Lucio Niero, 34 anni, barista, sposato e padre. Massacra di botte, calci e pugni l’amante ventenne al nono mese di gravidanza, la soffoca e la seppellisce ancora viva nel fango. Condannato a 30 anni di reclusione, ricorre in appello. Libero da aprile 2017
Maerne di Martellago (Venezia), 29 Aprile 2006
Dice che Jennifer è scesa dalla macchina ed è caduta accidentalmente in una buca, che poi le si è evidentemente richiusa addosso. È stato condannato a 30 anni con rito abbreviato, evitando l’ergastolo e l’accusa di duplice omicidio e procurato aborto. La sentenza ha scatenato l’indignazione dell’ex Ministro Castelli che ha dichiarato: “Vorrei sapere cosa si deve fare in Italia per avere l’ergastolo”. Ma lui presenta ricorso in Cassazione e chiede la perizia psichiatrica.
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Incinta. Massacrata e sepolta viva. E ora lui ottiene il suo primo permesso premio. La requisitoria del pubblico ministero e il referto medico parlavano chiaro. «Strappati tutti i capelli, spaccata la spina dorsale, presa a pedate, buttata in una fossa e calpestata quando ancora respirava, con in grembo un bambino che avrebbe partorito pochi giorni dopo…» Questa è stata la fine di Jennifer Zacconi e del bimbo che teneva in grembo da nove mesi. Era la notte tra il 29 e il 30 aprile del 2006. Domani, saranno passati undici anni per i familiari senza di lei.
Quella notte Jennifer venne massacrata a calci e pugni, martoriata, seviziata e sepolta viva in una buca a Maerne di Martellago, un comune nel veneziano. Aveva soli vent’anni e dopo quella notte di bestialità e violenza morirono lei e il suo bambino Hevan.
A ucciderli in una maniera così brutale e spietata l’amante di lei, Lucio Niero, che non voleva saperne di quel bambino. Nel 2008 lui venne condannato a trent’anni di carcere e ora ha appena ottenuto il suo primo permesso premio.
Per un giorno, domenica scorsa, a Niero è stato concesso di uscire dal carcere scaligero di Montorio per trascorrere una giornata a casa della sua famiglia, con la sorella e con il cognato alle porte di Castelfranco Veneto nel trevigiano. Questo grazie a una legge che risale al 1975: «Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà». Ad applicare la legge e a consentirlo è stato il decreto firmato il 12 aprile dal magistrato di sorveglianza, donna, Isabella Cesari e vistato da un’altra donna, il procuratore aggiunto Angela Barbaglio. A richiedere il provvedimento lo stesso carnefice Niero.