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Marco Siciliano, 32 anni, fisioterapista, padre. Soffoca la moglie incinta, tenta di decapitarla e getta il corpo nel lago. Condannato all’ergastolo per omicidio volontario e interruzione punibile della gravidanza

Obino di Castel Sampietro (Ticino), 24 Marzo 2010


Titoli & Articoli

Donna trovata nel lago di Como, il marito confessa l’omicidio (la Repubblica – 5 aprile 2010)
L’ha colpita alla testa con un oggetto tanto pesante da romperle il cranio. Dopo l’ha strozzata fino a quasi a decapitarla, l’ha picchiata e alla fine accoltellata a una coscia. Poi Marco Siciliano, un fisioterapista di 32 anni originario di Castel San Pietro, ha mandato alcuni sms dal telefono di sua moglie, Beatrice Sulmoni, nei quali diceva ai parenti che sarebbe andata via, per sempre. “Non cercatemi più”, aveva scritto. Finché il 25 marzo, accompagnato da sua madre, è andato alla polizia e ne ha denunciato la scomparsa.
Il corpo di Beatrice, casalinga di 36 anni, cognata del sindaco di Castel San Pietro è riemerso dalle acque del lago di Como nel Laglio, vicino al Municipio, nella parte che la villa di George Clooney ha reso famosa. Nessuno sapeva chi fosse, lei, la ragazza del lago. Tanto che gli investigatori, coordinati dal pm Antonio Nalesso, avevano immediatamente diffuso le sue foto. Il volto che sembrava addormentato, i particolari del corpo, i tatuaggi, cupido, il sole, il braccialetto. E’ stato il fratello a riconoscerla guardando le immagini a Chi l’ha visto?, ha telefonato e poi è andato a identificarla.
La polizia cantonale svizzera è stata rapida, ha concentrato le indagini sulla cerchia di familiari e amici della vittima e seguito la pista passionale: un rapporto di coppia che non funzionava più.
E ieri sera la procuratrice generale aggiunta, Rosa Item, ha deciso di arrestare il marito che in mattinata era già stato sentito come testimone dalla polizia cantonale. A quanto pare, avrebbe ucciso la moglie perché lei voleva separarsi. Gli investigatori avevano confrontato le radiografie dentali per avere la certezza dell’identificazione, poi avevano perquisito la casa di Obino, dove la coppia abitava con il figlio piccolo. Una villetta gialla di due piani, arroccata sui monti sopra Mendrisio, nel piccolo paesino di Obino, non lontano dal confine con l’Italia. L’uomo ha confessato, almeno in parte, e ora è in carcere a Lugano in attesa di essere interrogato dal magistrato svizzero.  Ad incastrarlo è stato il cellulare della moglie, ritrovato durante una perquisizione nella loro villetta a due piani, ai bordi di una strada del piccolo centro che si arrampica sulle montagne del Canton Ticino. Da quel telefono, secondo le indagini, Siciliano nei giorni successivi alla scomparsa della moglie, avrebbe mandato ai parenti di lei una serie di sms con messaggi del tipo “non cercatemi più”, “non chiamate la polizia” e “lasciatemi tranquilla”. Messaggi che però hanno insospettito gli inquirenti.
Così, per Siciliano, sono scattate le manette. “L’autore del delitto è il marito 32enne – si legge nel sito ufficiale della polizia cantonale svizzera – L’inchiesta dovrà stabilire le modalità dell’efferato delitto”. L’inchiesta, infatti, è competenza ticinese. Se l’omicidio fosse effettivamente avvenuto in Ticino, il corpo potrebbe essere stato gettato nel fiume Breggia, che attraversa il confine, e trascinato dalle correnti fino al lago di Como, oppure caricato su un veicolo e portato in Italia attraverso uno dei valichi aperti di notte ma privi di controlli doganali. Domani l’anatomopatologo dell’ospedale Sant’Anna di Como, Giovanni Scola, eseguirà l’autopsia per stabilire quando è avvenuta la morte.
Beatrice Sulmoni veniva da una famiglia numerosa, in tutto sei fratelli che vivono nel piccolo centro del mendrisiotto, una delle sorelle è la moglie del sindaco. Lei era conosciuta perché faceva assistenza domiciliare.  I familiari hanno preferito sfuggire alle telecamere e ai taccuini, hanno affidato il loro dolore a uno scarno comunicato stampa: “La tragedia che ha colpito la nostra famiglia ci ha profondamente addolorati e scossi. In questo momento è ancora prematuro poter esprimere il nostro dolore nonché commentare quanto purtroppo accaduto. Vi chiediamo di rispettare il nostro lutto, la nostra discrezione e la nostra intimità”.

Donna del lago, confermato l’arresto del marito: trovato sangue nell’auto (Corriere della Sera – 6 aprile 2010)
Resta in carcere Marco Siciliano, il fisioterapista di 32 anni accusato dell’omicidio della moglie Beatrice Sulmoni, scomparsa da casa una decina di giorni fa e trovata venerdì nelle acque del lago di Como. L’accusa formulata, spiega la polizia cantonale, è di omicidio preterintenzionale: l’uomo avrebbe agito in preda a un raptus. Siciliano è stato interrogato lunedì pomeriggio dal pubblico ministero Rosa Item e ha fatto delle ammissioni frammentarie, confermando quanto detto subito dopo l’arresto. Nell’auto dell’uomo gli investigatori hanno trovato tracce di sangue che ora saranno sottoposte alle analisi di laboratorio per capire se appartengono alla vittima.
L’UOMO VOLEVA SEPARARSI – Il movente del delitto è dunque passionale. Il rapporto tra i due era ormai da tempo compromesso e la sera prima della scomparsa di Beatrice, avvenuta il 25 marzo, avevano litigato furiosamente. I familiari sporgono denuncia solo il 2 aprile, dopo aver ricevuto messaggi che facevano pensare a una fuga volontaria («non cercatemi più», «non avvisate la polizia», «lasciatemi tranquilla»), inviati dallo stesso Siciliano che aveva con sé il telefonino della moglie anche al momento dell’arresto. Proprio questi sms lo hanno tradito: la scheda sim, buttata dall’indagato in un tombino a Paradiso, vicino a Lugano, è stata trovata dagli investigatori su sua indicazione. La sera del 24 il fisioterapista 32enne, che ha uno studio a Chiasso con un socio, avrebbe picchiato selvaggiamente la moglie colpendola alla testa per poi sgozzarla. Quindi avrebbe caricato il corpo in auto per farlo sparire, nella notte, gettandolo nel lago. Nella denuncia Siciliano aveva messo nero su bianco che da un po’ di tempo aveva intenzione di lasciare la moglie.
CORPO A LUGANO PER AUTOPSIA – Intanto il corpo di Beatrice Sulmoni è stato trasferito da Como a Lugano per l’autopsia, che potrebbe essere eseguita già mercoledì. Ci vorranno almeno tre settimane per i primi esiti dei rilievi effettuati dalla polizia scientifica nella villetta di Obino dove la coppia viveva con un figlio e dove, secondo gli inquirenti, la donna sarebbe stata uccisa.

“Beatrice Sulmoni uccisa perché d’intralcio per la nuova relazione di Siciliano” (Tio – 18 novembre 2010)
LUGANO – E’ iniziato questa mattina alle 9.30 il processo per l’omicidio di Beatrice Sulmoni, avvenuto lo scorso 25 marzo ad Obino, frazione di Castel San Pietro. Le assise criminali di Mendrisio a Lugano dovranno decidere il destino di Marco Siciliano, il 32enne fisioterapista, marito della vittima.
Folla – Una piccola folla di giornalisti, addetti ai lavori e semplici curiosi si è assiepata nei corridoi della pretura di Lugano, per questo che è indubbiamente il processo più atteso dell’anno. La famiglia Sulmoni, costituitasi parte civile, si è presentata manifestando una comprensibile emozione. La sala in cui si svolge il dibattimento non ha potuto accogliere tutte le persone che desideravano assistere al processo, e molti sono quindi restati fuori.
Siciliano – Marco Siciliano è arrivato scortato da due agenti della Polizia. Visibilmente dimagrito rispetto alle fotografie pubblicate dalla stampa negli scorsi mesi, il 32enne è entrato nell’aula vestito in maniera molto semplice: camicia chiara e jeans.
Decreto d’accusa – Il decreto d’accusa nei suoi confronti è implacabile: tra la sera del 25 marzo 2010 e le prime ore del 26 marzo nel salotto dell’abitazione il Siciliano ha ucciso la moglie incinta “agendo con particolare mancanza di scrupoli con movente, scopo e modalità particolarmente pervese ovvero nel principale intento di eliminare per egoistico movente la moglie incinta che gli era d’intralcio a una sua nuova relazione sentimentale sia perché era incinta e sia per evitarsi le gravose conseguenze personali di relazione con il figlio L. di 7 anni ed economiche di un eventuale divorzio o separazione“.
Ricostruzione – L’omicidio è stato così ricostruito: Beatrice Sulmoni è stata uccisa da Siciliano intenzionalmente. Le è stata somministrata una tisana con una massiccia dose di sonnifero, poi, mentre era distesa sul divano, il marito l’ha uccisa tappandole con le mani la bocca e il naso fino a soffocarla. Allo scopo di occultare ogni traccia del suo operato, Siciliano ha caricato il cadavere nel baule della sua Passat caravan e in seguito lo trasportava in Italia, dove lo gettava nel Lago di Como, dopo aver tentato con una sega od un coltello di decapitarlo. Nelle ore successive Siciliano cercò di depistare i parenti della moglie, preoccupati per la sua scomparsa, mandando sms con la scheda Sim della moglie. Il contenuto di questi messaggi indicava una partenza volontaria, e con essi Siciliano cercò di prendere tempo.
Corte – La corte, ricordiamo, è presieduta dalla giudice Agnese Balestra- Bianchi. Il Ministero pubblico è rappresentato dalla procuratrice generale aggiunta Rosa Item, mentre il difensore di Siciliano è l’avvocato di Chiasso Marco Frigerio. Un momento speciale per il Canton Ticino è, infine, lo stesso processo, dato che in questa forma, nel futuro, non ci sarà più. Dal 1° gennaio, infatti, entrerà in vigore il nuovo Codice Penale.

“Non volevo che Beatrice seguisse una cura ormonale per rimanere incinta” (Tio – 18 novembre 2010)
Il rapporto tra Marco Siciliano e Beatrice Sulmoni è stato uno dei momenti emotivamente più toccanti del dibattimento che si sta tenendo questa mattina a Lugano.
Conoscenza – “Ci siamo conosciuti al carnevale, eravamo entrambi alla Spacatimpan”, ricorda Siciliano, facendo riferimento alla Guggenband di Chiasso. Correva l’anno 1998. I due cominciano a frequentarsi. Beatrice ha lavorato in banca, presso due differenti istituti, per circa sei anni, fino alla nascita del piccolo L. Sposatisi il 6 aprile del 2002, Siciliano dice: “Ero innamorato, l’amavo. Il nostro non era un matrimonio d’interesse, ma d’amore”.
Figlio – “Non credevo che un figlio potesse appianare le nostre divergenze, ma lo volevo per non lasciare solo mio figlio L.” Tema di estrema delicatezza, quello della seconda maternità di Beatrice, considerata l’imputazione di interruzione punibile di gravidanza che pesa sul capo di Siciliano. “Voi volevate altri bambini?” ha chiesto la presidente Agnese Balestra-Bianchi. “Sì” risponde Siciliano che ha aggiunto che dopo la nascita del primo figlio “Beatrice ha avuto quattro aborti spontanei”. Circostanze, queste, che lo rattristarono e delusero molto.
Terapia ormonale – Nel settembre 2009, Beatrice Sulmoni si é rivolta ad una dottoressa per iniziare una cura ormonale per riavere altri figli. Una voglia di avere figli condivisa da entrambi?, chiede il magistrato. Siciliano conferma, aggiungendo che non voleva che il suo primogenito restasse figlio unico.
Relazione – Il 32enne, però, non condivideva la decisione della moglie di iniziare la cura ormonale. “A quel tempo c’erano gia problemi tra di noi, e lei era convinta che un figlio avrebbe risolto questi problemi. Io non ne ero convinto” afferma Siciliano. La donna reputava che la loro fosse una relazione buona, era innamorata del marito e credeva in quella che era una sorta di famiglia allargata, che comprendeva anche i suoi fratelli e sorelle.
Raporti tesi – Il giudice Balestra-Bianchi ripercorre nel dettaglio gli ultimi mesi del matrimonio. “Nel settembre 2009 era già stufo?” chiede a Siciliano, che risponde: “Stufo no, ma c’erano dei problemi. Ma non potevo lamentarmi di Bea. era una brava mamma, precisa e organizzata”. Forse, però, Siciliano era meno contento di lei come moglie. “Prima venivano il bimbo e poi Marco”, afferma, indicando come sul piano sessuale si era spento l’ardore. “I sentimenti erano cambiati. Le volevo bene”.
L’amore – L’amore, però, non c’era più. “Non avevamo piu trasporto”. Balestra-Bianchi chiede al 32enne se l’avere una casa, una famiglia e una posizione non lo facessero sentire realizzato. “In parte sì” risponde Siciliano. Ma quanto, osserva il giudice, poteva ancora andare avanti questo matrimonio? “Non lo so. non ero piu soddisfatto della vita che stavo facendo. Si era spento qualcosa tra di noi. Qualsiasi cosa era un pretesto per avere discussioni”.
“Tutto organizzato” – Infine un accenno al carattere di Beatrice Sulmoni, giudicata una ragazza dal carattere forte e deciso. Siciliano conferma, ed aggiunge: “Inizialmente mi andava bene e l’accettavo serenamente. col tempo invece la situazione si è appesantita”. Si sentiva forse inferiore, sottovalutato? “No, ma forse schiacciato. era tutto programmato”. La loro, afferma Siciliano, era una vita quadrata e organizzata.

Marco Siciliano in aula a capo chino: un uomo ormai rassegnato (Ciao Como – 18 novembre 2010)
Così è apparso oggi il 32enne ticinese che ha ucciso la moglie e poi gettata nel lago di Como. Anche possibili ripercussioni economiche in caso di divorzio alla base del delitto. Per lui si profila una condanna severissima. Jeans, capo chino, lo sguardo perso. Quasi un uomo rassegnato, in difficoltà. Marco Siciliano è apparso così oggi in Tribunale a Lugano dove è iniziato il processo per il delitto per il delitto della moglie Beatrice Sulmoni, strangolata e poi gettata nel lago di Como ad aprile. Ha sentito il gravissimo capo di imputazione del Procuratore generale Rosa Item, spesso ha annuito. Ha anche risposto alle sue domande, cercando di spiegare il suo folle gesto. Sapeva che la moglie era incinta e questo avrebbe potuto creare un ostacolo alla sua nuova relazione con una dottoressa della clinica dove lavorava come fisioterapista. “Era un uomo infedele” lo ha bollato il procuratore generale Item nella sua relazione. Citando frequenti contatti con le chat in internet. Tutto accertato dalla polizia sul suo pc. Alla base del delitto anche un possibile problema economico in caso di divorzio. Ipotizzato, accennato ad un legale per cercare di capire eventuali ripercussioni. “Non sarebbero state semplici”, ha ammesso l’uomo davanti al giudice delle Assise Criminali di Lugano.

“Se non mi fai più vedere mio figlio, non ti faro’ piu vedere il bimbo che hai in grembo” (Tio – 19 novembre 2010)
Il dibattimento per il processo di Marco Siciliano, dopo una breve pausa, è ripreso entrando nel merito delle ultime ore di vita della moglie Beatrice Sulmoni. Un momento altamente drammatico, che ha messo a dura prova sia l’imputato che il pubblico in sala.

19.30 – Siciliano torna a casa poco dopo le 19.30. “Beatrice e L. (il figlio ndr) avevano già mangiato. Ho giocato un po’ con L., per circa un quarto d’ora, poi lui sarebbe andato a dormire. Sono salito in camera sua con lui. Sono andato a fare la doccia, e poi la mamma è salita in camera per dare la buona notte al bimbo.
20.17 – Siciliano manda a P. la sua amante, un singolare sms: “Come stai? Sei riuscita a fare la cacca?” La donna aveva manifestato di avere problemi d’intestino. Un messaggio apparentemente banale ma che, osserva la presidente Balestra-Bianchi, mostra come Siciliano non avesse uno stato d’animo particolarmente turbato in quei momenti.
20.25 – Siciliano scende in salotto a guardare la tv. “Mi preparavo mentalmente a quello che dovevo dire a Bea. Non ero tranquillo. Volevo lasciarla. Ho cominciato a parlare del discorso della separazione. Inizialmente le ho detto che dormivo male”. Balestra-Bianchi domanda se la tisana, con la quale poi sarebbe stata narcotizzata Beatrice Sulmoni, fosse già stata preparata. “No” risponde l’imputato. “Abbiamo prima iniziato a parlare”. “Ma questa è una nuova cosa” osserva la pp Item. In tutti i verbali degli interrogatori di Siciliano risulta infatti che la tisana era stata preparata dopo la doccia. Dall’autopsia del Centro universitario di Losanna, a disposizione degli inquirenti da metà giugno, risulta che nel sangue di Beatrice c’era una concentrazione molto alta di un sonnifero, lo Zompiden. La tisana è chiaramente un elemento importante ai fini dell’inchiesta: fino all’arrivo dei risultati da Losanna, Siciliano non aveva mai ammesso di aver aggiunto il sonnifero nella bevanda. “Non ho un ricordo completo di tutti i fatti” dice Siciliano. “La tisana l’ho preparata con bea che era in cucina con me”.

 

SICILIANO NON SI SA SPIEGARE PERCHÉ HA UCCISO BEATRICE (Ticino News – novembre 2010)
Sentendola dire “se mi lasci per un’altra non ti faccio più vedere tuo figlio!” gli è salita la rabbia e l’ha uccisa La crisi coniugale, i numerosi tradimenti dell’imputato, la relazione con la dottoressa di Novaggio. Nel primo giorno di dibattimento del processo a carico di Marco Siciliano per l’uccisione della moglie Beatrice Sulmoni sono stati ricostruiti gli antefatti, le situazioni che hanno portato al delitto e le circostanze del ritrovamento del corpo della donna, nel lago di Como.
Siciliano avrebbe ucciso la moglie perché “d’intralcio” alla sua nuova relazione; un divorzio, inoltre, avrebbe avuto pesanti “conseguenze personali ed economiche”. Ieri la commozione di fronte ad una foto della moglie e del figlio ha poi lasciato il posto a numerosi “non so” e ” non ricordo” durante la ricostruzione di quanto accaduto.
I tabulati telefonici Stamattina i giurati si sono trovati sul tavolo i tabulati della polizia sul traffico telefonico tra Siciliano e l’amante: sms e chiamate effettuate con tanto di testo, durata e localizzazione delle chiamate. Poi è iniziato il dibattimento.
Ci si avvicina al 25 marzo: Beatrice organizzava le vacanzeDopo aver analizzato ieri gli ultimi mesi prima dell’assassinio, il rapporto dell’imputato con la moglie e quello con l’amante, oggi le parti si stanno pian piano avvicinando al 25 marzo, il giorno dei fatti. L’introduzione imprescindibile è il contesto in cui avvenne il delitto: il rapporto clandestino di Siciliano proseguiva regolarmente, tra giornate passate al lavoro e spezzate da fugaci incontri. Beatrice intanto stava organizzando le vacanze estive al mare col bambino.Molti elementi fanno pensare al giudice che Bea non riteneva immediata una separazione. Anzi, aveva una visione chiara di vita a tre anche per il futuro; presto a quattro con l’arrivo del secondo figlio.
Il giorno del delitto inizia con un sms all’amante. Il giorno del delitto per Marco Siciliano iniziò con un sms all’amante: “Buongiorno principessa, sei riuscita a dormire? Ero preoccupato per te”. Poi si recò al lavoro. Passò la pausa pranzo con l’amante; i due ebbero un battibecco. Lei criticava Siciliano per la sua “mollezza”, non prendeva decisioni, insomma non si decideva a lasciare la moglie. Lui le rispose di calmarsi e più tardi, con un nuovo sms, le disse di tenere conto del fatto che a casa aveva due persone a cui pensare. E aggiunse: “Per ora”.
L’ultimo litigio. Sono le 20.30 del 26 marzo ad Obino. Marco Siciliano dopo aver messo a letto il figlio, scende in sala e comincia a discutere con Beatrice. “Volevo dirle che la nostra storia era finita. Ero stufo stanco di quella relazione”. La situazione è tesa. Beatrice Sulmoni chiede al marito se ha una relazione extraconiugale. Lui nega. Beatrice dice al marito: “Se mi lasci per un’altra non ti faccio più vedere tuo figlio!”, racconta Siciliano in aula. Poi le parole che gelano i presenti oggi a Lugano: “Dopo quelle parole di Bea ho pensato senza dirglielo che se lei non mi faceva più vedere mio figlio io non le avrei permesso di vedere il figlio che portava in grembo”. E dopo quel pensiero, quella sera, Siciliano sale in bagno e prende un blister intero di Stilnox, un sonnifero. Un medicamento che avrebbe compromesso, come ha detto l’imputato in aula, la gravidanza della moglie. Siciliano versa nella tisana che sta preparando per la moglie otto pastiglie del sonnifero. Gelo in aula.
Siciliano esclude la premeditazione Beatrice, presa la tisana con il sonnifero, dopo qualche minuto comincia a sentire i primi capogiri. “Ho visto chiaramente che era rallentata. Parlava più adagio. E faticava a rispondere. In quel momento stavamo parlando della separazione e di nostro figlio”, ha raccontato Siciliano in aula. Un racconto che ha ripetuto più volte e che ha fatto infuriare la giudice Agnese Balestra Bianchi: “Siciliano, questa è una donna che ha avuto quattro aborti e lei mi vuole far credere che no…

“Mentre la soffocavo, Bea era cosciente” (la Provincia di Como – 20 novembre 2010)
L’orrore ha fatto la sua comparsa in aula venerdì mattina al tribunale di Lugano dove è in corso il processo per il delitto del lago: l’omicidio di Beatrice Sulmoni, 36 anni, uccisa a Obino in Ticino dal marito, Marco Siciliano, 32 anni, e poi gettata nel lago di Como.
Dopo una prima udienza molto tecnica, venerdì mattina il marito ha deposto ricostruendo i momenti in cui ha soffocato la moglie nel salotto della loro abitazione, dopo che le aveva somministrato un sonnifero: la donna era però ancora semicosciente, un particolare che ha impressionato il pubblico presente in aula (fra questi anche diversi familiari della vittima).
Sono stati scanditi i minuti della sera del 25 marzo quando si consumò il delitto: «Verso le 20,25 – ha dichiarato Marco Siciliano – ho incominciato a parlare a Beatrice, per dirle che intendevo lasciarla e la discussione è diventata un litigio quando Beatrice mi ha detto che non mi avrebbe più fatto vedere nostro figlio se l’avessi lasciata per un’altra». Una minaccia che il marito ha ritenuto credibile al punto che al giudice ha poi dichiarato: «A quel punto ho pensato che se lei non mi avesse più fatto vedere mio figlio io non le avrei più fatto vedere il bimbo che portava in grembo e ho deciso di sciogliere un potente sonnifero nella sua tisana, otto pastiglie di Stilnox da 10mg» un passaggio questo che ha scosso l’aula che in un silenzio carico di tensione ha seguito l’udienza.
Quando Beatrice Sulmoni, dopo aver bevuto la tisana, ha incominciato ad accusare giramenti di testa e uno svenimento, il marito l’ha soffocata e questo è stato il suo racconto: «Ho preso una piccola felpa e l’ho premuta sulla sua bocca: lei mi ha preso le braccia, ha cercato di divincolarsi e si è inginocchiata per terra. Non ho mollato la presa, ero dietro di lei e con le ginocchia facevo leva sulla sua schiena fino a quando ho sentito che esalava l’ultimo respiro». Alla fine di questo racconto l’aula si è raggelata: istanti carichi di commozione mista a tensione per un omicidio che aveva sconvolto l’opinione pubblica non solo ticinese, ma anche della nostra provincia.

“Siciliano è molle e poco convincente” (Tio – 22 novembre 2010)
Si allunga ancora il processo a Marco Siciliano. Alle 14 di oggi era prevista la requisitoria della procuratrice generale aggiunta Rosa Item, che invece si terrà domani.
Discussione – Il dibattimento torna al 25 marzo, e alla presunta discussione, causa scatenante dell’omicidio: “Se eravate arrabbiati per la discussione, come è che ha fatto, Siciliano, a convincere o a proporre la moglie a farsi una tisana? Lei ha chiesto alla moglie, durante il litigio, cara ci facciamo una tisana?” Siciliano ribatte: “Non c’è stato il ‘cara’. La tisana è stata preparata durante la discussione”.
Ricordi – Siciliano affronta nuovamente gli avvenimenti, ma i suoi ricordi, colmi di imprecisioni e dimenticanze, non cambiano. “Perchè cambiano quando si scopre che c’era sonnifero nella tisana?” incalza Item, alla quale risponde l’avvocato difensore Frigerio: “Il ricordo riaffiora quando l’imputato è messo di fronte ai dati oggettivi”. Siciliano, nei verbali, negò fino all’ultimo di aver messo il sonnifero nella tisana. L’avvocato di parte civile Respini ricorda che negli atti è depositata a verbale una metafora detta da Siciliano per descrivere la sua incapacità di ricordare e di raccontare: “Come una bottiglia di champagne che per aprirsi, per far saltare il tappo, ha bisogno di una scrollata”.
Memoriale – Si torna anche sul tempo impiegato dall’imputato per sciogliere le pastiglie nella tisana. Un tempo di 10-12 minuti, che contraddice le dichiarazioni di Siciliano, che affermava di averci impiegato 2/3 minuti. La presidente Balestra-Bianchi pretende chiarezza su questo punto. Item sostiene che quelli di Siciliano erano tentativi di negare l’evidenza. Il 2 agosto, in una sorta di memoriale, Siciliano ricostruisce il “furto” delle pastiglie di Stilnox da casa del padre a gennaio, ed ammette di essere stato arrabbiato con Beatrice, e di volerla avvelenare. Racconta di aver sciolto le pastiglie, e che la moglie ebbe un malore qualche istante dopo aver bevuto un sorso di tisana, che non le piaceva a causa del gusto di anice. Praticamente quanto già dichiarato dal 32enne nel primo giorno di processo.
“Molle e poco convincente” – Agnese Balestra-Bianchi insiste sul fatto che Siciliano continua ad affermare che la donna, accortasi dei primi effetti del sonnifero, non abbia chiamato aiuto. Un punto che non convince ancora la presidente, che esorta Siciliano a riferire i fatti, e non le dichiarazioni dei verbali, e a non essere, come ora, “molle e poco convincente”. Ricorda, inoltre, quanto scritto dal perito psichiatrico Calanchini, in cui si diceva di fare attenzione a non confondere le amnesie dissociative a quelle simulate. Siciliano ribadisce quanto dichiarato: “Bea non si è accorta di niente”. Balestra-Bianchi ribatte: “Ma Bea alzava le braccia e ha cercato di difendersi quando la stava soffocando”. Siciliano: “Sì, in quel momento si, stava capendo”. Prima, invece, non ci sarebbero state reazioni.
Strategia – La presidente prende atto di quella che ormai è considerata la strategia di Siciliano, quella dei mancati ricordi, ma ricorda della perizia di Calanchini in cui si dice che Siciliano è sano mentalmente. In effetti Siciliano non mostra difficoltà ad ammettere il soffocamento, ma fa grande fatica a ricordare atti compiuti solo pochi minuti prima, e cosa ha innescato la sua azione omicida. Così come nega di aver cercato di decapitare il cadavere, per renderne più difficile il riconoscimento. Siciliano non ricorda nemmeno di aver spogliato il corpo, sebbene sia noto che Beatrice Sulmoni fu trovata seminuda nelle acque del Lago di Como.
Lucidità – Che Siciliano fosse lucido, osserva la pp Item, lo dimostrano gli accorgimenti che prese per evitare che si scoprisse che nel bagagliaio della Passat giaceva il corpo senza vita di Beatrice. Comportamenti, questi, che offuscano la teoria dei sintomi post traumatici da stress.
Testimonianze – Vengono poi vagliate le testimonianze di alcune persone che ebbero a che fare con Siciliano in quei giorni. Il primo è il presidente dell’associazione Spacatimpan, che incontra Siciliano, vicepresiddente in un bar di Mendrisio appena prima dell’omicidio, e riceve la confidenza dei problemi tra il fisioterapista e la moglie. “Una confidenza per giustificare la mia assenza” ad una riunione, dichiara Siciliano che esclude la volontà di crearsi un alibi.


Condanna a vita per Marco Siciliano (Corriere del Ticino – 24 novembre 2010)
È colpevole dell’assassinio della moglie Beatrice
Marco Siciliano è stato condannato mercoledì alla reclusione a vita per l’assassinio della moglie Beatrice Sulmoni, avvenuto la sera del 25 marzo nella loro casa di Obino (Castel San Pietro). La sentenza della Corte delle Assise criminali di Lugano, riunita da giovedì scorso, è stata letta poco dopo le 19 dalla presidente Agnese Balestra-Bianchi. Il 33.enne è stato riconosciuto colpevole dell’assassinio della donna e di interruzione punibile della gravidanza, poiché la 36.enne era incinta al quarto mese del loro secondogenito.
La Corte ha accolto interamente le tesi dell’accusa, sostenuta dalla procuratrice generale aggiunta Rosa Item. Siciliano ha deciso che “la sua unica via d’uscita era eliminare la mo­glie» ha detto la presidente. E lo ha fatto “per un motivo che più egoistico non si può: inseguire un sogno di libertà per proseguire la sua relazione con l’aman­te”. Oltre che “con una doppia modali­tà particolarmente perversa: con il sonnifero prima e col soffocamento poi”. Si­ciliano ha “risolto il problema nel peg­gior modo possibile, in spregio di Bea­trice e del figlio” di 7 anni.La detenzione a vita è una condanna emessa raramente nei tribunali svizzeri, ma si giustifica con l’efferatezza del delitto commesso da Siciliano che ha agito in modo egoistico e cruento. Prima di poter chiedere un’eventuale liberazione condizionale, Siciliano dovrà scontare almeno quindici anni in penitenziario.

 

Dramma di Obino. Respinto il ricorso di Marco Siciliano (TicinoLive – 27 maggio 2011)
La Corte di appello e di revisione penale ha respinto il ricorso di Marco Siciliano contro la sentenza con cui la Corte delle Assise criminali lo aveva dichiarato colpevole dell’assassinio della moglie Beatrice Sulmoni e di interruzione di gravidanza (quando era stata uccisa la donna, 36 anni, era incinta).
Siciliano, che esercitava la professione di fisioterapista, era stato condannato all’ergastolo. Il 25 marzo 2010 aveva ucciso la moglie nella loro casa di Castel San Pietro-Obino e aveva portato il cadavere oltre confine, andando a gettarlo nelle acque del lago di Como, nei pressi di Laglio nell’intento – fallito – di farlo scomparire per sempre e poter far credere a tutti che la donna lo avesse abbandonato. Il tutto, secondo i fatti ricostruiti, per potersi rifare una nuova vita.
Quando aveva presentato ricorso, lo scorso dicembre, il suo avvocato aveva dichiarato che Siciliano non intendeva contestare la gravità delle circostanze e la propria colpevolezza. Il suo intento era portare l’autorità giudiziaria a rivedere la punizione nei suoi confronti “al di fuori di un contesto emotivamente pesante come quello che ha caratterizzato i cinque giorni del processo.”

Delitto di Obino, Marco Siciliano era oltre Gottardo ma tornerà in Ticino (la Regione – 5 settembre 2017)
Continuerà a scontare la sua pena detentiva all’ergastolo al penitenziario della Stampa Marco Siciliano, l’uomo che il 25 marzo 2010 uccise la moglie nella loro casa di Obino. Lo ha stabilito il Tribunale federale che, in una sentenza datata 23 agosto e pubblicata oggi, ha dichiarato “inammissibile” il ricorso presentato dallo Stato del Canton Ticino. Il 1° marzo 2016 la direzione delle strutture carcerarie ha deciso per Siciliano un trasferimento presso il penitenziario di Bellevue, a Gorgier, nel canton Neuchâtel, motivandolo con “motivi di sicurezza e di ordine interno”. Penitenziario dove è stato trasferito, fa sapere l’avvocato Matteo Quadranti, in meno di 24 ore nonostante l’immediata opposizione presentata. Il reclamo è stato respinto dalla Divisione della giustizia. Di parere opposto la Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello che, il 13 luglio, ha negato la “seria messa in pericolo tale da giustificare il suo trasferimento in un altro penitenziario fuori Cantone”. Ne è seguito il ricorso al Tf dello Stato del Canton Ticino, per il tramite del Consiglio di Stato. CdS che, non avendo partecipato al procedimento dinanzi alla Corte cantonale, “non è legittimato a ricorrere in questa sede”.


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