Annamaria Mele, impiegata, mamma. Uccisa con un colpo d’arma da fuoco dal marito
Annamaria era malata mentre lui, Pierpaolo, aveva un’altra relazione. Lei chiede la separazione e lui le spara un colpo di pistola alla tempia, mentre Vanessa, 6 anni, gioca nella stanza accanto. Non appena 18enne, Vanessa chiede ed ottiene di cambiare cognome, prendendo quello della madre.
Pierpaolo Cardia, guardia forestale, padre. Dice che era esasperato, che la moglie lo aveva minacciato di morte e che voleva separarsi. Condannato a 14 anni e 6 mesi con rito abbreviato, libero dopo 8 anni con indulto e benefici vari. Non ha mai versato la provvisionale di 80 milioni di lire fissata dalla Corte d’Assise di Nuoro, denuncia i cognati per diffamazione e nove giorni dopo la libertà chiede di incassare la pensione di reversibilità della moglie uccisa, togliendola alla figlia a cui scrive: “il 50% della colpa è di tua madre”
Figli: 1. Vanessa, 6 anni all’epoca dei fatti. Appena diciottenne chiede ed ottiene di cambiare il cognome, eliminando quello del padre e sostituendolo con quello della madre. Si oppone alla richiesta del padre di incassare la pensione della madre uccisa, facendo approvare una nuova legge in Parlamento.
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Uccide la moglie, lo liberano e gli danno pure la pensione – Ha ucciso la moglie e ora ha diritto alla pensione. L’incredibile verdetto arriva dalla Sardegna. Secondo l’Inpdad, il vedovo può ricevere la pensione di reversibilità dell’ex compagna. Che però è stata uccisa propria da lui.
Non è finita qui: l’Inpdad non rileva neppure l’esistenza di una orfana ancora minorenne che per dodici anni, fino al mese scorso, ha percepito la pensione della madre. È uno scherzo di cattivo gusto della burocrazia, che non tiene mai conto di omicidi, processi o condanne.
L’assassino ha scontato la pena, 14 anni e mezzo, mentre la figlia minorenne vive con la famiglia degli zii materni. Che adesso denunciano «questa vicenda vergognosa» della quale informeranno pure «il Capo dello Stato».
Irene Mele è di Nuoro. È la sorella di Annamaria, impiegata al ministero del Lavoro, uccisa il 3 dicembre 1998 dal marito Pierpaolo Cardia, guardia forestale: un litigio in casa. L’uomo aveva utilizzato la pistola d’ordinanza, appoggiato la canna alla tempia della moglie e fatto fuoco. La figlia di sei anni era nella stanza a fianco.
L’assassino, dopo aver portato la bambina dai nonni, era poi andato a costituirsi dalla polizia. Era stato processato con il rito abbreviato e condannato a 14 anni e mezzo. Ma è fuori dal 2007 grazie all’indulto. Pochi giorni dopo aver lasciato la cella, l’uomo aveva già chiesto la pensione di reversibilità della moglie.
La famiglia della donna uccisa, oggi è pronta a portare in prima pagina la vicenda e ad aprire una campagna. Da sempre la condanna di Pierpaolo Cardia è sembrata troppo debole ai parenti di Annamaria. La coppia era in crisi da tempo, aveva più volte deciso di restare unita per via della figlia, ma quando è saltata fuori l’esistenza di una relazione extra-coniugale dell’uomo, la moglie aveva deciso di trasferirsi a Sassari portando con sé la bambina. A questo si era opposto Pierpaolo, che ai giudici ha parlato di una separazione che non voleva; da qui il litigio che poi ha portato all’uccisione della donna.
La pensione al marito assassino – La sorella della vittima annuncia una battaglia legale in difesa dei diritti della nipote minorenne. Lettera al presidente della Repubblica.
L ‘Inpdad ha detto sì: il vedovo ha diritto alla pensione di reversibilità della moglie. E non importa se è stata ammazzata proprio dal marito.
… Processato con l’abbreviato era stato condannato a 14 anni e mezzo. Indulto e benefici vari lo hanno rimesso in libertà il 30 novembre 2007. Nove giorni dopo ha chiesto la pensione di reversibilità della moglie che veniva versata su un conto della figlia. Intanto si è opposto alle richieste dei tutori della figlia per il possesso della casa del delitto, vuota da allora. E dire che non ha mai versato neanche la provvisionale di 80 milioni di lire fissata dalla Corte d’assise di Nuoro …
… Stando alle motivazioni della sentenza d’appello il matrimonio tra Annamaria Mele e Pierpaolo Cardia ha cominciato presto a vacillare ma c’era la bambina, così la coppia aveva deciso di andare avanti. Poi c’era stata una grave malattia della moglie, altro motivo per sopportare ancora. Ma quando era saltata fuori la relazione con un’altra donna erano state avviate le pratiche per la separazione: l’udienza per l’omologazione dell’accordo era già fissata. Qualche giorno prima, però, era scoppiato un litigio sulle modalità: Annamaria voleva trasferirsi a Sassari e portare con sé la bambina. Da qui in poi ci sono solo le parole dell’imputato: il comportamento della moglie lo aveva esasperato, sarebbe stato pure minacciato di morte e, comunque, stava subendo una separazione che non voleva, sarebbe voluto restare a casa, per amore della figlia.
I giudici di primo grado avevano valutato queste circostanze e alla fine era arrivata una condanna considerata mite dai parenti della vittima.
Ma in appello la storia era stata ricostruita in altro modo: a subire la separazione era stata la moglie che, fiaccata dalla malattia, aveva pure saputo della relazione extraconiugale. Ed ecco perché i giudici avevano definito «inadeguata alla gravità del fatto» la pena inflitta. Ma poiché la sentenza non era stata impugnata dal pubblico ministero la pena non era cambiata.
E ora si preannuncia una nuova battaglia legale: gli avvocati Annamaria Busia e Francesca Calabrò cercheranno di far valere in sede civile i diritti della ragazzina. Che ha ricevuto dal padre di nuovo libero una lettera: «Il 50 per cento della responsabilità di quello che è successo è colpa di tua madre».
di Maria Francesca Chiappe
La battaglia di Vanessa: “Uccise mia madre, non avrà i suoi soldi” – Vanessa Cardia, nuorese di 18 anni, ne aveva 6 quando il padre sparò su Annamaria Mele. Ora grazie alla sua battaglia è passata alla Camera una legge che nega la reversibiltà della pensione agli uxoricidi
Finalmente Vanessa sorride: la legge approvata ieri alla Camera dei deputati, grazie alla sua battaglia, non consentirà più agli uxoricidi come suo padre, ma anche ai parricidi, ai matricidi e a chiunque si macchi di un delitto in famiglia, di beneficiare delle pensioni di reversibilità delle vittime.
Il sorriso è liberatorio, non triste come quello del febbraio scorso quando si era presentata a Mi manda Rai 3 per spiegare all’Italia il dramma che stava vivendo.
La pensione di reversibilità della madre Annamaria Mele (ammazzata dal marito Pierpaolo Cardia il 3 dicembre del 1998 a Nuoro) la percepiva lui, l’ uxoricida, che aveva nel frattempo scontato una pena più mite dei 14 anni e mezzo a cui era stato condannato, e che uscito dal carcere nel novembre 2007 non aveva avuto remore a presentare domanda all’Inpdap ottenendo quel 60% che gli spettava per legge e lasciando a Vanessa il 20%.
Una storia che ha indignato l’Italia e spinto i parlamentari a mettere mano al testo di legge. «Finalmente dopo tanto clamore ce l’abbiamo fatta – sospira Vanessa – Posso dire che oggi sono felice non per il valore dei soldi, ma per la soddisfazione che mio padre non percepirà più i denari frutto del lavoro di mia madre. Si è macchiato di un delitto orrendo, ha privato mamma della vita, mi ha strappata al suo affetto, poi mi ha reso orfana un’altra volta togliendomi il diritto alla pensione che mi consente di andare avanti e studiare. La nuova legge rende giustizia alla memoria di mia madre e soprattutto a tutte quelle persone che si trovano nella mia condizione ma hanno pudore di denunciare».
Lei, combattiva com’è, non ha esitato a farsi da paladina e sfruttare le occasioni offerte dai media dopo la prima apparizione a Mi manda Rai 3. La sua storia è stata raccontata da una docufiction nella trasmissione Amori criminali e pochi giorni fa nel salotto televisivo di Paola Perego. «E’ grazie a queste uscite in tv che hanno smosso le coscienze se oggi ho ottenuto questa vittoria».
La legge è stata licenziata dal primo ramo del parlamento alle 14,30 di ieri. Prima firmataria Amalia Schirru, parlamentare sarda de Pd. Il testo iniziale della legge da lei proposto è stato integrato da alcuni parlamentari di Fli: oltre che per gli uxoricidi l’impediemento di percepire pensioni delle vittime è stato esteso anche ad altri componenti del nucleo familiare che si macchino di delitti dei propri congiunti.
«Nella mia dichiarazione finale ho citato Vanessa, perché attraverso la sua testimonianza abbiamo colto il vuoto legislativo», ha commentato Amalia Schirru. «In questi casi bisogna prima di tutto pensare a riscattare il diritto dei minori – ha proseguito – Questa legge ha trovato l’accordo di tutti i partiti e passerà a giorni anche in Senato».
Dice Agostino Mele fratello di Annamaria, la vittima, che insieme a sua moglie ha adottato la piccola Vanessa dopo la tragedia che ha devastato la famiglia: «Abbiamo ottenuto giustizia in un tempo breve, ringraziamo Amalia Schirru per l’impegno e i deputati che si sono prodigati insieme a lei». Vanessa ha compiuto 18 anni il 22 settembre. Frequenta l’ultimo anno del liceo classico, vive a Mamoiada con i suoi zii che la amano come una figlia.
Ora per lei si annunciano altre battaglie. Pierpaolo Cardia, che ora vive con un’altra donna, è perseverante: ha già presentato istanza al giudice perché lo riconosca unico usufruttuario della casa di piazza Veneto dove ha compiuto l’omicidio togliendo la vita ad Anna Maria Mele e distruggendo quella della figlia. Quando l’assassino freddò la moglie colpevole di voler mettere fine all’inferno di una vita matrimoniale fatta di violenze e abusi, Vanessa, che aveva appena sei anni, era nella stanza accanto.
di Maria Giovanna Fossati
Nuovo cognome per Vanessa – La ragazza si chiamerà come la mamma ammazzata nel ’98
Tra qualche mese Vanessa Cardia non avrà più quel cognome. Si chiamerà Mele, come la mamma Anna Maria che nel 1998 è stata ammazzata dal padre Pier Paolo Cardia; e come il padre Agostino, lo zio che l’ha adottata con la moglie Lina.
Sono loro insieme ai due figli, più piccoli di Vanessa, che hanno dato il calore della famiglia e la speranza, alla bambina segnata dalla sofferenza atroce della tragedia, alla quale ha assistito, sia pure da un’altra stanza: mentre il padre colpiva la madre con un’arma da fuoco, nella camera da letto dell’appartamento di piazza Veneto a Nuoro, Vanessa guardava la televisione in soggiorno.
L’iter del cambio di cognome, Vanessa l’ha iniziato non appena è diventata maggiorenne, il 22 settembre 2010 e ora, dopo l’approvazione della pratica da parte del ministero dell’Interno, il procedimento è in via di perfezionamento: il sottosegretario di Stato Michelino Davico ha autorizzato la pubblicazione del cambio avvenuto nell’albo pretorio del comune di Mamoiada, in cui secondo le norme vigenti, vi dovrà stare per un mese.
Quel cognome Vanessa non lo voleva, una ribellione che si è acuita nel 2007, quando il padre, una volta uscito dal carcere – dopo aver scontato solo 9 dei 14 anni di pena che gli sono stati inferti per l’omicidio -, aveva fatto la domanda di reversibilità della pensione della mamma che lei percepiva come minore, «rubandole» l’80% di quell’assegno che l’aveva aiutata a crescere. Vanessa però non si fatta schiacciare. È andata alla trasmissione Mi Manda Rai 3 dove ha gridato tutta la sua rabbia. Il suo caso indignò l’Italia. Grazie a lei si mosse perfino il parlamento che ha approvato nei mesi scorsi una nuova legge che esclude dal diritto di percepire le pensioni a tutti i familiari che si macchino di gravi delitti nei confronti dei loro cari. Una battaglia che passerà presto anche il vaglio del Senato.
Solo allora Vanessa potrà brindare e come lei tanti altri casi di ragazzi privati dai padri uxoricida di un diritto, che solo a loro dovrebbe spettare a pieno titolo.
Dopo un mese dalla pubblicazione nel Municipio di Mamoiada, la pratica di Vanessa dovrà tornare a Roma al ministero. Qui sarà l’Agenzia delle entrate a procedere alla variazione dei suoi documenti personali: dalla carta d’identità, al codice fiscale alla tessere sanitaria. Con i nuovi documenti Vanessa si sentirà sollevata, libera dal peso di portare un cognome che non le appartiene più e con il quale vuole chiudere per sempre. Ora aspetta il perfezionamento dell’iter della legge. Così anche la pensione della madre Anna Maria Mele tornerà a lei.
di Maria Giovanna Fossati
Assolti i cognati dell’uxoricida di Nuoro – Pierpaolo Cardia, che nel 1998 uccise la moglie Annamaria Mele, li aveva accusati di diffamazione
Alla fine, le vittime hanno ottenuto giustizia anche nell’ultimo capitolo della storia dell’uxoricida che prendeva la pensione di reversibilità della moglie ammazzata.
L’ultimo capitolo era quello che vedeva vittime e “carnefice” scambiarsi i ruoli. Le vittime, i fratelli di Annamaria Mele, uccisa a Nuoro nel 1998, erano finite imputate con l’accusa di aver diffamato l’assassino, Pierpaolo Cardia, che dopo aver scontato 14 anni per un periodo ha incassato la pensione della moglie, sottraendola alla figlia …
Per correggere una mostruosità giuridica era intervenuto anche il Parlamento, che ha modificato la legge. Nel frattempo, Cardia si era sentito offeso da una intervista rilasciata a La Nuova Sardegna da Agostino e Irene Mele, fratelli della vittima. Si erano rammaricati, in una dichiarazione riportata sull’edizione del 20 marzo 2010, del fatto che «l’assassino» avesse «scontato solo pochi anni di carcere dopo che ha premeditato il delitto per impadronirsi dei beni di Annamaria». Ma la contestazione formale era di omicidio, non di omicidio premeditato.
Per questo Cardia li aveva querelati, facendoli finire davanti al giudice dell’udienza preliminare di Sassari (competente in base al luogo di pubblicazione del quotidiano). E ieri mattina anche il rappresentante della pubblica accusa, il pm Elisa Loris, ha badato alla sostanza e non alla forma. Ha sollecitato al gup Teresa Lupinu di scagionare completamente le vittime-imputate, perché in quella frase non c’era l’ombra di reato. Il difensore dei Mele, l’avvocato Agostinangelo Marras, ha spiegato come quel riferimento alla “premeditazione” fosse in realtà la sintesi delle «sofferenze che quell’uomo aveva fatto subire alla moglie, che aveva vissuto in un clima di minacce e pressioni» che l’avrebbe convinta a chiedere la separazione. «L’espressione premeditazione non è stata utilizzata in senso giuridico ma fattuale – ha ricordato il penalista – per rappresentare l’epilogo di una vita coniugale tormentata. Tanto che Cardia, poi, ha approfittato della morte della moglie per chiedere l’accreditamento della sua pensione di reversibilità». E il giudice ha disposto il non luogo a procedere perché la diffamazione “non sussiste”. Assoluzione piena anche per il direttore de La Nuova (accusato di omesso controllo), difeso dall’avvocato Luigi Satta.
di Elena Laudante
Vanessa ha vinto: ora si chiama Mele – La prefettura di Nuoro concede alla 19enne il cambio di cognome: assume quella della mamma, uccisa dal padre sotto i suoi occhi …
Link
Casa dei Diritti
http://www.casadeidiritti.org/sito/donne/la-pensione-al-marito-assassino