Luca Lorenzini, 28 anni. Già accusato di violenza sessuale, tormenta per mesi la ex fidanzata e la uccide a coltellate. Condannato a 30 anni con rito abbreviato, condanna annullata e poi riconfermata dalla Cassazione. Suicida durante la detenzione
Cesena, 9 Marzo 2011
Titoli & Articoli
Omicidio Cesena: Luca ha confessato (Rtv San Marino – 10 marzo 2011)
E’ in stato di fermo al commissariato di Cesena Luca Lorenzini, il 28enne che ieri pomeriggio nel centro di Cesena avrebbe accoltellato a morte Stefania Garattoni. L’omicidio della studentessa ventunenne è avvenuto attorno alle 14.30 in viale Mazzoni, poco lontano dall’istituto che frequentava la giovane, dove l’ex fidanzato l’aspettava per un ultimo chiarimento. La discussione sarebbe degenerata ed ad un certo punto il giovane avrebbe estratto un coltello colpendo al collo Stefania. Luca Lorenzini è poi fuggito a bordo di uno scooter: dopo un pomeriggio di ricerche gli inquirenti l’hanno trovato in serata lungo il fiume Savio. Inutili i soccorsi per Stefania Garattoni: è morta alle 16 all’ospedale Bufalini di Cesena. Il terribile episodio ha scosso la città ed il sindaco e la Giunta hanno espresso dolore, sbigottimento e rabbia per una vicenda che ancora una volta vede una giovane donna uccisa dal ragazzo a cui è stata legata. Pochi mesi fa, a fine ottobre, Eleonora Liberatore fu uccisa dall’ex compagno in un bar di Cesenatico.
Omicidio di Stefania, la famiglia chiede due milioni di risarcimento (Cesena Today – 16 novembre 2011)
Parte mercoledì mattina il processo a Luca Lorenzini, il 28enne cesenate ha ucciso con tredici coltellate il nove marzo scorso l’ex compagna Stefania Garattoni
Prima udienza mercoledì nel tribunale di Forlì pel Luca Lorenzini di 28 anni. E’ il principale e unico indiziato per l’omicidio della sua ex ragazza: Stefania Garattoni di appena 19 anni. Il fatto si è consumato il nove marzo scorso all’ora di ingresso pomeridiana nella scuola frequentata dalla ragazza. L’imputato, difeso dagli avvocati Alessandro Sintucci e Raffaella Lucci, dovrà rispondere dell’accusa di omicidio, stalking e si valuta anche il reato di sequestro di persona ai danni di uno studente incontrato lungo la via di fuga.
Il primo elemento riguarda la concessione del rito abbreviato – permette una riduzione della pena o la concessione di una sentenza più mite rispetto il luogo di detenzione – richiesto dalla difesa con due opzioni: la prima è che Lorenzini salga alla sbarra, la seconda che venga “prodotta” una relazioni che illustri il comportamento al carcere di Ferrara del ragazzo. La richiesta è stata accolta dal giudice Luisa del Bianco.
Il secondo elemento rigurda la costituzione di parte civile dei genitori di Stefania che saranno rappresentati in aula dall’avvocato Carlotta Mattei. Ha avanzato la richiesta di risarcimento danni per due milioni di euro.
Nella prima udienza si conta già la testimonianza del ragazzo che è stato trattenuto da Lorenzini sulla via di fuga che porta a San Carlo. L’ignaro studente è stata la prima persona con cui il presunto omicida si è sfogato. A lui ha confessato di aver accoltellato la ragazza e gli ha intimato di restare con lui mostrando la pistola, che risulterà poi una scacciacani. Sull’ipotesi di sequestro valuterà il giudice. Il Pm che segue il processo è il dottor fabio di Vizio. La prossima udienza è prevista per il 20 gennaio.
Condannato per omicidio, sfugge agli agenti e si suicida gettandosi dalla finestra (Today – 9 dicembre 2016)
Luca Lorenzini stava scontando una pena a trent’anni per l’omicidio dell’ex fidanzata
E’ riuscito a sfuggire alla sorveglianza degli agenti e si è lanciato dal quinto piano del vecchio sanatorio in disuso di Acquapartira. Così è morto Luca Lorenzini, detenuto per l’omicidio dell’ex fidanzata Stefania Garattoni avvenuto il 9 marzo 2011. Lorenzini, recluso nel carcere di Ferrara per scontare una condanna a trent’anni sulle spalle, era stato portato ad Acquapartita per un sopralluogo come testimone in un’indagine di polizia. L’uomo avrebbe convinto la polizia giudiziaria di avere informazioni per il recupero della refurtiva di una rapina: per questo si trovava nel vecchio sanatorio, in zona Bagno di Romagna, dove avrebbe dovuto indicare il luogo esatto in cui era stato occultato il bottino.
Lorenzini, non essendo amanettato, avrebbe colpito con un pungo un agente della polizia penitenziaria che lo accompagnava, per guadagnare alcuni secondi preziosi e buttarsi dalla finestra. L’uomo è morto sul colpo, dopo un volo dal quinto piano. Inutile il tentativo di soccorso da parte degli operatori del 118.Sul caso indaga la Procura.
IL DELITTO GARATTONI – Il 9 marzo 2011, la ventenne Stefania Garattoni stava uscendo da un ente di formazione, dove aveva appena terminato una lezioni, quando fu aggredita a coltellate da Lorenzini, l’ex che aveva lasciato poche settimane prima e che non si era rassegnato alla fine della loro relazione. Il delitto avvenne in pieno centro a Cesena, a due passi dal municipio.
Il delitto di Stefania Garattoni, femminicidio in centro a Cesena (GQ – 5 aprile 2018)
Quando tutto è finito e si trova a parlare con la polizia è ormai sera. Luca Lorenzini, 28 anni, piange. Per due ore e mezza, diranno, alterna momenti di vuoto, lacrime e lucidità. Sostiene che è stato un raptus e che ora si rende conto di aver fatto molto male alla sua ex fidanzata. Lei, Stefania Garattoni, otto anni in meno, lo aveva lasciato un mese prima e lui non riusciva ad accettarlo. È andato davanti alla scuola che frequentava, in pieno centro a Cesena, e ha provato a parlarle ancora: «Hai visto l’sms che ti ho mandato?» Ma Stefania, dice, gli aveva risposto di non averlo nemmeno letto. È così che la furia gli è salita alla testa ed è successo tutto.
È il 9 marzo 2011. Cesena si sporca di sangue e vive una giornata da Far West. A due passi dal municipio, nell’isitituto dove Stefania studia per diventare dirigente di comunità, Luca ha portato con sé un coltello. Non ci sta a perderla. Lei lo ha lasciato il 15 febbraio. E da allora la gelosia lo assale. O sarà sua o sarà finita. È furente. E alla risposta negativa, mena cinque fendenti sul corpo della sua ex, soprattutto al petto. Poi si dà ad una rocambolesca fuga. Un’amica di Stefania chiama subito il 113 e spiega chi sia l’aggressore. Comincia una caccia all’uomo che durerà poco meno di tre ore. Il ragazzo ha infatti alle calcagna la polizia di Cesena, la squadra mobile di Forlì, carabinieri e polizia municipale. Prima scappa su uno scooter. Poi ha un’idea: inforca la mountain bike, per dirigersi sulle sponde del fiume Savio, nella zona di Molino Centro, una località che conosce bene, perché ci va in bicicletta, e dove conta di seminare le forze dell’ordine tra arbusti e sterpaglie.
Stefania, intanto, è già morta, appena giunta all’ospedale Bufalini, per effetto delle ferite letali provocate dall’ex fidanzato. Luca pedala. Obbliga un giovane che sta facendo foto naturalistiche al paesaggio a restare con lui, mostrandogli il coltello. E gli racconta pure ciò che ha fatto. Ha con sé una pistola giocattolo, a cui però ha tolto il tappo rosso: vai a distinguerla da un’arma vera. C’è il serio rischio che qualcuno gli spari.
Dissennato com’è, ha per fortuna un padre accorto: quando le forze dell’ordine gli chiedono una mano per rintracciarlo, all’uomo torna in mente il luogo frequentato dal figlio in bicicletta vicino all’ex centrale elettrica. Li accompagna lui ed è sempre lui a dire che certamente Luca ha in mano una pistola finta. La polizia, in effetti, lo trova lì. E gli agenti hanno davvero sangue freddo. Di fronte ad una persona armata che spiana una pistola, potrebbero far fuoco. Ma aspettano che il padre gli urli di non fare sciocchezze. E non appena Luca si distrae lo bloccano. La pistola cade e parte un colpo: si tratta di una scacciacani. Il caso è chiuso.Resta agli inquirenti da capire se il delitto sia davvero il frutto di un raptus. E l’ipotesi è che non lo sia affatto. Anzi. Gli contestano l’aggravante dei motivi abbietti.
Si scopre che Stefania aveva annotato sui suoi diari la tormentata storia che l’aveva vista legata a Luca e che lui la perseguitava, senza darle pace. È morta in un modo orrendo, senza che ci fosse modo di fermare quella persecuzione. Lorenzini opta per il rito abbreviato che consente lo sconto di un terzo della pena. Ma davanti al gup viene condannato comunque a 30 anni di reclusione. È il 2012. E l’appello, a Bologna, conferma la sentenza, compreso un risarcimento di 500mila euro ai famigliari di Stefania. Sembra finita. Invece no.
Il suo legale contesta le tre aggravanti davanti alla Suprema Corte: la crudeltà, la premeditazione e i motivi abbietti, fattori che hanno reso così lunga la condanna nonostante il rito abbreviato. E la Cassazione accoglie il ricorso, annullando con rinvio la condanna, chiedendo di rivedere l’aggravante dei motivi abbietti per una motivazione carente. Non si tratta di dettagli: Lorenzini era stato anche imputato di violenza sessuale, ma era stato assolto da quell’accusa. Se l’aggravante dei motivi abbietti venisse meno, potrebbe scontare molti meno anni di prigione. Si arriva così a ottobre 2014. Ma qui, i giudici confermano nuovamente i 30 anni di reclusione, ritenendo evidentemente di dover semplicemente motivare meglio l’aggravante della crudeltà. (Edoardo Montolli)