Matteo Cagnoni, 51 anni, dermatologo, padre. Massacra la moglie con un bastone. Ergastolo
Ravenna, 16 Settembre 2016
Titoli & Articoli
Ravenna, uccisa e nascosta in cantina, fermato il marito: noto dermatologo e volto tv (Rai News – 20 settembre 2016)
Colpita a bastonate, trascinata giù per le scale, finita nello scantinato da un omicida che ha infierito sul suo capo. E’ morta così Giulia Ballestri, ravennate di 40 anni compiuti sabato scorso, trovata morta a Ravenna dopo che i familiari, che non avevano sue notizie da un paio di giorni, hanno dato l’allarme. Un omicidio realizzato con “violenze quasi inaudite”, per dirla con le parole del procuratore capo della città romagnola, Alessandro Mancini.
Per il delitto è stato fermato il marito: Matteo Cagnoni, 51 anni, noto dermatologo di una famiglia abbiente e conosciuta anche a Firenze, di cui è originario. I due si stavano separando, lei voleva il divorzio. L’uomo è stato fermato proprio nel capoluogo toscano con l’accusa di omicidio aggravato della moglie, ma anche di occultamento di cadavere, per via della posizione nella quale è stato trovato il corpo.
La notte scorsa la polizia si è presentata infatti nella villa dei genitori di Cagnoni, in via Bolognese, per una perquisizione alla ricerca di elementi utili alle indagini. Ma vedendo i poliziotti il 51enne è scappato, lungo l’argine del torrente Mugnone. Era anche riuscito a far perdere le proprie tracce, ma qualche ora dopo è tornato a casa dei genitori, credendo che non ci fossero più agenti, e lì è stato bloccato. Ha detto di essersi impaurito alla vista della polizia, senza fare alcun riferimento alla moglie. Gli investigatori invece non escludono che stesse cercando di fuggire all’estero coi figli, che aveva portato con sé a Firenze: in una giacca aveva una somma importante in contanti, e i passaporti, il suo e quelli dei figli, tutti bambini tra i 6 e gli 11 anni.
Il corpo della moglie è stato trovato nello scantinato di una villa di famiglia in via Padre Genocchi, a Ravenna. A denunciare la scomparsa di Giulia era stato il fratello, insospettitosi dopo avere trovato l’auto di lei in via Giordano Bruno davanti a casa con le portiere aperte. La polizia ha così setacciato tutte le dimore di famiglia arrivando anche a quella dove c’era il cadavere della 40enne. La villa – disabitata in questo periodo – era chiusa a chiave con allarme inserito, e ad avere le chiavi erano solo Giulia e il marito. Nella casa la polizia scientifica ha repertato numerose tracce di sangue, le più copiose nello scantinato dove c’era il cadavere. L’arma del delitto, un bastone di legno, è già stato recuperato dagli inquirenti e anch’esso presenta molte tracce ematiche. La vittima addosso aveva solo un reggiseno.
Sulla base degli elementi accertati gli inquirenti hanno ipotizzato che la donna possa essere stata colpita al piano superiore, trascinata giù per le scale battendo la testa sui gradini e poi sia stata finita nello scantinato. L’omicida ha infierito con violenza, con più colpi in testa. Non è ancora chiaro quando sia successo, ma da quello che ha stabilito il medico legale la morte risale a circa 72 ore prime del ritrovamento del corpo. L’ultimo contatto della donna con la famiglia risale a giovedì sera, quando aveva inviato un messaggio al fratello.
Chi indaga su questo ennesimo femminicidio valuta che la causa scatenante della violenza dell’uomo sia stata il fatto che i due coniugi, sebbene ancora convivessero, si stavano effettivamente separando: Giulia era intenzionata ad arrivare fino al divorzio. Dilemmi che forse saranno chiariti nell’interrogatorio di convalida del fermo nei prossimi giorni.
Sgomento e dolore sono stati espressi dal sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, secondo cui episodi come quello odierno devono spingere a proseguire con maggiore impegno nella lotta alla violenza di genere.
Omicidio a Ravenna, Cagnoni indagato anche per violenza sessuale (Firenze Today – 22 settembre 2016)
Il dermatologo, fermato per l’omicidio della moglie, l’avrebbe anche costretta a subire rapporti sessuali
E’ indagato anche per violenza sessuale, oltre che per i reati di omicidio aggravato e occultamento di cadavere. Matteo Cagnoni, il noto dermatologo arrestato lunedì scorso nella villa di famiglia di via Bolognese, con l’accusa di avere ucciso Giulia Bellotti, la moglie, avrebbe infatti anche costretto la moglie a subire un rapporto sessuale.
La convalida del fermo per il dermatologo 51enne è arrivata ieri. Un altro uomo, con cui la donna aveva una relazione (Giulia Bellotti voleva separarsi dal marito), avrebbe riferito agli inquirenti che la donna gli aveva confidato che Cagnoni pretendeva dalla moglie rapporti sessuali. Il corpo della donna, 40 anni, è stato ritrovato nella notte tra domenica e lunedì, in una villa di Ravenna, quasi completamente nudo. Subito sono scattate le ricerche, che hanno condotto poche ore dopo al fermo di Cagnoni in via Bolognese. Durante gli interrogatori del gip del tribunale di Firenze l’uomo si è detto innocente.
Omicidio di Ravenna, Cagnoni: “L’amante tormentava mia moglie” (Quotidiano Nazionale – 30 settembre 2016)
L’intervista dal carcere. Matteo Cagnoni: “Mai stato geloso”. “Ho chiesto io la separazione”
Com’erano i rapporti con sua moglie? “Buoni, nonostante da circa un anno ci fosse una crisi coniugale. Crisi che da entrambi è stata affrontata nel migliore dei modi, cercando di evitare discussioni davanti ai figli che non hanno percepito alcun problema fra noi. Abbiamo puntato a tutelarli al massimo, per il loro bene. Avevo timore che i bambini, vedendo ancora una famiglia perfetta, potessero poi soffrire quando ho scoperto che lei aveva una relazione extraconiugale”. Secondo gli inquirenti, era geloso e temeva di essere lasciato. “Non avevo timore di essere lasciato e dopo aver tenuto in piedi il matrimonio con molti sforzi, per un anno, sono stato io a chiedere la separazione. Il geloso ossessivo non ero io, ma l’amante che la tormentava. Tra l’altro, ebbi modo di ascoltare casualmente una telefonata di mia moglie con una persona che, a mio avviso, potrebbe essere diversa dall’amante ‘ufficiale’. Segnalo che per il prossimo dicembre avevo programmato un viaggio a New York coi miei figli e avevo inserito anche il nome di Giulia nei preventivi richiesti all’agenzia”.
Le sono stati riscontrati segni addosso. Per i pm, un’altra prova contro di lei. “Le ferite sul corpo me le sono procurate risalendo una collina nel bosco. Mi sono allontanato sull’onda di un forte impatto emotivo, a causa di una precedente traumatica perquisizione notturna di alcuni anni prima, per cui sono stato poi prosciolto, ma che mi ha traumatizzato. Mi sono allontanato per paura e per chiamare il mio avvocato; dopo qualche ora, riacquisita la lucidità, mi sono ripresentato spontaneamente a casa, ferendomi in più punti tra i rovi, a causa di alcune scivolate”.
Ma perché è partito per Firenze, quel fine settimana? “Specifico che ho uno studio a Firenze, nella villa di via Bolognese, dove ricevo i pazienti almeno un giorno alla settimana; uno a Ravenna e uno a Bologna. A Firenze sono venuto con regolarità da diversi anni. Per almeno due fine settimana al mese sono sempre venuto a Firenze dai genitori anziani e cagionevoli di salute. Ho diversi amici con figli e ho molta vita sociale. Non ci trovo nulla di strano, essendo in fase di separazione sono venuto da solo, dato che mia moglie non mi ha voluto seguire. Non stavo affatto fuggendo e il contante trovato era solamente l’incasso di due giorni di attività e non avevo fatto il consueto versamento in banca. Erano 1.503 euro con quei soldi non sarei andato oltre Pistoia… Mai potrei fuggire lontano dai miei figli”.
A cosa ha pensato in questi giorni? “Ho pensato intensamente ai miei figli e mia moglie”.
Abbiamo visto tante foto di una coppia felice. “Ho passato anni meravigliosi, in particolare ricordo il suo bellissimo sorriso”.
Cosa vorrebbe dire ai suoi figli? “Vivo per loro e spero di riabbracciarli presto”.
Che esperienza è il carcere? “È un’esperienza forte e nuova, dove una persona si trova di colpo in un ambiente dove ci si deve confrontare con una nuova realtà. Compatibilmente con lo stato d’animo, ho trovato un ambiente rispettoso e corretto”.
Massacrata a bastonate, il retroscena nelle indagini: Cagnoni svendette i beni (Ravenna Today – 1 ottobre 2016)
Secondo quanto appurato dagli investigatori, durante la separazione dalla moglie il professionista si sarebbe disfatto dei suoi beni per un milione e 200 mila euro
Emerge un retroscena su Matteo Cagnoni, il dermatologo 51enne in carcere a Firenze con l’accusa di avere assassinato a bastonate il 16 settembre scorso sua moglie, la 39enne Giulia Ballestri, nella villa di via Padre Genocchi. Secondo quanto appurato dagli investigatori, durante la separazione dalla moglie il professionista si sarebbe disfatto dei suoi beni per un milione e 200 mila euro, cedendoli a familiari in cambio di corrispettivi non congrui o donazioni. Gli inquirenti hanno ascoltato il notaio ravennate che aveva perfezionato le cessioni.
Intanto è stata notificata al 51enne l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari Piervittorio Farinella ne ha disposto il carcere, non ritenendo credibili le sue giustificazioni difensive nelle quali aveva respinto ogni addebito. E’ stata inoltre ravvisata la possibilità di contestare all’indagato la violenza sessuale. Quando è stato rinvenuto il cadavere, la donna era seminuda (indossava solo il reggiseno) e il suo nuovo compagno aveva raccontato di sue confidenze su rapporti sessuali pretesi dal marito.
Donna uccisa: Cagnoni, “sono innocente” (Ansa – 10 dicembre 2016)
Dermatologo ravennate: ‘Io anglosassone, dipinto come pacchiano’
Quella della moglie è stata una “tragica scomparsa” e “ribadisco la mia innocenza, la mia totale estraneità a ciò che è accaduto”. Sono alcuni dei passaggi della lettera inviata al Resto del Carlino da Matteo Cagnoni, il 51enne dermatologo ravennate in carcere da una settantina di giorni con l’accusa di avere massacrato a bastonate la moglie 39enne, Giulia Ballestri, la mattina del 16 settembre in una loro villa disabitata nel centro della città. Rispondendo a una lettera inviata dai giornalisti, sulle accuse a lui attribuite Cagnoni si è limitato a scrivere che “con le indagini in corso, se rilasciassi dichiarazioni di natura difensiva produrrei il solo effetto indesiderato di alimentare confusione e polemiche”.
Cagnoni non ha fatto ulteriori accenni all’omicidio della consorte, parlando invece bene del carcere di Ravenna, dove era stato trasferito dopo avere trascorso altrettanto tempo in quello di Sollicciano: era stato fermato dalla polizia a Firenze il 19 settembre nei pressi della villa paterna.
Massacrata a bastonate, Cagnoni chiede di incontrare la madre di Giulia (Ravenna Today – 13 dicembre 2016)
Continuano intanto le indagini: nei prossimi giorni si conoscerà l’esito della perizia sui graffi che aveva l’indagato
Matteo Cagnoni, il dermatologo accusato di aver ucciso il 16 settembre scorso con dieci bastonate nella villa liberty di via Padre Genocchi la moglie Giulia Ballestri, continua a dichiararsi estraneo ai fatti. Dal carcere ha infatti scritto diverse missive nelle quali ribadisce la sua posizione da innocente. In una ha chiesto la possibilità di incontrare la famiglia della vittima, e in particolar modo la madre. Ma Rossana Marangoni, madre della 39enne, ha negato questa possibilità.
Pochi giorni fa il professionista 51enne ha risposto anche una lettera inviata dai cronisti de “Il Resto del Carlino”, limitandosi a scrivere che “con le indagini in corso, se rilasciassi dichiarazioni di natura difensiva, produrrei il solo effetto indesiderato di alimentare confusione e polemiche”. Cagnoni ha sottolineato che quella della moglie è stata una “tragica scomparsa” e “ribadisco la mia innocenza, la mia totale estraneità a ciò che è accaduto”. Non ha fatto ulteriori accenni all’omicidio della consorte, parlando invece bene del carcere di Ravenna, dove era stato trasferito dopo avere trascorso un periodo di detenzione in quello di Sollicciano. Continuano intanto le indagini: nei prossimi giorni si conoscerà l’esito della perizia sui graffi che aveva l’indagato.
Nelle mani di Cagnoni la borsetta mai ritrovata (Toscana Media News – 17 giugno 2017)

Si tratta di filmati ripresi dalle telecamere di sicurezza lungo le strade di Ravenna e nella villa di famiglia a Firenze proprio la mattina dell’omicidio. Dai filmati si nota Matteo Cagnoni, il dermatologo fiorentino accusato di aver ucciso la moglie Giulia Ballestri a bastonate, indaffarato a trasportare oggetti su e giù tra la sua auto e l’alta siepe che separa la villa fiorentina dai campi circostanti. Qui Cagnoni ha in mano una borsetta bianca simile a quella di Giulia e che lei aveva con sé la mattina del delitto, come si vede nelle immagini registrate la mattina dell’omicidio in una pasticceria a Ravenna. Nello steso stesso video si vede Cagnoni che nasconde tra le siepi la giacca blu che indossava la mattina del delitto, anche questa mai ritrovata,
Ed è qui che emergerebbero due elementi ritenuti dall’accusa importanti: la borsetta bianca che, secondo le immagini estrapolate da una pasticceria ravennate, la 39enne portava la mattina del delitto e la giacchetta blu che Cagnoni indossava quando si trovava con la consorte e che si era poi cambiato, come mostrano le telecamere del suo studio ravennate. L’uomo si è sempre proclamato innocente ed è in carcere da nove mesi. Giovedì comincerà davanti al giudice del Tribunale di Ravenna, Antonella Guidomei, l’udienza preliminare a carico del dermatologo Matteo Cagnoni, 57 anni, accusato dell’omicidio della moglie Giulia Ballestri, 39 anni, uccisa la mattina del 16 settembre 2016 a bastonate in una villa di famiglia a Ravenna. Matteo Cagnoni, 52 anni, in crisi da tempo con la moglie Giulia Balestri, 39, secondo l’accusa l’attiró in una villa di famiglia disabitata e lì la uccise a bastonate. Poi l’occultamento del corpo, la fuga a Firenze con i figli e, qualche giorno dopo, l’arresto a casa dei genitori dopo il ritrovamento del cadavere della donna.

Ravenna, in aula l’uccisione della moglie si trasforma in uno show del «dermatologo delle dive» (Corriere della Sera -29 marzo 2018)
Il medico accusato dell’omicidio di Giulia Ballestri: «Perché non mi ridate i pantaloni abbinati?». Il legale della vittima: «Incredibile l’attenzione morbosa»
Lo stesso spezzato, camicia azzurra e cravatta a righe. Seduto a gambe larghe, davanti al microfono. Non si è mai presentato in disordine: le altre volte era in abito scuro e camicia bianca. Perché lui è un «predestinato». Così si descriveva nel suo sito Internet prima dell’arresto: «In un certo senso mi sono sempre sentito un predestinato, dal nonno e dallo zio chirurghi entrambi primari di chirurgia generale in tempi in cui ancora un chirurgo doveva essere in grado di operare tutto». Matteo Cagnoni, 53 anni, il «dermatologo delle dive», ospite fisso dei tg e dei programmi di salute, ex miglior partito di Ravenna fino all’incontro con Giulia Ballestri, quindici anni fa, assassinata a colpi di bastone il 16 settembre 2016. È accusato lui del delitto: il dottore marito della vittima, padre dei loro tre figli di 12, dieci e sette anni.
Il pubblico fuori con il telefonino in mano. Il 26 e il 23 marzo davanti alla Corte di Assise della sua città si è svolto l’interrogatorio. Aula piena, soprattutto venerdì scorso, quando molti sono rimasti fuori con il cane e il telefonino in mano, a testimoniare la loro presenza. «Una roba da non credere, è proprio vero che quando ci sono sesso e sangue l’attenzione della gente è morbosa», dice Giovanni Scudellari, l’avvocato che assiste il fratello di Giulia, i genitori e i suoi bambini.
Il dottore nega tutto. «Non sono un mostro». E anzi ricorda il «meraviglioso rapporto durato dieci anni, il più bello che abbia mai avuto, nonostante l’ultimo anno». Giulia, l’amore della sua vita. «L’ho conosciuta sul lavoro, era una mia paziente (…). Veniva da un periodo difficile, era in crisi con un giro di amicizie della Ravenna bene che la usavano, se la portavano dietro perché era carina (…). Era un ambiente dove giravano anche droghe, se è questo l’ambiente da cui l’ho allontanata, son ben contento».
I giudizi dell’imputato. Infarcisce di giudizi le sue ammissioni di non colpevolezza. Sulle amicizie, per esempio: «Io non le ho mai impedito di frequentare nessuna di queste persone (…). Giulia era molto pigra, non chiamava spesso, non manifestava il desiderio di uscire da sola con gli amici». E poi: «Giulia usava la gente a suo uso e consumo, diceva e non diceva, diceva anche un sacco di bugie, cioè su di me mi ha fatto un vestitino che io ho avuto una crisi quando ho letto gli atti perché non c’è nulla o quasi di vero di quello che lei dice di me». Il dottore è magnanimo. «Non ho mai sentito parlare un giornale degli sms che ho mandato in quei giorni (della crisi coniugale, ndr) agli amici». Ne cita uno: «Mi sa che mi toccherà farle da padre anche da dopo separato». Un altro: «Continuerò a volerle bene». E sì che lo avevano avvisato. «Stai attento perché è una ragazza che se mette un rapporto in crisi, lo mette veramente, cioè ti può esplodere come una mina da un momento all’altro». Ma lui: «Con me non succederà, io la salverò».
L’accusa di omicidio volontario. La verità è che Giulia Ballestri non è riuscita a salvare se stessa. E l’uomo seduto nel banco degli imputati con l’accusa di omicidio volontario con le aggravanti della premeditazione e della crudeltà è lo stesso che al pubblico ministero Cristina D’Aniello si è preoccupato di chiedere, sulle circostanze del suo arresto: «Non ho capito perché mi hanno tolto quelle scarpe, che a me piacevano tanto, che poi avevo anche un paio di pantaloni abbinati, non ho capito perché non me li hanno ancora resi». (di Elvira Serra)
Omicidio di Ravenna: perché la Corte d’Appello ha confermato l’ergastolo a Cagnoni (Firenze Today – 15 novembre 2019)
184 fitte pagine che spiegano perché il 26 settembre scorso la Corte d’Assiste d’Appello di Bologna ha confermato l’ergastolo per Matteo Cagnoni, condannato in primo grado per l’omicidio della moglie Giulia Ballestri
Giovedì sono state depositate le motivazioni della sentenza dell’omicidio di Giulia Ballestri, moglie del medico Matteo Cagnoni. Quest’ultimo fu arrestato dalla polizia per l’omicidio di Ravenna, avvenuto nel 2016, nella villa di famiglia lungo Via Bolognese. 184 fitte pagine che spiegano perchè il 26 settembre scorso la Corte d’Assiste d’Appello di Bologna ha confermato l’ergastolo per Cagnoni, condannato in primo grado per l’omicidio della coniuge.
L’avvocato della famiglia di Giulia, Giovanni Scudellari, aveva chiesto la conferma dell’ergastolo, mentre quello di Cagnoni, Gabriele Bordoni, aveva chiesto per il suo cliente una perizia psichiatrica. Il collegio giudicante ha accolto le richieste del procuratore generale Gianluca Chiapponi, confermando la condanna in primo grado del 22 giugno 2018. Confermate anche le aggravanti di crudeltà e premeditazione. Plausibile che ora Cagnoni si giocherà anche l’ultima carta del ricorso in Cassazione: il suo legale avrà trenta giorni di tempo per presentarlo.
Per la Corte, si legge nella sentenza, “il quadro indiziario è talmente grave e univoco che non possono sussistere di fatto reali dubbi sulla prova piena della responsabilità dell’imputato”. “Non accetta, questo è il punto centrale a parere di questa Corte, la perdita del potere su di lei. Lo stereotipo culturale alla base della cosiddetta violenza di genere (…) appare permeare il sentire dell’imputato. (…) A più di tre anni di distanza dall’omicidio l’imputato non è riuscito a proferire una sola parola di pentimento. (…) Tale violenza di genere, sia di carattere fisico che psicologico, deve essere considerata come una forma di violenza specifica, che colpisce la donna nella sua identità di genere: cioè proprio in quanto donna e all’interno di un discorso di progressiva sopraffazione instaurato nel contesto di una relazione di prossimità con l’autore, uomo, del reato. (…) Non pare a questa corte, di fronte alla assoluta ferocia della condotta posta in essere verso la coniuge e indirettamente verso i propri figli, privati della madre in giovanissima età, e alla mancanza assoluta di pentimento e di revisione critica del proprio crudele comportamento, che le richieste attenuanti generiche possano in definitiva essere in alcun modo concesse. (…) La scelta di un mezzo di inflizione di sicure sofferenze quale un randello (…) è indice di raccapricciante cinismo e particolare crudeltà. (…) E indice di efferatezza e mancanza di pietas è anche la spoliazione della vittima, compiuta all’evidente e unico fine di infliggerle un’ultima umiliazione e posta in essere quando la donna era ancora viva. (…) Il disturbo di personalità (nel caso di specie narcisistico) non ha comportato una valutazione di incapacità patologica; si ritiene che lo stesso (…) non possa fondare di per se stesso la concessione delle attenuanti generiche, che rimangono ancorate alla gravità del fatto. (…) Una disarmonia della personalità legata all’indole del soggetto che non può ritenersi abbia condotto a una compromissione della coscienza tale da aver reso l’individuo estraneo a se stesso”.
Oltre 50mila firme per chiedere il trasferimento di Matteo Cagnoni da Ravenna (Ravenna Today – 20 dicembre 2018)
Oltre 50mila persone hanno sottoscritto l’appello per chiedere la revoca del trasferimento di Matteo Cagnoni, condannato all’ergastolo per il femminicidio della moglie Giulia Ballestri
Ad appena 20 giorni dal lancio della raccolta di firme e dopo la fiaccolata organizzata dalle Associazioni Unione donne in Italia, Linea Rosa, Dalla parte dei minori e dalla Casa delle donne di Ravenna, oltre 50mila persone hanno sottoscritto l’appello per chiedere la revoca del trasferimento di Matteo Cagnoni, condannato all’ergastolo per il femminicidio della moglie Giulia Ballestri, dal carcere della Dozza di Bologna alla casa circondariale di Ravenna.
“L’appello predisposto dalle avvocate delle associazioni costituitesi parti civili nel processo (Udi, Linea Rosa, Dalla Parte dei Minori) è stato indirizzato al Dap, alle istituzioni e soggetti coinvolti o interessati a questa decisione che, come dimostrano le decine di migliaia di firme raccolte, ha ferito e turbato la comunità tutta, perchè ritenuto un atto di profonda ingiustizia,di lesione del diritto di uguaglianza di tutti i cittadini e, soprattutto, causa di grave e ulteriore turbamento per i figli e la famiglia di Giulia – commentano le associazioni – Ringraziamo tutti coloro che hanno condiviso la mobilitazione promossa per ottenere una giustizia piena e rispettosa di tutte le vittime di femmicidi, delle donne e dei loro bambini resi orfani, mobilitazione che continuerà fino a quando non avremo sconfitto per sempre la violenza maschile sulle donne. In attesa della risposta da parte del DAP la raccolta delle firme continua”. (di Chiara Tadini)
Matteo Cagnoni. Lettera a un carcerato con la foto del presunto amante di Giulia Ballestri (Ravenna 24Ore – 16 luglio 2019)
Nella busta anche dei soldi
Lettera a un detenuto albanese. Ancora una volta il nome di Matteo Cagnoni, condannato in primo grado all’ergastolo per il femminicidio della moglie Giulia Ballestri, compare sulle pagine di cronaca locale. Il Resto del Carlino parla infatti di una lettera (scritta da Cagnoni ma inviata da “terzi”) indirizzata a un detenuto albanese col quale Cagnoni ha condiviso la cella tempo fa. Alla lettera sarebbe stata allegata una foto dell’uomo che il dermatologo toscano accusa di avergli “rubato” la moglie. La busta è stata intercettata dalla Procura di Ravenna e, quindi, non è mai arrivata all’altro carcerato, il quale sta scontando una pena definitiva a cinque anni per avere ucciso per errore un amico sparandogli con una pistola che pensava fosse scarica.
Molti i misteri su questa lettera. Un fatto avvolto da molti dubbi sui quali si sta cercando di fare chiarezza: La busta è stata affrancata a Firenze, ma il mittente della lettera è inesistente, ovvero si tratta di un nome fittizio, quindi non è noto chi ha inviato la lettera. Nella lettera sono stati trovati anche dei soldi, 500 euro, secondo quanto riportato da Il Resto del Carlino. Tale somma, però, non potendo essere inserita dal detenuto in quanto gli è proibito maneggiare denaro, deve essere stata aggiunta a Firenze, ma non si sa da chi. Cagnoni nella lettera definisce quella somma di denaro come una sorta di regalo. Il detenuto albanese la identifica come una ricompensa per alcuni favori, non precisati. Su tale fatto Cagnoni non è indagato e la Procura ha aperto un fascicolo per abuso d’ufficio, al momento contro ignoti.
Minacce camuffate? Come riporta Il Resto del Carlino, il pm Angela Scorza vuole capire se dietro a quei contenuti si possano scorgere minacce camuffate o azioni preordinate. E come quel pacco possa essere uscito dal carcere di Ravenna, dove Cagnoni è detenuto in attesa del processo d’appello fissato a Bologna a fine settembre.
Le tappe della vicenda
- 19 settembre 2016 – Ravenna, scoperto cadavere in una villa
- 19 settembre 2016 – Omicidio in via Genocchi, fermato il marito della vittima
- 19 settembre 2016 – Omicidio a Ravenna, “E’ un bastone di legno l’arma del delitto”
- 20 settembre 2016 – Omicidio Ballestri, fissata l’udienza per la convalida del fermo di Matteo Cagnoni
- 21 settembre 2016 – Delitto Ballestri, Cagnoni professa la sua innocenza
- 22 settembre 2016 – Omicidio Ballestri a Porta a Porta: “Il marito perfetto accusato di essere il killer”
- 23 settembre 2016 – Giulia uccisa da almeno 10 colpi di bastone, si sarebbe difesa
- 23 settembre 2016 – “La Vita in Diretta”, il ricordo di Giulia Ballestri
- 30 settembre 2016 – Delitto Ballestri, Matteo Cagnoni dal carcere racconta la sua verità
- 22 giugno 2017 – Omicidio di Giulia Ballestri, inizia il processo a Matteo Cagnoni
- 22 giugno 2017 – Caso Ballestri, le parti civili ammesse
- 26 giugno 2017 – Cagnoni, udienza preliminare: la parola alla difesa
- 10 ottobre 2017 – Delitto Ballestri, inizia il processo a Matteo Cagnoni
- 17 ottobre 2016 – Delitto Giulia Ballestri, incidente probatorio nella villa di via Genocchi
- 1 dicembre 2017 – Processo a Cagnoni, la madre: “L’ha fatta grossa”
- 15 dicembre 2017 – Processo a Cagnoni, tensione in aula
- 23 marzo 2018 – Interrogatorio a Cagnoni, in tribunale tanta gente che le sedie non bastano
- 22 giugno 2018 – Processo a Cagnoni: il giorno della sentenza
- 4 agosto 2018 – Matteo Cagnoni trasferito al carcere di Bologna
- 26 novembre 18 – Cagnoni è tornato a Ravenna
- 28 novembre 2018 – La reazione al ritorno di Cagnoni a Ravenna
- 13 dicembre 2018 – In 150 nel cuore di Ravenna contro il ritorno di Cagnoni
- 28 febbraio 2019 – “La vita in diretta” di Rai1, lo psichiatra ci parla di Matteo Cagnoni
8 marzo 2019 – Omicidio Ballestri, disposto il sequestro dei beni di Matteo Cagnoni
16 maggio 2019 – Raccolte 60mila firme per mandare via Cagnoni da Ravenna, la risposta è un silenzio assordante
“Giustizia uguale per tutti”: fuori dal carcere per chiedere il trasferimento di Cagnoni (Ravenna Today – 29 novembre 2019)
La forma di protesta scelta è quella del sit-in, che avverrà ogni venerdì: un anno fa le stesse associazioni avevano organizzato una fiaccolata sotto al carcere di Port’Aurea
Le associazioni ravennati venerdì sera sono tornate a chiedere il trasferimento dal carcere di Ravenna di Matteo Cagnoni, il dermatologo ravennate condannato all’ergastolo per l’omicidio della moglie Giulia Ballestri – sentenza di recente confermata dalla Corte d’Appello di Bologna. La forma di protesta scelta è quella del sit-in, che avverrà ogni venerdì: un anno fa le stesse associazioni avevano organizzato una fiaccolata sotto al carcere di Port’Aurea.
“Se oltre 60.000 firme raccolte a sostegno dell’interpello inoltrato alle Autorità preposte non fossero bastate, così come la conferma in appello, le regole dell’Ordinamento giuridico e le prassi organizzative penitenziarie, faremo di più – spiegano le associazioni costituitesi parte civile nel processo a Cagnoni, Linea Rosa, Dalla Parte dei minori, Unione donne in Italia insieme alla Casa delle donne di Ravenna – Ogni venerdì dalle 17,30 alle 18,00 saremo davanti alla Casa Circondariale di Ravenna per ribadire che la presenza di Matteo Cagnoni nel carcere della città di Ravenna è in imbarazzante contrasto con le disposizioni vigenti prescritte e previste per la gestione dei detenuti e per i loro trasferimenti. Per ottenere giustizia contro ogni privilegio e disparità di trattamento dei detenuti. Perchè il rispetto da parte delle Istituzioni per Giulia Ballestri e per i suoi figli pretende l’applicazione della legge senza alcuna discriminazione. Chiediamo alle cittadine e ai cittadini di essere con noi numerosi”.
A Bologna con 62mila firme per chiedere il trasferimento di Cagnoni da Port’Aurea (Ravenna Today – 17 febbraio 2020)
L’istituto penitenziario di Ravenna, infatti, prevede la presenza di detenuti in attesa di giudizio o condannati a una pena non superiore ai 5 anni o con un residuo di pena inferiore ai 5 anni
“Via Cagnoni da Ravenna”. Non si ferma la lotta di Linea Rosa, Udi (Unione donne d’Italia), Dalla parte dei minori e Casa delle donne di Ravenna, che dal 29 novembre scorso hanno svolto ogni venerdì, davanti al carcere di Port’Aurea, un presidio per sollecitare una risposta del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) competente all’interpello promosso il 29 novembre 2018 dalle legali delle prime tre associazioni, parti civili nel processo penale che, censurandone la legittimità sotto più profili, domandavano chiarimenti circa il trasferimento dal carcere della Dozza di Bologna a quello di Ravenna di Matteo Cagnoni, condannato all’ergastolo in primo e secondo grado per il femminicidio della moglie Giulia Ballestri. E ora la protesta si è spostata a Bologna: lunedì mattina, infatti, si è svolto un presidio sui viali davanti al Dap “per ribadire pubblicamente quello che già in due occasioni abbiamo richiesto senza ottenere alcuna risposta: essere ricevute per poter esporre le nostre motivate ragioni e conoscere quelle che hanno permesso l’adozione di una misura che riteniamo ingiustificata”. Per le associazioni, infatti, è ingiusto e anomalo che il medico si trovi in carcere a Ravenna dove vivono i tre figli minorenni, su cui l’uomo ha perso la potestà genitoriale, e chiedono delucidazioni sulle motivazioni del trasferimento denunciando un “trattamento speciale”. L’istituto penitenziario di Ravenna, infatti, prevede la presenza di detenuti in attesa di giudizio o condannati a una pena non superiore ai 5 anni o con un residuo di pena inferiore ai 5 anni: casi ben diversi da quello di Cagnoni, già condannato in primo e secondo grado all’ergastolo.
“Il trasferimento avvenne il 25 novembre 2018, proprio in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, allorquando l’imputato era stato da qualche mese condannato in primo grado all’ergastolo e, da subito, ci mobilitammo per denunciare il netto contrasto della decisione con le disposizioni vigenti prescritte e previste per la gestione e i trasferimenti dei detenuti allo scopo di ottenere giustizia contro ogni privilegio e disparità di trattamento – spiegano le associazioni femministe – Volevamo ribadire la necessità dell’applicazione della legge senza alcuna discriminazione, per il rispetto delle vittime di femminicidio, di Giulia e dei suoi figli. Lo facemmo sia con l’interpello, che grazie alla promozione di una raccolta firme venne sottoscritto in pochissimo tempo da oltre 62.000 persone, sia con una fiaccolata silenziosa molto partecipata per le vie della città, che si concluse davanti alla casa circondariale di Ravenna. Non essendo giunta alcuna risposta all’interpello, seppure più volte sollecitata, abbiamo ripreso la mobilitazione attraverso un sit-in settimanale davanti alla casa circondariale di Port’Aurea (dove Matteo Cagnoni, oggi condannato all’ergastolo anche in sede di appello, continua a essere ristretto) e chiesto alla Presidente della Commissione d’inchiesta sul Femminicidio al Senato di intervenire sulla decisione dell’amministrazione penitenziaria – denunciandone il carattere discriminatorio e di soggettivo privilegio – chiedendone la revoca”.
Omicidio Ballestri, la Suprema Corte conferma: ergastolo per Matteo Cagnoni (Ravenna Today – 27 gennaio 2021)
La Corte di Cassazione ha confermato definitivamente la sentenza di primo grado e quella d’appello del processo a Matteo Cagnoni per il brutale omicidio della moglie Giulia Ballestri
Carcere a vita confermato. La Corte di Cassazione ha confermato definitivamente la sentenza di primo grado e quella d’appello del processo a Matteo Cagnoni per il brutale omicidio della moglie Giulia Ballestri, avvenuto il 16 settembre 2016 nella loro villa di via Padre Genocchi. La sentenza della Suprema Corte è arrivata mercoledì pomeriggio poco dopo le 19. Confermate anche le aggravanti di crudeltà e premeditazione.
Il Procuratore generale della Cassazione aveva chiesto la conferma della sentenza di ergastolo per l’imputato. I legali di Cagnoni – l’avvocato già presente in Appello Gabriele Bordoni e la ‘new entry’ Pierfrancesco Zecca di Bari – avevano chiesto invece che venisse riconsiderata la perizia psichiatrica per l’imputato, la stessa perizia che gli era già stata rifiutata dalla Corte d’appello. La difesa ha cambiato strategia rispetto al primo grado, cercando di convincere gli ermellini del fatto che Cagnoni non era in sè nel momento dell’efferato omicidio.
Poche settimane fa era stato disposto il risarcimento riconosciuto nel secondo grado di giudizio alle parti civili del Comune e delle associazioni Udi Unione donne in Italia, Dalla parte dei minori e Linea Rosa, oltre a quello nei confronti della famiglia Ballestri e dei figli di Giulia, per un totale di circa 4 milioni. Cagnoni si trova ancora nel carcere di Ravenna, nonostante l’istituto penitentivo della città dei mosaici preveda la presenza di detenuti in attesa di giudizio o condannati a una pena non superiore ai 5 anni o con un residuo di pena inferiore ai 5 anni: casi ben diversi da quello di Cagnoni, condannato appunto all’ergastolo. Ora è probabile che verrà ricollocato in un’altra struttura. Diverse associazioni nel corso degli anni hanno chiesto che Cagnoni venisse spostato in un altro carcere, con anche vari cortei e sit-in organizzati fuori dal carcere di Port’Aurea.
Inizialmente il Giudice relatore ha ripercorso in breve l’andamento del processo e i punti essenziali sia della sentenza che dei motivi di ricorso. L’avvocato della famiglia Ballestri, Giovanni Scudellari, ha revocato la costituzione di parte civile, dal momento che il risarcimento alla famiglia è già stato pagato. Il Procuratore generale della Cassazione ha ribadito come la sentenza d’appello fosse ben motivata, spiegando che Cagnoni poteva sì, forse, soffrire di disturbi di personalità come tante altre persone, ma che fosse ben lontano da un disturbo tale da riconoscergli la capacità di intendere e di volere causalmente collegata a un omicidio così efferato. Anche le aggravanti, per il Procuratore, sono state giustificate in modo puntuale dalla Corte d’Appello e dal Giudice di primo grado.
La difesa di Cagnoni si è invece basata sul principio – per il quale c’è già giurisprudenza – che il giudice, non essendo un esperto in psichiatria, quando si trova di fronte a elementi che possano anche solo lontanamente far presupporre che ci sia un probabile vizio anche parziale deve fermarsi e affidarsi a un esperto, perchè non ha gli strumenti adeguati per rispondere al problema. La difesa definisce “stravagante” il comportamento di Cagnoni, che fugge, per uccidere usa strumenti che non sono strumenti di crudeltà “classici”, ma che si ritrova lì per caso nell’impeto di rabbia: questo per la difesa non sarebbe segno di crudeltà, ma atteggiamenti che denotano che in quei giorni Cagnoni fosse in uno stato mentale che gli avrebbe in qualche modo condizionato l’agire. Ma gli ermellini hanno rigettato la necessità di una perizia, confermando invece il carcere a vita.
La Corte d’Assise d’Appello, nelle motivazioni della sentenza, aveva scritto che “il quadro indiziario è talmente grave e univoco che non possono sussistere di fatto reali dubbi sulla prova piena della responsabilità dell’imputato”. “Non accetta la perdita del potere su di lei. Lo stereotipo culturale alla base della cosiddetta violenza di genere (…) appare permeare il sentire dell’imputato. (…) A più di tre anni di distanza dall’omicidio, l’imputato non è riuscito a proferire una sola parola di pentimento. (…) Tale violenza di genere, sia di carattere fisico che psicologico, deve essere considerata come una forma di violenza specifica, che colpisce la donna nella sua identità di genere: cioè proprio in quanto donna e all’interno di un discorso di progressiva sopraffazione instaurato nel contesto di una relazione di prossimità con l’autore, uomo, del reato. (…) Non pare a questa corte, di fronte alla assoluta ferocia della condotta posta in essere verso la coniuge e indirettamente verso i propri figli, privati della madre in giovanissima età, e alla mancanza assoluta di pentimento e di revisione critica del proprio crudele comportamento, che le richieste attenuanti generiche possano in definitiva essere in alcun modo concesse. (…) La scelta di un mezzo di inflizione di sicure sofferenze quale un randello (…) è indice di raccapricciante cinismo e particolare crudeltà. (…) E indice di efferatezza e mancanza di pietas è anche la spoliazione della vittima, compiuta all’evidente e unico fine di infliggerle un’ultima umiliazione e posta in essere quando la donna era ancora viva. (…) Il disturbo di personalità (nel caso di specie narcisistico) non ha comportato una valutazione di incapacità patologica; si ritiene che lo stesso (…) non possa fondare di per se stesso la concessione delle attenuanti generiche, che rimangono ancorate alla gravità del fatto. (…) Una disarmonia della personalità legata all’indole del soggetto che non può ritenersi abbia condotto a una compromissione della coscienza tale da aver reso l’individuo estraneo a se stesso”. (di Chiara Tadini)
Omicidio Giulia Ballestri: la Cassazione conferma l’ergastolo per il marito Matteo Cagnoni (Firenze Today – 28 gennaio 2021)
La giovane donna, madre di due figli, fu brutalmente uccisa: Cagnoni fu fermato nella villa fiorentina di famiglia di via Bolognese
La Cassazione ha confermato l’ergastolo per Matteo Cagnoni, ex noto dermatologo già condannato in primo grado e in appello per la brutale uccisione della moglie Giulia Ballestri, trovata cadavere nella casa di famiglia ormai quattro anni fa. La donna, 39 anni, madre di due figli, fu trovata con i vestiti strappati e seminuda. Cagnoni è stato condannato al carcere a vita con l’accusa di avere massacrato la donna colpendola in volto con un bastone fino ad ucciderla.
L’uomo, che ha sempre negato di essere l’omicida basando la strategia difensiva sull’ipotesi della rapina in casa, fu fermato il 18 settembre 2016 nella villa fiorentina di famiglia di via Bolognese.
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In memoria di
Matteo Cagnoni, che fine ha fatto il medico che ha ucciso la moglie (Ultima Parola – 28 novembre 2022)
Il delitto di Ravenna torna al centro della cronaca: come sta Matteo Cagnoni, che fine ha fatto il medico che ha ucciso la moglie.
Non era un medico qualunque Matteo Cagnoni: il dermatologo infatti era noto per la sua partecipazione in qualità di esperto a diverse trasmissioni televisive. Era il 16 settembre 2016 quando si macchia del più grave dei fatti di sangue, l’omicidio della moglie. Il dermatologo 56enne, infatti, uccide in maniera barbara la 39enne Giulia Ballestri. La donna era stata colpita a randellate ripetutamente. Un delitto che sconvolse non solo la città di Ravenna, dove questo episodio avvenne, ma l’intero Paese: Matteo Cagnoni, infatti, era diventato un volto molto popolare tra gli italiani. Da quel giorno, sono passati oltre sei anni e l’eco della notizia si è spento.
Dove si trova adesso Matteo Cagnoni: le ultime novità sul caso
Nel frattempo, nella vita di Matteo Cagnoni, che si trova in carcere, sono avvenute diverse vicende personali e il processo a suo carico si è concluso. Le motivazioni della Cassazione sono datate aprile 2021 e stroncano la ricostruzione del legale del dermatologo, che puntava alla seminfermità mentale. A leggere le motivazioni di quella sentenza, invece, appare chiaro come l’uxoricida avesse metodicamente preparato tutto. Legati al processo nei confronti di Matteo Cagnoni, ci sono altri due procedimenti penali: il primo contro suo padre Mario, 90 anni, che era accusato di falsa testimonianza. L’anziano tentò in tutti i modi di scagionare il figlio, ma secondo il gup di Ravenna non è punibile, poiché rese quelle dichiarazioni per “salvare” un proprio congiunto e questo la giurisprudenza italiana lo consente.
L’altro processo riguarda una storia di disperazione che arriva dal luogo del delitto, l’abitazione di famiglia di Ravenna di Matteo Cagnoni. Sulla casa erano apposti chiaramente i sigilli e col dermatologo in carcere e la moglie uccisa, era destinata a restare disabitata. Venne invece scoperto che un senza fissa dimora in quella casa aveva trovato rifugio.
Ma che cosa fa Matteo Cagnoni in carcere, dove sta scontando la condanna all’ergastolo? Detenuto modello, il dermatologo che ha ucciso la moglie è stato qualche tempo fa trasferito a Bollate, dove sta studiando psicologia e potrebbe presto conseguire la laurea. Nello stesso istituto penitenziario, si trovano René Vallanzasca e Massimo Bossetti. Cagnoni avrebbe pronto un ricorso alla corte di Strasburgo, intanto tra 4 anni potrebbe godere dei primi permessi.