Salvatore Tamburrino, 41 anni, camorrista, padre separato. Uccide la a colpi di pistola davanti ai figli e diventa collaboratore di giustizia. Condannato all’ergastolo poi annullato e ridotto a 30 anni
Melito (Napoli), 2 Marzo 2019
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Omicidio Melito, ecco chi è l’assassino di Norina (Terra Nostra News – 2 marzo 2019)
Si chiama Salvatore Tamburrino, 41 anni, l’omicida di Norina Matuozzo, la 33 enne uccisa a colpi d’arma da fuoco in un appartamento di Melito. L’uomo ha diversi precedenti penali e risulta essere contiguo al clan Di Lauro di Secondigliano. L’assassino è in questura, dove da diverse ore è sottoposto all’interrogatorio degli inquirenti. La coppia a coppia aveva due figli: una ragazzina di 14 anni e un maschio di 7 anni. Viveva in un complesso di edilizia popolare non lontano dal centro storico di Melito. Secondo alcune ricostruzioni, non ancora confermate dagli investigatori, pare che l’uomo abbia sparato tre colpi all’indirizzo dell’ex compagna.
Napoli, Norina uccisa dal braccio destro di Di Lauro: «Ma voleva solo spaventarla» (il Mattino – 3 marzo 2019)
Non ha fatto riferimento al boss Marco Di Lauro (arrestato ieri nella periferia di Napoli, a Chiaiano, pochi chilometri dalla «sua» Secondigliano, ndr) Salvatore Tamburrino, l’uomo ritenuto legato al clan fondato dal padre del latitante, che ieri a Melito ( Napoli), con una pistola ha ucciso la moglie, Norina Matuozzo, di 33 anni. A renderlo noto è l’avvocato dell’uxoricida, Domenico Smarrazzo.
Dopo il suo arresto era circolata la voce che fosse stato proprio lui a rivelare il nascondiglio del latitante. Ma Tamburrino, assistito dal suo avvocato Domenico Smarrazzo, ieri in Questura, sottolinea il legale, «ha rilasciato solo una lunga confessione ma circoscritta esclusivamente all’omicidio della moglie».
Dinanzi al pubblico ministero Vergara, Tamburrino ha ricostruito cosa è accaduto nell’abitazione dei suoceri: si è recato da Norina, dalla moglie, per chiederle perdono e per uccidersi. I due si erano lasciati perché lei aveva saputo di una relazione clandestina del marito con un’altra donna. Tamburrino ha spiegato che aveva anche fatto testamento, che aveva acquistato una pistola la mattina e che poi aveva raggiunto Norina. Ha chiesto alla donna di seguirlo in un’altra stanza, perché non voleva uccidersi davanti ai suoceri, ma quando lei ha rifiutato si è consumato il dramma. Agli inquirenti ha detto di avere chiuso gli occhi e poi sparato, tre volte, ma solo per spaventarla.
I colpi però hanno ucciso Norina. A questo punto è scappato, verso lo studio dell’avvocato Smarrazzo. Anche lì ci sono stati forti momenti di tensione al culmine dei quali ha minacciato nuovamente di uccidersi. L’avvocato, però, è riuscito a convincerlo a riporre l’arma e a consegnarsi alla giustizia.
Napoli, parla il pentito: «Ecco perché ho deciso di tradire il boss Marco Di Lauro» (il Mattino – 10 gennaio 2020)
Pochi secondi all’interno dell’ascensore della Questura. Tanto è bastato a chiudere la più importante (e duratura) caccia all’uomo condotta negli ultimi due decenni a Napoli. Lì, nel vano che conduce dalle celle di sicurezza ai piani alti di via Medina, c’è stato l’approccio decisivo per la cattura di Marco Di Lauro, la soffiata che ha fatto scattare le manette ai polsi dell’ormai ex imprendibile, il wanted numero uno che trascorreva la sua latitanza borghese in un condominio dell’area collinare napoletana. Lo ha svelato in questi mesi il neo pentito Salvatore Tamburrino, nel corso del primo verbale di interrogatorio reso dinanzi ai pm del pool anticamorra, dopo aver superato la fase di tentennamento, dopo aver formalizzato il proprio status di collaboratore di giustizia.
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È in questa fase, che svela come – in modo estemporaneo – si arriva alla cattura di F4 (quarto figlio di Paolo Di Lauro), latitante dal 2004 al 2019: una soffiata che nasce in un momento di sconvolgimento emotivo, dopo aver ucciso a sangue freddo la moglie Norina Matuozzo, nella casa dei genitori in cui si era trasferita per chiudere i ponti con la sua storia matrimoniale. La morte di una giovane madre, l’odio che si trasforma in pianto da parte del marito assassino, lo sconforto che produce la svolta decisiva per arrestare Marco Di Lauro. E gli inquirenti che incassano il risultato, dopo anni di sacrifici e silenziosa abnegazione.
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Sabato due marzo, giorno di ordinaria follia. Ha spiegato Salvatore Tamburrino: «Avevo ucciso mia moglie, mi resi subito conto di aver commesso una cosa ignobile, mi affidai al mio avvocato per consegnarmi alle forze dell’ordine. Fui prelevato dalla polizia di corso Secondigliano, consegnai la mia pistola, fui portato in Questura». Cosa accadde in quei frangenti? «Nell’ascensore, ad alcuni poliziotti, confidai loro il luogo dove si trovava Marco Di Lauro. Volevo, grazie a questa informazione, ottenere la disponibilità di poter riabbracciare un’ultima volta i miei figli. È stato quindi un moto immediato e spontaneo».
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Tutto in poche ore, secondo la ricostruzione messa a verbale, nel corso delle indagini condotte dai pm Maurizio De Marco e Vincenza Marra, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Siamo in via papa Giovanni XXIII a Melito, al quinto piano di un edificio di edilizia popolare. È qui che si consuma la tragedia di Norina Matuozzo. Ha 33 anni e tanta voglia di vivere, di dedicarsi alla crescita dei figli, ma è decisa a chiudere i conti con Salvatore Tamburrino, l’uomo che da almeno 15 anni svolge il ruolo di angelo custode del boss latitante Marco Di Lauro. È lui il link tra il covo del ricercato e il resto del mondo, un camorrista dal profilo basso, ma che non accetta di perdere la moglie.
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Poche parole in casa dei suoceri, poi – di fronte alla determinazione della donna che chiede una vita diversa – la mano sul grilletto e quel tum tum che non lascia scampo. Sangue freddo, un femminicidio che c’entra poco o nulla con la camorra. Poche ore dopo, arrivano le manette e il primo approccio.
Lì, in ascensore, quelle parole, quell’indirizzo sussurrato ad un agente: «Via Emilio Scaglione», tanto è bastato per stanare F4, per chiudere i conti con un soggetto ricercato per una condanna a dieci anni per fatti di droga e tuttora sotto processo per l’omicidio del giovane impiegato (estraneo alla camorra) Attilio Romanò.
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Difeso dai penalisti Sergio Cola e Gennaro Pecoraro,oggi Di Lauro jr punta a ribaltare la sentenza all’ergastolo per l’omicidio, ma anche a dimostrare il proprio ruolo defilato negli affari di famiglia. Ma sono ancora le confessioni di Tamburrino a svelare in che modo venivano gestiti i contatti tra Marco Di Lauro e il suo retroterra criminale. Venivano usati dei «telefoni di plastica come dei citofoni», distrutti subito dopo l’uso. Ad un orario concordato, una volta ogni venti giorni (salvo situazioni di particolare emergenza), la breve comunicazione, che consentiva di definire accordi e strategie, senza impegnare – sotto il profilo logistico o militare – le retrovie del clan.
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Ma che vita ha condotto Marco Di Lauro? Si è mosso poco dall’appartamento di via Scaglione. Ha vissuto assieme alla moglie e a qualche gatto. In casa aveva manubri e tappetini per una sorta di palestra domestica, passava il suo tempo alla tv o in attività di basso profilo. Poche sortite notturne, qualche volta al cinema, sempre e comunque senza dare nell’occhio con auto o abiti di lusso. Una latitanza «borghese», lontana dal cliché dei protagonisti di Gomorra, che è stata interrotta dalla tragedia della gelosia, da parte di un uomo che uccide la moglie, si pente un attimo dopo, chiede di riabbracciare i figli e offre sul piatto della giustizia un nome che conta: quello di Marco Di Lauro, protetto per 14 anni di vita da gregario e angelo custode. (di Leandro Del Gaudio)
Omicidio Norina Matuozzo, ergastolo per l’ex marito (Napoli Today – 3 febbraio 2020)
Salvatore Tamburrino è stato condannato dal Gup del tribunale di Napoli Nord
È stato condannato all’ergastolo dal Gup del Tribunale di Napoli Nord per l’omicidio di Norina Matuozzo, Salvatore Tamburrino. Il delitto avvenne a Melito nel marzo scorso. La donna, 33 anni, fu freddata dall’ex marito con tre colpi di pistola presso l’abitazione dei genitori, dove si era rifugiata dopo la separazione con l’uomo. Tamburrino si era costituito ai Carabinieri poche ore dopo l’omicidio.
Presenti in aula anche la madre di Norina e altri parenti.
https://www.corriere.it/cronache/20_febbraio_15/camorra-boss-che-uccise-moglie-voleva-fingersi-pazzo-incastrato-pizzini-genitori-4db91996-4ff9-11ea-a036-d715f3c65007.shtml
Uccise la moglie Norina, ergastolo per il pentito Salvatore Tamburrino (il Meridiano Nws – 14 ottobre 2021)
Tamburrino, pregiudicato legato al clan di Lauro, ritenuto componente la cerchia dei personaggi che si occupavano della latitanza di Marco Di Lauro, fu colui che determinò la cattura di Marco Di Lauro, dopo una lunghissima latitanza
La prima sezione Corte di Assise di Appello di Napoli (presidente Maria Alaia) ha condannato all’ergastolo il collaboratore di giustizia Salvatore Tamburrino, ex vivandiere di Marco Di Lauro, che il 2 marzo 2019 uccise la moglie Norina Matuozzo, madre di due figli, ammazzata a colpi di pistola nell’appartamento dei suoi genitori, a Melito, in provincia di Napoli, dove la donna si era rifugiata dopo la separazione dal marito. Tamburrino, pregiudicato legato al clan di Lauro, ritenuto componente la cerchia dei personaggi che si occupavano della latitanza di Marco Di Lauro, fu colui che determinò la cattura di Marco Di Lauro, dopo una lunghissima latitanza.
Si consegnò alle forze dell’ordine diverse ore dopo l’omicidio, accompagnato dal suo avvocato, per confessare il crimine. Tamburrino è stato condannato anche in primo grado all’ergastolo il 3 marzo 2020, al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato per omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, dal vincolo sentimentale con la vittima, dalla presenza di figli minori e dai maltrattamenti.
“Abbiamo trovato una corte giusta, – ha detto Elda Matuozzo, sorella di Norina – perché questo è stato un processo per un femminicidio dove non era giusto che l’imputato facesse valere il suo stato di collaboratore. E’ stata dura, ci siamo battuti molto per evitarlo. Quando è stata letta la sentenza, ho rivolto lo sguardo verso la foto di mia sorella e le ho detto: ‘hanno dato il giusto valore alla tua perdita, valevi tanto come persona e anche lo Stato te lo ha riconosciuto. Comunque – conclude Elda – diventerà questa una vittoria a 360 gradi quando tutti i femminicidi saranno puniti con il massimo della pena”. Al termine della requisitoria, invece, il sostituto procuratore generale Raffaele Marino aveva avanzato richiesta di attenuazione della pena a 30 anni di reclusione. La famiglia Matuozzo è stata difesa dall’avvocato Giuseppe Scafuro. Tra le parti civili anche l’associazione antiviolenza “Al posto tuo”, rappresentata dall’avvocato Loredana Gemelli. (ANSA).
Il femminicidio di Norina, la cattura del boss e i figli costretti a vivere sotto protezione: “Ci hai marchiati a vita” (il Riformista – 14 ottobre 2021)
Non solo hanno dovuto assistere all’omicidio della madre, Norina Matuozzo, 33 anni, uccisa con tre colpi d’arma da fuoco dal marito perché aveva deciso di lasciarlo, stanca dell’ennesimo tradimento. Ma sono anche stati costretti a entrare nel programma di protezione lasciando la loro città e i loro affetti perché il loro papà, Salvatore Tamburrino, 43 anni, dopo il femminicidio avvenuto il 2 marzo 2019 nell’abitazione dei nonni materni a Melito, comune a nord di Napoli, ha deciso di costituirsi alle forze dell’ordine dando il là a quelle “fibrillazioni“, così ribattezzate dall’allora questore di Napoli Antonio De Iesu, che portarono poche ore dopo alla cattura di Marco Di Lauro, quarto figlio del super boss Paolo Di Lauro, latitante da quasi 14 anni.
In sostanza Tamburrino, affiliato al clan e facente parte della cerchia ristretta di persone che curavano la latitanza di Di Lauro jr, avrebbe fornito informazioni decisive per arrivare alla cattura di “F4”. Di conseguenza dopo essere passato a collaborare con la giustizia, sono entrati nel programma di protezione anche i sue figli (e i nonni materni), che oggi hanno 16 e 9 anni.
Mercoledì 13 ottobre Tamburrino è stato condannato dalla prima sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli all’ergastolo per l’omicidio di Norina, ammazzata nell’abitazione dei suoi genitori dove si era trasferita insieme ai figli dopo la separazione. Era sabato e si era recato lì per parlare armato di pistola, poi la tragedia e la fuga. Anche in primo grado, il 3 marzo 2020, Tamburrino era stato condannato all’ergastolo al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato per omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, dal vincolo sentimentale con la vittima, dalla presenza di figli minori e dai maltrattamenti.
La lettera della figlia: “Hai deciso di non fare alcuno sconto alla mia mamma, ci hai marchiati a vita”
Durissime le parole della figlia 16enne che, attraverso la pagina social ‘Giustizia per Norina Matuozzo‘ (che negli ultimi due anni ha tenuto vivo il ricordo della 33enne uccisa dal marito), ha pubblicato una lettera che ripercorre il calvario vissuto da quel maledetto 2 marzo 2019. “Nonostante siano passati più di 2 anni e mezzo dall’evento che più mi ha segnata, trovo ancora assurdo il fatto di dover continuare a fare conti con la persona, o per meglio dire, la fonte del marchio nero che sarà per sempre riconducibile alla mia persona. La cosa più logica per ogni essere razionale che rientra nei canoni di “normalità morale” (cosa che tu, Salvatore, non hai), dopo aver commesso un atto di questo genere, sarebbe, semplicemente e come minimo, vivere la propria condanna tenendo la testa bassa, così come tu, Salvatore, hai sempre imposto di tenere quella di chi, più di tutti, avrebbe dovuta tenerla sempre alta.
Tu hai deciso di non fare alcuno sconto di pena alla mia mamma, e allora non meriti neanche tu di averli.
C’è una cosa su cui pongo spesso la mia attenzione: il sole oltrepassa, ogni giorno, il muro della notte per riprendersi la luce. Ecco, io l’ho fatto. E ora che tu, Salvatore, sei nel buio, sei proprio sicuro di riuscire a trovare la luce?
Ho continuato ad avere fiducia nella giustizia ed oggi dico, con molta fierezza: Ergastolo per Salvatore Tamburrino”.
Sulla sentenza si è espressa ancheElda Matuozzo, sorella di Norina: “Abbiamo trovato una corte giusta, perché questo è stato un processo per un femminicidio dove non era giusto che l’imputato facesse valere il suo stato di collaboratore. E’ stata dura, ci siamo battuti molto per evitarlo. Quando è stata letta la sentenza, ho rivolto lo sguardo verso la foto di mia sorella e le ho detto: ‘hanno dato il giusto valore alla tua perdita, valevi tanto come persona e anche lo Stato te lo ha riconosciuto. Comunque – conclude Elda – diventerà questa una vittoria a 360 gradi quando tutti i femminicidi saranno puniti con il massimo della pena”. (di Giovanni Pisano)
Camorra: “Ucciso innocente? Più ne morivano più boss contento” (Ansa – 23 febbraio 2022)
Parla “pentito” che consentì cattura Marco Di Lauro dopo 14 anni
“Cosimo non si lamentò affatto della circostanza che fosse stata uccisa in quell’evento una seconda persona perché era il periodo in cui più persone si uccidevano più Cosimo era contento…”. A parlare della ferocia di Cosimo Di Lauro, figlio del capoclan Paolo Di Lauro, fratello di Ciro e Marco Di Lauro, i tre fratelli che, secondo gli inquirenti, rappresentavano il triumvirato alla guida dell’omonima famiglia camorristica di Secondigliano, è Salvatore Tamburrino, uomo di fiducia di Ciro “o’ chiatto” e anche di Marco Di Lauro, detto “F4”, colui che ha consentito l’arresto di Marco dopo 14 anni di latitanza.
Tamburrino venne arrestato per l’omicidio della moglie Norina Matuozzo il 2 marzo 2019: lo stesso giorno viene arrestato anche Marco Di Lauro. Tamburrino ha iniziato la sua collaborazione con la Giustizia il 22 ottobre dello stesso anno. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, risalenti al 21 novembre 2019, sono annesse all’ordinanza notificata ieri dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Castello di Cisterna a Ciro Di Lauro, Giovanni Cortese, Salvatore Petriccione e Ciro Barretta (gli ultimi tre facenti parte del gruppo di fuoco, il primo il mandante), per il duplice omicidio avvenuto a Melito, in provincia di Napoli, il 21 novembre 2004, di Domenico Riccio, considerato il riciclatore, o comunque il cassiere, di Abbinante Raffaele detto “papele”, appartenente alla frangia rivale degli scissionisti, e di Salvatore Gagliardi, anche lui morto in quell’agguato malgrado non fosse tra gli obiettivi della “squadra di morte” dei Di Lauro di istanza proprio a Melito durante la faida di Secondigliano del 2004.
Tamburrino, scrive il gip di Napoli Ambra Cerabona nell’ordinanza con la quale ha disposto le quattro misure cautelari, “…rappresenta l’affiliato di livello superiore dei Di Lauro che ha portato all’attenzione degli inquirenti un patrimonio conoscitivo rilevantissimo in ordine ai periodi della faida del 2004”.
Omicidio Norina Matuozzo, annullato l’ergastolo a Salvatore Tamburrino (MelitOnline – 12 luglio 2023)
“Questa è la legge e noi possiamo solo accettarla,confidando in un altro tipo di giustizia che evitiamo di dire ma pregheremo affinché accada”, è quanto ha dichiarato la famiglia di Norina.
Era il 2 marzo 2019 quando Norina Matuozzo fu brutalmente uccisa da suo marito, Salvatore Tamburrino, a Melito che la freddò con tre colpi d’arma da fuoco: causa di tale brutale gesto era la volontà della donna di voler lasciare suo marito dopo aver scoperto un tradimento. Tamburrino, però, non accettava l’idea che la moglie volesse rifarsi una vita e, scoperto che era in visita dai genitori, decise di “farla finita” una volta per tutte.
Quello stesso giorno, mentre si piangeva la morte di Norina, veniva arrestato il boss Marco Di Lauro. A svelare il nascondiglio e altri retroscena fu proprio Salvatore Tamburrino che per ottenere sconti di pena decise di pentirsi. Nel 2020, però, il killer viene accusato di omicidio e condannato all’ergastolo: attualmente collabora con la giustizia.
Uccise la moglie, salvo il ras (il Roma – 12 luglio 2023)
Ergastolo cancellato per Salvatore Tamburrino, ex fedelissimo del boss Di Lauro
Ergastolo cancellato per l’ex ras del clan Di Lauro colpevole di aver assassinato la moglie. Ieri pomeriggio la Corte d’assise d’appello di Napoli ha condannato a 30 anni di reclusione Salvatore Tamburrino per l’omicidio di Norina Matuozzo, avvenuto il 2 marzo del 2019 a Melito. Subito dopo il delitto, Tamburrino, all’epoca braccio destro del boss Marco Di Lauro, ammise la sua responsabilità e fornì agli investigatori, diventando così collaboratore di giustizia, elementi utili per catturare l’allora latitante Marco “F4”, che fu preso in poche ore a Chiaiano; Tamburrino si occupava infatti di rifornire di vivande il boss.
Tamburrino uccise la moglie a colpi di pistola a casa dei suoceri, dove la donna aveva trovato rifugio dopo la separazione. La sentenza di ieri arriva al termine del quarto processo sostenuto da Tamburrino (difeso dall’avvocato Domenico Esposito), che era stato condannato all’ergastolo in primo e in secondo grado, poi la Cassazione, il 5 dicembre scorso, ha annullato rinviando gli atti a un’altra sezione della Corte d’assise d’appello per rideterminare la pena, dopo aver accolto le richieste difensive di assorbimento del reato di maltrattamenti nel reato di omicidio e dell’assorbimento del reato di detenzione dell’arma in quello di porto in luogo pubblico dell’arma. Ieri dunque la Corte d’assise d’appello ha rideterminato la pena come stabilito dalla Cassazione, annullando l’ergastolo e comminando 30 anni.
Un verdetto che ha destato profondo sgomento tra i familiari della vittima, che a caldo hanno commentato così la sentenza: «Forse per chiunque una condanna a 30 anni è una vittoria, ma non per chi ha perso in questo mondo una persona cara. Togliere una condanna all’ergastolo e dare 30 anni equivale a un premio e noi familiari di Norina non possiamo essere contenti che il suo assassino venga premiato; per lo più sapendo che i 30 anni sono scritti solo su carta, perché con buona condotta e cose varie ne vengono scalati molti altri. Questa è la legge e noi possiamo solo accettarla».
Nelle scorse settimane il killer Tamburrino aveva anche chiesto di poter incontrare la figlia. Una circostanza rivelata sui social dalla diretta interessata: «Un po’ di giorni fa, poco dopo aver compiuto 18 anni, mi è arrivata una richiesta, tramite il servizio di Protezione, da parte di Salvatore Tamburrino il quale mi chiedeva, in quanto maggiorenne e quindi responsabile delle mie decisioni, se ero disposta ad avere dei contatti con lui. La cosa non mi stupisce dato che si tratta dell’autore dell’omicidio di mia madre. Ciò che mi fa più arrabbiare, però, è che lui possa aver pensato che io e mio fratello abbiamo deciso di stroncare ogni rapporto solo perché condizionati dai nostri nonni. Questo non fa altro che confermare che Salvatore Tamburrino non si sia minimamente reso conto e quindi pentito di ciò che ha commesso. Come può pensare che io voglia rivedere le stesse mani della persona che ha premuto il grilletto contro mia madre?». Impossibile trovare una risposta.
Femminicidio Norina Matuozzo: no all’ergastolo per il “custode” di Marco di Lauro (Oltremodo TV – 23 luglio 2023)
Niente ergastolo per Salvatore Tamburrino, ex braccio destro del boss Marco Di Lauro, imputato per il femminicidio della sua ex compagna Norina Matuozzo avvenuto il 2 marzo del 2019. È stata la corte di assise di appello a stabilirlo, chiamata a pronunciarsi dopo che la cassazione aveva annullato la precedente condanna all’ergastolo comminata all’uomo. Sono state accolte anche questa volta le richieste della difesa, del legale Domenico Esposito, che volevano l’assorbimento del reato di maltrattamenti in quello di omicidio, e di quello di detenzione di arma in quello di porto di arma in luogo pubblico. Tamburrino, esponente della camorra secondiglianese, non accettò che la madre dei loro due figli volesse lasciarlo e cambiare vita, con lo scopo soprattutto di allontanarsi dall’ambiente della malavita organizzata di cui il compagno era parte integrante. La uccise a colpi d’arma da fuoco, per poi prendere una decisione che avrebbe cambiato le sorti della lotta alla camorra: Tamburrino si costituì subito dopo, rivelando quale fosse il nascondiglio del boss da lungo tempo latitante e permettendone quindi finalmente l’arresto. Tamburrino uccise la donna a colpi di pistola all’interno dell’appartamento dei genitori della vittima, in via Papa Giovanni XXIII a Melito. È dove Norina aveva provato a trovare riparo dopo la separazione. Subito dopo l’omicidio Tamburrino tentò la via della collaborazione nella speranza di ottenere uno sconto di pena ma al tempo l’attenuante della collaborazione non venne ritenuta prevalente rispetto alle aggravanti contestate. Così il 3 marzo 2020 è scattata la condanna in primo grado all’ergastolo. Pena confermata nel 2021 ma messa in discussione in cassazione il 5 dicembre 2022. E oggi, probabilmente, definitivamente tramontata. (di Giulio Catalucci)