(Foto Mirko Pistillo/Fb)

Incidente in tangenziale: le parole della moglie di Aniello Miranda (Napolitan – 27 luglio 2015)
Da quando si è diffusa la notizia del folle incidente maturato in tangenziale nella notte a cavallo tra sabato e domenica, Napoli è una città sconvolta, stravolta, scioccata dalla morte tanto assurda quanto inaccettabile di due vite, avvenuta per mano di un automobilista che ha attuato una manovra inverosimile, percorrendo ben cinque chilometri in tangenziale a fari spenti e contromano. La cronaca di una mattanza annunciata e che ha stroncato barbaramente due vite, attraverso quell’unico, letale schianto.
Mentre l’opinione pubblica è divisa e genera pareri severi, discordanti e perfino intransigenti nei confronti di Livia Barbato, la fidanzata del carnefice, seppure lei per prima, abbia pagato con la vita l’imprudenza attuata da ragazzo, tutti, di contro e all’unanimità, faticano a trattenere le emozioni pensando al rabbioso e beffardo epilogo che il destino ha disegnato nella vita del 48enne Aniello Miranda.
Quell’uomo percorreva la Tangenziale a quell’ora perché, come tutte le notti, doveva raggiungere la zona tra Pozzuoli e Quarto. Lasciava a casa la moglie Anna, i figli Mena e Angelo. Viaggiava a bordo di quella Fiat Panda, ridotta a brandelli da quel cruento schianto, nel cuore della notte, per raggiungere l’area flegrea, dove risiede il deposito dell’azienda Yma di Pignataro Maggiore, che produce derivati del latte e succhi di frutta. Miranda distribuiva quei prodotti tra supermercati e salumerie: all’alba caricava e soltanto nel primo pomeriggio finiva il suo giro. Una vita di sacrifici, quella di Aniello, spezzata dalla follia di un giovane.
«Perdonare quell’assassino? Mai. In galera a vita deve stare».
Parole dure e pregne di dolore quelle di Anna, la moglie di Aniello. Ieri, nel giorno in cui avrebbe dovuto festeggiare il suo onomastico, si è vista, invece, costretta a fare i conti con il dolore più lancinante della sua vita. Una vita distrutta, una famiglia privata di un padre e di un marito che viene descritto come un lavoratore instancabile ed un animo discreto e gentile.
«Prima di scendere da casa, erano le 3.45 – racconta la moglie dello sfortunato trasportatore nel corso di un’intervista rilasciata a “Il Mattino” – Aniello mi ha raccontato il suo strano sogno. ”Anna, mi ha detto, ho sognato che i carabinieri mi arrestavano. Proprio a me che amo solo piante e giardini. Che strano sogno”. Io gli ho detto: sono le anime del purgatorio, non ti preoccupare. È un modo di dire di noi torresi, secondo interpretazioni che si tramandano di padre in figlio, sono le anime del Purgatorio che accorrono in aiuto. Ma, forse, era un triste presagio. Lui mi ha dato un bacio ed è partito tranquillo come sempre».
Anna ha carpito un primo presagio d’allarme in quella telefonata giunta alle 4.40 dall’azienda. Erano i colleghi preoccupati, perché non lo vedevano arrivare, «perché lui, Aniello, era sempre puntuale». Pertanto, i colleghi di Torre del greco hanno deciso di mettersi in auto ed andare a cercarlo. «Sì – riprende Anna – i colleghi si sono precipitati sulla Tangenziale, sul suo percorso abituale, anche se non sapevano che cosa era successo. Momenti terribili. Poi, all’alba un’altra telefonata e ci siamo dati appuntamento al Policlinico. Avevano parlato di ferite gravi. Infine la conferma della tragedia e noi che giravamo su e giù per l’ospedale in cerca di Aniello, che non c’è più. Povero marito mio, un uomo onesto e buono morto per la follia di altri. Spero che all’assassino diano l’ergastolo e di perdono non voglio neppure sentire parlare. Semplicemente vogliamo giustizia per mio marito, per noi».
Aniello Miranda, 48 anni, lascia una figlia, Mena, di 21 anni, studentessa iscritta alla facoltà di scienze dell’educazione e un figlio, Angelo, di 18 anni, diplomatosi quest’anno.
«Mio marito era una persona perbene, un padre che ogni mattina si alzava all’alba per andare a lavorare. Viveva in funzione della famiglia, ha cresciuto i figli educandoli al rispetto verso gli altri e verso sé stessi. Non beveva, non fumava e ai nostri ragazzi raccomandava di fare lo stesso, imponendo loro di rientrare presto la sera, di fare una vita regolare e di stare lontano da droga e alcool. Per uno scherzo beffardo del destino è stato ucciso da un folle che guidava ubriaco.» Rabbia, dolore e devastazione inondano le vite dei componenti della famiglia che Aniello aveva costruito, insieme ad Anna, e per amore della quale, anche quella sera, stava compiendo quel viaggio in tangenziale. Una tragedia grande, immane, indicibile e che, probabilmente, non troverà mai un palliativo. Forse, nemmeno quando la giustizia avrà compiuto il suo corso.

Il dolore della famiglia di Miranda: “Tutta colpa dell’alcol del sabato sera” (la Repubblica – 30 luglio 2015)
Il messaggio della famiglia dell’uomo di Torre del Greco ucciso dal tragico incidente sulla tangenziale dall’auto di Aniello Mormile
“Ditegli di non bere più”. E’ senza equivoci il messaggio della famiglia Miranda, dopo i funerali di Aniello, ucciso dal tragicoincidente sulla tangenziale dall’auto di Aniello Mormile. Nella chiesa della Madonna “schiavona” parrocchia della frazione di Santa Maria La Bruna, zona di confine tra Torre del Greco e Torre Annunziata, dove i Miranda vivono, si raduna una folla silenziosa a rendere omaggio all’agente di commercio. Il caldo provoca una serie di malori.
Alla madre della vittima, Filomena Marra, poi alla vedova, Anna Giaffalli, che viene accompagnata fuori dalla chiesa al termine della cerimonia. Il dolore è tangibile. Anna tiene la mano sinistra sulla bara per tutto il tempo della messa. La rabbia per una vita strappata senza un perché, il rimpianto per la fatica di un lavoratore che usciva di notte per portare a casa lo stipendio e mantenere i due figli, Mena e Angelo, di 21 e 18 anni, agli studi. La più grande è all’università. “Non se lo meritava né lui né lei”, racconta una conoscente. “Anna è la bontà fatta persona: l’accompagnavo io all’asilo quando era bambina, proprio qui vicino. La sua famiglia aveva una piccola fabbrica di giubbini”. Si conobbero così, Anna e Aniello, lui di San Giuseppe Vesuviano, lei con un’azienda a conduzione familiare, sempre nel tessile. Un’esistenza concentrata in poche centinaia di metri. Le nozze in questa stessa chiesa, come il battesimo dei due figli. Don Roberto Granatino officia la cerimonia. Mai viene pronunciata la parola ” incidente”, né “responsabilità”. La sola parola che ricorre è “resurrezione”.
Quasi il giovane sacerdote volesse parlare anche a tutte le coscienze. Ma neppure si è menzionato il “perdono” dall’altare. Il perdono invocato dal padre del ragazzo che ha percorso chilometri contromano, provocando la morte. Non se ne sente parlare. La sofferenza è ancora troppo forte. “Qualsiasi morte  –  dice nell’omelia il prete  –  ha la capacità di schiantarci sulla realtà infrangendo i nostri progetti e sogni, ma la morte non ha il potere di separarci dall’amore di Cristo e dalla consolazione degli altri”. Il Vangelo di Giovanni su Marta e Maria che ricevono la visita di Gesù dopo la morte del fratello Lazzaro introduce il motivo dei dubbi terreni: “Oggi è santa Marta, e questa lettura l’ho vista come una coincidenza provvidenziale rispetto a quello che è accaduto: Marta dice a Gesù “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto””. Ma nessuno può parlare di quello che è accaduto quella notte in tangenziale con razionalità o certezze. All’uscita del feretro la moglie crolla. Il dolore ha il sopravvento. Anna e la suocera vengono soccorse e portate fuori dalla chiesa. Un cognato di Aniello Miranda esce dalla macchina, ferma i i giornalisti: “Insistete, scrivetelo: il maledetto alcol del sabato sera ha provocato questo. Non deve succedere mai più” (di Stella Cervasio)

CRO RIPRODUZIONI VIDEO INCIDENTE IN TANGENZIALE

Deejay scarcerato, i familiari di Miranda: “In Italia la giustizia non esiste” (la Repubblica – 7 febbraio 2022)
L’agente di commercio perse la vita nel luglio 2015 nello scontro provocato dalla folle manovra in tangenziale del giovane rimesso in libertà pochi giorni fa. I parenti: “Come può un uomo che ha ucciso due persone essere già fuori, anche se solo per buona condotta?”. Nell’incidente morì anche la fidanzata del dj, Livia Barbato
“La giustizia in Italia non esiste”: poche parole, affidate all’avvocato Marcello Fabbrocini, il legale che li ha assistiti durante il processo. Così i familiari di Aniello Miranda, l’agente di commercio di 48 anni morto la notte del 25 luglio 2015 nello scontro sulla tangenziale fra la sua Fiat Panda, sulla quale stava andando al lavoro, e la Renaul Clio che, con un’assurda manovra, l’allora dj Aniello Mormile stava guidando contromano alla velocità di 45 chilometri orari. (…)