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Antonio Colamonico, 43 anni, sposato, padre. Uccide l’amante con venti colpi di forbice, la strangola e appicca un incendio che devasta il locale. Condannato in primo grado a 25 anni di reclusione per omicidio volontario e incendio doloso, viene assolto in Appello dopo quasi 5 anni di detenzione. Ma, dopo altri 3 anni di libertà, la corte di Appello bis lo giudica nuovamente colpevole e lo condanna in via definitiva a 26 anni e 6 mesi

Mola di Bari (Bari), 12 Dicembre 2013


Titoli & Articoli

Omicidio Bruna Bovino, la Regione chiede di essere parte civile (Bari Today – 18 novembre 2014)
La richiesta presentata in base ad una legge approvata a luglio scorso, che consente all’ente di costituirsi parte civile nei processi per femminicidio. Per l’uccisione dell’estetista 29enne di Mola è imputato il 35enne Antonio Colamonico, ex amante della vittima
La Regione Puglia ha chiesto di costituirsi parte civile nel processo per l’omicidio di Bruna Bovino, l’estetista 29enne di Mola uccisa nel suo centro massaggi a dicembre 2013. Questa mattina si è tenuta prima udienza dinanzi alla Corte di Assise di Bari. Per il delitto è imputato il 35enne Antonio Colamonico, ex amante della vittima.
Per la prima volta, la Regione ha potuto avanzare la richiesta – insieme ai familiari della 29enne e a due associazioni antiviolenza – grazie alla legge sulla violenza di genere approvata a luglio scorso che riconosce all’ente la facoltà di costituirsi parte civile nei processi per femminicidio e atti di violenza nei confronti delle donne e dei minori. Alla richiesta si sono opposti i difensori dell’imputato, che hanno chiesto anche l’esclusione dalle parti civili le associazioni Giraffa Onlus e Safiya Onlus. La Corte deciderà nella prossima udienza, fissata per il 13 gennaio.


Ribaltata sentenza primo grado Bari, estetista uccisa: assolto l’ex compagno. Era in cella dal 2014 (Rai News – 7 novembre 2018)
Assolto “per non aver commesso il fatto”
Antonio Colamonico. L’uomo era stato condannato a 25 anni per omicidio volontario e incendio doloso
Ribaltando la sentenza di primo grado, la Corte di assise di appello di Bari ha assolto “per non aver commesso il fatto” Antonio Colamonico, accusato dell’omicidio della 29enne italo-brasiliana Bruna Bovino, uccisa il 12 dicembre 2013 nel centro estetico che gestiva a Mola di Bari. Colamonico sarà scarcerato oggi stesso, dopo oltre quattro anni e mezzo di detenzione in carcere. Fu arrestato nell’aprile 2014. In primo grado era stato condannato a 25 anni per omicidio volontario e incendio doloso. L’incendio doloso era stato appiccato dall’assassino – secondo l’accusa – per cancellare le prove del delitto appena compiuto. Il corpo della vittima, infatti, fu trovato semicarbonizzato sul pavimento del centro estetico, fra brandelli di indumenti e sangue, dopo essere stata uccisa con 20 colpi di forbici e strangolata. Alla lettura della sentenza hanno assistito i familiari della vittima, che hanno subito lasciato l’aula in silenzio, e i parenti di Colamonico, moglie, genitori, fratelli e amici, che hanno urlato e applaudito dopo aver appreso dell’assoluzione.
“Adesso è stata fatta davvero giustizia”, hanno detto abbracciandosi uscendo dal Tribunale. “Lo sapevamo dall’inizio che era innocente, – ha detto il padre Matteo – sono cinque anni che lottiamo e la prima cosa che farò quando andrò a prenderlo dal carcere, sarà portarlo da suo figlio, che oggi ha 7 anni”. In lacrime la moglie, Rossella, e il gemello Giovanni, che ha detto di volerlo “portare in Chiesa, nel luogo dove in questi anni ho tanto pregato“. Gli avvocati dell’imputato, Nicola Quaranta e Massimo Roberto Chiusolo, hanno spiegato di aver “trovato, grazie ad indagini difensive e un lungo lavoro con consulenti di parte, la prova dell’innocenza di Colamonico. Secondo la Procura – hanno spiegato – la ragazza era stata uccisa intorno alle 17, ma abbiamo trovato testimoni che l’hanno vista e salutata alle 18.20, quando Colamonico era in un altro luogo, come dimostrano le celle telefoniche”.

Estetista uccisa: imputato, l’amavo (La Sicilia – 19 dicembre 2016)
“L’amavo e non avevo motivo di ucciderla”. È in sintesi quello che ha dichiarato oggi in aula il 26enne Antonio Colamonico, unico imputato per l’omicidio della 29enne italo-brasiliana Bruna Bovino, uccisa il 12 dicembre 2013 nel centro estetico che gestiva a Mola di Bari. L’uomo, che è sposato e aveva una relazione con la donna, ha risposto oggi in aula alle domande dei pm, dinanzi ai giudici della Corte di Assise di Bari. Ha confermato che il giorno in cui Bruna è stata uccisa si erano visti. Lui era andato a trovarla nel centro estetico ed era rimasto con lei fino al primo pomeriggio. Ha poi detto di aver appreso quella stessa sera di quanto accaduto da un’amica in comune e di essersi recato sul posto. Ha negato di aver litigato con la donna, affermando invece che la stava aiutando a chiudere l’attività perché lei voleva trasferirsi in Lussemburgo e gli aveva anche chiesto di seguirla. Colamonico è detenuto per l’omicidio dal 9 aprile 2014 e si è sempre dichiarato innocente.

Omidicio Bovino, la decisione della Cassazione (Città Nostra – 4 aprile 2020)
OMICIDIO BOVINO, LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE
Sono state depositate le motivazioni (il testo della sentenza) per le quali la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Assise di Bari, che aveva assolto Antonio Colomonico dall’accusa dell’omicidio dell’ex amante Bruna Bovino, 29enne italo-brasiliana uccisa il 12 dicembre 2013 nel centro estetico che gestiva a Mola di Bari, in via Vitulli. Il corpo della Bovino fu trovato semicarbonizzato sul pavimento del centro estetico, fra brandelli di indumenti e sangue, dopo essere stata uccisa con 20 colpi di forbici e strangolata. La Corte di Assise di Bari, in primo grado, condanno Colamonico a 25 anni di reclusione per l’omicidio dell’estetista; mentre la Corte di Assise di Appello, a novembre 2018, ribaltò la sentenza di primo grado ed assolse l’imputato.
Ora la Cassazione ha annullato l’assoluzione, disponendo che sia un nuovo processo dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Bari a valutare la colpevolezza del Colamonico.
Secondo la Cassazione, nella sentenza di appello sarebbero stati tralasciati «indizi fondamentali». L’orario della morte, la presenza di tracce di dna sul corpo della vittima riconducibili unicamente all’ex amante, Antonio Colamonico, le lesioni da ustioni sulle mani dell’uomo: sono gli elementi sui quali si concentra il ragionamento della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui il 10 gennaio ha annullato con rinvio l’assoluzione di Colamonico.
Per i giudici della Cassazione indizi come «l’ora presuntiva di morte e il tempo di propagazione dell’incendio» sarebbero stati «forzatamente interpretati all’unico scopo di validare l’insostenibile premessa che Bovino fosse ancora viva alle 18.20 del 12 dicembre 2013». Proprio «su questo presupposto – ricostruiscono i giudici – si regge fondamentalmente la pronuncia assolutoria, essendo l’imputato dotato, in relazione a tale orario, di un solido alibi». Per la Cassazione, però, si tratta «di presupposto totalmente privo di credibilità razionale, nel quadro degli accadimenti susseguitisi in quel tragico pomeriggio».
La donna, cioè, sarebbe stata uccisa ben prima di quell’ora, perché «almeno a partire dalle 18.12 il centro estetico di Bovino era stato individuato come il luogo da cui proveniva l’odore di bruciato» e non sarebbe possibile ritenere «che in pochi minuti possa esservi stato il tempo, per chiunque, di introdursi nel centro, aggredire e uccidere Bovino secondo le articolate modalità poi riscontrate, e infine dileguarsi, risistemato nell’aspetto, dopo aver cosparso il locale di liquido infiammabile e aver avviato il fuoco». Ora la parola ritorna alla Corte di Assise di Appello di Bari, composta da altri giudici rispetto a quelli che hanno emesso la sentenza assolutoria annullata, a dovere decidere se Antonio Colamonico ha ucciso Bruna Bovino, tenendo conto delle indicazioni date dalla Cassazione. (Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno)


Omicidio di Bruna Bovino del 2013, sentenza ribaltata: 26 anni per l’ex (le Iene – 22 settembre 2021)

Per i giudici è stato Antonio Colamonico a uccidere la fidanzata Bruna Bovino. Il corpo della ragazza di 29 anni, uccisa con venti colpi di forbici e strangolata, venne ritrovato bruciato nel suo centro estetico a Mola di Bari il 12 dicembre 2013. L’uomo era stato assolto nel primo processo di Appello, dopo la condanna in primo grado. La Cassazione ha annullato poi l’assoluzione: ora, dopo 8 anni, arriva la sentenza dell’Appello bis per questo brutale femminicidio che vi abbiamo raccontato con Nina Palmieri
Dopo 8 anni e un’assoluzione, arriva la nuova sentenza. Per i giudici dell’Appello bis, che lo condannano a 26 anni e 6 mesi, è stato Antonio Colamonico a uccidere la fidanzata di 29 anni Bruna Bovino nel suo centro estetico a Mola di Bari il 12 dicembre 2013. Il corpo di Bruna, uccisa con venti colpi di forbici e strangolata, venne ritrovato bruciato. Le fiamme sarebbero state appiccate per cancellare le prove.
Noi de Le Iene vi abbiamo raccontato questo brutale femminicidio con Nina Palmieri nel 2019 quando Colamonico, oggi 41 anni, era stato assolto in Appello con una sentenza che aveva ribaltato quella di primo grado che nel 2015 l’aveva condannato a 25 anni. La Cassazione ha poi annullato a sua volta questa assoluzione. È partito quindi un nuovo processo che ha appena portato alla sentenza della Corte di Assise di Appello di Bari.
“Mia figlia non c’è più, non tornerà più e nessuna sentenza potrà restituirmela, ma oggi dopo 8 anni finalmente è stata fatta giustizia”, dice in lacrime dopo la sentenza la madre Lilian Baldo. “Lui era l’unico, non c’erano altri indiziati, non poteva essere stato un altro e adesso lo hanno confermato i giudici. Mi batterò fino a quando sarò viva perché mia figlia abbia giustizia, per lei e per i suoi figli”.
“Era un giorno freddissimo”, ricorda Lilian nella nostra inchiesta che vedete qui sopra e che ricostruisce l’omicidio. “Ci hanno chiamato dicendo che prendeva fuoco il centro estetico”. Inizia a chiamare Bruna ma il telefono è spento, si precipita sul posto: “Quando siamo arrivati dicevano che c’era un corpo bruciato”.
Poco prima sembra fosse arrivato Colamonico. “Gli raccontano che il corpo che era stato trovato senza vita era quello di Bruna”, ci dice Antonio Procacci, giornalista che si è occupato del caso. “Lui si dispera, inizia a sbattere pugni per terra, contro il muro. In quel momento viene notato dagli inquirenti che lo ascoltano per diverse ore”. “Sono sposato da tre anni”, dice Colamonico agli inquirenti, a cui riferisce anche di avere una relazione extraconiugale con Bruna, italo-brasiliana, donna forte e indipendente che aveva aperto il suo centro estetico a Mola di Bari.
Chi indaga analizza la scena, l’ipotesi che la morte sia stata provocata dall’incendio viene presto superata. Il movente viene inizialmente individuato in un altro centro estetico dove aveva lavorato Bruna. “Era stato chiuso per un sospetto di un giro di prostituzione”, ci spiega Procacci. Insomma, Bruna poteva essere vittima di una ritorsione.
La pista però non porta a nulla e prende piede l’ipotesi di un delitto passionale. Gli esiti dell’autopsia sul corpo di Bruna sembrano andare in questa direzione. “Sotto le unghie della vittima c’era il dna di Colamonico”, prosegue il giornalista. Nella stessa direzione vanno i risultati della perizia sulle mani dell’uomo, che erano piene di graffi: “Nel bagno del centro viene trovata una traccia biologica mista di Colamonico e di Bruna”. Atre impronte vengono trovate sempre sulle mani di Colamonico. “Sono delle bruciature”, sostiene il giornalista Procacci. Secondo gli inquirenti si tratterebbe di un omicidio passionale non premeditato. Tutto sarebbe avvenuto intorno alle ore 17 e secondo le prime ricostruzioni sembra che in quell’orario nel centro ci fosse Colamonico, che invece dichiara di essere uscito alle 16.45.
“Vidi una discussione un po’ animata”, ci racconta un testimone: la discussione animata tra due sagome sarebbe avvenuta proprio attorno alle 16.45. Un vicino racconta inoltre di aver sentito odore di bruciato e di essere andato al centro di Bruna. Così chiama i vigili del fuoco: sono le 18.25. Quando alle 18.46 arrivano i vigili, l’incendio è già alla fase finale. Colamonico viene arrestato e inizia il processo. Resta in carcere per 4 anni fino alla sentenza di primo grado che lo condanna a 25 anni di carcere. La Corte d’Appello ribalta la sentenza e lo assolve per non aver commesso il fatto: Colamonico è di nuovo un uomo libero. Questo capovolgimento sembra basarsi su una testimonianza giudicata inattendibile in primo grado per un errore tecnico. È quella di Luca Caragiulo, un tatuatore che ha lo studio nella strada di fronte a quello di Bruna. “L’ho incontrata ieri sera alle 18.20 e ci siamo salutati”, racconta in un’intervista Caragiulo. Ma se Bruna era viva alle 18.20, è possibile che non si sia accorta che il centro bruciava, cosa di cui i vicini dicono di essersi accorti attorno alle 18?Nina Palmieri ha cercato di parlare proprio con il tatuatore. “La prossima volta: omertà, mi faccio i cazzi miei”, dice. Questa testimonianza ribalta anche altri elementi. Secondo una consulenza di parte presa in considerazione in secondo grado, infatti, le ferite sulle mani di Colamonico vengono considerate banali ulcere e eritemi.
Abbiamo sottoposto le foto delle ferite a ben sette medici legali, che ci hanno risposto all’unanimità che si tratta di ulcere da azione da calore, cioè di ustioni. I segni sull’avambraccio invece in secondo grado vengono valutati come escoriazioni. Le abbiamo fatte vedere sempre a sette medici legali, che le hanno considerate escoriazioni provocate da unghiate. “Io sono innocente, lo sono sempre stato. Di conseguenza non ho paura di nulla”, aveva detto Colamonico a Nina Palmieri dopo l’assoluzione in secondo grado. Dopo l’annullamento di quell’assoluzione da parte della Cassazione, 8 anni dopo l’omicidio, si è arrivati oggi alla sua condanna.

“Bruna ha lottato prima di essere uccisa dal suo ex”: i giudici ricostruiscono gli ultimi istanti di vita dell’estetista vittima nel Barese di femminicidio (la Repubblica – 5 aprile 2022)
E’ un passaggio delle motivazioni in base alle quali la Corte di Assise di Appello di Bari ha condannato alla pena di 26 anni e 6 mesi di reclusione il 42enne Antonio Colamonico
Bruna Bovino “aveva subito un’aggressione nel corso della quale aveva lottato prima di subire quei brutali colpi al volto” e “quando fu atterrata e sovrastata dall’assassino, non potè più muovere le braccia e difendersi dai colpi che le venivano inferti, riusciva però a muovere il capo e le mani, assai verosimilmente in maniera convulsa, nell’istintivo e disperato, ma altresì vano, tentativo di sottrarsi ai colpi che il suo assassino continuava a infliggere”. E’ un passaggio delle motivazioni in base alle quali la Corte di Assise di Appello di Bari ha condannato alla pena di 26 anni e 6 mesi di reclusione il 42enne Antonio Colamonico, imputato per l’omicidio della ex Bruna Bovino, estetista 29enne italo-brasiliana uccisa a Mola di Bari il 12 dicembre 2013.
In primo grado, nel luglio 2015, Colamonico era stato condannato a 25 anni di reclusione. In appello, nel novembre 2018, era stato assolto e il 20 settembre scorso, dopo l’annullamento con rinvio da parte della Cassazione, un nuovo collegio della Corte di Assise di Appello ha ribaltato nuovamente la sentenza dichiarandolo colpevole di omicidio volontario e incendio doloso. I giudici, nel negare le attenuanti generiche, evidenziano che “l’imputato non ha mai manifestato segni di resipiscenza e ha reiteratamente fatto dichiarazioni mendaci”.
Nelle motivazioni si analizza l’esito degli accertamenti tecnici, come quelli sulle lesioni sulle mani di Colamonico, “neppure lontanamente compatibili con l’azione di autolesionismo – scrivono – simulata la sera stessa dell’omicidio” e “invece compatibili con l’aggressione”: le “graffiature e unghiature connesse al tentativo della Bovino di difendersi nel corso dell’aggressione” e le “ustioni durante l’appiccamento del fuoco” per occultare le prove del delitto.
I capelli rossi trovati tra le dita della vittima, poi, secondo i giudici “è una congettura che appartenessero” ad una terza persona, ad un “aggressore verosimilmente di sesso femminile”, mentre è più probabile che le mani della vittima durante l’aggressione “restarono impigliate nei capelli che si intinsero di sostanza ematica” e quando, “già sanguinante, si ritrovò le mani dell’assassino intorno al collo, verosimilmente tentò di afferrare le mani del suo aggressore nel tentativo di difendersi”.

 

Bruna Bovino colpita al volto con brutalità, le motivazioni della condanna dell’ex Antonio Colamonico (FanPage – 6 aprile 2022)
Le motivazioni della sentenza di condanna per Antonio Colamonico, imputato per l’omicidio della 29enne Bruna Bovino, uccisa a Mola di Bari il 12 dicembre 2013.
Bruna Bovino si è difesa con tutte le sue forze ma è stata atterrata e sovrastata dall’assassino che l’ha immobilizzata prima di colpirla brutalmente al volto, lo spiegano le motivazioni della sentenza di condanna inflitta all’ex fidanzato Antonio Colamonico, imputato per l’omicidio dell’estetista 29enne italo-brasiliana uccisa a Mola di Bari il 12 dicembre 2013. Per i giudici della Corte di Assise di Appello di Bar, Bruna Bovino ha “subito un’aggressione nel corso della quale ha lottato prima di subire quei brutali colpi al volto” e “quando fu atterrata e sovrastata dall’assassino, non poté più muovere le braccia e difendersi dai colpi che le venivano inferti, riusciva però a muovere il capo e le mani, assai verosimilmente in maniera convulsa, nell’istintivo e disperato, ma altresì vano, tentativo di sottrarsi ai colpi che il suo assassino continuava a infliggere”
I capelli rossi trovati tra le dita della vittima, secondo la corte non appartengono ad una terza persona, ad un “aggressore verosimilmente di sesso femminile”, come ha sempre sostenuto l’uomo, ma è molto più probabile che le mani della vittima durante l’aggressione “restarono impigliate nei capelli che si intinsero di sostanza ematica” e quando, “già sanguinante, si ritrovò le mani dell’assassino intorno al collo, verosimilmente tentò di afferrare le mani del suo aggressore nel tentativo di difendersi”.
Per gli stessi giudici baresi, l’imputato mente quando dice di aver tentato un atto lesionista la sera stessa della morte della sua ex fidanzata. Per la corte all’imputato vanno negate le attenuanti generiche perché “non ha mai manifestato segni di resipiscenza e ha reiteratamente fatto dichiarazioni mendaci”. Le lesioni sulle mani di Colamonico, “neppure lontanamente sono compatibili con l’azione di autolesionismo – simulata la sera stessa dell’omicidio” e “invece compatibili con l’aggressione”: le “graffiature e unghiature connesse al tentativo della Bovino di difendersi nel corso dell’aggressione” e le “ustioni durante l’appiccamento del fuoco” per occultare le prove del delitto, sostengono i giudici. Il corpo di Bruna Bovino infatti fu trovato semicarbonizzato sul pavimento del centro estetico dopo essere stata uccisa con 20 colpi di forbici e strangolata. Il 41enne è stato condannato nel processo di appello bis a Ventisei anni e sei mesi di reclusione dopo l’annullamento con rinvio da parte della Cassazione del primo processo di secondo grado in cui era stato assolto.

Estetista uccisa nel Barese, definitiva condanna a ex amante (Ansa – 24 settembre 2022)
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso contro la condanna alla pena di 26 anni e 6 mesi di reclusione per Antonio Colamonico, imputato per l’omicidio della ex amante Bruna Bovino, estetista 29enne italo-brasiliana uccisa a Mola di Bari il 12 dicembre 2013. La condanna e quindi la responsabilità di Colamonico nella commissione del delitto diventano quindi definitive.
La vicenda giudiziaria si chiude così dopo 8 anni. In primo grado, nel luglio 2015, Colamonico era stato condannato a 25 anni di reclusione. In appello, nel novembre 2018, era stato assolto (e scarcerato dopo circa 4 anni di detenzione) e nel processo di appello bis era stato giudicato colpevole di omicidio volontario e incendio doloso e condannato. Nelle prossime ore dovrà tornare in carcere per espiare la pena confermata nella tarda serata di ieri dai giudici della Suprema Corte.


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