Roberto Tobia, 61 anni, imprenditore del settore petroli. Dopo mesi di stalking, uccide a colpi di pistola l’ex fidanzata e si suicida
Valloria (Savona), 12 Luglio 2008
Titoli & Articoli
Omicidio-suicidio a Savona: morbosamente spiata prima di essere uccisa (IVG – 13 luglio 2009)
La seguiva, la pedinava, la spiava. Ogni singolo movimento, ogni azione, ogni minimo comportamento, abitudinario o meno che fosse finiva per essere appuntato e repertoriato. Roberto Tobia, l’autore dell’omicidio di Miriam Tambaro, morto suicida subito dopo l’azione criminale, teneva un’agenda sulla quale registrava la cronaca degli appostamenti maniacali con cui violava la vita privata dell’ex compagna. L’agenda è stata trovata dagli inquirenti durante la perquisizione dell’abitazione dell’uomo, sessantunenne, che ha agito accecato dalla gelosia, sotto l’impulso di una passione morbosa per l’avvenente panettiera di quasi trent’anni più giovane. Tobia annotava ogni fatto che riguardasse la giovane: “Oggi l’ho vista parlare con…”, “Alle 11 ha preso un caffè con…”, e via dicendo.
Tutto morbosamente scritto: orari, amicizie, uscite. E con dovizia di particolari.
Pregiudicato, sorvegliato in libertà vigilata, Tobia intratteneva con la 33enne un legame sentimentale che, ufficialmente finito per volontà di lei, era sfociato in un rapporto persecutorio. I due continuavano a vedersi in un litigioso tira e molla. La donna a dicembre aveva ritirato la querela per molestie a carico dell’uomo, ma quest’ultimo continuava a inondarla di chiamate e di messaggi, anche quando la stessa mostrava la più radicale resistenza.
Il sessantunenne pretendeva di uscire il sabato sera, quando lei preferiva invece vedere le amiche; le faceva regali di ogni genere, anche costosi; voleva a tutti i costi un sentimento eslcusivo. Il tarlo della gelosia lo perseguitava.
Questa sera il ritrovamento dei due cadaveri all’interno di un pick-up Mitsubishi L200 nella zona di Valloria. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, l’uomo ha esploso tre/quattro colpi di pistola alla nuca, alla spalla e al torace della donna che stava cercando di uscire dall’abitacolo. Quindi ha rivolto l’arma contro se stesso e si è sparato al mento. Il revolver che ha usato, secondo una prima risultanza, sarebbe stato rubato l’anno scorso a Torino. Nell’abitazione del sessantunenne, invece, sono stati trovati tre fucili regolarmente dichiarati. Resta da capire come facesse l’uomo con i notevoli precedenti penali a possedere ancora regolare porto d’armi e relativi fucili. (di Felix Lammardo)
Ore 16 di domenica 12 luglio: si sarebbe consumato in quel momento il drammatico gesto di Roberto Tobia nel parcheggione di via Olivetta, in Valloria (il Secolo XIX – 15 luglio 2009)
Gli investigatori non sembrano avere dubbi. La calibro 38 clandestina ha fatto fuoco su Miriam Tambaro, 33 anni, a quell’ora. Sotto il sole di una domenica pomeriggio sonnecchiosa e deserta. Non tanto però da far passare inosservati i rumori dei cinque colpi esplosi dall’ex imprenditori sulla ragazza che non voleva perdere e poi su se stesso. Una volta diffusa la notizia dell’omicidio-suicidio, alcuni abitanti della zona hanno infatti ricordato quelle insolite esplosione udite nel cuore del pomeriggio. Cinque boati, sicuramente ovattati dall’abitacolo dell’auto di Tobia, che forse al momento dei fatti non avevano attirato particolarmente l’attenzione.
Di fronte alla notizia la memoria di alcuni cittadini ha ricostruito i fatti e lo hanno dichiarato ai carabinieri che da lunedì mattina stavano cercando con insistenza la donna. Proprio le testimonianze ha permesso alla procura di mettere un momento importante nella vicenda. Anche perché il medico legale intervento la stessa sera del ritrovamento dei due cadaveri aveva ipotizzato un percorso a ritroso di massimo dieci-dodici ore. Un’ulteriore conferma potrebbe arrivare oggi dall’esame autoptico, ma le dichiarazioni dei testimoni sarebbero una garanzia. Anche sull’accertamento del movente del delitto avrebbe avuto un ruolo un altro gruppo di testimonianze raccolte dei carabinieri a Varazze. «Hanno litigato violentemente prima di allontanarsi in auto» sarebbe stata le versione di alcuni passanti trovatisi a passeggiare domenica pomeriggio poco dopo le 14 nel budello di San Nazario dove Miriam Tambaro si era fatta fare un tatuaggio nello studio di Fulvio Zacco.
Un litigio per motivi di gelosia, sostengono gli investigatori. Un’ossessione in grado di annebbiare i pensieri di quel sessantunenne benestante, di buona presenza che da due anni aveva una relazione con Miriam. Un’ossessione che domenica ha spinto ad armare la mano di un uomo che forse non riusciva a sopportare l’idea di veder naufragare una storia che aveva finito per compromettere anche il suo matrimonio.
Alcune persone avrebbero quindi assistito al litigio nella strada varazzina, prima che i due si allontanassero, e lo hanno riferito ai carabinieri che nel frattempo avevano appurato anche questo filone della vicenda nella perquisizione in casa di Tobia. Secondo gli inquirenti le agende contenevano i risvolti quella malattia. Roberto Tobia sembra avesse registrato anche sul computer di casa i movimenti, gli spostamenti, gli incontri di Miriam e con Miriam con una frequenza e una precisione in grado di mettere in allerta i militari che di fronte alla denuncia di scomparsa della ragazza da parte dei genitori hanno avviato immediatamente le ricerche. «Abbiamo sospettato un sequestro di persona» puntualizzano in procura, ipotesi che avrebbe trovato conferma proprio con i contenuti dei diari dell’uomo. Ma nella ricostruzione delle ultime ore di vita della coppia c’è poi anche l’incredibile errore in cui sarebbero finite le apparecchiature tecniche del gestore telefonico del telefonino della ragazza che incredibilmente nella tarda mattinata di lunedì indicava una cella di Finale impegnata dal telefonino di Miriam. «Un errore» spiegano al comando dell’Arma.
Un errore che ha però convogliato per ore le ricerche nel ponente, mentre il corpo della sfortunata mamma giaceva già da ore nell’abitacolo del pick up del suo carnefice. Se la dinamica e soprattutto i tempi della tragedia dovessero trovare conferma anche dagli accertamenti tecnici che verranno effettuati oggi dal professor Ventura anche un riscontro veritiero del tracciamento del telefonino di Miriam si sarebbe rivelato inutile a salvare la sua vita e quella di Roberto Tobia.
Perché se la famiglia Tambaro si è trovata catapultata in un tunnel senza luce e con i soli sobbalzi provocati dalla rabbia e dal dolore per la perdita improvvisa di una figlia, di una mamma, anche la famiglia dell’ex impreditore savonese è rovinata. Sotto tutti i profili. È vero, è lui ad aver sparato, ma la situazione sposta di poco il problema.
Ed in attesa della conclusione dell’inchiesta penale che rapidamente andrà in archivio restano aperti due soli aspetti: la provenienza della pistola usata per il delitto e l’eredità di Tobia. Se per l’arma è in corso una perizia balistica da parte della polizia scientifica del gabinetto di Genova, il capitolo civilistico non ha ancora girato la prima pagina. E la speranza è che non si trasformi in un romanzo giallo. C’è il figlio di sei anni di Miriam da tutelare. Sotto ogni profilo. Anche quello del risarcimento del danno.
Ma c’è tempo per questi aspetti che, purtroppo, in una vicenda del genere prenderanno ben presto lo spazio principale, nonostante non siano più in grado di ridare indietro l’affetto e il sorriso dei due protagonisti di una vicenda che ha scosso l’intera città dove Roberto e Miriam erano conosciutissimi. Nel fine settimana potrebbero essere fissati i funerali delle due vittime della tragedia di Valloria.
Omicidio suicidio, Tobiaaveva una pistola rubata (il Secolo XIX – 15 luglio 2009)
Roberto Tobia, l’omicida suicida È stata fissata per giovedì l’autopsia sui cadaveri di Roberto Tobia e Miriam Tambaro. A disporla è stato il procuratore capo Francantonio Granero.
Il primo esame obiettivo sui cadaveri del medico legale ha fissato l’orario della morte tra le ra le 14,30 e le 15,30 di domenica scorsa, quando lasciata Varazze, Tobia e Tambaro si sono diretti verso Savona dove hanno raggiunto la zona dell’ospedale San Paolo e nei pressi dell’autolavaggio hanno parcheggiato le due auto vicine. Ed è tragicamente incredibile che in una zona ad alto passaggio e frequenza, antistante l’ingresso pedonale e dei mezzi di soccorso, nessuno si sia accorto di nulla e per per un giorno non abbia visto i due cadaveri. Confermata anche l’anticipazione de Il Secolo XIX sulla pistola calibro 38 che risultava rubata (a Torino)- Come sia arrivata nella mani di Tobia è oggetto di indagini.
LE INDAGINI, LA PISTOLA ERA UN’ARMA RUBATA
La pistola utilizzata per il delitto risultata rubata in un alloggio torinese nel gennaio scorso, Miriam tambaro la mancanza di un porto d’armi (lo scorso 6 luglio la questura aveva rigettato la richiesta per tiro a volo) , ma soprattutto la presenza di quelle agende che i carabinieri hanno ritrovato in casa di Roberto Tobia e sulle quali erano annotati quasi con fobia gli appuntamenti con Miriam Tambaro ed i suoi spostamenti. Tre indizi che portano senza ombra di dubbio ad ipotizzare la premeditazione del terribile gesto da parte dell’ex imprenditore savonese che lunedì ha messo fine alla sua vita e a quella dell’ex compagna, in un parcheggio di via Olivetta in Valloria.
Sicuramente l’impeto assassino si è scatenato al termine dell’ennesimo litigio, di fronte probabilmente alla decisione della donna di troncare quel rapporto che aveva portato al naufragio anche del matrimonio di Roberto Tobia, ma allora perché presentarsi armato, per di più con una pistola clandestina, da parte di un uomo sprovvisto del porto d’armi? Anche se sotto il profilo delle indagini conta poco o nulla, il gesto dell’ex imprenditore nel settore dei carburanti era stato meditato da tempo, forse ingigantito da un rapporto ormai logoro e da vicende di vita quotidiana.
L’omicidio-suicidio di Valloria è una tragedia temuta, se non proprio annunciata, in un rapporto che si potraeva da tempo con alterni picchi di umore e costellata negli anni scorsi anche da una serie di querele, poi ritirate o modificate, presentate dalla ragazza. Insomma un quadro indiziario che una volta di fronte alla denuncia di scomparsa presentata dai genitori di Miriam ha fatto scattare il livello di allerta e soprattutto ha messo in moto un piano di ricerca della donna scomparsa quanto meno anomalo. Ma c’erano le agende con il loro inquietante contenuto e i precedenti litigi ad agitare un mare di sentimenti già in burrasca.
Si spiega quindi nel timore di un epilogo drammatico, come poi è stato, il lavoro frenetico di indagine dei carabinieri che hanno perquisito la casa di Tobia in via Ss. Pietro e Paolo 2, per poi richiedere alla procura la possibilità di “tracciare” le celle dell’apparecchio telefonico di Miriam Tambaro nel tentativo di localizzare l’eventuale posizionamento della ragazza. Ma perché quel lavoro ha portato gli inquirenti nel finalese? Un errore oppure quella coppia in qualche modo è transitata in quell’area, facendo scattare la cella? Se il movente del gesto sembra chiaro e legato ad aspetti sentimentali, restano da chiarire ancora alcuni aspetti della vicenda. A cominciare dalla pistola, sulla quale verrà effettuata una perizia balistica, per finire alla ricostruzione delle ultime ore di vita della coppia, in particolare a quando risale la morte (l’autopsia sarà effettuata domani dal professore Ventura) e stabilire la tempistica dei due decessi.
Miriam e Robertol’addio tra lacrime e silenzio (il Secolo XIX – 18 luglio 2009)
Miriam Tambaro riposa nel cimitero di Zinola, dove il suo corpo è giunto poco prima delle undici al termine di una cerimonia funebre svoltasi nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Rossello alla Villetta. I funerali ieri. A Legino il funerale di Roberto Tobia.
Due cerimonie riservate, per volere delle rispettive famiglie. Troppo il dolore per la tragedia accaduta poco dopo le sedici di domenica pomeriggio nel parcheggio poco distante dall’ingresso del pronto soccorso dell’ospedale San Paolo, dove Roberto Tobia ha prima ucciso con quattro colpi di pistola la sua ex fidanzata Miriam Tambaro e con la stessa arma si è poi tolto la vita.
Il funerale di Miriam Tambaro. Una cerimonia che secondo il volere dei genitori avrebbe dovuto rimanere segreto. E invece ad accogliere il feretro della giovane madre nella chiesa di Santa Maria Rossello vi era un gran numero di persone. Moltissimi parenti, ma anche tanti, tanti amici di Miriam e dei suoi genitori. Il padre Salvatore, pantaloni neri e camicia di lino bianca, si è seduto su una panca a lato del feretro e per l’intera cerimonia praticamente non si è mosso. Come impietrito dal dolore che lo ha colpito (era stato tra l’altro lui nella serata di lunedì a scoprire i cadaveri della figlia e del suo ex fidanzato), Salvatore Tambaro ha seguito immobile e in silenzio l’intera cerimonia. Poco distante da luila mamma Ivana Valdora.
I funerali di Roberto Tobia si sono svolti nella chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio a Legino con la sorella Annamaria e l’ex moglie Maura De Benedetti. Dopo la cerimonia funebre, il corpo di Roberto Tobiaè stato trasportato al cimitero di Zinola, dove nei prossimi giorni verrà cremato.
L’omelia per l’omicida:«Misericordia e perdono» (il Secolo XIX – 19 luglio 2009)
“Misericordia e perdono”. Ha usato queste parole don Achille Tronconi, parroco di Sant’Ambrogio (Legino), durante la sua omelia per ricordare Roberto Tobia, 62 anni, ex commerciante di prodotti petroliferi che domenica in preda ad un raptus di gelosia e follia ha ucciso la ragazza di trent’anni più giovane che amava (Miriam Tambaro, sua ex) e poi si è tolto la vita. Nessun riferimento, neppure indiretto, al gesto di follia di pochi giorni prima. «Per me Roberto Tobia era un parrocchiano e basta, che abitava nel mio quartiere, il funerale è stato privato anche se le porte della chiesa erano aperte», ha spiegato il parroco leginese al termine del rito, durato circa mezz’ora. Alle dieci di ieri mattina era già tutto finito. È stata una cerimonia privata e non certo affollata (poche decine di persone in tutto). Erano più gli amici, soprattutto di vecchia data, che non i familiari. Della famiglia c’era la sorella Annamaria, con cui peraltro Tobia non aveva grandi rapporti ormai da tempo. Mentre la moglie Maura De Benedetti, separata da tempo dall’uomo, ha preferito non esserci.
In compenso di familiari c’erano diversi cugini che nonostante la tragedia e le ombre sulle ultime ore di vita di Tobia non hanno voluto mancargli un ultimo gesto «misericordioso» come ha appunto sottolineato il parroco nella sua omelia in cui ha letto passi del Vangelo riferiti alla pietà, al perdono e «alla vita eterna».
Nessun altro dei presenti in chiesa ha voluto pronunciare frasi di ricordo, nessuno si è offerto di leggere dal pulpito. E’stata una funzione che è scivolata via veloce, con i necrofori della Socrem attenti ad evitare possibili contatti sia in chiesa che al cimitero con i familiari della vittima Miriam. Alta l’attenzione e la tensione infatti, con un occhio sempre rivolto all’ingresso della chiesa.
La chiesa di Sant’Ambrogio ieri mattina era occultata alla vista da imponenti cantieri, impalcature e imbragature. Per ingresso si è così usata una porta laterale, secondaria. Circostanze che hanno aiutato la volontà dei familiari di non dare risalto al rito funebre, evitando anche l’affissione di manifesti. Una cerimonia all’insegna della massima discrezione. Alcune signore si sono recate ieri alle 9 e 30 nei locali della parrocchia per chiedere dove si svolgesse il funerale previsto a quell’ora.
«Roberto Tobia l’ho conosciuto in occasione di una compravendita di una casa, io ero l’acquirente, con me è sempre stato gentilissimo, non avrei mai potuto pensare una fine simile» racconta una donna bionda, anche lei di Legino, residente vicino a dove abitava l’uomo, in via San Pietro e Paolo, prima di entrare di fretta nella chiesa di fronte. All’uscita poca voglia di parlare: «Non l’avrei mai detto, chissà cosa gli è passato per la testa, non lo capisco, sembrava un viveur pronto a godersi la vita». Alla fine la salma dell’ex commerciante è stata trasferita nel cimitero di Zinola dove tra domani e dopo verrà cremata come disposto dallo stesso Tobia che era socio Socrem e quindi aveva anticipato le sue volontà. Dopodiché verrà tumulato in un colombaio di Zinola ricongiungendosi con i suoi genitori, altra sua volontà.
Link
In memoria di
Uccisa dall’ex: risarcimento milionario (La Stampa – 6 aprile 2013)
Chiusa la causa civile sull’omicidio-suicidio di Roberto Tobia
Un milione e ottocento mila euro. È il risarcimento che il giudice civile Luigi Acquarone ha disposto per i familiari (il figlio che ora ha 10 anni e i genitori) della donna che nel luglio del 2009 fu uccisa nel quartiere di Valloria in un parcheggio di fronte all’ospedale San Paolo, dall’ex compagno, Roberto Tobia, 61 anni, ex imprenditore del settore petroli.
La coppia era in auto. Lui sparò quattro colpi di pistola contro la donna, di quasi trent’anni più giovane, poi puntò l’arma contro di sè e la fece finita. Non si era mai rassegnato, secondo la ricostruzione degli inquirenti, all’idea che la sua storia con la donna fosse finita. Che quella relazione tempestosa segnata da litigi e temporanee separazioni, fosse davvero arriva al capolinea.
Secondo gli accertamenti medico legali Tobia premette il grilletto una, due, tre, quattro volte. La donna si voltò e istintivamente cercò di proteggersi con un braccio. Inutilmente. I primi due colpi la ferirono a un braccio e alle mani. Gli altri due, fatali, la raggiunsero alla testa. Poi Roberto Tobia puntò la pistola contro di sè e appoggiata la canna al mento, sparò il quinto colpo, quello che lo uccise. Sul piano penale, l’inchiesta sull’omicidio-suicidio fu archiviata dal pubblico ministero, il sostituto procuratore della Repubblica Giovanni Battista Ferro, per «morte del reo».
È andato invece avanti il procedimento civile: la causa intentata dai familiari della vittima, i quali, dopo aver ottenuto un sequestro conservativo dei beni per un milione e mezzo di euro (si tratta per lo più di immobili) avevano chiesto il risarcimento dei danni agli eredi di Tobia. Un contenzioso (inizialmente davanti al giudice Fadda) che aveva riservato durante le prime battute anche alcuni i colpi di scena. Prima il giudice aveva disposto un sequestro conservativo dei beni per un importo di cinque milioni di euro. Poi, per un vizio di notifica sollevato dall’avvocato Giambattista Petrella, che tutela i familiari di Roberto Tobia, lo aveva revocato. Infine un nuovo ricorso presentato dall’avvocato Fabrizio Biale, che rappresenta la famiglia della vittima, aveva portato al nuovo sequestro di beni per un milione e mezzo di euro. L’asse ereditario ora sarà utilizzato per risarcire i familiari della vittima dell’omicidio.