Laura, 12 anni. Accoltellata dal padre Roberto Russo per vendetta contro l’ex moglie
San Giovanni La Punta (Catania), 21 Agosto 2014
Titoli & Articoli
Padre accoltella le figlie, cronista: “Raptus di follia scatenato dalla gelosia della moglie” (22 agosto 2014)
“E’ in sala operatoria nell’ospedale Garibaldi centro di Catania per un doppio intervento chirurgico Marika, la 14enne accoltellata dal padre, Roberto Russo. L’uomo ha anche ucciso a coltellate l’altra figlia Laura, di 12 anni. Marika, che ha due ferite d’arma da taglio profonde, avrebbe cercato di difendersi dall’aggressione del padre svegliata dalle urla di dolore della sorellina, dopo che i tre la notte scorsa hanno dormito insieme nel letto matrimoniale dei genitori”.
Questa la ricostruzione della tragedia familiare che si è consumata questa mattina in un’abitazione di San Giovanni la Punta, nel catanese, che Natale Bruno (corrispondente dell’Agi) ha rilasciato ai microfoni de ilfattoquotidiano.it. “I carabinieri – spiega Bruno – non vogliono rilasciare dichiarazioni per evitare il rischio di possibili casi di emulazione“.
Poi aggiunge: “I vicini di casa di Russo lo definiscono una brava persona che, neanche dopo aver perso il lavoro lo scorso anno, si era scoraggiato. Viveva facendo il venditore ambulante. In questi ultimi mesi – continua – a pesare sulla famiglia era soprattutto il fattore gelosia. La moglie di Russo, infatti, da giorni era andata via di casa perché sospettava di essere stata tradita”
Miracolo per Marika: ridotta in coma da papà, salvata da 120 donatori (28 agosto 2014)
Si è svegliata la 14enne assalita dal padre, che ha ucciso la sorella Raccolto l’appello per le trasfusioni: volontari da tutto in mondo
Catania«E Laura?». Dal suo lettino d’ospedale, il «Garibaldi» di Catania, Marika Russo, la 14enne accoltellata venerdì mattina dal papà, il 47enne Roberto, chiede della sorellina. «Bella come un cerbiatto ferito», dicono i medici. Non sa ancora che quel maledetto 23 agosto a soli 12 anni gli è stata strappata per sempre da quel papà assassino che adesso, dal reparto detenuti dell’ospedale «Cannizzaro» di Catania, dove è ricoverato per avere tentato il suicidio, dice di non ricordare nulla della sua furia omicida. I legali presenteranno istanza al Gip per una perizia psichiatrica che stabilisca se può affrontare un giudizio.
Quel filino di voce che Marika riesce oggi ad emettere è tutto per «la sua vita», così parlava di Laura sul suo profilo Facebook . Ha chiesto di vederla. Le hanno risposto che la sorellina si trova ricoverata nello stesso ospedale. Che è stata operata, perché era ferita. E non potrà muoversi dal letto per un po’. È la verità a cui si appiglia Marika, che giorno dopo giorno sta cercando di affrontare la terrificante tragedia di cui è stata co-protagonista con la sorellina. E così va avanti, nella speranza che presto possa andarle a fare visita.
Anche la mamma, Giovanna Zizzo, 43 anni, tiene fede a questa verità, messa in piedi dagli psicologi per aiutare Marika a superare piano piano il dramma immane. Giovanna deve essere forte. Deve nascondere il suo dolore per fare forza alla sua bambina che finalmente ha potuto vedere in presenza di un medico. «Marika – dice il dottor Sergio Pintaudi, direttore della Rianimazione del «Garibaldi» – non è mai lasciata da sola».
La 14enne ha subito un delicato intervento lo stesso venerdì dell’accoltellamento. Uno dei fendenti sferrato dal papà le ha reciso l’arteria mammaria, facendo collassare un polmone. Fino a martedì è stata tenuta sotto sedazione e con ventilazione meccanica. Appena sveglia ha iniziato a chiedere di Laura, anche se ancora parla con difficoltà.
Ricorda Marika. Le immagini terrificanti di quella mattina le affiorano alla mente. Sta attraversando una fase estremamente delicata. Se i grandi non sono riusciti a spiegarsi cosa sia scattato nella mente di Roberto, come può capirlo lei? Se nessuno riesce a giustificare l’uccisione di un figlio – «i figli non si toccano nemmeno se si hanno problemi familiari» (che potrebbero essere alla base della tragedia) commentava la gente al funerale di Laura – come potrebbe farlo Marika?
Roberto è il suo papà, eppure si è svegliata di soprassalto nel lettone dove aveva dormito con lui e Laura e l’ha visto scagliarsi su di lei con quel coltello grondante del sangue della sorellina, ferita a morte. Il primo a cadere sotto la sua furia è stato il cagnolino Teddy, che Laura amava tanto. No. Questo una ragazzina di 14 anni non può accettarlo. Gli psicologi del «Garibaldi» hanno deciso che si dovrà attendere prima di rivelarle la tragica verità della morte di Laura, al cui funerale ha partecipato tantissima gente.
Marika racconta le coltellate del papà: “Ora ho paura di dormire” (28 agosto 2014)
La 14enne sopravvissuta al raptus omicida del genitore è fuori pericolo e chiede della sorella Laura
La 14enne Marika Russo è ancora ricoverata all’Ospedale Garibaldi di Catania. È fuori pericolo, ma la prognosi resta ancora riservata. Non sa ancora che la sorella Laura, 12 anni, è morta sotto le coltellate inferte dal padre Roberto, venerdì scorso. Il personale medico le ha detto che è in un’altra stanza della struttura sanitaria ma nulla di più.
Marika ha cominciato a parlare di quella maledetta notte, dell’aggressione improvvisa, avvenuta nel sonno, delle urla per richiamare i fratelli più grandi, della corsa dagli zii, al piano superiore della palazzina di San Giovanni La Punta dove si è consumata la tragedia. La ragazzina avrebbe iniziato a ricordare sotto lo stimolo del neuropsichiatra che la segue.
Quando aveva parlato per la prima volta aveva usato la terza persona. “Dov’è Marika?” aveva domandato, pensando forse di essere morta. Adesso, però, pare aver messo a fuoco cos’è davvero successo. Dall’ospedale, dalla caserma e dalla Procura non trapela di più se non il fatto che stia collaborando a ricostruire la dinamica dei fatti.
Proprio per questo Marika non riesce più a dormire. “Ho paura” avrebbe detto. Il ricordo dei due coltelli entrati in azione proprio mentre lei e la sorella erano inermi nel loro letto è ancora troppo vivo. Per questo ha chiesto ai medici di poter ascoltare della musica.
Uccide la figlia dodicenne nel sonno, confermato l’ergastolo per Roberto Russo (12 novembre 2018)
Confermato anche in secondo grado l’ergastolo per Roberto Russo. L’allora 47enne, il 22 agosto 2014 uccise la figlia 12enne Laura nel sonno e ferì gravemente la più grande, Marika, con l’obiettivo di punire la moglie che lo aveva da poco lasciato. I gudici della Corte d’assise d’appello, presieduta da Elisabetta Nicastro, hanno accolto in pieno la tesi del procuratore generale Antonino Nicastro e dell’avvocato Giuseppe Lo Faro che ha difeso la madre Giovanna Zizzo e i fratelli della ragazzina.
La vendetta e l’omicidio. Russo la mattina del 22 agosto ha scelto di vendicarsi e di accoltellare le due figlie che dormivano con lui nel letto matrimoniale. La madre quella notte l’aveva trascorsa invece a casa dei propri genitori. L’uomo ha colpito le due ragazzine di 12 e 14 anni nel sonno, per poi ferirsi solo lievemente all’addome. A disarmarlo sono stati i due figli maschi Andrea e Emanuele che hanno poi chiamato un’ambulanza. Quando nell’abitazione di San Giovanni La Punta è arrivato il personale del 118, la piccola Laura respirava ancora, ma la 12enne poi è deceduta nella corsa verso l’ospedale Cannizzaro. Marika invece, in coma per giorni a causa di una grave emorragia, si è risvegliata proprio il giorno del funerale della sorella minore.
Totalmente capace di intendere e di volere. Nel corso del processo Roberto Russo ha più volte dichiarato di non ricordare nulla di quella mattina quando intorno alle 7 ha colpito le due figlie con due coltelli da cucina. Le due perizie psichiatriche svolte però nel corso del procedimento ed eseguite dal dottor Gatetano Sisalli prima, e dal dottor Domenico Micali in seguito, sono arrivate entrambe alla conclusione che Russo fosse totalmente capace di intendere e di volere.
Le parole della madre di Laura: “Giustizia è fatta, ma la mia lotta continua”
“È una sentenza, – afferma Giovanna Zizzo, madre di Laura – quella della Corte d’Assise d’appello, che fa ancora una volta giustizia. Sia i giudici di primo grado che quelli di secondo grado sono stati pienamente concordi e sono giunti alle medesime conclusioni. Ciò, però, se per un verso può darmi sollievo, per altro verso non può mai cancellare né in me né nei miei figli le sofferenze patite che ci accompagneranno per tutta la nostra esistenza. Niente e nessuno potrà riportare in vita Laura ma, ripeto, a me e ai miei ragazzi interessava che venisse fatta giustizia. A questo e soltanto a questo ha obbedito la nostra costituzione di parte civile. Un grazie di cuore va all’operato della magistratura che nulla ha tralasciato e ha compiuto ogni accertamento. La sentenza – conclude la donna – chiude un ciclo e mi fa sentire ancora di più il vuoto. L’assenza. Eppure la mia lotta continua, può apparire diversa agli occhi degli altri, un caso non ‘tradizionale’ di femminicidio, ma il mio obiettivo è diffondere un messaggio preciso soprattutto alle giovani generazioni. Dobbiamo sensibilizzare affinché ci si possa difendere prima che certe barbarie accadano. Il mio dolore è la mia forza, a guidarmi da lassù la sete di giustizia di mia figlia. Andrò avanti, sosterrò le altre madri, nel nome di Laura“.
Uccise la figlia per punire la moglie, confermato ergastolo. La mamma: «Nessuno mi ridarà Laura» (18 luglio 2019)
È diventata definitiva la condanna all’ ergastolo perRoberto Russo, il 51enne che cinque anni fa uccise nel Catanese, accoltellandola mentre dormiva nel suo letto la figlia di 12 anni e ferito gravemente un’altra figlia allora 14enne per punire la moglie che non voleva riallacciare la loro relazione. La Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso dell’imputato contro la sentenza emessa il 12 novembre del 2018 dalla Corte d’assise d’appello di Catania, che aveva confermato quella di primo grado del 30 ottobre 2017. L’aggressione avvenne nella casa dove viveva la sua ex famiglia, a San Giovanni la Punta, il 21 agosto del 2014. L’uomo fu bloccato da due altri suoi figli, all’epoca dei fatti 17 e 22 anni, e poi tentò il suicidio ferendosi con una coltellata all’addome. Diventa definitiva anche la provvisionale di 410mila euro per la moglie e i due figli all’epoca dei fatti minorenni, e di 80mila euro per il quarto figlio maggiorenne, tutti rappresentati dall’avvocato Giuseppe Lo Faro.
«Nessuno mi ridarà mia figlia ma in questo momento ho la sensazione che giustizia è stata fatta». È quanto ha detto la mamma della piccola Laura Russo all’inviata de La Vita in Diretta Estate, il programma di Rai1 condotto da Lisa Marzoli e Beppe Convertini, commentando la condanna definitiva per Russo. La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa e confermato l’ergastolo per il 51enne.
Catania, cinque anni fa Laura Russo uccisa dal padre. La mamma: «Vivo per esaudire i suoi sogni»
Giovanna Zizzo e l’incubo del 2014: «Aveva 12 anni, ricordo tutto: il sangue, le mani. Ora giro per le scuole per insegnare che la violenza è sbagliata»
Cinque anni fa a quest’ora il tempo di Laura era già finito. Non aveva nemmeno 12 anni, Lauretta, e l’alba del 22 agosto 2014 fu l’ultima che respirò. Ogni volta che si avvicina questa data Giovanna Zizzo, sua madre, sente il peso dei ricordi aumentare, schiacciarla. «Non è che non ci pensi anche nel resto dell’anno» dice. «È che quando arriva il 22 agosto rivivo tutto daccapo in modo così intenso che mi pare stia accadendo di nuovo, adesso». La voce di suo figlio Emanuele riemerge da quella giornata orribile. «Mamma corri. Papà ha fatto una cazzata». Giovanna si rivede davanti a casa sua. «C’erano le ambulanze, i carabinieri, la gente. Sono corsa verso tutto quel caos con il cuore che non batteva più. Non sapevo ancora cosa fosse successo». Rivede lui, suo marito. «Era sulla barella, era ferito all’addome. Gli ho chiesto: cos’è successo?». Non ci fu nessuna risposta.Il sangue sulle magliette
L’ufficiale dei carabinieri che la fece passare le disse: «La faccio entrare se mi promette che rimane calma». Lei ricorda se stessa mentre saliva le scale: «Ho visto prima Emanuele, poi l’altro mio figlio, Andrea: avevano le magliette sporche di sangue… Andrea era ferito. E poi ho notato quella mano insanguinata sul muro vicino l’uscio. Ho saputo dopo che era l’impronta di Marika, mia figlia, che all’epoca aveva 14 anni e che quella mattina rimase ferita. Era corsa fuori a chiedere aiuto ai vicini e si era appoggiata a quel muro, accanto all’uscio di casa nostra. Per ultima vidi uscire Lauretta, la stavano portando via, intubata…». Erano le sei e mezza del mattino. Roberto Russo, il marito di Giovanna, l’aveva appena accoltellata. Orgoglio ferito e senso di possesso lo avevano convinto a «punire» Giovanna con l’azione più crudele: uccidere la figlia più piccola. Perché sua moglie aveva osato lasciarlo. Si era presa una pausa dal loro matrimonio ed era andata a vivere dai suoi genitori per capire se voleva ancora stare oppure no assieme a lui, dopo averlo sorpreso a coltivare una relazione con un’altra donna.
«Caro diario»
«È colpa tua se io sto per fare questo» le scrisse lui su un bigliettino prima di affondare la lama nel petto di Lauretta. «Non mi hai perdonato. Perché se tu mi avessi perdonato tutto questo non sarebbe successo». Sono passati cinque anni. Marika porta addosso i segni delle coltellate di suo padre che se la prese anche con lei quando tentò di fermarlo. Lo bloccò Andrea (ferito non gravemente) e nella colluttazione Roberto Russo — ora ergastolano — rimediò una coltellata allo stomaco. Cinque anni e mille, un milione di ricordi. Giovanna è instancabile. Parla ai ragazzi nelle scuole per insegnare che la violenza si sceglie ed è sempre sbagliata. Insegue il sogno che Laura affidò al suo diario. «Caro diario — scrisse — ho un sogno nel cassetto… io credo che i sogni si possano realizzare». E il sogno era aprire un’associazione che si prendesse cura degli animali domestici. Giovanna organizza incontri, serate, eventi nel nome e in memoria di sua figlia. Chiede per lei che giustizia sia fatta fino in fondo. Oggi, dalle sue parti (a San Giovanni La punta, Catania) sarà una giornata speciale per Lauretta: una messa, un flash mob, una preghiera, una fiaccolata… «Lei sarà qui accanto a me» dice sua madre. «Non se n’è mai andata e finché avrò respiro non lascerò che venga dimenticata. La tengo in vita così, nei pensieri e nelle azioni che portano il suo nome». Se chiude gli occhi Giovanna la può quasi sentire: «Caro diario, ho un sogno nel cassetto…»
Laura Russo uccisa dal padre per ritorsione ma “agli occhi del paese la colpevole è la madre” (26 settembre 2019)
Nell’agosto 2014 Roberto Russo uccise nel sonno la figlia dodicenne Laura, per vendicarsi della moglie che voleva lasciarlo ma Giovanna Zizzo denuncia: “In alcuni sguardi leggo atti d’accusa”. Simona Lanzoni di Fondazione Pangea Onlus: “Inaccettabile gogna subita dalla madre”
Oggi sarebbe stato il compleanno di Laura Russo, la bambina di San Giovanni La Punta (Catania)uccisa nel sonno a soli 12 anni dal padre, per ritorsione nei confronti della madre che voleva porre fine alla relazione. Roberto Russo è stato condannato all’ergastolo. Per i giudici del tribunale di Catania, l’intenzione di Russo, che uccise la figlia Laura e ferì gravemente la sorella di 14 anni, era quella di “infliggere un castigo alla loro madre per le sofferenze che aveva dovuto subire e per aver coinvolto i figli nella loro crisi coniugale”.
Qualche settimana fa, la madre di Laura, Giovanna Zizzo, ha inviato una lettera al Corriere della Sera per denunciare i pregiudizi della comunità del paese. “Mi avrebbe fatto piacere sentire il calore umano della gente, del sindaco, degli assessori, della comunità religiosa. E invece ho vissuto questi cinque anni con la netta sensazione di essere una figura fastidiosa. Una alla quale magari concedono questo o quello, sì, ma solo se lo chiede. Mai che qualcuno sia venuto dirmi: cosa possiamo fare per ricordare Lauretta? Sento addosso la certezza che se me ne stessi in un angolo, in silenzio, in tanti tirerebbero un sospiro di sollievo”, ha scritto Giovanna. “Quel che è peggio è che in alcuni sguardi leggo atti d’accusa: sono stata io — mi dicono quegli sguardi — ad aver armato la mano del mio ex marito, io ad essermi allontanata dopo aver scoperto che aveva un’altra, io ad avere la colpa di non aver lasciato correre… All’inizio uscivo solo se avevo addosso gli occhiali da sole, era impossibile sostenere quegli sguardi, sopravvivere al pregiudizio è stata una delle tante prove che ho dovuto affrontare. Ma ora so che ho sbagliato a sentirmi sbagliata. Io sono la mamma di Laura, ho lei dalla mia parte e potete pensare quello che volete. Non mi nasconderò mai più dietro un paio di occhiali”.
“A Giovanna oggi non rimane che l’amarezza di sentirsi accusata dagli sguardi di alcuni compaesani, che la scrutano con sospetto per essersi voluta allontanare dal quel nucleo familiare che non esisteva. Un paese che, a partire dall’amministrazione, non le ha mai fatto sentire calore umano e vicinanza”, denuncia oggi, nel giorno del compleanno di Laura Russo, Simona Lanzoni, vice presidente Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice Reama, rete per l’empowerment e l’auto muto aiuto per le donne che subiscono violenza e per i loro figli/e. “Mentre tutta Italia chiama Giovanna per parlare di Laura, nelle scuole, nelle conferenze, a San Giovanni La Punta non c’è una targa o una stele che ricordi la bambina. Ricordarla sarebbe invece un monito per i violenti, una cicatrice doverosa e necessaria”, dice Lanzoni. “Facciamo quindi appello all’attuale sindaco e a tutta l’amministrazione comunale perché prenda posizione in primis contro questa gogna che Giovanna deve subire quotidianamente, dichiarando apertamente da che parte sta e assumendo tutte le iniziative necessarie a ricordare la storia di Laura nei modi dovuti per sensibilizzare le coscienze degli uomini e delle donne. Ma ci rivolgiamo anche alla parte buona del paese, che sappiamo essere tanta, perché prende pubblicamente le distanze da chi, ancora oggi, dimentica chi sia la vittima. A Giovanna oggi non resta altro che l’immenso dolore per una figlia che non c’è più a cui si aggiunge l’amarezza per il trattamento che deve subire”, conclude Lanzoni.
“La mia bambina uccisa dal suo papà”: Giovanna Zizzo, mamma di Laura Russo (23 agosto 2021)
La sua bambina, Laura Russo, è stata uccisa a coltellate dal padre, nell’agosto del 2014. Aveva 11 anni. Dopo averla uccisa il padre si è accanito anche sulla sorella Marika, all’epoca 14 anni, miracolosamente sopravvissuta dopo aver lottato tra la vita e la morte e oltre cento trasfusioni di sangue.
“Siamo le ergastolane del dolore. Gli assassini delle nostre figlie possono avere qualsiasi pena, ma poi ci saranno sempre gli sconti, i permessi speciali… Il vero fine-pena-mai è il nostro, che sopravviviamo alle nostre figlie”. Giovanna Zizzo lo ripete spesso nei giorni trascorsi in Sicilia, accanto a lei e a Vera Squatrito, l’amica che con lei condivide il dramma di una figlia morta ammazzata per mano di uomini che dovevano proteggerle.
Omicidio Lauretta Russo, “Così mio marito ha ucciso mia figlia per punirmi” (24 novembre 2021)
Sembrava una normale sera d’estate e si è trasformata nella tragedia che cambiato per sempre la vita di mamma Giovanna Zizzo. L’assassino, suo marito e papà della piccola, non si è mai pentito.
Laura Russo è stata uccisa a San Giovanni La Punta (Catania), il 21 agosto 2014, all’età di 11 anni. A toglierle la vita il padre Roberto, che all’epoca dei fatti aveva 47 anni. La mamma della piccola, Giovanna Zizzo, racconta a QdS.it la tragedia che ha vissuto e che a tutt’oggi vive assieme agli altri suoi tre figli sopravvissuti.
La relazione con il marito e la scoperta del tradimento
Giovanna Zizzo ha conosciuto il marito quando aveva soltato 13 anni. Con lui ha trascorso l’adolescenza, fatto le prime esperienze e vissuto gran parte della sua vita. Con lui ha anche costruito la sua famiglia e messo al mondo quattro figli: Andrea, Emanuele, Marika e Laura, l’ultima arrivata.
Un giorno le due figlie scoprono che il padre ha una relazione con un’altra donna e informano la madre. La moglie, delusa e addolorata per una simile scoperta a 25 anni dal loro matrimonio, chiede un momento di pausa che il marito sembra accogliere senza troppi problemi. Tanto che, il giorno prima del terribile delitto, trascorrono una giornata tutti insieme al mare e ritrovano quasi la complicità di una volta.
Francesco Russo, il profilo di un assassino “atipico”. Francesco Russo, a differenza di altri uomini che odiano le donne, non ha mai mostrato comportamenti violenti o aggressivi. Stava attraversando un periodo difficile con la sua famiglia, a causa della perdita del lavoro e della depressione della moglie. Tutti parlano di lui come di un gran lavoratore, un uomo pantofolaio del quale mai si sarebbe potuto presagire l’istinto omicida.
L’omicidio di Laura. E invece il 21 agosto del 2014, ha deciso di prelevare i figli da casa della nonna, dove la moglie era solita trascorrere le vacanze estive. Con loro è stato più amorevole e attento del solito: li ha portati a cena fuori e al parco, ha persino preteso che sui social fosse pubblicata una foto che li ritreva insieme. Poi ha chiesto alle due bimbe di guardare un film sul lettone e di dormire con lui, come mai aveva fatto prima. Non appena hanno chiuso gli occhi, si è recato in cucina per recuperare due grossi coltelli, ha trascorso le ultime ore al pc e scritto un biglietto da far trovare alla moglie. Quando il figlio più grande è rientrato, alle tre di notte, gli ha chiesto cosa ci facesse ancora in piedi. “Domani vedrai”, ha risposto. Così, intorno alle ore 6 del mattino, si è scagliato su Laura ferendola a morte. E dopo sulla sorellina Marika che, con un’emorragia interna, è riuscita a salvarsi dopo 4 giorni di coma.
Un assassino che non si è mai pentito. Francesco Russo è stato condannato alla pena dell’ergastolo, con sentenza passata in giudicato perché confermata fino in terzo grado di giudizio. A lui nessuna attenuante è stata riconosciuta, nonostante il suo tentativo di dimostrare che fosse incapace di intendere e di volere a causa di una presunta ludopatia poi rivelatasi inesistente e dell’assunzione di un farmaco, anch’essa ipotesi priva di fondamento. All’omicidio sono state invece aggiunte le aggravanti della premeditazione e della preordinazione del reato.
La perizia psichiatrica parla chiaramente di un uomo perfettamente capace d’intendere e di volere che, come lui stesso ha dichiarato, ha ucciso la figlia per vendicarsi della moglie e non si è mai pentito né ha mai chiesto scusa.
Un uomo che non ha accettato di essere stato lasciato e che ha deciso di condannare alla sofferenza eterna chi aveva già tradito. Per farlo ha scelto come vittima Laura, una bambina dall’aspetto molto somigliante a quello della madre e con un carattere forte, ricordata come la “paladina di tutti”. Perché lei, invece, i più deboli li difendeva sempre.
Giovanna Zizzo e gli altri tre figli, quattro vite da sostenere e la sensibilizzazione contro la violenza di genere
Giovanna Zizzo ha trascorso il primo anno dopo la morte della figlia a distruggersi, con il costante desiderio di morire. Poi gli altri tre figli l’hanno aiutata a sopravvivere, a ritrovare la forza di rimanere in piedi. Non si è sentita davvero sostenuta dalle istituzioni, nonostante la tragedia immensa subìta. La loro, a suo avviso, sarebbe stata una vicinanza di circostanza alla quale non sono seguiti fatti concreti. Mentre lei è rimasta da sola a dover crescere tre figli con un dolore così grande che a momenti la portava via.
Oggi, anche assieme a Vera Squatrito – mamma di Giordana Distefano, uccisa dall’ex fidanzato e padre di sua figlia -, porta avanti la lotta contro la violenza sulle donne. “Il mio scopo è quello di portare la voce di Laura, perché lei è viva finché io le dò voce. Quello di parlare con i ragazzi nelle scuole, perché se gli uomini di oggi hanno già una forma mentis definita e segnata da anni di patriarcato, i giovani possono ancora cambiare le cose”, spiega Giovanna Zizzo.
L’appello alle istituzioni. La donna lancia poi alle istituzioni l’appello di riformare la giustizia, di fare in modo che le vittime non debbano – dopo le denunce – abbandonare le loro abitazioni con i figli per vivere sicure da “recluse” nei centri adibiti ad hoc. E che siano invece gli uomini a essere allontanati da casa, senza costringere i bambini a interrompere la loro quotidianità.
Giovanna Zizzo si batte anche e soprattuto per assicurare un sostegno alle vittime collaterali della violenza di genere: “Gli uomini che odiano le donne uccidono le donne stesse che li rifiutano o i loro figli – aggiunge -. E i figli che restano, dette ‘vittime collaterali’, dovrebbero essere considerate vittime dirette che hanno subìto l’orrore. Loro hanno bisogno di un sostegno psicologico e di un accompagnamento valido al mondo del lavoro che, ad oggi, non esiste”.