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Michele Buoninconti, 47 anni, vigile del fuoco, padre. Strangola la moglie e la getta nuda in un canale, dove viene ritrovata nove mesi dopo. Si proclama innocente. Condannato in via definitiva a 30 anni, in carcere ad Alghero studia e si laurea in Economia e Commercio

Motta di Costigliole d'Asti (Asti), 24 Gennaio 2014

michele buonincontri “personalità malvagia, che non ha mai mostrato pentimento e che non merita attenuanti. Ha ucciso la madre dei figli per il più atavico dei sentimenti maschili, la sete di dominio e un malinteso senso dell’onore”


Titoli & Articoli

La vicenda di Elena Ceste e Michele Buoninconti è una delle dieci+una Favole da Incubo contenute nel libro scritto da Roberta Bruzzone ed Emanuela Valente, con il titolo “La Sirenetta che voleva andare in bicicletta”
Favole da Incubo 

 

A un mese dalla scomparsa parla il marito di Elena Ceste: “Prego perchè sia viva” (Gazzetta d’Asti – 21 febbraio 2014)
Sono riprese questa mattina le ricerche di Elena Ceste a quattro settimane dalla sua scomparsa. Vigili del fuoco e volontari stanno setacciando le campagne intorno a Motta di Costigliole dove la donna, 37 anni, casalinga e madre di quattro figli, abita con il marito Michele Buoninconti, vigile del fuoco ad Alba. Proprio fuori dalla sua casa in mattoni rossi, in strada San Pancrazio è stata vista per l’ultima volta, alle 8.15, da una vicina di casa che stava accompagnando i figli a scuola. Da allora Elena si è come volatilizzata e la sua famiglia non riesce a darsi pace.
Abbiamo incontrato Michele, che ci ha aperto le porte della sua abitazione e anche del suo privato, raccontandoci di Elena, moglie ma soprattutto mamma, dei figli e di come da quasi un mese cercano di andare avanti, aggrappandosi l’uno all’altro e alla speranza di poter presto rivederla.
“I miei figli hanno una grande forza e la danno a me. Li ammiro tantissimo. Mercoledì dopo la veglia di preghiera a Santa Margherita hanno chiesto loro “E Voi cosa dite?” Hanno risposto “mamma torna” e so che la pensano davvero tutti e quattro così…. Prego tanto e prego perché Elena sia viva“.
Michele ci fa vedere i disegni che la figlia più piccola, 5 anni, ha appeso sulla porta della cameretta: “Ogni giorno fa un disegno per la sua mamma. Qui ha disegnato Elena, poi ha fatto un biglietto a forma di cuore con mamma e papà, un altro per San Valentino. Adesso si è un po’ stufata, ma questo è il suo modo per aspettarla. Ogni sera le racconto la storia di come io e Elena ci siamo conosciuti, 18 anni fa, il 15 maggio del 1996”.
Si ricorda bene quella data Michele e racconta anche a noi di quell’amore nato quando lui lavorava a Torino, dove allora Elena viveva. Al tempo Michele non era ancora entrato nei pompieri ed era un’autista di bus, poi è stato trasferito a Firenze, Napoli e infine a Roma per i corsi da vigile del fuoco. Elena andava a trovarlo ogni volta che poteva: “Erano più le volte che veniva lei a trovare me, che il contrario; appena poteva, mi raggiungeva per un fine settimana insieme. Per un certo periodo il nostro è stato un amore a distanza”.
Una volta sposati, i Buoninconti si sono trasferiti a Govone e, circa 10 anni fa, a Motta. La nascita e l’educazione dei quattro figli ha assorbito completamente il tempo della coppia e soprattutto della giovane mamma: “Tirare avanti in sei, e con uno stipendio solo, non è stato facile. Poi nel mio lavoro ci sono anche i turni notturni ed Elena ha dovuto accollarsi tutto, è una mamma dolce, buona e farebbe di tutto per i suoi figli”.
L’uomo ha anche ricordato quell’ultima notte prima del 24 gennaio, quando la moglie, agitata, gli ha raccontato di aver paura che qualcuno poesse fare male ai suoi bambini. Con le parole, con le azioni. La mattina della scomparsa avrebbe addirittura insistito perché il marito non portasse i bambini a scuola, per timore che qualcuno li controllasse.
Secondo il racconto fatto da Michele Elena ja confessato di aver ricevuto attenzioni e pressioni da due uomini, un amico di famiglia di Costigliole e un ex compagno di classe delle elementari, con cui aveva ripreso i contatti l’anno scorso: “Non permettere che mi portino via”, avrebbe detto queste parole al marito, durante quelle ore drammatiche e agitate. E poi: “Sento delle voci in testa che non mi lasciano stare, dicono che sono una cattiva mamma. Per una debolezza che ho avuto”.
Ma a cosa si riferiva Elena? Michele dice che quella notte Elena gli avrebbe ripetuto più volte, in preda all’agitazione, di aver commesso uno sbaglio e di venire ricattata per questo. Con un video o con un fotomontaggio:Elena aveva paura di non essere una buona madre e non una buona moglie”.
Aggiunge ancora che quella sera stentava a riconoscerla, tanto era scossa: “So che lei non può aver fatto nulla di male, vuole troppo bene ai suoi bambini. Siamo tanto religiosi e devoti. Lei sapeva bene che il tradimento è peccato e non avrebbe mai fatto niente di male”.
Ma in quella notte di confessioni e malessere cosa può essere scattato nella mente della giovane donna? Si è forse allontanata per paura di una reazione del marito? Oppure è stata attirata da qualcuno? “Le avevo detto che la portavo dal medico, ma forse le ho dato l’impressione di non prenderla sul serio. Sono stato ad ascoltarla tutta la notte, eppure ancora oggi non so capacitarmi di quello che diceva, stentavo a riconoscerla. So solo che mia moglie mai avrebbe lasciato così la sua casa, la sua vita. Non so spiegarmelo. Passo il tempo a pensare a tante cose: se fosse andata via da sola perché lasciarmi i vestiti, gli occhiali e la borsa qui? Qualcuno avrebbe dovuto vederla se si fosse incamminata, all’incrocio e anche verso Santa Margherita ci sono dei cani che abbaiano sempre”. Michele si pone tante domande. Pensa a cosa potrebbe aver pensato sua moglie. Sarebbe stata in grado di organizzare una fuga? “Si era appassionata a quella fiction di Raiuno “Una grande famiglia”, (dove il protagonista, Alessandro Gassman, inscena la sua scomparsa per fuggire ai creditori ndr) ma noi non avevamo fatto investimenti azzardati come quel signore. Forse potrebbe aver preso spunto, ma credo che una volta che si è resa conto di tutto questo trambusto, avrebbe fatto almeno una telefonata per dirci che è viva, sta bene e di non preoccuparci”. L’uomo e il vigile del fuoco sanno bene che tutte le ipotesi sono aperte, anche le peggiori. Sono trascorsi molti giorni e bisogna prepararsi anche al peggio: “Ogni tanto faccio un giro dietro la casa, nei boschi: se c’è uno scatolone abbandonato ci guardo dentroNon riesco a darmi pace, voglio ritrovarla. Prego perché sia viva”.

 

Elena Ceste, il video dell’arresto del marito Michele Buoninconti (Oggi – 29 gennaio 2015)
Svolta clamorosa nel giallo di Elena Ceste. I Carabinieri di Asti hanno arrestato il marito per omicidio volontario e occultamento di cadavere. L’arresto dopo le prime evidenze emerse dall’autopsia svolta dal medico legale di Alba. Michele Buonincorsi è stato fermato con l’accusa di aver ucciso la moglie e averne occultato il cadavere. Era l’unico indagato.

La Stampa – 31 gennaio 2015

Sostituire Elena. Otto mesi dopo la scomparsa di Elena Ceste, la vita va avanti. Michele Buoninconti conosce una donna residente in Calabria. «Fra noi c’è feeling», scrive. Lei risponde: «Quando il cuore batte forte come il mio, credo di sapere il perché. Ma io gli parlo, al mio cuore. Io gli dico di stare più tranquillo perché l’amore nella tua vita potrebbe ritornare». Ma alla fine sembra prevalere l’entusiasmo: «Magari in futuro a quest’ora tu starai lavorando, mentre io ti aspetterò in casa e preparerò la cena al mio amore e ai bambini! Magari ne arriverà un quinto…». Michele Buoninconti: «Grazie Teresa, mi fai commuovere. Ti sto scrivendo con le lacrime agli occhi. Sei una persona eccezionale. Eccezionale dovrà essere la persona che sostituirà Elena».
Ora, si sa, l’amore è quanto di più personale e volubile esista. Ma questo scambio di messaggi è citato nell’ordinanza del gip perché «dimostra il totale distacco e disinteresse di Michele Buoninconti nei confronti della moglie». Non soffriva per la sua scomparsa: «Non era affettivamente legato». Anzi: «Pur conscio della sua morte…».
A rileggere ora tutta la storia, prevale l’incredulità. La vicina di casa, che il pomeriggio prima dell’omicidio era venuta a comprare le uova in questa villetta di mattoni rossi, dice: «Pazzesco. Michele era al lavoro nell’orto. Lei era malinconica, ma non ho avuto il modo di domandarle il motivo… Sembravano una bella coppia. Passavano le notti a preparare torte per le feste dei bambini, che erano sempre puliti e curati». Quella sera lui avrebbe guardato Don Matteo alla televisione, mentre lei, dopo aver riassettato, sarebbe salita ad accendere il computer. Ogni delitto svela proprio questo. La difficoltà, quasi l’impossibilità, di conoscersi davvero.
Michele Buoninconti era ossessivo compulsivo. Controllava Elena Ceste in modo asfissiante. Voleva «raddrizzarla», parole sue. Puntava al «controllo totale». Ed è li che si innesta la questione della «vergogna». Il fatto che ad ottobre lei avesse avuto un’amicizia tramite Facebook, di colpo aveva rotto tutti gli equilibri di quel mondo arcaico.
Elena Ceste stava malissimo. Si era confidata con la vicina: «Sono sulla bocca di tutti». Faticava a mangiare. «Ho sbagliato», diceva. In quei giorni va a confessarsi da don Roberto Zappino, in paese. Il marito andrà dallo stesso prete a chiedere notizie della confessione, insistendo inutilmente per estorcerla. Il mondo di Elena Ceste era una prigione. «Una moglie che era diventata per l’indagato ingestibile, pericolosa, dannosa e doveva essere eliminata». Ecco cosa è stato: un delitto d’onore nel 2014. Il gip: «L’unica risposta possibile non poteva che essere, nella visione distorta e assolutistica dell’indagato, l’eliminazione della fonte di tutti i problemi».
La rabbia. Di Michele Buoninconti resteranno le contraddizioni in diretta televisiva. I pugni contro le troupe da cui si era fatto intervistare. Il televisore appoggiato fuori dal cancello: «Spazzatura». L’ossessione per il cibo alle oche. Per l’orto curato. Per il risparmio.
«Estremamente parsimonioso», c’è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare. Contava i soldi per la benzina dell’auto di sua moglie. Controllava i chilometri percorsi. Spesso teneva in tasca il telefono di Elena Ceste. Era successo anche 4 giorni prima dell’omicidio. Michele Buoninconti era andato a prendere i figli all’ora di pranzo. Un amico di Elena lo aveva visto davanti a scuola, quindi pensava di poterle telefonare senza metterla in difficoltà. Ma il telefono è suonato nella tasca sbagliata.
«Diciotto anni della mia vita per raddrizzarla…».
La messa della domenica, unica uscita settimanale. Le preghiere recitate anche in auto. Don Matteo alla tv. Le crostate fatte in casa. Secondo gli investigatori, la mattina del 24 gennaio 2014 Michele Buoninconti ha ucciso Elena Ceste appena è uscita dalla doccia. Era in camera per vestirsi. L’ha strangolata sul materasso, poi ha rifatto il letto e si è sbarazzato di quella moglie disonorevole. «Sostituire Elena».

 

 

Elena Ceste, i verbali inediti del marito Michele (Vanity Fair – 16 febbraio 2015)
L’uomo racconta i primi minuti dopo la scomparsa di Elena: il giro in auto, le telefonate, il letto rifatto
«Decido di andare a cercare mia moglie, prendo la macchina e vado in giro, vicino a dove hanno trovato mia moglie. La strada era fangosa […] C’era un casotto diroccato, sono entrato, c’erano assi e macerie, ho visto una scarpa vecchia poi me l’hanno fatta vedere i carabinieri». La ricostruzione è di Michele Buoninconti. Il marito di Elena Ceste, ancora in carcere per l’uccisione della donna, ha risposto in parte alle domande che il gip Giacomo Marson gli ha rivolto nell’interrogatorio nel carcere di Asti lo scorso 2 febbraio. Solo oggi quelle dichiarazioni sono diventate pubbliche grazie alla rivelazione dei verbali sul quotidiano La Stampa.
LE TELEFONATE. Buoninconti mantiene l’atteggiamento sprezzante verso gli inquirenti, ma tenta comunque di chiarire le accuse più gravi. A partire dalla discrepanza sui movimenti sul suo telefono. Le chiamate che lui avrebbe fatto verso il cellulare di Elena pochi minuti dopo la scomparsadella donna, ad esempio, non troverebbero nessuna conferma nell’analisi dei tabulati. «A casa ricevo i tabulati e so di preciso quando ho telefonato a Elena», si difende l’uomo. «Nel tabulato che ricevo sono registrate solo le telefonate che generano costi, e dunque evidentemente non anche quelle rimaste senza risposta indirizzate a mia moglie la mattina della scomparsa».
IL LETTO RIFATTO. In quei minuti Michele non solo dice di telefonare alla moglie, ma trova anche il tempo di rifare il letto. «Non so perchè ho rifatto il letto e ho invece lasciato le tazze della colazione sul tavolo, avrei fatto anche quello, forse non ho avuto il tempo», spiega. «Può essere che il letto l’ho fatto dopo tempo, non ricordo in che momento l’ho rifatto».
GLI OCCHIALI. Michele confessa poi di avere consegnato ai carabinieri un paio di occhiali che non erano di Elena: «Ho dato ai carabinieri degli occhiali che non erano quelli di mia moglie perchè in quel momento ero molto arrabbiato, sono arrabbiato tuttora. Ho messo gli occhiali in un porta-oggetti sull’auto, li ho presi tenendoli con due dita al centro, caso mai qualcuno li avesse toccati». La versione è stata smentita dal parroco del paese, don Roberto Zappino: «Michele mi disse che in uno di questi giri, nel controllare i vestiti che aveva sul sedile, nell’atto di portarli in casa, si era accorto che in mezzo a questi vi erano gli occhiali della moglie». Il prete sottolinea nel racconto di Buoninconti «lo stupore dei vestiti e lo stupore del fatto che c’erano anche gli occhiali».
LA FIGLIA. Michele era tanto arrabbiato da trascinare nella sua guerra contro gli investigatori anche i figli. Tanto da chiedere loro di non dire ai carabinieri che litigava con la moglie. I bimbi, stando sempre alle intercettazioni, gli rispondono che è vero il contrario. «Chi dice sì è una bambina di 5 anni e mezzo, che credibilità ha?», si difende l’uomo. «Il sì di mia figlia era ironico».

 

Michele Buoninconti dal carcere:«La verità verrà fuori» (La Nuova Provincia – 22 febbraio 2015)
E’ stata respinta la richiesta di scarcerazione per Michele Buoninconti, marito di Elena Ceste e a oggi unico indagato per la morte della donna. Da alcune indiscrezioni è trapelato che i giudici del Tribunale della libertà di Torino avrebbero escluso la premeditazione del gesto, sostenuta invece dalla Procura e dal Gip di Asti. La decisione, arrivata nell’ultimo giorno a disposizione dei togati, è una novità che potrebbe alleggerire le accuse nei confronti di Buoninconti.
Intanto Michele, dal carcere scrive una lettera pubblicata dal quotidiano Repubblica in cui continua a professare la sua innocenza. «La verità non si può nascondere. Prima o poi verrà fuori. Per il momento l’hanno voluta occultare. Uso lo stesso termine che hanno usato loro: occultare il cadavere a cielo aperto. Si può o è solo ipocrisia? Che delusione per la cattiveria che si annida nel cuore dell’uomo».

Riferendosi anche alla mole di cose dette e scritte sulla morte della moglie e sul suo coinvolgimento. «Sono rimasto profondamente deluso per ciò che è stato scritto. C’è tanta ipocrisia. Mi è venuta in mente la parabola del fariseo e del pubblicano, e non chiamatemi uomo di altri tempi solo perché leggo la Bibbia…».
Michele si scaglia contro la decisione di cancellare la parola “papà” dalla lettera rivolta idealmente alla madre che i bambini hanno letto durante i funerali di Elena. «L’ipocrisia ha raggiunto il culmine quando hanno adeguato una lettera spontanea di un bambino col solo intento di togliere la parola papà. Di quella lettera ho l’originale. Immagino lo sforzo che ha dovuto compiere mio figlio nel leggere parole non sue e senza senso». Lettera che il figlio non si era sentito di leggere in chiesa ma che al suo posto era stata letta dallo zio Danilo.

 

Omicidio Ceste, Michele Buoninconti condannato a 30 anni di carcere. Il marito di Elena: «Sono innocente» (Corriere della Sera – 4 novembre 2015)
Il verdetto del processo di primo grado. Il marito accusato di aver ucciso e nascosto il corpo della moglie. In Aula l’imputato ha letto una sua dichiarazione in cui ha ripetuto la sua versione: «È stata una tragica fatalità»
Condanna a 30 anni.
Si è concluso coì il processo di primo grado per l’omicidio dei Elena Ceste, scomparsa a gennaio 2014 e ritrovata morta in un canale nove mesi dopo. Il marito della donna, Michele Buoninconti, è stato ritenuto colpevole di aver ucciso la moglie e averne nascosto il cadavere. Il giudice Roberto Amerio ha accolto le tesi dell’accusa, che aveva chiesto il massimo della pena nel processo col rito abbreviato. «Sono innocente, non c’è stato nessun omicidio», aveva ripetuto l’uomo in Aula durante l’ultima udienza.
Le ultime dichiarazioni di Michele Buoninconti erano contenute in cinque pagine che l’imputato ha letto in Aula ripetendo più volte di non avere ucciso la moglie, che sarebbe morta invece per «una tragica fatalità». «Michele Buoninconti ha ripercorso il suo iter giudiziario, – ha spiegato il difensore Enrico Scolari – e le sue sofferenze per non aver potuto vedere i quattro figli ormai da molti mesi. Era commosso, e si è dichiarato vittima di un errore giudiziario ribadendo che non c’è stato nessun omicidio».
Nel corso delle sue dichiarazioni Buoninconti ha anche letto un passo della bibbia sul «giudizio di Daniele»: si tratta di un passo in cui Susanna viene condannata a morte ingiustamente ma tra la folla si alza un giovane, Daniele, che grida: «Io sono innocente del sangue di lei!»,«Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare la verità!».
La versione di Buoninconti è che Elena Ceste non sia stata uccisa e che la sua morte sia una «tragica fatalità». «Signor Giudice, io mi trovo davanti a lei senza un motivo vero – ha detto Buoninconti in Aula – non c’è alcuna certezza che mia moglie sia stata uccisa e la procura non può provarlo, né ora, né mai, semplicemente perché non è accaduto». «Ci vogliono le prove per condannare un uomo – ha aggiunto – e la procura non le ha perché non esistono, non si può trasformare a piacimento un innocente in un colpevole, tra l’altro, di un omicidio che non c’è stato».
Elena Ceste, 37 anni, è scomparsa dalla sua casa di Costigliole d’Asti, a pochi chilometri dal luogo del ritrovamento del suo cadavere, la mattina del 24 gennaio del 2014. A dare l’allarme fu il marito, il vigile del fuoco Michele Buoninconti. Che raccontà alla polizia di non aver più visto la moglie. La svolta arriva dopo nove mesi di ricerche: è il 18 ottobre quando nel canale del rio Mersa, poco distante dalla casa di famiglia, in frazione San Pancrazio di Costigliole, viene ritrovato un cadavere. Il dna conferma che è Elena Ceste. Secondo l’autopsia la donna sarebbe morta in un modo violento, non accidentale. Si parla di omicidio, anche se resta da capire se qualcuno abbia portato il suo corpo nel canale dopo la morte o invece la donna sia stata uccisa in quel luogo, un rio vicino alla ferrovia ormai abbandonata che da sei anni non veniva pulito.
Il 29 gennaio 2015 Michele Buoninconti viene arrestato dagli investigatori di Asti con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere della moglie. Per la Procura. L’uomo avrebbe strangolato la moglie «avendo agito con premeditazione rappresentata dall’avere programmato e pianificato il delitto con perdurante volontà omicida, frutto di ferma e irrevocabile risoluzione criminosa», si legge nella richiesta della Procura.

Il marito di Elena Ceste alla figlia: “Hai Facebook? Non fare come mamma” (FanPage – 15 gennaio 2016)
Michele Buoninconti, condannato in primo grado a 30 anni per l’omicidio della moglie, scrive continuamente ai suoi figli. Quelle pagine servono ai giudici per valutare l’assegnazione della patria potestà.
Dal carcere nel quale è rinchiuso Michele Buoninconti, condannato in primo grado a 30 anni per l’omicidio della moglie Elena Ceste, scrive ogni giorno ai suoi quattro figli. Pagine che i ragazzi non leggono in quanto sono nelle mani dei giudici che devono valutare l’assegnazione della patria potestà.
Il diario di Michele Buoninconti è infatti la base della perizia di Laura Volpini e di Massimo Picozzi. Il documento deve convincere i giudici del Tribunale dei minori di Torino a non privarlo della potestà genitoriale o, in subordine, a consentirgli di incontrare i figli in carcere. Il quotidiano La Stampa ha reso noto alcuni estratti del diario del marito di Elena, la donna ritrovata morta mesi dopo la sua misteriosa scomparsa in un canale non lontano dalla loro abitazione di Costigliole d’Asti. Secondo il pm nei suoi scritti Buoninconti vuole manipolare la testimonianza dei figli. Vuole tenerli in qualche modo dalla sua parte.
Le lettere ai figli –  “G., tu hai un ruolo importante per il mio ritorno a casa, ti dovresti ricordare quel pomeriggio del 23 gennaio quando dal balcone sei venuto a chiamarmi insistentemente e ti dovresti anche ricordare che mamma piangeva e ancora uno sforzo, il letto ti ricordi che l’hai fatto insieme a mamma e lei ti ha detto ciò che mi hai riferito, A. anche tu potresti contribuire a ricordarti che mamma piangeva mentre tu le eri vicino, sino a quando sono arrivato io e l’ho tranquillizzata al punto di farla ridere”, si legge nel diario.
Buoninconti si rivolge ai figli dicendo di amarli e di pensare a loro continuamente, di pensare ai loro compiti e alla loro vita. In una occasione Buoninconti avrebbe anche affrontato con la figlia la sua iscrizione su Facebook: “Ho saputo che hai Facebook, spero che non sia vero, perché chi c’è a controllarti? Ma io a te ti voglio controllare primo per non commettere lo stesso errore con mamma e secondo perché sei troppo giovane ed ingenua, ti farai fregare senz’altro”.

 

Buoninconti non potrà vedere figli (Ansa – 13 luglio 2016)
Michele Buoninconti e i suoi familiari non potranno vedere i quattro figli di lui e della moglie Elena Ceste, la casalinga di Costigliole d’Asti per il cui omicidio l’uomo è stato condannato in primo grado a 30 anni di carcere. Lo hanno stabilito i giudici della Corte d’appello di Torino, che hanno rigettato il ricorso presentato dai legali dell’uomo contro il divieto imposto dal tribunale. I ragazzini, tutti minorenni, restano affidati ai nonni materni, decisione su cui non è stato presentato alcun ricorso. “Siamo soddisfatti”, dichiara Deborah Abate Zaro, uno dei legali della famiglia di Elena Ceste, uccisa nel gennaio 2014.

Interrogatorio Michele Buonincontri (Rai Tv)

Omicidio Ceste, i genitori di Elena contro Buoninconti: “Non paga gli alimenti per i figli” (Today – 14 febbraio 2017)
“Da mesi non riceviamo più un soldo”, hanno raccontato i genitori della donna uccisa a “Repubblica”. Non solo: Buoninconti non avrebbe neppure rinunciato all’eredità.
È attesa per domani la sentenza di secondo grado che deciderà il destino di Michele Buoninconti, il vigile del fuoco di Costigliole D’Asti condannato a 30 anni di carcere per l’omicidio della moglie Elena Ceste. Ma oggi a tenere banco è una notizia che con l’iter processuale c’entra poco o nulla e riguarda invece i figli della coppia, affidati com’è noto ai nonni materni. Ebbene, secondo i genitori di Elena, dal giugno scorso Buoninconti non versa più gli alimenti (600 euro al mese, come proposto dallo stesso Michele) per mantenere i bambini: “Sono mesi che non riceviamo più un soldo. Dobbiamo pensare noi a tutto”, hanno raccontato Franco Ceste e Lucia Reggio a Repubblica. Non solo. A quanto raccontano i legali della famiglia, Buoninconti “non ha nemmeno, come aveva annunciato, rinunciato alla sua parte di eredità”, ovvero una parte della casa di Costigliole d’Asti. “Senza però – aggiungono i legali – pagare le tasse di successione, né i professionisti che hanno seguito i passaggi dell’eredità”.

 

Elena Ceste, Buoninconti condannato a 30 anni per il suo “disegno criminoso perverso” (Today – 17 maggio 2017)
L’uomo, scrivono i giudici d’appello nelle motivazioni, “ha insinuato sospetti su di una persona che ben sapeva essere innocente”, cioè il presunto amante della moglie, ed è poi caduto in “clamorose contraddizioni”.
E’ stato un “disegno criminoso perverso” quello di Michele Buoninconti, condannato a trent’anni per l’omicidio della moglie Elena Ceste, uccisa il 24 gennaio 2014. Lo scrive la Corte d’Assise d’Appello di Torino nelle motivazioni della sentenza che lo scorso febbraio ha confermato la condanna in primo grado. Sul fatto che sia stato il marito ad ucciderla, i giudici non hanno dubbi.
Non solo: “Ha insinuato sospetti su di una persona che ben sapeva essere innocente”, ovvero il presunto amante della moglie, “ha tradito la fiducia dei figli, dei parenti e degli amici”. Infine ha occultato il cadavere con “modalità studiate e meditate” per impedirne il ritrovamento. Nelle 53 pagine di motivazioni, fitte di particolari che ricostruiscono le indagini avviate subito dopo la scomparsa di Elena Ceste, i giudici indicano anche un movente: la convinzione di un tradimento. Ma soprattutto è la personalità di Buoninconti a finire sotto accusa: “Padre-padrone in famiglia e individuo che ha sempre mostrato la necessità di avere tutto sotto controllo”.
A incastrare l’uomo sarebbero state inoltre “clamorose contraddizioni”, in particolare sul ritrovamento degli indumenti della vittima. Abiti che di volta in volta nel racconto dell’uomo – scrivono i giudici – cambiavano tempo, luogo, tipologia. A ciò va aggiunto l’assoluto “disinteresse ad un esito positivo delle ricerche”. “Tanto non la troverete mai”, ha infatti sempre detto l’uomo. Oltre alle “espressioni ciniche, sprezzanti che usava riferendosi alla moglie”. L’imputato sarebbe più volte caduto in “incongruenze, contraddizioni e falsità” che – secondo i giudici di secondo grado – liquidano ogni ipotesi alternativa all’omicidio. “Elena Ceste non si suicidò, né fu vittima di morte accidentale”, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza. A provarlo, tra gli altri indizi pesanti, i riscontri delle celle telefoniche.

Omicidio Elena Ceste, confermati 30 anni di carcere per Michele Buoninconti (Today – 18 maggio 2018)
La difesa dell’uomo, ex vigile del fuoco, che si trova dietro le sbarre a Saluzzo, aveva invece chiesto l’annullamento della condanna per mancanza di prove.
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per Michele Buoninconti accusato di aver ucciso Elena Ceste, la moglie che era scomparsa da Costigliole d’Asti, in Piemonte, il 24 gennaio 2014. Il cadavere della povera Elena Ceste venne trovato dieci mesi più tardi in un canale a poca distanza dalla casa.
Buoninconti è in carcere a Saluzzo. La difesa dell’uomo, ex vigile del fuoco, che si trova dietro le sbarre a Saluzzo, aveva invece chiesto l’annullamento della condanna per mancanza di prove. E’ stato rigettato il ricorso della difesa e ha reso definitivo il verdetto emesso il 15 febbraio 2017 dalla corte d’Assise d’appello di Torino. Anche in primo grado Buoninconti era stato condannato a 30 anni.
Nella sua requisitoria il procuratore generale Giuseppina Casella aveva chiesto la conferma della condanna, sottolineando che l’uomo aveva ucciso la donna dalla quale aeva avuto quattro figli spinto dall’esigenza “di rafforzare il proprio dominio unitamente a un sentimento di vendetta di fronte a tradimenti comprovati“. Il pg inoltre davanti ai giudici della prima sezione penale ha definito Buoninconti come un uomo dalla “personalità malvagia, che non ha mai mostrato pentimento e che non merita attenuanti: ha ucciso la madre dei figli per il più atavico dei sentimenti maschili, la sete di dominio e un malinteso senso dell’onore”. Si è trattato così di “chiara e premedita volontà omicida e di una evidente volontà di depistare i sospetti e sviare le indagini”.
Buoninconti aveva chiesto l’annullamento della condanna. Giuseppe Marazzita ed Enrico Scolari, i suoi avvocati, avevano sottolineato la mancanza di prove decisive. “Dall’autopsia si è appurato che sul corpo di Elena Ceste non è stata commessa alcuna violenza, neanche un graffio e non è possibile stabilire come sia morta né come sia arrivata in quel canale di scolo: è una vicenda molto dolorosa ma non c’e’ alcuna prova che sia stata uccisa”. I legali hanno ipotizzato un malore improvviso o una caduta fatale che sarebbe avvenuta mentre la donna vagava in stato confusionale. Gli avvocati dei familiari della vittima, Debora Abbatuzzo e Carlo Tabbia, hanno invece ricordato che la prima cosa chiesta da Buoninconti agli inquirenti che gli comunicavano il ritrovamento di un cadavere, che sarebbe potuto essere quello della moglie, siano state notizie sullo stato di conservazione “per essere certo che non poteva essere identificato”.

Buoninconti, il marito di Elena Ceste, aggredito in carcere da un detenuto (La Stampa – 28 settembre 2018)
Non c’è pace per Michele Buoninconti, condannato a 30 anni di carcere l’omicidio della moglie Elena Ceste, avvenuto nel gennaio 2014 a Costigliole. Dopo la conferma in Cassazione della condanna, l’ex vigile del fuoco era ritornato nella sua cella nel carcere di Saluzzo.
Nonostante l’amarezza per la condanna (lui si ritiene innocente), Buoninconti è sempre stato ed è tuttora un detenuto modello, rispettoso di norme e regolamenti, anche nei confronti degli agenti della polizia penitenziaria, ma nei giorni scorsi, per una banale discussione è stato aggredito e picchiato da un altro detenuto che gli ha provocato lesioni poi medicate nell’infermeria del carcere.
Lui non ha reagito e quasi non s’è difeso ma l’episodio è stato oggetto di un’indagine da parte della polizia penitenziaria, che ha poi inviato un dettagliato rapporto ai responsabili. Il suo avvocato di fiducia, Enrico Scolari dello studio Benni di Ivrea, stigmatizza il “grave episodio”. “Buoninconti è un uomo pacifico che sta scontando la pena inflitta, se possibile, con serenità ed equilibrio. In questa fase, la più delicata, dovrebbe trascorrere il tempo in un clima il più possibile tranquillo. Il fatto che non abbia reagito in alcun modo, è il segno di rispetto e di attenzione verso le autorità carcerarie, un modo per evitare ulteriore incidenti”.
A maggio 2018 la Cassazione aveva respinto il ricorso della difesa contro le sentenze di primo e secondo grado, entrambe di 30 anni, comminate dal Tribunale di Asti e dalla Corte d’Appello di Torino, che ha reso vane le ricostruzioni della difesa volte dimostrare l’innocenza di Buoninconti. Nel frattempo avrebbe voluto incontrare i quattro figli, ora affidati ai nonni materni, ma invano. E’ ancora in itinere la procedura per la vendita della casa di Costigliole: l’ex vigile del fuoco ha comunque deciso di dare la sua parte di proprietà ai figli.

La figlia di Elena Ceste alla donna che l’ha perseguitata: «Chiedo risarcimento simbolico di 1 euro» (La Nuova Provincia – 10 aprile 2019)
Stamattina la prima udienza per stalking in tribunale ad Asti. La ragazza preannuncia di costituirsi parte civile in caso di processo, ma non vuole denaro dalla donna. Cosa accadde un anno fa
Aperta e subito rinviata a luglio, stamattina, mercoledì, l’udienza davanti al Gup Morando a carico di Marilinda Gimelli, 57 anni, la donna che oltre un anno fa aveva avvicinato e tempestato di messaggi Elisa, la figlia più grande di Elena Ceste e di Michele Buoninconti. Accusata di stalking, stamattina si è presentata in tribunale ad Asti accompagnata dal suo difensore. Per contro erano presenti gli avvocati Tabbia e Abate Zaro che da cinque anni, ormai, seguono la famiglia Ceste nel suo lungo e doloroso cammino giudiziario iniziato con il ritrovamento dei resti di Elena. Elisa non era presente, nè lo erano i suoi straordinari nonni che, in veste di tutori della ragazza, avevano sporto la denuncia oltre un anno fa quando lei era ancora minorenne. Oggi maggiorenne, la ragazza, in qualità di parte offesa,  ha annunciato la costituzione di parte civile nel caso in cui si tenesse il processo ma dando mandato agli avvocati affinchè venga chiesto un risarcimento puramente simbolico di 1 euro. «Io, da quella donna, non voglio nulla» ha dichiarato con una impareggiabile maturità di pensiero e di decisione.
«Alla ragazza e alla sua famiglia  interessava solo che la signora Gimelli smettesse di importunare – hanno detto gli avvocati della famiglia Ceste – Potrebbe profilarsi il ritiro della querela e stiamo valutando con la controparte il percorso più idoneo per chiudere la vicenda senza arrivare all’eventuale processo. Anche perchè – concludono i difensori di Elisa – dall’analisi della fitta corrispondenza fra la signora Gimelli e Michele Buoninconti dal carcere, emerge chiaramente come sia stato il padre della ragazza a convincere la donna ad avvicinare la figlia».
Allo stato degli atti Marilinda Gimelli, 57 anni, residente in provincia di Pisa deve rispondere del reato di stalking a carico di Elisa Buoninconti, la più grande dei quattro figli di Elena Ceste e Michele Buoninconti.
Messaggi continui. La Gimelli, che teneva regolarmente contatti con Michele Buoninconti (trasferito al carcere di Alba, su sua richiesta, nel periodo cui risalgono gli episodi di stalking) dalla fine del 2017 fino all’inizio del 2018, ha provato in tutti i modi ad avvicinare Elisa. Era riuscita ad avere il suo numero di cellulare, nonostante la ragazzina sia sempre stata molto attenta alla sua privacy vista la sovraesposizione mediatica cui lei e la sua famiglia erano sottoposti da anni, e ha cominciato a mandarle dei messaggi chiedendo un incontro. Per settimane è andata avanti a inviare sms ad Elisa, chiedendo insistentemente di incontrarla. Fino a che, stremata dalle richieste, la ragazzina ha ceduto e ha acconsentito di parlarle di persona: un incontro particolarmente doloroso per la ragazza che sapeva benissimo del legame della donna con il padre in carcere per l’omicidio di suo madre. In quell’occasione la Gimelli le aveva anche consegnato un regalino. Inizialmente Elisa aveva deciso di non dire nulla né ai nonni né ai suoi fratellini minori per non turbare la serenità famigliare conquistata dopo tanto dolore, ma era un peso troppo grande per lei. Proprio dopo l’incontro di persona con la Gimelli, la ragazza ha cominciato ad avere atteggiamenti di paura: appariva spesso scossa, cupa, silenziosa, con un inspiegabile timore di andare a scuola e ripetute richieste di essere accompagnata nel tragitto dalla scuola alla fermata dell’autobus. La paura, avrebbe rivelato in seguito, era quella di incontrare di nuovo la Gimelli.
I rimproveri per quello che era stato detto sul padre. La donna, in un’occasione, le aveva mandato un messaggio sul cellulare “Io sono qui fuori, e tu?” facendo spaventare la ragazzina che da quel momento temeva di trovarsela davanti ad ogni angolo. In un’altra occasione, alla vigilia di una trasmissione televisiva che ripercorreva la vicenda dell’omicidio di Elena Ceste, la Gimelli aveva mandato un messaggio ad Elisa con un chiaro e duro rimprovero a tutta la famiglia per come avevano descritto il padre negli interrogatori condotti durante la fase delle indagini. Coinvolto anche il parroco. Non solo. Da un colloquio con il parroco del paese, i nonni Franco e Lucia avevano appreso che, sempre la Gimelli, si era recata più volte da lui insistendo per avere l’indirizzo della casa in cui i ragazzi abitavano.
Della vicenda giudiziaria, che vede ancora una volta gli avvocati Deborah Abate Zaro e Carlo Tabbia a fianco dei figli e dei genitori di Elena come loro difensori, si è occupata il pm Laura Deodato, la stessa che aveva condotto le delicatissime indagini sull’omicidio della donna e che aveva tenacemente lavorato alla condanna del marito. Il 10 aprile sarà ancora una volta lei a chiedere giustizia per la famiglia Ceste.

Delitto Ceste, il marito sconta 30 anni e studia in carcere ad Alghero (La Nuova Sardegna – 12 gennaio 2020)
Michele Buoninconti studia in carcere ad Alghero (dove è stato trasferito sette mesi fa) e punta a conseguire la laurea in Economia e commercio. Il marito di Elena Ceste condannato in Cassazione a 30 anni per l’omicidio premeditato della moglie e per occultamento di cadavere, ha chiesto e ottenuto il trasferimento per avere la possibilità di conseguire il titolo di studi.
L’ex vigile del fuoco sta scontando ad Alghero la pena definitiva per la morte della moglie Elena Ceste, e in questi giorni l’investigatore incaricato dall’uomo e dai suoi legali ha rilanciato l’ipotesi che la condanna di Buoniconti sia «un grave errore giudiziario». Ne è convinto Davide Cannella, della Falco Investigazioni, che proprio su incarico dell’uomo e dei suoi famigliari da un mese e mezzo ha ripreso le indagini sul delitto. «Non c’è una sola prova che Elena sia stata assassinata: non lo dimostrano gli atti, nemmeno le perizie, non l’ha dimostrato nessuno, si è soltanto ipotizzato», sostiene l’investigatore.
«In carcere con Michele abbiamo parlato del momento in cui la moglie è scomparsa, quella mattina in cui lui stava portando i figli a scuola, di quando è rientrato e ha trovato gli abiti della donna. Noi abbiamo una tesi diversa». Buoninconti si è sempre dichiarato innocente, nonostante la condanna di primo grado sia stata confermata in appello e Cassazione. Non è escluso che chieda la revisione del processo.
Elena Ceste, è scomparsa da Costigliole D’Asti (Torino) nel gennaio del 2014, all’epoca dei fatti aveva 37 anni. Secondo la ricostruzione processuale sarebbe stata uccisa dal marito che in tal modo avrebbe inteso punirla. E secondo i giudici Michele Buoninconti ha una “personalità malvagia, che non ha mai mostrato pentimento e che non merita attenuanti. Ha ucciso la madre dei figli per il più atavico dei sentimenti maschili, la sete di dominio e un malinteso senso dell’onore”.
Proprio di recente la figlia maggiore di Elena Ceste, Elisa che ha 19 anni, ha scritto una lettera (pubblicata dal settimanale Giallo) nella quale la ragazza parla di sè e ringrazia i nonni per averli «aiutati a superare difficoltà e momenti tristi» e per essere riusciti nel miracolo di tenere unita la famiglia. I quattro figli, con la madre morta e il padre in carcere, si sarebbero trovati in una condizione di difficoltà ancora maggiore se non avessero avuto l’aiuto dei nonni con i quali vivono attualmente. «Sono loro gli artefici di questo miracolo di unità – conclude nella lettera – con il loro impegno e i grandi sacrifici e rinunce hanno creato un forte legame diventato ancora più solido, che ci ha aiutato a superare i momenti tristi. E noi saremo grati per tutta la vita».

 

Caso Elena Ceste, l’investigatore sul marito condannato: “O è un genio o un cogl***e” (The Social Post – 18 ottobre 2020)
A 6 anni dalla scomparsa e morte di Elena Ceste, la giustizia ha già emesso il suo verdetto: a ucciderla è stato il marito, Michele Buoninconti. L’uomo è stato condannato a 30 anni di carcere, ma non ha perso le speranze che il suo caso venga riesaminato. Dietro all’istanza di revisione c’è l’investigatore Davide Cannella, che in esclusiva a The Social Post ha raccontato tutto quello che non torna nel caso dell’omicidio di Elena Ceste.
Ci sono voluti 11 mesi perchè il corpo di Elena Ceste rispuntasse, in un canale del Rio Mesa in provincia di Asti. La madre 37enne era sparita da San Pancrazio a Motta a Costigliole d’Asti e per lungo tempo non c’è stato nessun indagato. Poi, trovato il corpo, è arrivato l’arresto del marito Buoniconti e le condanne, fino all’ultimo grado. Da quasi un anno, però, si lavora già alla revisione del caso e dietro c’è Davide Cannella della Falco Investigazioni, che ha di recente rifiutato di seguire il caso Roberta Ragusa per “problemi ostativi” con i legali di Antonio Logli.
Poche settimane fa, proprio Cannella aveva denunciato la scomparsa di alcuni reperti dal Tribunale di Asti: “Poi sono saltati fuori, la cosa è rientrata. Erano presso il comando dei Carabinieri. Infatti il dottor D’Orio, che è il nostro genetista, andrà lì a fare i rilievi che non abbiamo potuto fare“.
I dubbi sulla colpevolezza di Buoninconti. Nel caso della Ragusa, Cannella aveva dichiarato di non aver trovato spiragli per un risultato diverso da quello che ha portato alla condanna di Logli. Nel caso di Elena Ceste, invece, è molto diverso: “Il punto focale è che Buoninconti è stato accusato dell’omicidio della moglie, ma il medico legale non è stato in grado di dire come è morta“. Difficile, considerando lo stato di conservazione del corpo.
Stiamo parlando di un omicidio, di un incidente, oppure c’era soltanto Buoninconti che poteva aver voglia di ammazzare la moglie perchè si era scoperto tradito?” la domanda dell’investigatore, che non esclude quindi che ci possano essere altre persone “interessate” ad uccidere la donna.
La causa della morte di Elena Ceste. Tutto, quindi, parte da come è morta Elena Ceste: “Non è stata strangolata, ma soffocata. Lo strangolamento richiede la rottura dell’osso ioide, che in questo caso era integro“. Quindi, “Il medico legale ha ipotizzato, ma è mera ipotesi, che possa essere stata soffocata. Se chiede al medico legale con quali basi lo dice, lui dice: ‘non lo so’“. Una dichiarazione molto forte, considerando che di mezzo c’è una condanna in Cassazione.
Difficile, per Davide Cannella, provare per certo che sia stata soffocata e che quindi ci sia stato un vero e proprio omicidio: “Nel caso di strangolamento c’è l’osso iloide che può dirlo, ma se è intero come si fa a dire che è stata soffocata ‘forse con un cuscino’, altra ipotesi peregrina, come fa a dirlo?“.
Il sopralluogo sul luogo del ritrovamento di Elena Ceste. Per l’uomo chiamato a trovare elementi per far rivalutare il caso di Michele Buoninconti, quindi, “Hanno preso per buona la via più comoda. È stato accusato il marito probabilmente perchè dicono: ‘tu ti sei scoperto tradito e hai ammazzato la moglie, in un momento d’impeto ti sei sbarazzato del corpo“. Proprio il luogo di ritrovamento, però, è un altro dei punti al vaglio delle indagini private: “Andare a gettare la moglie dove è stata trovata è il posto più sbagliato che possa esistere“.
Due i motivi: “È stata trovata in un canale, vicino c’è un campo di noccioline. Alle 9 del mattino poteva incontrare chiunque, qualche contadino, il proprietario, chiunque“. Ma ancora: “Perché portare il cadavere lì e non 300 metri più avanti, dove c’è il fiume Tanaro?“. Inoltre, rivela Cannella, vicino al canale c’è una serra, aperta nell’orario in cui si ritiene che Buoninconti abbia lasciato il corpo. “Possibile che nessuno abbia visto la macchina di Michele?” è la domanda attorno a cui gira tutto. Il luogo, la distanza da percorrere, la serra aperta e nessun testimone. Sono molti gli elementi che vengono ritenuti validi per richiedere la revisione del processo. “O è un genio del crimine, o è un cogli**e, oppure i fatti non son andati così” è il caustico commento dell’investigatore, per un caso che però per la giustizia al momento non è più considerato un mistero.
La sentenza contro Michele Buoninconti. Per la Cassazione, infatti, non ci sono dubbi: è stato Michele Buoninconti a uccidere Elena Ceste. “È l’unica possibile lettura da dare“, secondo le parole contenute nelle motivazioni della sentenza rese note pochi mesi dopo la definitiva condanna. I giudici avevano confermato quanto stabilito dalla Corte di assise d’appello di Torino. “Commise il delitto e poi occultò il cadavere, compatibilmente con il falso alibi già predisposto” venne spiegato nelle motivazioni.
Buoninconti, per loro, premeditò tutto con “una serie di azioni ben studiate, così da poter essere eseguite in continuità secondo una cadenza sul filo dei minuti“. Venne anche data lettura del movente: Buoninconti uccise Elena Cese perchè mosso “dal più atavico dei sentimenti maschili: una sete di dominio unita ad un malinteso senso dell’onore“. Questo perchè aveva l’esigenza di affermare il proprio dominio unitamente a un sentimento di vendetta di fronte a tradimenti comprovati“. Così la Cassazione, sulla “chiara e premedita volontà omicida” di Michele Buoninconti. Ora, le possibilità dell’ex vigile sono tutte nella revisione e nei dubbi sollevati dall’investigatore privato.

Costigliole d’Asti, pignorate e messe all’asta le auto di Elena Ceste e Michele Buoninconti per aiutare i figli negli studi (Corriere della Sera – 21 aprile 2023)
La data dell’asta è fissata per il 17 maggio e si svolgerà in modalità telematica
Pignorate e ora messe all’asta le auto di Elena Ceste e Michele Buoninconti per aiutare i figli negli studi. Buoninconti è in carcere da oltre nove anni dopo la condanna definitiva per l’omicidio della moglie. Prezzo minimo base d’asta, 4200 euro. Si tratta di una Peugeot 205 utilizzata dalla donna e della Golf del marito. L’avviso è pubblicato sul portale delle vendite giudiziarie e l’indirizzo in cui si trovano le due vetture è quello di Strada San Pancrazio 10 a Costigliole d’Asti, frazione Motta, lo stesso della casa della coppia con quattro figli in cui si è consumato il femminicidio.  Ai due prezzi base d’asta si possono fare rilanci minimi di 100 euro. La data dell’asta è fissata per il 17 maggio e si svolgerà in modalità telematica. Le due automobili erano state pignorate nell’ambito della procedura civile intentata dagli avvocati Tabbia e Abate Zaro per conto dei genitori di Elena, in qualità di tutori dei quattro nipoti, dopo la dichiarazione di «indegnità» che il tribunale di Asti ha dettato a carico di Michele Buoninconti, per escluderlo dall’asse ereditario della moglie.

 

La Stampa – 3 agosto 2023


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