Marco Del Vincio, 41 anni, titolare di un’azienda agricola, padre. Soffoca la moglie con un cuscino e si impicca
Cetonia (Siena), 5 Luglio 2018
Titoli & Articoli
Omicidio-suicidio a Cetona: soffoca la moglie col cuscino e si impicca (Blitz – 6 luglio 2018)
Tragedia a Cetona, in provincia di Siena: una donna è stata trovata morta in un casolare. Fin da subito le ricerche si sono orientate sul marito. I carabinieri lo hanno trovato poco dopo impiccato ad un albero, sul Monte Cetona
La tragedia si è consumata in una casa della campagna senese, dove marito e moglie vivevano da circa un anno e mezzo, cioè da dopo il loro matrimonio. Ines Sanchez Papperi, 40 anni, era originaria del Venezuela. Marco Del Vincio, italiano di 41 anni, faceva l’agricoltore.
A dare l’allarme è stato il padre dell’uomo, che abita nella casa accanto a quella della coppia. La donna è stata trovata senza vita nella sua abitazione: il marito l’avrebbe uccisa soffocandola col cuscino. Poi, probabilmente in preda ai sensi di colpa, è salito in auto ed è scappato in direzione del Monte Cetona. E’ stato trovato impiccato a un albero, poco distante dalla sua Fiat Panda abbandonata.
Il femminicidio, secondo una prima ricostruzione, sarebbe iniziato con un litigio, forse di natura passionale, tra marito e moglie nell’azienda agricola di cui l’uomo era titolare. La lite furente si sarebbe conclusa con l’uccisione per strangolamento della donna che sarebbe stata anche soffocata con il cuscino. Dopo aver ucciso la moglie, l’uomo avrebbe telefonato al fratello informandolo di ciò che aveva fatto. La coppia aveva un figlio di 9 anni.
CETONA, QUEI DUE FUNERALI UGUALI E DIVERSI PER MARCO E SANDRA (Prima Pagina Chiusi – 14 luglio 2018)“Domani alle tre nella fossa comune sarà, senza il prete e la messa perché d’un suicida, non hanno pietà”. Così cantava De André 50 anni fa ne “La ballata del Michè”. Per secoli la Chiesa non ha avuto pietà dei suicidi, cui non tributava neppure l’onore del commiato. Niente funerale in chiesa, niente messa, e sepoltura fuori dalla terra consacrata dei cimiteri. Ora no. Anche la Chiesa si è piegata. I suicidi sono morti come gli altri, anche se hanno deciso da soli, senza aspettare la sentenza del padreterno, su come e quando andarsene dal mondo e dalla vita.
Ieri pomeriggio a Cetona si sono svolti i funerali di Marco Del Vincio il quarantenne che venerdì 6 luglio ha ucciso la moglie Ines Sandra Tapperi e poi l’ha fatta finita a sua volta impiccandosi ad un albero in una cava abbandonata. E c’era praticamente tutto il paese. Chiesa gremita, gente in piazza davanti al sagrato. Posteggi tutti esauriti. E applauso della folla quando la bara portata a spalla è uscita dalla chiesa. Come si fa per gli attori, i politici, gli sportivi. Insomma per gli eroi…
Molta più gente di quanta ce n’era il giorno prima, nella stessa chiesa, ai funerali di Ines Sandra, la vittima dell’omicidio. Non è che non ci fosse nessuno, ma se si escludono gli amici e parenti della ragazza appartenenti alla comunità sudamericana della zona, una associazione di donne che ha lavorato per favorire la partecipazione e la giunta comunale al completo, per il resto la presenza della comunità cetonese e dei dintorni è apparsa tutt’altro che oceanica. Certo, Marco del Vincio era cetonese doc, il paese l’ha visto nascere e crescere come tutti i ragazzi del posto, era conosciuto per la sua attività, aveva sicuramente molti amici e parenti. La moglie Sandra invece era sudamericana, con sangue venezuelano e peruviano. Arrivata da anni ormai, anche lei era conosciuta, ma era comunque un “corpo estraneo”. Un corpo bello e appetibile, ma estraneo… Per non dire un elemento di disturbo.
Quindi la maggiore partecipazione alle esequie del marito può apparire normale, scontata. Ma…
C’è un “ma” grosso come una casa, grosso come la tragedia che si è consumata una settimana fa. Perché Sandra, il corpo estraneo, in questa vicenda è inequivocabilmente la vittima. E’ la persona che è stata uccisa, soffocata con un cuscino da un marito che non era un delinquente conclamato, ma in un raptus di follia l’ha ammazzata, per affermare la sua supremazia di maschio, secondo una logica di possesso e di prevaricazione che non è molto lontana da quella tante volte criticata e vituperata dei talebani e dei fondamentalisti islamici che lapidano le adultere in piazza e uccidono le figlie che si vestono alla occidentale o vogliono sposarsi con un “infedele”…
Poi, certo, Marco Del Vincio, forse rendendosi conto della nefandezza che aveva compiuto e forse per evitare il giudizio della legge, si è processato e condannato da solo, eseguendo pure una sentenza capitale non prevista dall’ordinamento giuridico italiano. Una chiara ammissione di colpa, una confessione di fatto e un tentativo, il più estremo e definitivo, di espiazione immediata: “ho sbagliato e pago con la mia stessa vita”. Quasi un modo per non lasciare strascichi. O dubbi. Come abbiamo già scritto l’umana pietà (o una preghiera, per chi crede) non si può negare, neanche a Marco. Il quale però resta l’assassino della moglie. Un uomo, giovane che si è comportato nel modo più arcaico nei confronti della donna che aveva sposato e forse temeva di perdere. Ma non c’è crisi familiare, amore conflittuale o in dissoluzione che possa giustificare un atto di violenza, tantomeno un omicidio. Né il suicidio conseguente, l’espiazione, estingue e cancella l’omicidio. In questi casi il “pari e patta” purtroppo non vale.
La comunità cetonese, che è e resta una comunità molto civile, democratica, aperta, in questo caso ha fatto un passo indietro, ha scritto, tra ieri e l’altro ieri, una pagina oscura, non edificante, della propria quotidianità: di fronte ad una tragedia immane che tra l’altro lascia un bambino di 9 anni da solo ad affrontare la vita che verrà e ci auguriamo che il tempo gli consenta di farlo, la comunità cetonese si è stretta più intorno al carnefice che alla vittima. E anche qui, non c’è “appartenenza” o familiarità, o amicizia che tenga e possa giustificare un atteggiamento del genere.
Alcuni cetonesi lo hanno fatto notare sui social. Imbarazzati, delusi per quei due funerali diversi. E per quell’applauso quantomeno inappropriato. Noi crediamo che Cetona avrebbe fatto bene ad abbracciare prima di tutto la giovane madre privata della vita, riempiendo la chiesa e la piazza, dimostrando che i femminicidi si condannano sempre, non solo quando avvengono lontano da casa nostra. Poi avrebbe anche potuto salutare, più sommessamente, quel ragazzo del posto che ha perso prima la testa e poi la vita, anche lui. Sottolineiamo: più sommessamente, però. Perché i ruoli dei due in questa tristissima e tragica vicenda non sono uguali o equivalenti, nonostante l’epilogo alla fine sia stato lo stesso per entrambi.
E’ andata esattamente al contrario. O comunque in modo diverso. Molta gente a salutare Marco, meno a salutare Sandra. Applauso a Marco, silenzio per Sandra. Le istituziooni c’erano, al completo in tutti e due i casi. E questo è importante.
Al funerale di Sandra abbiamo visto delle donne abbracciarsi, davanti alla bara. Erano la madre di Marco e alcune parenti sudamericane della ragazza. Quello è stato un bel gesto. Di coraggio, di sensibilità e di dignità, di condivisione del dolore. Un esempio per tutti. Altri non lo hanno fatto. La cosa ci rende più tristi. E dispiace che proprio Cetona sia caduta in questa trappola, rispondendo d’istinto, sulla base della familiarità e non della ragione. Ieri, proprio dopo le esequie di Marco Del Vincio, prendeva il via la rassegna Cetona Verde Poesia e verrebbe da dire che in questa vicenda la poesia ha lasciato il posto ad altre cose. Siamo però convinti che la reazione che ha avuto Cetona sarebbe stata la stessa anche altrove. Perché è l’Italia che è così. Adesso.