Luca Marmigi, 36 anni, collaboratore Rai, convivente. Condannato per omicidio colposo (occultamento e simulazione di reato) dell’amante (giallo del Gianicolo)
Roma, 23 Dicembre 2003
Titoli & Articoli
Giallo del Gianicolo: chiesto il sequestro dei beni di Luca (il Giornale – 4 ottobre 2005)
La richiesta della famiglia Bianchi per non vanificare il risarcimento da parte di Marmigi
Giallo del Gianicolo: la parte civile chiede il congelamento dei beni dell’imputato. Prima tappa dell’udienza preliminare, ieri, dopo il rinvio a giudizio disposto dal gup Giammarinaro nei confronti di Luca Marmigi, 36 anni, collega e compagno di Paola Bianchi, 28 anni, la collaboratrice della Rai trovata morta sul colle più famoso della capitale la notte del 23 dicembre 2003.
Marmigi, accusato di omicidio colposo e occultamento di cadavere, avrebbe abbandonato in strada la programmista di «Linea Verde» in seguito a un malore provocato da una serie di cause fra cui l’assunzione di un calmante. Al gup, ora, la decisione sul sequestro conservativo delle somme e dei beni di Marmigi chiesto dagli avvocati della famiglia Bianchi perché non sia «vanificata la possibilità di veder soddisfatta la pretesa risarcitoria», 2 milioni e 500mila euro.
Nel dicembre scorso l’imputato avrebbe venduto un appartamento di sua proprietà depauperando così il suo patrimonio quando, sempre secondo i legali di parte, era già a «conoscenza dell’avvenuta costituzione di parte civile e quindi della prevedibile condanna al risarcimento danni». Il gup dovrà anche decidere se giudicare Marmigi con il rito abbreviato o meno in base ai risultati delle nuove perizie.
Una storia che inizia il pomeriggio del 23 dicembre di 2 anni fa. Paola e Luca sono più che compagni di lavoro. Ma Luca convive con un’altra donna e la situazione non si sblocca. Quel giorno vanno in centro per gli acquisti di Natale. Fra mostre e bancarelle arrivano all’ora di cena. Passano a casa di Paola, in via Ozanam a Monteverde, dove incontrano la madre della ragazza. Mamma Luciana raccomanda a Luca: «Te l’affido».
La coppia esce per andare a mangiare. Alle 21,30 fanno uno spuntino a via di Donna Olimpia. Poi Paola riceve l’ultima telefonata da un’amica, Maria. Sono le 22,40: «Tutto bene, dobbiamo ancora cenare» dice la poveretta. L’autopsia confermerà un pasto abbondante. Segue un buco di 3 ore nei ricordi di Marmigi. Ai carabinieri prima dice una cosa («l’ho accompagnata a casa, stava bene»), poi ritratta. Secondo una prima versione Luca cerca Paola ma lei non risponde. Si preoccupa e, assieme all’amico Corrado, inizia a cercarla. Tra l’1,30 e le 2 si imbattono nei carabinieri. Il cadavere di Paola è a terra. Ma gli inquirenti scoprono che i due, dopo cena, sono andati sul Gianicolo a bordo della Fiesta di Luca. Qui discutono. In Procura Luca ammette il litigio. Motivo? Avrebbe voluto trascorrere il Natale con la convivente, Alessandra, ignara della storia con Paola.
È l’1,15: Paola scende dall’auto. Luca sostiene di essersi allontanato, ma resta nelle vicinanze. Falso. Si reca a Campo de’ Fiori, a Prato Falcone e sul lungotevere della Vittoria: a inchiodarlo la registrazione dell’operatore gsm. Luca ribatte dicendo di non ricordare. Va peggio quando gli viene contestata la storia del randagio investito che avrebbe lasciato sangue nell’auto. Tracce ematiche, invece, di Paola. «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere» dice. Il possibile scenario? I due discutono e Paola prende un calmante. Si sente male. Perde sangue da un orecchio e Marmigi cerca di rianimarla. La situazione precipita e decide d’abbandonarla, senza nemmeno assicurarsi, in ospedale, che fosse morta. Perchè? Per paura di uno scandalo.
«Per Marmigi 7 anni e 4 mesi» (il Giornale – 22 novembre 2005)
Sette anni e 4 mesi a Luca Marmigi. È la richiesta inviata al gup Maria Grazia Giammarinaro dai pm Ilaria Calò e Italo Ormanni nella seconda tappa del processo con rito abbreviato per la morte di Paola Bianchi, 28 anni, la collaboratrice Rai trovata priva di vita sul Gianicolo la notte fra il 23 e il 24 dicembre del 2003. L’uomo è accusato di omicidio colposo, occultamento di cadavere e simulazione di reato.
«Non riesco a dimenticare e andare avanti – commenta in lacrime, all’uscita dall’aula, la mamma di Paola, Luciana Treccioli -. Voglio giustizia. Sono rimasta sola, lui si ricostruirà una vita, mentre io non vivo più. Ieri sono andata sulla sua tomba e le ho chiesto di portarmi via con sé perché non ce la faccio più a vivere». La donna, separata dal marito, è stata fra le ultime persone a vedere Paola viva, all’ora di cena di quella maledetta antivigilia di Natale. Luciana, rivolta a Luca mentre era sulla soglia di casa, si era raccomandata: «Te l’affido, non fate sciocchezze».
Dopo il «congelamento» dei beni dell’imputato, chiesto per evitare che, in caso di condanna, non sia in grado di risarcire i familiari di Paola, Marmigi torna alla sbarra. Durante la requisitoria il pm ripercorre le fasi delle indagini svolte dai carabinieri di via in Selci, sottolineando le diverse versioni fornite da Marmigi, tutte smantellate di volta in volta dagli inquirenti. Per l’accusa avrebbe abbandonato in strada la programmista televisiva colta da malore per una serie di cause fra cui l’assunzione di un forte calmante, benzodiazepine, e hashish.
Paola e Luca erano amanti anche se questi conviveva con un’altra donna, Alessandra, al quartiere Africano. Quel giorno i due vanno in centro per gli acquisti di Natale. A ora di cena la coppia passa a casa di Paola, in via Ozanam, a Monteverde, per lasciare i regali sotto l’albero. Alle 21 i due escono di nuovo. Alle 21.30 fanno uno spuntino in una pizzeria in via di Donna Olimpia. Paola riceve una telefonata, l’ultima. È di un’amica, Maria. Sono le 22.40: «Tutto bene, dobbiamo ancora cenare», dice la poveretta. L’autopsia confermerà un pasto abbondante. Ai carabinieri l’uomo fornisce una prima versione («l’ho accompagnata a casa, stava bene»). In caserma, però, ritratta.
Secondo il primo racconto Luca, dopo avere lasciato la ragazza, la cerca ma lei non risponde al telefono. Preoccupato, si mette a cercarla assieme all’amico e vicino di casa Corrado. Tra l’1.30 e le 2 del mattino incontrano una «gazzella» del 112. Il corpo di Paola è a terra. I carabinieri di via in Selci scoprono che i due, dopo cena, sono andati sul Gianicolo e, a bordo della Ford Fiesta di Luca, hanno litigato furiosamente. In Procura (il 6 e il 16 febbraio 2004) Luca ammette la lite. Motivo? Lui avrebbe voluto trascorrere le festività con la sua compagna, ignara della storia con Paola. È l’1.15: Paola, stizzita, scende dall’auto.
Seconda versione: Luca sostiene, a quel punto, di essersi allontanato, restando nelle vicinanze. Falso. Va, invece, a Campo de’ Fiori, a Prato Falcone e sul lungotevere della Vittoria: a inchiodarlo la registrazione dei suoi movimenti sulle celle telefoniche. Ribatte: «Non ricordo bene». Va peggio quando spiega il sangue nell’auto con un randagio investito. Ma quelle tracce ematiche sono di Paola. Lo scenario ipotizzato? I due litigano dopo avere fumato uno spinello e Paola prende un calmante. Si sente male, perde addirittura sangue da un orecchio e Marmigi cerca di rianimarla. La situazione precipita, Luca la crede morta e decide di abbandonarla senza assicurarsi, in ospedale, che lo fosse davvero. Perché? Per timore di uno scandalo.
Giallo del Gianicolo, 6 anni a Luca Marmigi (La Stampa – 12 dicembre 2005)
Duro il padre della vittima: condanna troppo leggera
ROMA. È stato condannato a sei anni e 4 mesi di reclusione Luca Marmigi, l’uomo accusato di omicidio colposo, occultamento di cadavere e simulazione di reato nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Paola Bianchi, la collaboratrice della Rai il cui cadavere fu trovato nascosto in un cespuglio al Gianicolo la notte del 23 dicembre del 2003. A Marmigi, giudicato con il rito abbreviato, non è stata riconosciuta nessuna attenuante. L’uomo è stato ritenuto dal gup colpevole per omicidio colposo, occultamento di cadavere e simulazione di reato.
Si lasciano andare a sfoghi di rabbia e lacrime Iolando Bianchi e Luciana Treccioli, genitori di Paola, la ragazza trovata morta al Gianicolo la notte tra il 23 e il 24 dicembre 2003, dopo la lettura della sentenza di condanna nei confronti di Luca Marmigi: «Non sono soddisfatto – dice Iolando Bianchi, che è sempre stato presente alle udienze – è una sentenza troppo leggera. Quello ha ammazzato mia figlia, si è salvato, doveva prendere vent’anni. Io spero che questi sei anni se li faccia tutti anche se non riescono a riportami Paola, anzi voglio che muoia prima di andare in carcere. Se penso alla sceneggiata che ha fatto quando è venuto in aula…diceva che lei lo proteggeva dal cielo…». Poche parole tra le lacrime dalla madre di Paola, che già durante la camera di consiglio, durata circa un’ora e mezza, non è riuscita a trattenersi dal piangere. «La giustizia ci doveva essere e c’è», sussurra uscendo dall’aula.
Per il difensore di parte civile, l’avvocato Vittorio Virga, quella pronunciata dal gup Maria Grazia Giammarinaro è stata «una sentenza equa, perchè ha inflitto il massimo della pena possibile. Riteniamo importante – sottolinea il penalista – il fatto che il giudice abbia precisato che si poteva anche pensare all’omicidio volontario, ma non si sono trovate le prove». Di condanna «assurda» parla invece l’avvocato Francesco Misiani, difensore di Marmigi. «Cadrà – rileva Misiani – nei successivi gradi di giudizio».
Morì al Gianicolo Definitiva la condanna di Marmigi (il Giornale – 18 aprile 2009)
Sei anni e quattro mesi di reclusione. È definitiva la condanna per Luca Marmigi, l’ex collaboratore Rai di «Linea Verde» accusato di aver ucciso Paola Bianchi, la giovane trovata morta al Gianicolo la sera del 23 dicembre del 2003. La quarta sezione penale della Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’appello di Roma che il 22 aprile dello scorso anno aveva ritenuto responsabile l’imputato di omicidio colposo, occultamento di cavadere e simulazione di reato. Marmigi aveva impugnato la sentenza, ma i giudici della suprema corte ieri sera hanno rigettato il ricorso.
Stavano insieme Luca e Paola, anche se lui era legato ad un’altra donna, con la quale conviveva. La sera della tragedia i due avevano litigato perché, dopo aver passato la giornata insieme, Marmigi aveva comunicato a Paola che avrebbe trascorso la vigilia di Natale con la sua compagna, questo nonostante le avesse fatto capire in più occasioni che quel rapporto fosse ormai al capolinea. Secondo il pg Francesco Scalzano, che aveva chiesto la conferma della condanna, quella notizia per la ragazza, anche lei una collaboratrice Rai, fu un brutto colpo. Che le provocò un attacco di panico. Per farla calmare Marmigi le somministrò un ansiolitico. Il farmaco, però, le avrebbe provocato un malore. L’uomo cercò di rianimarla con una manovra maldestra, senza riuscirvi. Una perizia stabilì, infatti, che la vittima era morta per asfissia da compressione toracica. Invece di portare Paola in ospedale, nel timore di compromettere la storia con la sua convivente, Marmigi la abbandonò in una zona buia dei giardini del Gianicolo, dove morì.
Gianicolo, si è costituito Luca Marmigli, il fidanzato di Paola Bianchi (Corriere della Sera – 23 aprile 2009)
La ragazza morì per un malore: lui non la soccorse
Si è costituito ieri sera ai Carabinieri del nucleo investigativo di Roma, Luca Marmigi, il programmista della Rai condannato con una sentenza della Cassazione a sei anni e quattro mesi di carcere perchè accusato della morte di Paola Bianchi, collaboratrice della trasmissione televisiva Linea Verde morta a Roma il 23 dicembre 2004. Secondo quanto accertato dai Carabinieri del nucleo investigativo di Via In Selci, titolari delle indagini, Paola Bianchi fu colpita da un malore e invece di essere soccorsa da Luca Marmigi, il suo ex fidanzato col quale si trovava quella sera, fu abbandonata su una strada del Gianicolo per simulare un’aggressione. In quella strada la donna fu trovata priva di vita. La Cassazione, lo scorso 17 aprile, aveva confermato la condanna di Luca Marmigi a sei anni e quattro mesi. Ieri sera, dopo alcuni giorni in cui si era reso irreperibile, Marmigi si è costituito ai Carabinieri che gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare e lo hanno trasferito a Rebibbia.