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Matteo Pepe, 43 anni, imprenditore edile, separato, padre. Uccide la convivente a coltellate. Condannato a 16 anni, poi ridotti a 15 con il recupero della patria potestà

Vasto (Chieti), 15 Ottobre 2011


Titoli & Articoli

(Il Centro -16 ottobre 2011)

Vasto: uccise fidanzata lituana, Matteo Pepe condannato a 16 anni (Foggia Today – 21 giugno 2012)
L’imprenditore foggiano è stato condannato per l‘omicidio volontario di Neila Bureikaite, la fidanzata 24enne uccisa a coltellate in un appartamento di via Sandro Pertini
Matteo Pepe, l’imprenditore 44enne di Lucera nato a Motta Montecorvino, è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio di Neila Bureikaite, la ragazza lituana uccisa l’ottobre scorso in via Sandro Pertini a Vasto. Accusato di omicidio volontario, l’allora titolare della ditta Pm Edil Costruzioni, chiamò e si consegnò spontaneamente alla polizia.
Il crudele accoltellamento fu la tragica conseguenza di un litigio che sarebbe scoppiato per motivi di gelosia. L’uomo è stato condannato alla pena detentiva di anni 16 dai giudici del Tribunale di Vasto. Il processo si è svolto con rito abbreviato ed a porte chiuse. Il pm Enrica Medori aveva chiesto 14 anni di reclusione, mentre il collegio difensivo, Pasquale Morelli e Giampaolo Di Marco, aveva chiesto l’applicazione delle attenuanti generiche.

Omicidio Neila, ridotta la pena per Matteo Pepe: da 16 a 15 anni (Zona Locale – 25 gennaio 2013)
La sentenza d’appello – Difesa insoddisfatta, probabile ricorso in Cassazione
Da 16 a 15 anni e recupero della patria potestà. Ridotta la pena che deve scontare Matteo Pepe, il 44enne imprenditore edile condannato per l’assassinio di Neila Buerikaite, la sua convivente uccisa a 24 anni con otto coltellate nella casa che i due condividevano in via Pertini a Vasto. E’ questo il verdetto della Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila. Oggi il processo-lampo in secodo grado con questo verdetto: condanna a 15 anni di carcere per omicidio volontario e a risarcire con 180mila euro la famiglia della ragazza, ma Pepe recupera la patria potestà sui suoi tre figli, due dei quali minorenni, avuti dal matrimonio con la sua ex moglie. I due erano già separati quando è iniziata la storia tra Neila e Matteo. La difesa non è soddisfatta e aspetta la pubblicazione delle motivazioni della sentenza per valutare il ricorso in Cassazione.
L’udienza – Stamani si è tenuto a L’Aquila il processo di secondo grado dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello. Gli avvocati della difesa, Pasquale Morelli e Giampaolo Di Marco, si erano appellati ai giudici del capoluogo per cercare di ottenere uno sconto di pena. Come per il giudizio abbreviato di primo grado, anche l’appello si è svolto in camera di consiglio (cioè a porte chiuse) e in un’unica udienza davanti al collegio composto da due giudici togati (presidente e giudice a latere) e sei giudici popolari.
L’omicidio – E’ del 15 ottobre 2011 il delitto che ha scosso la città a distanza di un ventennio dall’ultimo omicidio. In una palazzina di via Pertini veniva assassinata a coltellate la 24enne lituana Neila Bureikaite. Fu lo stesso Pepe, attorno alle 8 del mattino, a telefonare al 118. I medici suonarono al campanello accompagnati dalla polizia. Aperta la porta, agli agenti Pepe disse: “Ho fatto una cazzata”. Dopo il matrimonio finito male, la paura di ritrovarsi da solo per la seconda volta al termine di una stori d’amore durata quattro anni, dal 2007 al 2011. Questa sarebbe stata la molla che ha fatto scattare il terribile gesto.
Sedici anni per omicidio volontario aggravato: è la pena inflitta in primo grado la scorsa estate dal Gup del Tribunale di Vasto, Stefania Izzi, all’imputato. Il pubblico ministero, Enrica Medori, aveva chiesto 14 anni.
Accusa e difesa – Dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello, la pubblica accusa ha chiesto 14 anni e 8 mesi. Otto mesi in più della richiesta formulata dal pm in primo grado. Nella requisitoria, il pubblico ministero ha motivato l’inasprimento della richiesta facendo riferimento agli omicidi successivi: altri quattro in 14 mesi tra Vasto e San Salvo. Il delitto di via Pertini avrebbe fatto da apripista a una scia di sangue mai vista nel Vastese.
I giudici della Corte d’Assise d’Appello hanno inflitto a Pepe una condanna a 15 anni, riducendo da 200mila a 180mila euro l’entità del risarcimento e riaffidandogli la patria potestà dei tre figli, due dei quali minorenni.
La parte offesa, cioè la famiglia della vittima, attraverso l’avvocato Antonio Ottaviano aveva chiesto mezzo milione di euro.
Ricorso in Cassazione? – La difesa non è soddisfatta perché puntava a un maggiore sconto di pena.Quindici anni sono troppi. Non si capiscono le ragioni dell’entità della pena e perché sia così elevata rispetto alla richiesta formulata dal pm in primo grado”, commenta Morelli. “Nell’udienza di oggi, la difesa e la pubblica accusa hanno condiviso alcuni aspetti fondamentali: sono cadute le aggravanti”, in particolare quella dell’omicidio del coniuge, già accantonata in primo grado (i due non erano sposati), “e quella dell’uso dell’arma bianca, non prevista per il reato di omicidio. Inoltre sono state riconosciute le attenuanti generiche. Aspettiamo – dice Morelli – le motivazioni della sentenza e poi valuteremo se ricorrere alla Corte di Cassazione”.


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