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Alba Chiara Baroni, 22 anni, cameriera e artista. Uccisa dal fidanzato a colpi di pistola

Tenno (Trento), 31 Luglio 2017

alba chiara baroni

 


Titoli & Articoli

L’omicidio-suicidio a Tenno: Alba Chiara ha tentato la fuga: colpita quattro volte. Il Comune: non ci sarà il lutto cittadino (l’Adige – 2 agosto 2017)

 

Ragazza uccisa dal fidanzato, anche Isola del Liri piange Alba Chiara Baroni (Il Messaggero – 2 agosto 2017)
Alba Chiara l’aspettavano ad Isola del Liri i nonni, ma la sua storia d’amore è finita in tragedia, uccisa dal suo ragazzo, che subito dopo si è tolto la vita. Sgomento e rabbia negli alloggi popolari della zona San Carlo a Isola del Liri superiore, dove abitano Bruna e Pino Magnoni i nonni materni della giovane cameriera uccisa a Tenno, piccolo comune trentino sopra Riva del Garda e dove la ragazza viveva con la sua famiglia. Sono stati i vicini di casa ad avvisare sua nonna appena hanno sentito la notizia, il nome Alba Chiara, il paese Tenno, hanno subito insospettito i vicini del pianerottolo, che hanno suonato al campanello di nonna Bruna, che ad Isola hanno sempre chiamato come “la milanese” perché nativa proprio di Riva del Garda. Indizi che purtroppo hanno trovato conferma e sulla palazzina è calato il silenzio.
LE ORIGINI
Bruna e Pino sono i genitori di Loredana, la mamma di Alba Chiara. Nonna Bruna nativa di Riva del Garda, lì trascorreva le vacanze estive a casa paterna e lì la sua unica figlia Loredana aveva conosciuto il marito. Loredana era rimasta in Lombardia a Tenno e dal suo matrimonio erano nate due bimbe: Alba Chiara ed Aurora. Nonno Pino, invece, aveva lavorato prima del pensionamento all’Ippolito e Pisani ad Isola del Liri. Abitavano con la piccola Loredana nel centro storico in via Chigi Nobile, ma agli inizi degli anni ‘90 alla famiglia fu assegnato un alloggio nelle case popolari di San Carlo: «Non hanno la macchina i nonni – commentano i vicini di casa – li abbiamo accompagnati alla stazione di Frosinone dove hanno preso il treno per arrivare in Lombardia. Alba Chiara la conoscevamo tutti qui, veniva o a Natale o nelle ferie estive ed un paio di volte era arrivata con il fidanzato, si dovevano sposare prima della fine dell’anno diceva la nonna, invece ecco che è successo».
LA TRAGEDIA
La loro storia si è fermata alle 13 di un pomeriggio qualunque di luglio. Mattia Stanga, 24 anni, dipendente della cartiera di Riva del Garda ha sparato ad Alba Chiara Baroni, di due anni più giovane, prima di uccidersi con la stessa arma: «L’avevano chiamata Alba Chiara perché innamorati della canzone e di Vasco Rossi – raccontano i vicini – non sappiamo cosa sia successo. Stiamo aspettando notizie da Bruna e Pino, letteralmente sconvolti, non ci sono parole».


«I nostri 1939 giorni senza Alba Chiara. Ora si parli di più di violenza con gli uomini» (il Quotidiano – 23 novembre 2022)
Massimo Baroni, il ricordo della figlia uccisa nel 2017 e la testimonianza (faticosa) contro la violenza di genere: «Abbiamo traslocato perché rimanere in quella casa era doloroso. Dalla sua stanza sono apparse due tele: è un dono che ci ha fatto»

 

Non ci pensa un istante. Il tempo dell’assenza segue il ritmo lento di una litania. E Massimo Baroni ne conosce al millimetro fatica e dimensione. «Sono trascorsi 1939 giorni da quando Alba Chiara non c’è più», dice tutto d’un fiato. La sua famiglia da cinque anni è monca, dispari. Il 31 luglio 2017 Alba Chiara Baroni è stata uccisa a Tenno dal fidanzato Mattia Stanga, 24 anni, poi suicidatosi. Aveva 22 anni appena. «E da quel momento non passa giorno che non mi volti per farle spazio sul divano, fisso la sedia vuota a tavola, penso sia lei quando sentiamo bussare alla porta». Lo scorso anno, consapevoli che la casa dov’è cresciuta fosse troppo legata ai ricordi, Massimo, la moglie Loredana e la secondogenita Aurora hanno deciso di traslocare.
Un passaggio simbolico, sono rimasti a Tenno, ma che s’è concluso con una sorpresa: «Quasi fosse un regalo di Alba Chiara, dalla sua stanza sono apparsi due quadri di cui non conoscevamo l’esistenza», dice Baroni. Due cavalli e una Madonna incompiuta, una tela che da tempo Baroni chiedeva alla figlia. «Non mi ha mai detto di aver iniziato a dipingere quell’immagine che da tempo le chiedevo, chissà perché». Oltre all’innaturale sopravvivenza a una figlia, l’incubo di ogni genitore, Massimo Baroni e Loredana da cinque anni a questa parte hanno esperito il peso della testimonianza. Oggi sono voce delle vittime di femminicidio. «Non è facile, specie quando ci troviamo a fare i conti col rimorso, quando ci chiediamo se c’erano segnali che non abbiamo colto» ripete Massimo Baroni. Una cosa serata dopo serata gli è chiara: «La violenza è un tema che dovrebbe impegnare molto di più gli uomini».
Massimo Baroni, i riflettori si accendono nell’immediato, dinnanzi al fatto di cronaca, ma poi si spengono con altrettanta facilità. Il dolore di chi resta e convive con il lutto però non si smorza. Come si sopravvive alla perdita di una figlia?
«Il lutto lo viviamo tutti e tre in maniera diversa, ognuno lo esprime a modo suo e ogni modalità ha senso di esistere. Dalla morte di Alba Chiara sono passati cinque anni, precisamente 1939 giorni, li so a memoria. Ognuno di noi conserva gelosamente i propri ricordi, fa i conti con i rimpianti, i rimorsi. No: non è una cosa facile da elaborare. Noi siamo rimasti uniti come famiglia ed è una fortuna. Oggi proseguiamo con le sfide che ci vengono presentate dalla vita e, diciamo, teniamo in piedi la baracca anche se a volte si va in conflitto».
In altre occasioni ha raccontato che, all’inizio, si fa fatica a realizzare.
«Non sono uno psicologo, ma racconto ciò che ho vissuto. I primi due anni si vive in una bolla, è uno choc post-traumatico. Continui la tua esistenza ma il cervello si dissocia dal dolore. Accade però che questo meccanismo finisca e ci si rende conto dell’assenza. A tavola c’è un posto vuoto, sul divano mi trovo solo e mi sistemo per farle spazio, a ogni rumore penso sia lei che entra dalla porta. Una delle ragioni che ci ha spinto a traslocare è stata questa: Aurora condivideva la stanza con Alba Chiara, rimanere lì era difficile».
Quindi avete lasciato casa vostra?
«Sì, lo scorso anno. È un trauma, eravamo lì sin dal nostro matrimonio, era il 1993. Il trasloco non è stato facile, vuoi portare via tutto ciò che era suo. Però è accaduto anche qualcosa che non ci saremmo aspettati e che abbiamo vissuto come l’ultimo regalo di Alba Chiara».
Che cosa è accaduto?
«Nella sua stanza abbiamo trovato due dipinti che non sapevamo avesse iniziato: due cavalli che corrono liberi e una Madonna che le ho sempre chiesto di farmi. Ci stava lavorando, è incompiuta. Chissà perché non me ne ha mai parlato».
Le torna alla mente quel giorno di luglio di cinque anni fa?
«Io ho un grande rimpianto: ero li cinque minuti prima che succedesse e non sono riuscito a capire che c’era qualcosa che non andava. Nel tempo mi è stato detto che non avrei potuto fare nulla, ma convivo con questo pensiero».
Con l’associazione Alba Chiara si impegna nella lotta contro la violenza di genere. A chi contesta persino il termine femminicidio cos’ha risposto?
«Non mi è mai capitato di trovarmi direttamente davanti qualcuno che polemizzasse. Però ricordo bene le parole di chi ha contestato la stele per Alba Chiara, si voleva far togliere la parola femminicidio. Quale la motivazione? Qualcuno disse che, allora, si poteva parlare anche di “trattoricidio” quando s’inceppa un trattore».
Le serate, gli incontri, i momenti di sensibilizzazione aiutano la sua famiglia a rielaborare la perdita?
«In alcuni momenti no, è difficile. Quando si parla dei famosi campanelli d’allarme mi pare di rivivere le dinamiche di Alba Chiara, mi chiedo come abbiamo potuto non capire. Quello che le è accaduto non deve ripetersi mai più. Ecco: se c’è qualcosa che abbiamo capito è che dobbiamo dire chiaramente che il femminicidio è un problema degli uomini. La sfida è abbattere gli stereotipi e la cultura di prevaricazione diffusa sin da bambini. Oggi io conservo il ricordo della mia bambina e, a volte, mi interrogo sulla memoria di tutte quelle ragazze che invece non sono ricordate». (Marika Damaggio)

 

 


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In memoria di

Una stele per ricordare Alba Chiara Baroni, vittima di femminicidio (Trento Today – 25 novembre 2018)

Circa 250 persone hanno reso omaggio ad Alba Chiara Baroni, la giovane di 22 anni uccisa il 31 luglio 2017 a colpi di pistola da quello che era stato il suo fidanzato per sei anni, Mattia Stanga, 24 anni, che poi si è suicidato. Una stele è stata posizionata al Grom, una balconata naturale con vista sul Lago di Garda. Quella della stele è una storia che inizia da lontano, un modo per ricordare la giovane vittima di femminicidio, uccisa cioè in quanto donna, solo per aver deciso di lasciare il suo compagno. Gianluca Frizzi, che era il sindaco di Tenno, si era dovuto dimettere perché in paese non tutti erano d’accordo.
Meglio il silenzio, l’indifferenza, il far finta che fosse tutto come prima o – nella migliore delle ipotesi – equiparare le due morti, come se Alba, nello splendore dei suoi 22 anni, avesse scelto di morire così tragicamente e non fosse invece stata uccisa dalla mano che l’aveva fatta sentire protetta fino a poco tempo prima.

Diplomata disegnatrice orafa alla Scuola d’Arti e Mestieri di Vicenza, Alba era stata capitana della squadra di hockey di Riva del Garda e lavorava temporaneamente in un hotel. Aveva tanti sogni e da ieri – Giornata contro la violenza sulle donne – Tenno ha finalmente un luogo dove poterla ricordare, un monito non solo per la piccola comunità sopra Riva del Garda, ma per tutti. Grazie all’associazione ‘Progetto Alba Chiara’, è partita anche una raccolta fondi a favore delle donne che hanno subito violenza e dei servizi antiviolenza gestiti dalla fondazione Famiglia Materna di Rovereto.

 

In mostra i dipinti di Alba Chiara, uccisa a 22 anni dal suo fidanzato (Corriere della Sera – 5 marzo 2019)
Il 31 luglio di due anni fa il suo ragazzo le sparò e poi si suicidò. Il suo desiderio era di vivere d’arte. Il padre Massimo Baroni: «Ora vorrei realizzare un po’ dei suoi sogni»
Si può cercare il proprio azzurro per due anni interi. Alba Chiara così ha fatto: ha studiato il colore, l’ha inseguito, l’ha arricchito. Finché la luce di acqua, cielo e terra non le è sembrata quella giusta e tutto il suo lavoro — a quel punto sì — è diventato un quadro. Poi c’è la profondità. Come raccontarla con i colori? Alba Chiara ha esaltato i contrasti dell’autunno in primo piano e ha lasciato che fossero i profili delle montagne e del fiume a portare lo sguardo più a fondo. Questi due e altri suoi quadri (in tutto una quindicina) adesso sono diventati una mostra. Adesso che lei non c’è più.
Massimo Baroni chiude gli occhi un istante e la rivede. «Ho qui davanti a me il suo sorriso, quel suo modo di ironizzare su tutto. Ero innamorato di lei. Ricordo che facevamo lunghe passeggiate in montagna oppure al nostro lago, qui a Tenno. Da quel giorno non ci sono più andato…».
«Quel giorno» è il 31 luglio di due anni fa, l’ultimo di cui sua figlia Alba Chiara vide la luce. Aveva 22 anni, fu ammazzata a colpi di pistola dal ragazzo assieme al quale era praticamente cresciuta. Lui, che poi si è tolto la vita, si chiamava Mattia Stanga, due anni più di lei. Si erano fidanzati e amati per sei anni, avevano condiviso presente e progetti, poi la storia non aveva più funzionato. Lei lo aveva lasciato ma si frequentavano ancora e quel giorno di luglio il «bravo ragazzo» — come tutti hanno definito lui in paese — ha scelto la violenza. Si è presentato in un’armeria con il suo porto d’armi sportivo, ha comprato una pistola e ha ucciso Alba Chiara dopo averla invitata nella casa dove viveva con i genitori (in quel momento assenti) a Tenno, provincia di Trento.
Presentimento. «Mia moglie Loredana tornava quel giorno a casa dall’ospedale dopo un ricovero — ricorda Massimo — e siamo andati a prenderla io e Aurora, l’altra mia figlia. Quando siamo rientrati è stata Aurora a vedere su Facebook la notizia di un ragazzo che aveva ucciso la fidanzata a Tenno. Ho guardato anch’io. Ho visto la fotografia della casa di lui e mi si è fermato il cuore. Non c’erano i nomi ma io sapevo che lei era lì, c’ero stato poco prima. Avevo chiamato Alba Chiara, le avevo chiesto: dove sei? “A casa di Mattia” mi disse lei. E io: dai, vengo lì e ci fumiamo una sigaretta. Ero andato, avevamo fumato e chiacchierato pochi minuti. Appena sono uscito lui l’ha uccisa…».
Un impegno per le vittime della violenza. Il sogno di quella ragazza che amava la pittura era lasciare il suo lavoro da barista e poter vivere di quadri, un giorno, magari organizzare mostre, arrivare al cuore della gente attraverso i colori, l’arte. Alba Chiara aveva frequentato un Istituto d’Arte e si era poi diplomata a Vicenza come disegnatrice orafa alla Scuola d’Arte e mestieri.
«Sarei felice — dice oggi suo padre — di poter realizzare almeno un po’ dei suoi sogni, di far arrivare i suoi quadri agli occhi di quanti più giovani possibile. Oggi io e mia moglie siamo orgogliosi di aver legato il nome di nostra figlia a un progetto per l’aiuto di donne in difficoltà». Il progetto di cui parla Massimo è stato ideato dalla sociologa Emanuela Skulina e passa proprio dalla realizzazione di una mostra itinerante con i dipinti di Alba Chiara: per raccogliere fondi da destinare alla Fondazione Famiglia Materna di Rovereto, che quest’anno compie cent’anni e che si occupa di accoglienza e sostegno alle donne vittime di violenza. Per adesso l’itinerario della mostra è breve: i quadri sono già stati esposti a Tenno e Rovereto e venerdì — per la Giornata Internazionale della Donna — saranno in Comune a Riva del Garda, dove l’intero pomeriggio sarà dedicato al ricordo di Alba Chiara anche con altri eventi. Il passaggio successivo sarà Trento «e poi vedremo», sospira Massimo. Un passo alla volta, per non dimenticare. (Giusi Fasano)

 

Violenza donne: quadri di Alba Chiara Baroni al Senato (Ansa – 25 novembre 2021)
In occasione dell’evento, “No alla violenza, il grido delle donne”, tenutosi nell’aula del Senato, sono stati esposti alcuni quadri di Alba Chiara Baroni, 22enne uccisa il 31 luglio del 2017 a Tenno, in Trentino, dal fidanzato. L’iniziativa – riporta una nota – è stata promossa dalla senatrice trentina Donatella Conzatti (Italia viva), segretaria della commissione sul femminicidio e le violenze di genere.
“Ho fortemente voluto che il messaggio artistico di Alba Chiara arrivasse in Senato proprio in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Alba Chiara è stata uccisa da un uomo che diceva di amarla, così come accade ad altre donne uccise dal marito, dall’ex partner, dal padre dei propri figli”, ha detto la senatrice trentina Donatella Conzatti. Prima della cerimonia pubblica, la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, e Conzatti hanno incontrato i genitori, le promotrici del “Progetto Alba Chiara” e il sindaco di Tenno, Giuliano Marocchi.