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Anna Cupelloni, 57 anni, commerciante, mamma. Uccisa con un colpo di fucile dall’ex marito, che si suicida davanti a una delle figlie

Castel Sant'Elia (Viterbo), 25 Settembre 2021

Foto Tusciaweb


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Femminicidio-suicidio, Anna Cupelloni uccisa a sangue freddo sulla porta di casa (Tuscia Web – 28 settembre 2021)
Ciriaco Pigliaru ha freddato Anna Cupelloni sulla porta di casa, sbucando fuori dal buio per poi sparare alla testa della moglie con un fucile da brevissima distanza.
Forse neanche un paio di metri. Come un killer che aveva pianificato tutto. Per poi rivolgere l’arma contro se stesso e togliersi la vita. Davanti alla figlia tornata a casa assieme alla madre. Magari per cenare insieme. Sabato sera potrebbe essere andata così, quando Pigliaru, che pare non sopportasse la separazione voluta dalla moglie e il fatto che quest’ultima se ne fosse voluta andare a vivere da sola, ha deciso che Anna Cupelloni doveva smettere di vivere, ammazzandola a sangue freddo.
Pigliaru, 65 anni, e Anna Cupelloni, 57, si sono conosciuti dove entrambi sono sempre cresciuti. Il primo a Castel Sant’Elia, arrivato da piccolo con i suoi genitori dalla Sardegna. La seconda a Nepi. Quando si sono sposati Anna ha iniziato a lavorare con il marito e con le pecore. Per tutta una vita. Infine, la decisione di separarsi da una persona che in paese viene descritta come un “padre padrone” e di andare a vivere a Nepi dove avevano aperto una tabaccheria e un negozio per bambini. Una tabaccheria dove Pigliaru andava spesso per dare una mano alla figlia Valentina, 31 anni. La coppia aveva anche un’altra figlia, Valeria di 27.
Secondo alcune testimonianze raccolte in paese, Pigliaru avrebbe lavorato in tabaccheria anche sabato sera. Pare anzi che sia stato proprio lui a chiudere il negozio attorno alle 20,15. Nessuno lo avrebbe visto con un fucile. Probabile quindi che lo avesse appoggiato nel bagagliaio della macchina o nella casa dove un tempo abitava con Anna Cupelloni. Un fucile prestato forse da qualcuno, visto che non risulterebbero armi o porto d’armi a nome di Ciriaco Pigliaru. Si indaga infatti per capire come Pigliaru sia venuto in possesso del fucile. Secondo alcune fonti l’arma gli sarebbe stata prestata da un amico, cui l’avrebbe chiesta col dire che gli serviva per uccidere animali selvatici. Secondo altre fonti, invece, gliela avrebbe sottratta con la forza e il proprietario ne avrebbe denunciato il furto. Massimo, in questa fase, il riserbo della procura.
La casa di Pigliaru e Anna Cupelloni si trova al confine con la campagna attorno a Castel Sant’Elia, poco dopo la caserma dei carabinieri e a meno di un chilometro dalla villetta dove è avvenuto il femminicidio-suicidio nel fine settimana. Da Nepi alla casa dove abitava la coppia ci vogliono circa 20 minuti di macchina. Da qui alla villetta della tragedia cinque minuti. Una sterrata facilmente percorribile. Con case e qualche attività attorno. Poi è aperta campagna. In mezzo il casale dove Pigliaru ha ucciso la moglie preceduto da un lungo viale costeggiato da due file di alberi. Una casa che pare la figlia Valentina avesse affittato per andarci a vivere con il compagno. Tornandosene a casa la sera dopo aver lavorato nella tabaccheria di Nepi.
Sono le nove meno un quarto di sabato sera quando presumibilmente Ciriaco Pigliaru arriva al casale della figlia in mezzo alla campagna. E’ il 25 settembre, autunno, e alle 8 e mezza è già buio. Fuori, la luce che dà sul portone d’ingresso è accesa. E tale è rimasta fino a ieri. Così come la luce all’entrata della villetta dove Pigliaru abitava con la moglie. In campagna, o nelle zone isolate, lasciare la luce accesa fuori si usa. Come un piccolo faro al ritorno e per disincentivare animali e malintenzionati qualora ve ne fossero. Valentina probabilmente l’ha visto fare a casa, l’ha ripetuto quando ne ha avuta una propria. Una luce che potrebbe aver permesso a Pigliaru di sparare a colpo sicuro sabato sera quando tutt’attorno era buio.
Il casale in mezzo alla campagna dove Anna Cupelloni è stata uccisa dal marito è circondata da un muro di cinta che la separa dal resto della campagna dove in questo periodo dell’anno è tutto secco e in mezzo alle sterpaglie si appostano i piccioni che avvertono col volo il passaggio di ogni macchina. Intorno al casale non c’è anima viva. Non solo, ma è anche facilmente raggiungibile, nonostante l’imponente cancello all’ingresso con due cartelli di video sorveglianza e passo carrabile sforacchiati. A qualche metro di distanza c’è infatti un sentiero percorribile con la macchina che porta proprio sotto la villetta del femminicidio dell’altra sera. Raggiungerla è semplicissimo. Non c’è nulla che ostacoli il percorso. La recinzione attorno alla casa si può poi scavalcare facilmente. Tant’è vero che è già stata danneggiata in almeno tre punti.
Pigliaru potrebbe aver atteso l’arrivo di Anna Cupelloni e della figlia Valentina fuori dalla recinzione di mattoni che circonda la casa. In un angolo, a terra, i resti di una sigaretta fumata di recente. Da quel punto è poi possibile vedere l’arrivo di una macchina prima che svolti a sinistra e, dopo aver aperto il cancello, prenda il vialone, senza luci ai lati e con la sola luce in fondo, all’ingresso, a fare da riferimento. Ad avvisare dell’arrivo anche i piccioni che si trovano in zona e che spiccano il volo al passaggio di ogni mezzo. Infine la distanza tra il muro di cinta e il luogo del femminicidio-suicidio. Pochissimi metri. Percorribili in altrettanti istanti. Pigliaru, una volta avvistata la macchina con dentro la moglie e la figlia, a quel punto potrebbe essere corso verso la casa e appostato, nascondendosi e approfittando del buio, su uno dei due lati. Con qualche probabilità il sinistro guardando la casa.
Sono quasi le nove di sera. Fuori, in campagna, è completamente buio. Anna Cupelloni e la figlia Valentina hanno da poco aperto e chiuso il cancello all’imbocco del viale, percorso il viale e parcheggiato la macchina davanti casa. Forse il furgonato bianco che sta ancora lì. Una volta messo piede fuori dalla macchina Anna Cupelloni e la figlia si sono dirette verso la porta di casa, sotto la luce rimasta accesa per aiutare il ritorno e sentirsi pure meno sole. A quel punto, e a sangue freddo, Pigliaru potrebbe essere sbucato fuori dal nulla, di lato al casale, cogliendole di sorpresa e sfruttando a suo vantaggio il buio. Con un fucile e a breve distanza dalla testa di Anna Cupelloni. Esplodendole un colpo in faccia, prima di girare l’arma verso se stesso e suicidarsi.
Davanti casa il sangue sembrerebbe essere stato coperto con della terra trovata là attorno. L’assenza infine di sigilli da parte dell’autorità giudiziaria, almeno non se ne notano, potrebbe infine stare a dire che quanto è avvenuto è chiaro e si è svolto all’esterno dell’abitazione. Sempre a terra, uno stendino. E’ rovesciato, con i panni ancora appesi. L’ultimo segno di vita, di chi ha provato a scappare.

 

“Ciriaco Pigliaru era un padre padrone, Anna voleva solo essere libera…” (Tuscia Web – 28 settembre 2021)
Padre padrone. “Ciriaco Pigliaru era un padre padrone, come quelli di una volta. La moglie ha lavorato per lui, per anni. A guardare e prendere il latte alle pecore. Poi se ne è andata perché voleva un futuro tutto suo. Uccidendola l’ha voluta privare della libertà, togliendole la vita”. “Un padre padrone” diventato assassino. E su questo, le voci raccolte ieri a Castel Sant’Elia, sono concordi. Una cultura patriarcale e maschilista che nel fine settimana ha ucciso di nuovo. Una cultura assassina. Questa volta nella Tuscia. In un comune di 2500 abitati a sud della provincia e a 33 chilometri da Viterbo.
Un femminicidio-suicidio. Come tantissimi negli ultimi anni. Sabato sera, all’ora di cena, attorno alle 20,30, Ciriaco Pigliaru ha aspettato la moglie in una villetta di campagna a pochi chilometri dal centro abitato, comune di Castel Sant’Elia, a pochi passi da Nepi e dalla Cassia bis che porta a Roma. La casa è quella dove la figlia Valentina sarebbe andata a vivere assieme al fidanzato.
Appena Anna Cupelloni è arrivata sulla porta di casa, il marito le avrebbe puntato contro un fucile, uccidendola con un colpo sparato alla testa probabilmente da brevissima distanza. Poi ha puntato il fucile contro se stesso, sotto la gola, e si è ucciso. Con la moglie, anche la figlia. Completamente sotto shock per quanto ha visto. Tuttavia, ci sono ancora dei punti che, in merito alla dinamica della vicenda, vanno ancora chiariti. Ad esempio, il fucile con cui Pigliaru ha ucciso Anna Cupelloni sembrerebbe non appartenere all’assassino che pare non avesse neanche il porto d’armi, così come fucili e munizioni in casa. Si desume quindi che qualcuno glielo potrebbe aver prestato. Consapevole o meno dell’utilizzo che Pigliaru ne avrebbe fatto.
“A volte però – fa notare una persona a Castel Sant’Elia – chi ha un fucile magari lo presta a un amico perché deve ammazzare un cane che gli fa danno oppure qualche altro animale che si presenta di notte attorno alle pecore o alle case sparse per le campagne. Qui ce ne sono tante”. E la casa dove è stata freddata Anna Cupelloni sabato sera è una di quelle. Simili quasi tutte nell’ostentare, per mostrare agli altri l’aver fatto i soldi, ma senza pretese, perché non si sa mai. Fatalismo contadino diventato villette di mattoni e cemento in campagna, dove una volta svettavano i casali.
A Castel Sant’Elia ieri mattina c’erano poche persone in giro. Nonostante il mercato all’ingresso della mura. Complice anche la pioggia. Qualcuno s’affaccia dai bar, diversi, lungo il vialone principale. Diversi sono disponibili a parlare. Nessuno vuole però nome, cognome e foto. “Qui, bello mio – fa notare un signore seduto al tavolo di un bar – ce conoscemo tutti. Uno ad uno”. E la ferita profonda del femminicidio dell’altra sera restare a lungo.
Ciriaco Pigliaru, di origini sarde, insieme al fratello aveva un allevamento di pecore ed erano proprietari di alcuni terreni. Proprio nella Tuscia aveva conosciuto sua moglie, Anna Cupelloni, di Nepi, da cui ha avuto le due figlie, Valentina,  31 anni e Valeria, 27. In seguito Pigliaru e il fratello avevano deciso di vendere l’azienda agricola. Il 65enne aveva poi comprato una tabaccheria e un negozio per bambini a Nepi. Chiusi adesso “per lutto”.
“Ciriaco – racconta un’abitante di Castel Sant’Elia – è arrivato qui quando era piccolo. Con le prime migrazioni dalla Sardegna. Ha fatto tutte le scuole qui e sempre qui ha conosciuto Anna. Quando ha aperto la tabaccheria a Nepi noi lo prendevamo in giro dicendogli che s’era fatto nepesino. Lui ci rispondeva sempre che si sentiva solo di Castello”.
Secondo le testimonianze raccolte in paese, era stata la moglie a volersi separare da Pigliaru che all’inizio pare l’avesse presa senza troppi drammi. Una scelta autonoma dettata, forse, da una vita difficile. “Anna – racconta una signora – ha lavorato con il marito per trent’anni. Andava a guardare le pecore e a prendere il latte. Ore e ore di lavoro, sacrificio e fatica in mezzo al nulla. Un lavoro che ha permesso alla famiglia di crescere economicamente e aumentare le proprietà. Ma la vita di Anna era annullata. Aveva deciso lei di andarsene e da un po’ vive a Nepi. Il marito era rimasto invece a Castel Sant’Elia.
La casa dove abitavano Ciriaco Pigliaru e Anna Cupelloni e quella dove Pigliaru ha ucciso la moglie distano poche centinaia di metri in linea d’aria l’una dall’altra. A metterle in collegamento una sterrata percorribile senza troppe difficoltà e con attorno case e qualche attività economica. Lungo la strada ci sono anche delle telecamere.
“Ciriaco – commenta poi un’altra signora sempre di Castel Sant’Elia – non aveva sopportato la separazione e la scelta fatta dalla moglie”. Una scelta di libertà pagata con la vita.

 

“Un femminicidio non può essere definito morte improvvisa, è un crimine efferato” (Tuscia Web – 28 settembre 2021)

E’ polemica social dopo il post comparso sulla pagina Facebook del comune di Castel Sant’Elia in cui il sindaco Vincenzo Girolami ha espresso il suo dispiacere e le sue condoglianze per la tragedia che ha avuto luogo sabato sera alle porte del paese.
Nel post del comune si parla del femminicidio-suicidio come di un “dramma che ci coinvolge” e di “morte improvvisa dei coniugi”. Ma qualcuno non ci sta, e ha commentato dicendo di auspicare “una comunicazione politicamente ed umanamente migliore per un femminicidio” Qualcuno chiede se questo sia il momento di lasciare un commento di questo tipo e di fare polemica, e una persona risponde: “Sì, è il momento. Perché, in questa tragica storia, ci sono un carnefice e 3 vittime; la moglie e le due figlie. Ed è proprio per rispetto a loro che le cose vanno dette e non taciute”.
Si rispettano le vittime dando loro dignità – è il commento pubblicato da un altro profilo -. Tacere non lo fa, chiamarlo dramma familiare non lo fa ed è questo il momento di parlare perché questa donna non venga uccisa una seconda volta con narrazioni così tossiche gli unici a doversi vergognare sono coloro che continuano a girarsi dall’altra parte o che ci intimano di tacere cosa che non faremo più e che non ti devi permettere di dirci di fare”.
“Un femminicidio – viene sottolineato in un altro commento – non si chiama dramma familiare, non è una morte improvvisa dei coniugi, un femminicidio è un crimine efferato, pensato, voluto e attuato da parte di un uomo. Voler divorziare non è una motivazione, non è esasperare un poveretto.

Finché ci nasconderemo dietro l’ipocrisia di una comunicazione anche istituzionale di questo tipo, la follia maschilista e patriarcale troverà terreno fertile e le donne continueranno a morire”.

Il saluto delle figlie ad Anna Cupelloni. Oggi dolore e commozione ai suoi funerali
”Siamo onorate di avere una mamma come te, sei stata la nostra fonte per attingere quello di cui abbiamo bisogno”. Lo hanno scritto in un messaggio Valeria e Valentina, le due figlie di Anna Cupelloni, uccisa sabato sera dal marito, Ciriaco Pigliaru prima di togliersi la vita. Oggi nella cattedrale di Sant’Elia c’era tantissima gente che si è stretta intorno alle due ragazze per questa tragedia così grande che le ha colpite. Una tragedia così assurda da sconvolgere anche la serenità di questa comunità.
Fuori dalla chiesa un paio di scarpe rosse, simbolo della denuncia e della lotta ai femminicidi. Anna Cupelloni, descritta da tutti come una donna mite, dedita alla famiglia,  è stata definita dal vescovo, Romano Rossi, una martire dell’amore. Il caso ha voluto che la liturgia di oggi parlasse proprio della creazione della donna.
Il vescovo si è soffermato quindi sul senso degli eventi che sono accaduti. Si è chiesto chi ce lo fa fare ad amare se l’amore può dar luogo a situazioni del genere? Ha detto anche che più si ama e più si allargano le frontiere della propria fragilità.
In segno di rispetto e di cordoglio oggi è stato lutto cittadino a Sant’Elia mentre a Nepi, dove Anna Cupelloni è nata e dove aveva un’attività commerciale, è stato osservato un minuto di silenzio.
Entrambe le amministrazioni comunali sono state presenti ai funerali in segno di riconoscimento e di affetto nei confronti di questa donna morta per mano del marito. Un marito aiutato per una vita nel lavoro di pastore, poi nelle attività commerciali che ha aperto a Nepi, dal quale, però, aveva deciso di separarsi. Lui viene descritto come un uomo autoritario. Ciriaco Pigliaru non ha accettato la decisione della moglie e così sabato sera ha attuato il suo piano: ha atteso che la donna rincasasse e poi le ha sparato con un fucile rubato a un amico poco prima. Quindi si è rivolto l’amra contro di sè e si è suicidato. Per lui lunedì la sepoltura al cimitero senza funerali religiosi.

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