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Marco Manfrini, 50 anni, idraulico, lavoratore saltuario, padre. Già denunciato e ammonito per maltrattamenti, uccide la moglie a calci, pugni e morsi in faccia ma dà la colpa al cane. Ergastolo

Nago Torbole (Trento), 5 Settembre 2019


Titoli & Articoli

La donna di Nago è stata uccisa a botte Il marito in cella (Alto Adige – 5 settembre 2023)
E’ stato sottoposto a fermo giudiziario per omicidio volontario aggravato e recluso nel carcere di Trento Marco Manfrini, il marito cinquantenne di Eleonora Perraro, la 43enne uccisa a botte nel giardino del bar “Sesto Grado” di Nago Torbole, in località Marmitte dei Giganti. Sentito in caserma alla presenza del Pm De Angelis della Procura di Rovereto e del difensore d’ufficio Elena Cainelli, l’uomo ha riferito di non ricordare nulla dell’accaduto se non di aver passato la serata nel bar e dopo la chiusura di essere rimasto lì insieme alla moglie e di essersi poi svegliato con a fianco la consorte priva di vita.
Quanto riscontrato dai rilievi e le dichiarazioni confuse dell’uomo – spiega una nota dei carabinieri – hanno portato gli investigatori a procedere al fermo. Marco Manfrini comparirà davanti al giudice per la convalida del provvedimento lunedì mattina. A carico dell’uomo risulta esserci un ammonimento orale del Questore di Trento (notificatogli il 28 agosto 2019 dal Commissariato di polizia) dopo l’emissione di un referto medico del pronto soccorso di Rovereto, al quale si era rivolta la moglie dopo una lite coniugale.
Gli inquirenti non hanno preso nemmeno in considerazione l’ipotesi della morte accidentale. In effetti Eleonora Perraro è stata uccisa, massacrata di botte. La donna non può essere caduta da sola sui gradoni del “Sesto Grado” di notte, mentre il marito Marco Manfrini dormiva. I riscontri della scientifica sono tanti e tali da far ritenere che sia stato proprio il marito a ridurla in quello stato, in una pozza di sangue in cui è stata ritrovata al mattino ormai senza vita.

 

Sulle accuse pesa molto il precedente di agosto (il Nuovo Trentino – 7 settembre 2019)
Il sospetto di violenze in casa. L’ammonimento del questore era arrivato in seguito alla segnalazione della donna, ricoverata in pronto soccorso perché lui l’aveva picchiata
Sia Marco Manfrini che la moglie Eleonora Perraro vivevano grazie a pensioni di invalidità e a occasionali lavori, spesso inserite tra le attività di Azione 19 (il vecchio “Progettone” che garantisce ai disoccupati dei periodi di contratto per lavori socialmente utili). In particolare, la Perraro aveva lavorato part time negli ultimi tempi in una cooperativa, dove prestava la propria opera in cambio di somme modeste. Vivevano in un appartamento in via Monte Corno, sopra il bar Ca’ de l’Ora e in apparenza il loro rapporto, iniziato dal 2017 e sfociato nel matrimonio il primo dicembre dell’anno scorso, era sereno e affiatato.
Ma c’è un episodio che è stato dirimente nell’orientare le indagini coordinate dal sostituto procuratore Fabrizio De Angelis, ed è l’unica macchia nella condotta penale di Manfrini: l’ammonimento del Questore notificatogli il 28 agosto scorso per un episodio di violenza nei confronti della moglie, che si era rivolta al pronto soccorso per un trauma allo sterno.
Non risultano altri precedenti a suo carico, ma è evidente che un fatto simile inserito in un indagine per omicidio diventa un indizio pesante. Tanto più che la donna sarebbe stata vista con il viso pieno di lividi e avrebbe spiegato che il marito la picchiava.
Eleonora Perraro aveva alle spalle una lunga storia disagio psichico e sindromi depressive, per le quali era stata certificata una disabilità che le garantiva una modesta pensione di invalidità. Negli ultimi anni le era stato affidato dal tribunale un amministratore di sostegno che l’ha seguita dal 2013 al matrimonio, incarico poi revocato grazie anche al nulla osta del reparto di psichiatria dell’Azienda sanitaria, dal quale era seguita. Alle sue magre sostanze si era aggiunta una discreta somma che aveva ricevuto in un’unica soluzione al divorzio dal primo marito, un medico. Manfrini, tra un lavoro e l’altro, si dilettava di pittura e di musica. Anche lui sposato in precedenza, dal primo matrimonio aveva avuto due figlie. Qualche sbandamento in gioventù, ma viene descritto come persona tranquilla e gentile. Non un violento.

 

Uccisa a calci e pugni in giardino, fermato il marito Marco Manfrini: «Ricordo il sorriso di Eleonora, poi il buio» (Corriere della Sera – 7 settembre 2019)
Nago-Torbole, le parole dell’uomo in carcere. L’avvocato: «È sotto choc». L’autopsia conferma: «La donna morta per le botte». Si erano sposati un anno fa
«Il sorriso di mia moglie è l’ultima immagine impressa nella mia mente
. Lei serena, sorridente, nel giardino all’esterno del bar, poi c’ è solo il buio». Marco Manfrini lo ripete più volte, quasi come un disco rotto. «Io l’amavo, non ricordo cosa sia successo», spiega al suo avvocato Elena Cainelli nel carcere di Spini di Gardolo dove è stato accompagnato giovedì sera dai carabinieri della compagnia di Riva del Garda. L’aveva detto anche a loro: «Non ricordo nulla, c’ è solo il buio».
Era stato proprio lui al suo risveglio, a chiamare il 112 alle 7.30 del mattino. Il giardino all’esterno del bar «Sesto grado», i puff, le amache e gli alberi alle spalle, una cornice di serenità che accompagna tante serate in allegria a Nago Torbole.
Ma giovedì mattina sull’erba c’era il corpo senza vita di Eleonora Perraro, 43 anni, e il marito, Marco Manfrini,50 anni, aveva i pantaloni sporchi di sangue. Le tracce ematiche impresse sulla corteccia di un albero poco distante raccontano qualcosa di quella maledetta notte. Ma lui non ricorda. È rimasto accanto a Eleonora fino al mattino, si è addormentato vicino al corpo esanime di quella che aveva scelto come compagna di vita lo scorso dicembre. Quella donna che diceva di amare, che abbracciava sempre nelle foto, immagini di felicità, apparente, di una vita insieme, con tante ombre però. Perché a luglio Marco aveva già alzato le mani su Eleonora. La rabbia, forse lei voleva lasciarlo, poi l’alcol.
È accaduto così anche la notte nel giardino del «Sesto grado» di Nago? È una delle tante domande che tormentano tutti in queste ore. Ma questa volta Marco non si è fermato. Non ha dominato la sua rabbia.
I primissimi risultati dell’autopsia eseguita dal dottor Dario Raniero dell’università confermano infatti che Eleonora è morta a causa delle botte. In un primissimo momento erano state fatte tante ipotesi, ma le numerose ecchimosi sul corpo, il volto tumefatto, i graffi raccontavano un’altra verità. Quella verità che gli investigatori dell’Arma stanno cercando, scavando nel passato della coppia, in quella relazione difficile, nella fragilità di una donna che aveva cercato una nuova vita, lontano dal dolore di una passata relazione violenta, nell’amore di Marco. Era il suo sogno al quale si teneva aggrappata. Ci voleva credere con tutte le sue forze. L’incontro di due anime fragili. Lui era stato violento, ma lei voleva dimenticare.
«Gli voglio bene, è stato un attimo, non voglio denunciarlo», aveva detto alla polizia quando era stato aperto il procedimento che aveva portato alla misura dell’ammonimento. Dopo quella violenta lite a luglio avevano ricominciato la loro vita, cercando forse di dimenticare. Nonostante i dubbi e la paura.
L’anatomopatologo ha effettuato anche una serie di accertamenti tossicologici sul corpo della donna e sta svolgendo ulteriori approfondimenti, ma per avere i risultati definitivi dell’esame autoptico bisognerà attendere. I carabinieri di Riva del Garda e i colleghi del nucleo investigativo di Trento sono al lavoro per tracciare i contorni della vita della coppia e del loro legame distorto. Il pm Fabrizio De Angelis nell’interrogatorio davanti al gip, che si terrà probabilmente lunedì, chiederà la convalida del fermo di pg. Ma Manfrini potrebbe decidere di avvalersi della facoltà di non rispondere. Sarà il suo avvocato, Elena Cainelli, a decidere quale strategia difensiva adottare. «È sconvolto, sotto choc — spiega — e continua a ripetere di non ricordare nulla». Nell’ incontro di ieri in carcere l’uomo ha raccontato all’avvocato l’amore per Eleonora e quella sera che era trascorsa in allegria. «Una bella serata, Eleonora era serena, sorrideva. È l’unica cosa che ricordo», ha spiegato. Difficile capire. Forse l’ eccesso di alcol in corpo — sul tavolo del giardino sono state trovate diverse bottiglie di superalcolici vuote — e lo choc hanno cancellato le ore di follia nella memoria di Marco Manfrini. Ipotesi.
Al momento non c’ è alcuna certezza e gli inquirenti cercano di capire, ricostruire, scavano nel passato di Marco. Aveva lavorato per anni come idraulico, poi aveva avuto un incidente che l’aveva segnato profondamente. Da allora era tutto cambiato, viveva con una pensione di invalidità, poi, dicono alcuni conoscenti, c’era l’alcol. E infine era arrivata Eleonora. La sua stella, diceva lui. Ma persone vicine alla famiglia di Marco raccontano che la relazione con la quarantatreenne di Nago non era facile, perché lei era possessiva e «l’aveva cambiato». Tante ombre e un unico terribile destino per Eleonora.

Marco Manfrini torna in carcere, ma è pronto il ricorso (la Busa – 26 luglio 2021)
È tornato in carcere martedì scorso 20 luglio Marco Manfrini, il roveretano riconosciuto colpevole dell’omicidio di sua moglie Eleonora Perraro. La ben nota vicenda di cronaca nera a seguito della quale gli è stata comminata la condanna all’ergastolo, lo aveva visto ai domiciliari in attesa del giudizio, concessi per motivi di salute legati alla pandemia Covid-19.
Ora i Carabinieri in forza del mandato esecutivo della Corte d’Assise hanno applicato la condanna riportandolo in carcere. Il suo avvocato Elena Cainelli, però, ha annunciato che presenterà ricorso in quanto il provvedimento del Giudice volto al ritorno in carcere non tiene conto dell’appello e delle motivazioni che in quella sede sono state accolte. Il giudice afferma che l’emergenza Covid, grazie alla quale al Manfrini erano stati concessi i domiciliari, non c’è più e dunque per Manfrini non esistono più i motivi di salute. Per la Cainelli, invece, le misure cautelari dei domiciliari rispondono in pieno alla sentenza, dunque il ritorno in carcere non è giustificato dal provvedimento emesso. Ora, trascorsi novanta giorni dalla sentenza si potranno leggere le motivazioni addotte, poi la difesa potrà presentare ricorso, come peraltro l’avvocato Cainelli ha già espresso sia volontà di fare. Insomma, la parola fine sulla vicenda della morte di Eleonora Perraro non è stata ancora scritta.

Eleonora Perraro, torturata a morsi e strangolata: condanna all’ergastolo per il marito (Today – 16 maggio 2022)
La sentenza arrivata dalla Corte d’assise d’appello di Trento: i giudici hanno confermato la pena per Marco Manfrini, il marito della 43enne, uccisa nel 2019 nel giardino di un bar. L’appello della mamma di Eleonora a tutte le donne: “Non state in silenzio, denunciate”
La Corte d’assise d’appello di Trento ha confermato la condanna all’ergastolo per Marco Manfrini, 50enne di Rovereto, ritenuto il responsabile dell’omicidio della moglie, Eleonora Perraro. Nonostante fossero cadute alcune aggravanti, i giudici non hanno fatto sconti per il femminicidio avvenuto all’esterno di un locale di Nago Torbole la notte del 5 settembre 2019. Nemmeno la dichiarazione spontanea rilasciata stamattina in aula da Manfrini, che ha più volte ribadito la propria innocenza, ha fatto cambiare idea ai giudici. In aula erano presenti i genitori e la sorella della vittima. La madre di Eleonora, dopo la lettura della sentenza ha lanciato un accorato appello alle donne vittime di violenza: “Non state in silenzio, denunciate”.
Alessandro Meregalli, avvocato della famiglia Perraro, ha commentato la sentenza a TrentoToday: “Era quello che ci aspettavamo. Non abbiamo mai messo in dubbio che potesse essere diverso il risultato dell’appello, anche perché il fatto è davvero stato sviscerato durante il processo di primo grado che è stato lungo e faticoso. Le censure che sono state proposte in grado di appello sono esattamente le stesse che sono state proposte in primo grado e che sono state tutte smentite”. “La conferma dell’ergastolo, salvo l’esclusione delle aggravanti, dal nostro punto di vista, è l’unico esito possibile che poteva arrivare da questa udienza – ha aggiunto Meregalli -. L’esclusione delle aggravanti non sposta di una virgola il giudizio complessivo. In questi processi non ci sono vincitori e vinti, si esce tutti sconfitti. Eleonora Perraro è morta e l’ergastolo a Manfrini non la riporta in vita”.
L’omicidio risale al settembre 2019, quando il corpo di Eleonora Perraro, 43 anni, venne rinvenuto senza vita all’interno del giardino di un bar, a poca distanza dal lago di Garda. A lanciare l’allarme era stato lo stesso Manfrini, ma sul cadavere della donna, trovato in una pozza di sangue, erano presenti numerose ferite e segni di colluttazione. Una terribile verità poi svelata dall’autopsia eseguita sul corpo della vittima: la donna è stata presa a morsi, picchiata e infine strangolata.
Secondo la ricostruzione dei magistrati “Manfrini quella sera ha fatto ubriacare fino all’inverosimile Eleonora. Voleva avere un rapporto sessuale con lei e da qui è scaturita la reazione furibonda dell’uomo, che dopo essersi tolto la fede butta in terra la vittima e la aggredisce con furia, colpendola più volte per poi sbatterla sull’ulivo (quello vicino al quale è stato ritrovato il corpo e sulla cui corteccia sono state rinvenute tracce di sangue, ndr). Dopodiché ha finito Eleonora, prima mordendole il capezzolo e la coscia e successivamente strangolandola”.

 

 

Omicidio di Eleonora Perraro, la Cassazione conferma la sentenza di ergastolo per Marco Manfrini (il T quotidiano – 21 aprile 2023)
La mamma della donna uccisa, Mariangela Boscaini: «Aspettavo questo momento da tre anni e mezzo. Giustizia è fatta. Spero ci sia più attenzione ai codici rossi»
Omicidio di Eleonora Perraro. Anche in terzo grado è stata confermata la condanna all’ergastolo per l’artigiano roveretano Marco Manfrini, riconosciuto quindi colpevole di aver brutalmente ucciso la moglie di 43 anni la notte tra il 4 e il 5 settembre del 2019. Torturata a morsi e strangolata nel giardino di un bar a Nago Torbole. La Corte di Cassazione ieri pomeriggio si è infatti pronunciata rigettando i ricorsi (oltre dieci i motivi esposti) presentati dalla difesa dell’imputato (avvocati Elena Cainelli e Luigi Campone) e ha confermato la sentenza della corte d’Assise d’Appello emessa quasi un anno fa, il 16 maggio 2022, che a sua volta aveva ricalcato la condanna di primo grado per omicidio volontario pluriaggravato.
Condanna, al massimo della pena, che ora diventa così definitiva per il 52enne Manfrini che da luglio 2021 si trova in carcere a Spini di Gardolo e che ha sempre respinto la pesante accusa. Quella, cioè, di aver ucciso la moglie dopo averla fatta ubriacare, tanto da renderla inoffensiva, prendendola poi a morsi, picchiandola e infine strangolandola. I legali del roveretano avevano avanzato una serie di contestazioni e sulla base di una tra queste anche l’istanza, già respinta in appello, sulla convocazione del collegio giudicante dell’Assise, considerata irregolare. Di qui la richiesta di annullare i verdetti precedenti e di rifare il processo. Richiesta motivata anche con il fatto che, a dire della difesa – che non aveva mai nominato un proprio consulente per l’autopsia -, le cause del decesso non erano mai state del tutto chiarite. Ma questi non erano gli unici motivi di ricorso presentati all’attenzione degli ermellini.
Ricostruzione confermata. Già nei precedenti processi Procura e legali delle parti civili (avvocati Alessandro Meregalli, Luca Pontalti e Andrea Tomasi) avevano rivendicato la fondatezza degli indizi e delle prove raccolte che convergevano su un’unica ricostruzione e su un unico autore del delitto: fede e dentiera, ma anche dna e sangue di Manfrini sono stati rinvenuti sul corpo della povera 43enne, che si presentava martoriato, con lesioni e morsi e con evidenti segni della violenta lite. L’autopsia ha rivelato che la donna è morta per «asfissia meccanica violenta», ossia il decesso era dovuto «a causa di una compressione a livello del collo». Non c’è stato quindi alcun terzo uomo sulla scena del crimine e tanto meno alcuna responsabilità del cane della coppia che, per i legali di Manfrini, poteva aver aggredito e morso Eleonora. E, anche nel terzo grado di giudizio, le argomentazioni portate dai legali dai familiari della Perraro (che si erano costituiti parte civile e a cui sono stati confermati i risarcimenti) sono state condivise dai giudici.
«Giustizia è fatta» «Siamo contenti che sia stata restituita dignità alla memoria di Eleonora che era stata calpestata, che sia stata posta fine a questa straziante vicenda processuale – il commento dell’avvocato Alessandro Meregalli che assiste la mamma della vittima, Mariangela Boscaini – Rivendichiamo la correttezza delle argomentazioni tecnico giuridiche che avevamo sottoposto per contrastare i ricorsi della difesa di Manfrini: anche la Corte di Cassazione ha confermato che Eleonora Perraro è stata brutalmente uccisa dall’ex marito. Una ricostruzione, questa, che ha tenuto al vaglio di tutti i gradi di giudizio».
Mamma Mariangela Boscaini, che era presente in aula a Roma assieme alla figlia Erika, era seduta quando ha saputo della pronuncia degli ermellini. Al telefono parla di uno «stato d’animo indescrivibile» e commenta: «Giustizia è fatta. Questa storia è un esempio di femminicidio classico». La stessa ammette poi: «Erano tre anni e mezzo che aspettavo questo momento» le parole della donna in riferimento alla sentenza di terzo grado che chiude il procedimento penale a carico di Manfrini. La stessa mamma, che ringrazia i legali che hanno assistito lei e suoi familiari, continua: «Spero che questa sentenza possa aiutare maggiormente nei casi di codice rosso, perché sono stati fatti passi avanti ma c’è ancora molto da fare». Una sentenza che anche per la figlia Erika «ha un significato importantissimo nel contrasto alla violenza contro le donne».


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