Giuseppe Merlini, 65 anni, magazziniere e custode, pregiudicato. Uccide la compagna con un coltello e poi colpendola ripetutamente alla testa con un trofeo. Condannato a 30 anni con rito abbreviato, pena dimezzata in appello
Sondrio, 25 Agosto 2012
Non sopportava l’abbandono (anche se non si sa se effettivamente lei volesse abbandonarlo) e, in un raptus di gelosia, le sfascia il viso con una delle coppe vinte.
Titoli & Articoli
Non ammetteva l’abbandono L’assassino era un possessivo (Il Giorno – 26 agosto 2012)
Giuseppe Merlini è in carcere dall’alba di venerdì, in attesa di raccontare al gip i motivi che l’hanno spinto a uccidere quella notte Loredana Vanoi, la sua compagna da cinque anni. Lei maestra elementare di Sondrio, lui magazziniere e custode di una azienda di Monza ma con casa a Mandello del Lario, in provincia di Como. Venerdì sera, tra le mura della casa dove viveva Loredana, sessantenne vedova, Merlini, divorziato e di cinque anni maggiore, ha afferrato una coppa da trofeo e ha sfogato la rabbia colpendola a morte. Ha ammesso subito di averlo fatto andando di persona in Questura. La gelosia, secondo la Squadra mobile di Sondrio, spiegherebbe il gesto d’impeto.
Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di psichiatria del Fatebenefratelli di Milano, inserisce anche questo delitto tra i casi di femminicidio.
«E’ la conferma che vale per tutte le età e non si concentra in una sola fascia. La statistica,per quanto macabra, dice che ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo».
Questa coppia però viveva in case separate e si incontrava solo nei fine settimana o per le vacanze
«Non essendoci convivenza turbolenta nè stalking, nè esasperazioni apparenti e considerando il delitto d’impeto, dobbiamo parlare di possessività. L’amore e l’affetto c’entrano ben poco».
Sembra che lei volesse lasciarlo…
«A me sembra una relazione di reciproca compagnia, una vita insieme dove però ciascuno mantiene la propria. Possiamo definirla un’affettuosa amicizia, piuttosto frequente quando ci sono vedovanze, figli o specifici legami».
E allora perché arrivare ad uccidere?
«Infatti questo delitto lascia perplessi. Ci si aspetterebbe un abbandono senza sofferenza così travolgente. Resta solo l’ipotesi della possessività».
Le differenze culturali contano?
Lui forse si sentiva in condizioni di inferiorità e di esclusione. Nei delitti di possesso c’è sempre una duplice ferita apparente, l’umiliazione e l’abbandono».
E la gelosia cosa c’entra?
«Forse lei non era fiera del suo fidanzato e non l’ha voluto coinvolgere nelle sue relazioni familiari».
Secondo lei era un rapporto senza evoluzione?
«C’è tutto il tempo per ricostruirsi una vita anche nella terza età. Questo rapporto poteva essere maturo, ma evidentemente l’affetto che li univa era tenue e se non è sfociato in una condizione più passionale, è difficile dargli un colorito che non ha».
Ora bisognerà spiegarlo agli alunni della maestra
«Mi auguro ci sia una grande attenzione verso di loro, sono bambini delle elementari».
Uccise la compagna per gelosia Perizia psichiatrica per Merlini (Il Cittadino – 15 giugno 2013)
Sarà sottoposto a una perizia Giuseppe Merlini, il sessantaseienne originario di Besana Brianza che nell’agosto di un anno fa, in preda alla gelosia, uccise Loredana Vanoi, maestra elementare sessantenne di Sondrio, colpendola alla testa con un trofeo sportivo e poi con un coltello. L’uomo, magazziniere in un’impresa brianzola, si era costituito negli uffici della Squadra Mobile dopo il delitto nell’abitazione della donna. «L’ho uccisa perchè mi tradiva. Ho trovato degli sms sul suo cellulare», disse l’assassino che aveva da alcuni anni una relazione sentimentale con l’insegnante.
Matteo Sergi, l’avvocato di Merlini, che ora è detenuto nel carcere di San Vittore a Milano, ha chiesto e ottenuto dal gup Carlo Camnasio di disporre la perizia sul suo assistito e oggi il criminologo Claudio Marcassoli ha firmato l’assunzione dell’incarico, riservandosi 60 giorni di tempo prima di consegnare la sua relazione, volta a stabilire se Merlini fosse totalmente capace di intendere e volere al momento dell’omicidio. Il giudice ha fissato al 29 ottobre l’udienza per la discussione della perizia e l’avvio del processo con rito abbreviato.
Omicidio Vanoi: trent’anni di carcere all’ex compagno Giuseppe Merlini (Gazzetta delle Valli – 29 ottobre 2013)
Un anno fa uccise l’ex compagna Loredana Vanoi, ora è stato condannato a 30 anni di carcere Giuseppe Merlini, 66 anni, residente a Mandello Lario. Il massimo della pena prevista con rito abbreviato, un rito che prevede uno sconto di un terzo della pena. Di fatto ha evitato l’ergastolo. Giuseppe Merlini, è comparso davanti al giudice delle udienze preliminari del Tribunale di Sondrio Carlo Camnasio per l’omicidio di Loredana Vanoi, la donna alla quale era legato sentimentalmente e che nell’agosto di un anno fa aveva deciso di lasciarlo. Merlini dopo aver colpito a morte la donna nella sua abitazione con un coltello e un trofeo sportivo dal basamento in marmo era uscita dalla casa della donna in via Milano e si presentò in questura confessando l’omicidio. Il Gup Camnasio, oltre alla condanna a 30anni ha fissato una provvigionale. Il risarcimento alla famiglia sarà poi definito in sede civile.
Uccise la compagna, pena dimezzata in appello (Monza Today – 5 giugno 2014)
Giuseppe Merlini, originario di Besana Brianza, uccise in un raptus di gelosia la compagna, Loredana Vanoi, la notte tra il 24 e il 25 agosto 2012 a Mandello del Lario
Giuseppe Merlini dovrà scontare solo 15 anni e 4 mesi di carcere per l’omicidio della compagna, Loredana Vanoi. In appello la pena fissata a 30 anni dal gup Carlo Camnasio in primo grado con il rito abbreviato è stata dimezzata. L’uomo, 67 anni, originario di Besana Brianza uccise la donna a Sondrio la notte tra il 24 e il 25 agosto 2012: per motivi legati alla gelosia le ha tolto la vita con un coltello e con il basamento in marmo di una coppa sportiva. Lei era una maestra di Sondrio, 60 anni, lui magazziniere in un ditta brianzola residente a Mandello del Lario: si è costituito poco dopo aver commesso il delitto. A dimezzare in appello la pena presso la seconda Corte d’Assisedi Milano è stato il riconoscimento della non sussistenza delle aggravanti della crudeltà, dei futili motivi e dell‘abuso di ospitalità.