Massimo Bianchi, 61 anni, dipendente di una comunità montana. Uccide la compagna con tre colpi di pistola. Condannato a 19 anni
Dragoni (Caserta), 13 Luglio 2017
Titoli & Articoli
Omicidio in piazza, uccide la convivente con tre colpi di pistola (Napoli Today – 13 luglio 2017)
Maria Tino, 48enne di Dragoni, era “in una coppia di fatto”, come scriveva su Facebook, da tre mesi. Il convivente, Massimo Bianchi, 61 anni, è stato raggiunto dai carabinieri. Lo scorso anno la donna era stata accoltellata dall’ex marito
Tre spari, il corpo che s’accascia in piazza. È morta così, nel pomeriggio, Maria Tino, 48enne di Dragoni, provincia di Caserta. Dopo un litigio in strada, la donna è stata uccisa dal suo convivente, Massimo Bianchi di 61 anni, nella piazza principale del paese. L’uomo è stato immediatamente raggiunto dai Carabinieri della compagnia di Piedimonte Matese, non ha opposto resistenza e ha consegnato l’arma del delitto. Maria Tino su Facebook si descriveva come “sarta artigianale”, faceva piccoli lavori in carta e tessuto, amava i comici di Made in Sud. La relazione con Massimo Bianchi era stata annunciata anche sui social network, quando il 24 marzo scorso la donna aveva pubblicato la costituzione di una “coppia di fatto” con l’uomo che l’ha poi ammazzata.
Ma Maria Tino aveva già un triste passato di violenze subite alle spalle. La donna era stata accoltellata, lo scorso anno, dall’ex marito, tuttora in carcere. Per questo aveva anche pubblicato un appello molto sentito sul proprio diario: “No alla violenza sulle donne”. Un appello che neanche l’attuale convivente ha voluto ascoltare.
Solo 19 anni al killer di Maria, la rabbia degli amici (Caserta News – 8 aprile 2018)
“Sconfitta dolorosa per i figli e la famiglia”
“E’ stato un giorno triste”. Così gli amici diMaria Tino hanno commentato la sentenza a 19 anni di carcere emessa dal giudice Rossi del tribunale di Santa Maria Capua Vetere a carico di Massio Bianchi, il killer che ha accuso la donna in piazza a Dragoni. L’imputato ha evitato una pena più pesante perchè il giudice ha escluso l’aggravante della premeditazione.
“Una sentenza che tuona come una sconfitta dolorosa e feroce per la famiglia, le sorelle, i figli, i genitori e tutte quelle donne che denunciano le violenze subite, che combattono per i loro diritti di esseri umani liberi, liberi di decidere se mettere fine o meno ad un rapporto d’amore quando l’amore non c’è più” affermano gli amici.
Massimo Bianchi il 13 Luglio 2017 era arrivato sotto casa di Maria, alle 15:50 e, senza proferire parola, scese dall’auto e fece fuoco. Ha sparato, tre volte, l’ultima alla tempia, “un’esecuzione a sangue freddo per la “colpa imperdonabile” di aver espresso la sua volontà di mettere fine alla loro relazione”. Maria si accasciò sulla panchina in una pozza di sangue. Bianchi non cercò di scappare. “Sono stato io, mi voleva lasciare” disse. Poche parole per confessare. Quando i carabinieri arrivarono la pistola era sul selciato. Di fronte, il corpo di Maria era piegato sulla panchina di ferro battuto e legno come quello di una bambola rotta. I medici provarono a rianimarla, ma inutilmente.