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Gjin Preducaj, 43 anni, carpentiere, padre. Accoltella alla gola la moglie incinta, mentre dorme insieme ai bambini, e muore dissanguata davanti a loro. Lui viene condannato a 20 anni, ma dopo poco muore in carcere per un tumore alla gola

Cedrate di Gallarate (Varese), 9 Dicembre 2015


Titoli & Articoli

Una rabbia senza spiegazione, così Gjin ha ucciso la moglie (Varese News – 9 dicembre 2015)
L’uomo non avrebbe fornito una spiegazione all’omicidio della moglie. Lo avrebbe spinto una rabbia incontenibile mentre era sul divano a guardare la tv
Non ha saputo dare una spiegazione del perchè abbia ucciso la moglie. Gjin Preducaj, il 43enne reo confesso dell’omicidio della moglie Marianna, ha raccontato al sostituto procuratore bustocco Nadia Alessandra Calcaterra la drammatica notte vissuta all’interno dell’appartamento in cui viveva insieme alla vittima e ai loro due figli di 3 e 11 anni. Un racconto breve di come una serata normale, in una famiglia normale, si sia trasformata in un dramma che ha travolto e distrutto un nucleo familiare di 4 persone.
L’uomo avrebbe raccontato agli inquirenti che, mentre guardava la televisione all’una di notte, è stato colto da una rabbia improvvisa e incontrollabile che lo ha spinto a prendere un coltello, di quelli che si usano per tagliare il pane, dalla coltelliera in cucina e dirigersi direttamente nella camera da letto dove la povera Marianna stava dormendo. L’uomo avrebbe colpito la moglie con una sola coltellata alla carotide, un colpo letale che non lascia spazio a dubbi sulla volontà di ucciderla. Poco dopo avrebbe cercato di suicidarsi dandosi una coltellata al torace con la stessa arma ma provocandosi, in realtà, solo una ferita poco profonda tanto che già in mattinata è stato dimesso dall’ospedale e portato in carcere a Busto Arsizio. 

 

«Vorrei rivedere i miei figli» (la Prealpina – 15 febbraio 2017)
L’amaro sfogo del carpentiere albanese che uccise la moglie incinta nella casa di via Ristori, a Gallarate
«Vorrei rivedere i miei figli, mi mancano tanto. Ma loro non vogliono». Gijn Preducaj ha solo questo desiderio, riabbracciare i bambini che non vede più dalla notte in cui uccise la loro mamma, la moglie Marjana che in grembo da pochi giorni portava una nuova vita.
Il carpentiere albanese ancora non sa spiegarsi né spiegare l’origine di quel gesto, scrolla la testa, guarda nel vuoto. E riesce solo a dire «Io la amavo e lei amava me». Eppure tra l’8 e il 9 dicembre del 2015 prese un coltello e sgozzò la donna dopo una tranquilla serata trascorsa a giocare a carte insieme. Un unico fendente che la uccise sul colpo, mentre dormiva abbracciata al figlio di appena tre anni. La bimba undicenne si svegliò bruscamente e corse verso la camera da letto. Vide il fratellino imbrattato di sangue, la mamma sussurrò «Aiuto perdo sangue», e furono le sue ultime parole. Il papà uscendo dal bagno rispose al suo sguardo interrogativo e angosciato fingendo di non sapere cosa fosse successo.
Come biasimarla se a distanza di quattordici mesi la piccina non se la senta ancora di incontrare il padre? «Ma è passato più di un anno, mi mancano», si è sommessamente sfogato Gijn. Anche il suo avvocato, Alberto Talamone, gli ha però suggerito la rassegnazione: «È ancora presto».

 

Vent’anni all’uxoricida (la Prealpina – 14 settembre 2017)
Delitto di via Ristori, risarcimenti a familiari e Comune
Uccise la moglie con una coltellata secca alla gola: il pomeriggio di ieri, mercoledì 13 settembre, Gjin Preducaj è stato condannato a venti anni di reclusione e a cospicui risarcimenti. Un totale di 685mila euro ai parenti di Marjana Grishaj, variamente suddivisi, e 586mila euro al Comune di Gallarate in qualità di affidatario dei figli minori della coppia, più il rimborso delle spese processuali delle parti civili, che erano rappresentate dagli avvocati Barbara Chiaravalli e Tiberio Massironi. Interdizione inoltre della potestà genitoriali per tutta la durata della pena. Il gup Giuseppe Limongelli ha escluso l’aggravante dei futili motivi ma è partito dai trent’anni richiesti dal pubblico ministero Nadia Calcaterra, diminuendoli per effetto della scelta del rito abbreviato. Rigettata la tesi proposta dal difensore Alberto Talamone sull’incapacità di intendere e di volere dell’imputato.

 

Delitto in via Ristori, è morto l’assassino (la Prealpina – 5 settembre 2021)
L’uomo stava scontando 20 anni per l’omicidio della moglie
Da oltre un anno era stato trasferito dal carcere di Busto Arsizio a quello di Opera, struttura attrezzata per i detenuti malati. Nei giorni scorsi Gjin Preducaj, carpentiere quarantottenne, è stato vinto dalla morte, quello spettro angosciante che lui stesso aveva evocato la notte in cui ammazzò la moglie, Marjana Grishaj. La uccise tra l’8 e il 9 dicembre del 2015 con un’unica coltellata alla gola. Ed era alla gola che la patologia di cui soffriva lo aveva aggredito. La notizia è trapelata ieri, la famiglia dell’albanese ha voluto mantenerla il più possibile riservata anche perché ci sono due minorenni da tutelare, i figli della coppia.
Preducaj, che era difeso dall’avvocato Alberto Talamone, venne condannato a vent’anni in via definitiva nel 2018. La corte d’assise d’appello di Milano confermò la sentenza del gup Giuseppe Limongelli e l’operaio rinunciò al ricorso in cassazione perché non era la libertà ciò a cui anelava. Il quarantottenne avrebbe solo voluto una macchina del tempo per ritornare all’istante in cui si avventò su Marjana e buttare a terra il coltello da cucina. Un palese e conclamato movente per l’omicidio non emerse mai. Non c’erano apparenti tensioni tra loro, anzi, pochi giorni prima la donna confidò felice il sospetto di aspettare un bimbo, il terzo. Eppure il carpentiere era martellato dalla gelosia. Una gelosia del tutto immotivata. Quella serata nell’appartamento di via Ristori scivolò via in assoluta serenità. La cena, una partita a carte con i loro due figli che giocavano davanti alla televisione. Marjana aveva sonno: «Sono stanca, vado a letto», disse andando a coricarsi con il bimbo di appena tre anni, che si infilò sotto le coperte con la mamma. Passarono un paio d’ore, Gijn era rimasto in sala a guardare la televisione e bicchiere dopo bicchiere, facendo zapping tra i canali, si scolò una bottiglia di grappa. Gli venne un tarlo: possibile che la moglie avesse un amante e che fosse incinta di un altro uomo? Prese un coltello e si diresse verso la camera matrimoniale. Si reclinò su Marjana e la sgozzò con un taglio netto alla giugulare. Fu la bimba di appena undici anni a disarmare il papà. Risvegliata dal grido soffocato di Marjana corse nella stanza e vide un fiume di sangue scorrere dalla gola della madre. Si precipitò in bagno, prese della carta e cercò di tamponare l’emorragia. Marjana spirò sotto i suoi occhi. Il fratellino scese dal letto frastornato, con il pigiamino insudiciato da chiazze rosse. La piccola cercò di cambiarlo e pulirlo. Poi tolse il coltello «comprato all’Esselunga» dalle mani del padre e lo ripose sotto il cuscino del divano, mentre Gjin cercava di rassicurarla dicendole «vai in camera, la mamma sta bene, è tutto a posto».
Al termine della requisitoria, in primo grado, il pubblico ministero Nadia Calcaterra chiese trent’anni. Il gup ne dette venti ma con risarcimenti per un totale di 685 mila euro ai parenti di Marjana, variamente suddivisi, e di 586 mila euro al Comune di Gallarate in qualità di affidatario dei figli minori, più il rimborso delle spese delle parti civili, rappresentate dagli avvocati Barbara Chiaravalli e Tiberio Massironi. Il giudice stabilì inoltre l’interdizione di Preducaj della potestà genitoriale per tutta la durata della pena. Ma non ha potuto espiarla fino in fondo.

 


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