di casa perché ha molestato mia nipote di 15 anni “.  Per l’uomo era scattato un divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dall’ex fidanzata e dalla ragazzina ma di fatto lui continuava a presentarsi periodicamente sotto casa.
“Una volta ha dormito nelle cantine, abbiamo chiamato la polizia e gli hanno trovato un coltello. Lo hanno portato in Questura: appena uscito ha chiamato Atika e le ha detto “Mi hai fatto tutto questo, adesso io non ti lascio viva” ha rivelato la donna, concludendo: “Da agosto si ripetevano questi episodi ma lui è stato sempre lasciato libero. Non vogliamo che quanto accaduto a nostra sorella succeda ad altre donne”.

Fiaccolata Ferrara, in centinaia per dire no al femminicidio (il Resto del Carlino – 13 settembre 2019)
Circa ottocento partecipanti alla marcia in ricordo di Atika e Cinzia
«Grazie per averci donato il vostro cuore. Vale perAtika, vale per tutte le donne vittime della violenza». Ogni parola pesa come una pietra, per Mohammed Gharib, fratello della donna uccisa la settimana scorsa. Ma la luce, e il calore di ottocento fiaccole, riscaldano l’animo, per quel che si può. Da piazza Savonarola, ieri sera, è partita la fiaccolata di solidarietà per le donne uccise in modo violento. Il brillio delle candele unisce idealmente Atika, a cui era dedicata la manifestazione, a Cinzia Fusi, per cui già era scesa in strada Copparo. Ma non c’è distinzione, nel dolore, e così si marcia, in silenzio.
Davanti a tutti, i tre segretari di Cgil, Cisl e Uil Cristiano Zagatti, Bruna Barberis e Massimo Zanirato, promotori della fiaccolata assieme all’Udi, rappresentata da Paola Castagnotto. I familiari di Atika, Lucia Panigalli (anche lei oggetto di violenza, che si fa testimonial: «Sono contenta di essere qui, e contenta di essere ancora viva»), e il sindaco di Castello d’Argile Alessandro Enriquez.
Il corteo procede silenzioso, attorno al Castello; al ritorno, sul muretto viene deposto un mazzo di fiori, bianchi e rossi, profumati. Un applauso, tanti abbracci, qualche lacrima. Ma anche rabbia, anche se nascosta con pudore. Nel pomeriggio, i familiari di Atika (oltre al fratello, anche le sorelle Laila e Sumya) sono stati ricevuti in Prefettura, assieme al proprio avvocato Marina Prosperi. «Siamo qui per denunciare il fatto che l’ex compagno avrebbe potuto e dovuto essere arrestato già il 3 agosto – afferma il legale –. M’hamed Chamekh aveva molestato una ragazza, c’erano circostanze per cui nessun Gip avrebbe potuto evitare il fermo e spedirlo in carcere. Atika, oggi, sarebbe ancora viva».
La vicenda, perciò, non si esaurisce con la solidarietà: «Le leggi ci sono, non ultimo il Codice Rosso, vanno applicate con rigore, e rafforzate le misure di prevenzione e di protezione», dice Bruna Barberis della Cisl. «Come sindacato stiamo stringendo la collaborazione con il Centro Donna Giustizia – aggiunge Francesca Battista della Cgil –, per fare la nostra parte nel mondo del lavoro per il contrasto a molestie e violenza, intervenendo soprattutto nel campo della formazione».


Addio Atika, amica e sorella, ricorderemo il tuo sorriso (La Nuova Ferrara – 21 settembre 2019)
Ci sono tutti, fratelli e sorelle. E tantissimi amici che hanno condiviso il dolore di queste settimane, dopo la tragedia di Atika Gharib. C’è anche il sindaco di Castello d’Argile che fin dai primi momenti, dal 2 settembre, è stato vicino alla famiglia, che cercava Atika e che l’hanno trovata nel casolare dove M’Hamed Chamek, l’ex compagno l’ha uccisa, e poi bruciata. È l’ultimo saluto alla loro cara, celebrato ieri pomeriggio nel cimitero di Bologna della Certosa con rito islamico alla presenza dell’Imam.
Una preghiera cui ha partecipato una cinquantina di persone, tanti familiari ed amici per ricordare «la donna che era, una donna forte e buona», come hanno detto di lei in tanti. Una donna di 32 anni che abitava a Ferrara, lavorava (ai vivai Mazzoni) e viveva qui da noi con le due figlie adolescenti in via Oroboni. «Oggi è stato l’addio, l’ ultimo saluto ad Atika da parte nostra – dicono le sorelle – e noi ce la ricorderemo per sempre con il suo sorriso, la voglia di vivere, come la donna forte che è sempre stata: siamo ancora incredule per ciò che è successo, non ci sono tante parole, non ci sono più parole per questa tragedia». Una tragedia che ha visto la stessa città vicina alla famiglia, con il corteo con le luci della settimana scorsa. Una tragedia che ha avuto strascichi e polemiche giudiziarie, che passano in secondo piano. Così come le indagini medico legali in corso: i periti daranno risposte tra 60 giorni, per il processo che verrà, di un omicidio che l’ex compagno Chamekh ha già confessato. —

Atika Gharib, uccisa e bruciata: per la prima volta l’aggravante del femminicidio (Corriere della Sera – 12 aprile 2022)
La 32enne venne assassinata a Castello d’Argile (Bologna), il compagno condannato a all’ergastolo: «Riconosciute le condotte di genere per riaffermare il possesso virile»
«Il movente femminicida è maturato per riaffermazione della volontà di possesso “virile”sulla donna», «per barbara necessità di vendicare il proprio malconcepito senso di onore, cui non si è accompagnato alcun pentimento; anzi l’omicidio è stato rivendicato con orgoglio e soddisfazione».

M’hamed Chamekh, 42enne marocchino condannato all’ergastolo (con isolamento diurno di 4 mesi) per l’omicidio dell’ex compagna, la 32enne Atika Gharib a Castello d’Argile (Bologna), per la Corte d’Assise presieduta dal giudice Domenico Pasquariello agì per «gelosia, possesso padronale, vendetta per la lesione dell’onore maschile». È questo il cuore delle motivazioni della sentenza con cui la Corte due mesi fa ha condannato all’ergastolo l’imputato, colpevole per omicidio, commesso nel settembre 2019, incendio doloso, distruzione di cadavere, lesioni e stalking nei confronti della ex compagna che l’aveva denunciato per molestie sulla figlia 15enne di lei.
L’aggravante del femminicidio. Nel nostro codice penale non esiste un’aggravante per il femminicidio o la gelosia, ma per le avvocate di parte civile Rossella Mariuz, dell’Unione donne italiane, e Marina Prosperi, che assisteva i familiari della vittima, le motivazioni, scritte dal presidente Pasquariello, rappresentano un precedente giurisprudenziale interessante
. «Perché il giudice riconosce, come avevamo chiesto in veste di parti civili — spiega Mariuz — che tutte le condotte poste in essere da Chamekh, le persecuzioni, le minacce, la violenza, erano finalizzate ad annientarla, ad ucciderla e quindi a realizzare il femminicidio». Che anche se non esiste come aggravante a sè, per il giudice rientrano pienamente nell’aggravante dei motivi futili e abbietti. Citando la Cassazione spiega che: «La gelosia può integrare l’aggravante dei motivi abietti o futili, quando sia connotata non solo dall’abnormità dello stimolo possessivo, ma anche nei casi in cui sia espressione di spirito punitivo, innescato da reazioni emotive aberranti a comportamenti della vittima percepiti dall’agente come atti di insubordinazione».
Agli antipodi della «tempesta emotiva». La sentenza sembra collocarsi agli antipodi di quella emessa da un’altra Corte d’Assise di Bologna, di secondo grado in questo caso, poi annullata e riformulata, che invece riconosceva «la tempesta emotiva» scatenata dalla gelosia come un’attenuante. Ma la Corte questa volta non lascia spazio a interpretazioni: «Non si è trattato — scrive il giudice Pasquariello — di un movente passionale, né maturato esclusivamente in sentimenti di gelosia, che alcuni più datati precedenti di legittimità escludono rientri nell’aggravante in esame». Il movente femminicida «è maturato per riaffermazione della volontà di possesso “virile” sulla donna».
L’avvocato difensore: «Vengano riconosciute le gravi patologie». Il difensore dell’imputato Carlo Machirelli farà ricorso in Appello, spiega, per la quantificazione della pena «perché vengano riconosciute le gravissime patologie di cui soffre Chamek», anche se in primo grado una perizia psichiatrica le ha escluse, e perché venga riconosciuto «il reato culturalmente motivato e presi in considerazione valori culturali diversi da quelli del nostro ordinamento» di cui il femminicida sarebbe portatore. Anche questa circostanza però è già stata esclusa dalla sentenza di primo grado.

Atika uccisa perché “riaffermava la sua autonomia”, Coletti: “Frasi scioccanti” (estense.com – 3 marzo 2023)
La corte d’appello di Bologna rilascia le motivazioni della sentenza sull’omicidio del 2019 di Atika Gharib: “Chamek ha agito con la parte integra della sua psiche”. Coletti: “Vicenda barbara, più impegno nella prevenzione”
Quella di M’hamed Chamek era “una mentalità volta ad affermare la supremazia sulla figura femminile percepita come propria”. Ed è per questo che all’assassino di Atika Gharib, uccisa il 2 settembre del 2019 in un casolare a Castello D’Argile dove era stata attratta da quello che era ormai l’ex compagno che aveva denunciato, è stato confermato l’ergastolo dalla Corte d’Appello di Bologna che ieri (1 marzo) ha rilasciato le motivazioni della condanna comminata lo scorso 22 dicembre.
L’uomo, ora in carcere a Reggio Emilia in una sezione speciale per i detenuti con problemi psichici, ha ucciso la sua ex compagna – che aveva anche rifiutato di ritirare le denunce a suo carico – “perché ha riaffermato l’autonomia della propria persona”,  e a nulla quindi sono valse le richieste del suo avvocato alla corte di annullare il riconoscimento dell’aggravante della premeditazione, specie considerando il contenuto di alcuni messaggi dell’uomo nel quale affermava di aver fatto quanto necessario per difendere il suo onore.
La Corte d’Appello di Bologna ha quindi anche rigettato la richiesta della difesa considerare il vizio parziale di mente dell’imputato, che secondo il tribunale di secondo grado ha agito “commettendo l’omicidio come espressione della parte integra della sua psiche”.
Le motivazioni fanno intervenire anche Cristina Coletti, assessore alle politiche sociali del Comune di Ferrara (dove la vittima era residente) che si era anche costituito parte civile nel processo: “Le motivazioni che hanno portato all’ergastolo di M’hamed Chamek, assassino di Atika Gharib, sono raccapriccianti. Proprio in questo momento anche in prossimità della data dell’8 marzo, giornata in cui in si celebra la festa della donna, è sconcertante pensare che la figura femminile possa ancora essere considerata come un oggetto di cui disporre. Sono frasi scioccanti, che richiamano una vicenda barbara nella quale l’amministrazione comunale si è da subito schierata al fianco dei familiari di Atika sostenendoli su più fronti compresa la richiesta di sostegno da parte della Fondazione Vittime di Reato”, ha dichiarato Coletti.

“Questa terribile vicenda ci spinge come amministrazione a impegnarsi sempre di più in azioni volte alla prevenzione delle violenze familiari e alla tutela dell’autonomia delle donne”, ha concluso Coletti.

 

 


Link