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Giulio Gauna, 90 anni, elettricista in pensione, partigiano, padre. Uccide la compagna di una vita con due colpi di pistola alla tempia

Torino, 9 Marzo 2018


Titoli & Articoli

La compagna aveva l’Alzheimer: la uccide e poi si toglie la vita (La Stampa- 10 marzo 2018)
Ex partigiano di 90 anni spara alla convivente in via Michele Coppino: “L’amava, non voleva farla soffrire”
«Vera sta peggiorando» diceva Giulio, confidandosi pochi giorni fa con un’amica nell’ambulatorio del medico di base. Lei, seduta accanto, lo stava ad ascoltare e poi chiedeva sorridente: «Che cosa facciamo qui? Qualcuno sta male?» Altre volte, rivolgendosi alla nuora, domandava con voce allegra: «Hai visto mia nuora? Dovrebbe passare a trovarmi». Vera, malgrado l’Alzheimer inarrestabile, non era mai irascibile. La malattia le aveva risparmiato il carattere, i sorrisi, la gentilezza, quel garbo torinese affinato facendo la commerciante di dolci in una piccola impresa familiare di Borgo Vittoria.
Ecco, tutto questo Giulio non poteva accertarlo. Il suo amore per Vera non poteva essere offeso da una malattia con un nome tanto orribile. Specchiandosi ogni giorno in quella donna, che dopo mezzo secolo di vita insieme vedeva svanire un poco alla volta in una nebbia di pensieri, ha preso la sua pistola e ha deciso di salvarla a modo suo. L’ha fatta accomodare sulla sua poltroncina preferita del tinello, tra quadri e soprammobili. Poi, si è seduto accanto a lei, sulla poltroncina gemella. Lentamente ha alzato il braccio e le ha sparato due volte alla tempia sinistra. Non le ha sparato al cuore. Ma in testa, come se volesse uccidere la malattia insinuatasi nella sua mente. E come ultimo gesto, si è appoggiato la pistola alla fronte ed ha premuto il grilletto ancora una volta, per non lasciare Vera da sola anche nel lungo cammino della morte.
Giulio Gauna aveva 90 anni, compiuti a gennaio. Vera Sartore, 88 anni. Stavano insieme da più di mezzo secolo. Non erano spostati. Entrambi avevano dei figli, avuti dai loro precedenti matrimoni. Il figlio di Vera era morto un paio d’anni fa per un male incurabile. Vivevano nel condominio di via Michele Coppino 122, in un alloggio signorile al primo piano. Lui era un artigiano in pensione. In gioventù era stato un partigiano col nome di battaglia di «Canguro». Aveva il porto d’armi. In casa aveva una pistola semi automatica calibro 7,65. Lei, famiglia torinese benestante, aveva gestito un’attività in proprio commerciando articoli di pasticceria.
L’ALLARME. I due cadaveri sono stati trovati ieri, nel primo pomeriggio, dai familiari. Dopo varie telefonate senza risposta fatte nella mattinata, la nuora della pensionata, Marina Massaro, ha messo in allarme la colf di fiducia, una signora romena che frequenta la casa da una quindicina di anni. Alla donna, che avrebbe dovuto prendere servizio a metà pomeriggio, Marina ha chiesto di anticipare l’orario, pregandola di andare a controllare. Ma la colf ha trovato la porta sbarrata. Ha suonato il citofono invano, ritenendo la cosa insolita e preoccupante. Così, poco dopo, è stata raggiunta dalla nuora. Appena varcata la porta, le due donne hanno trovato i cadaveri sulle poltroncine. L’uno accanto all’altra. Anche nella morte.
«Da quando Vera si è ammalata, l’amore di Giulio si è fatto quasi morboso. Non la lasciava mai sola. Addirittura le prenotava gli appuntamenti dalla pettinatrice sotto casa e la accompagnava. Voleva vederla bella, perfetta. E Vera, grazie alla sue premure, sembrava la stessa di sempre, nonostante l’Alzheimer» dice un amico. Sono intervenuti gli agenti del commissariato Madonna di Campagna e della Mobile. Solo per i rilievi del caso ma senza inseguire misteri. Una storia d’amore in fondo, se la si riesce a scorgere, al di là della violenza di quei tre colpi di pistola.


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