Gianfranco Pasco, 80 anni, neurologo in pensione, padre e nonno. Pratica alla moglie consenziente un’iniezione letale, poi, come promesso, tenta il suicidio ma non ci riesce. Condannato, muore mentre è ai domiciliari
Spinea (Venezia) , 8 Marzo 2020
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Uccisa con l’iniezione dal marito, Agnese sembrava dormisse, tutt’attorno farmaci e siringhe (il Gazzettino – 9 marzo 2020)
C’erano farmaci dappertutto e siringhe con aghi di diverse misure. Tutto repertato, tutto sotto sequestro per l’uxoricidio di ieri a Spinea. Quando gli investigatori sono entrati nella villetta al civico 5 di via del Commercio a Orgnano non c’era altro da fare che eseguire i rilievi. Agnese Mazzan, 81 anni ancora da compiere, era deceduta da alcune ore, uccisa dall’iniezione letale che il marito, Gianfranco Pasco, coetaneo, le aveva praticato. L’anatomopatologa non si è sbilanciata sulla composizione del mix di medicinali utilizzati: saranno le analisi di laboratorio e l’autopsia a fornire i chiarimenti necessari. Sulla dinamica dell’omicidio e del tentato suicidio non c’è tanto da dire: la prima ad ascoltare il racconto straziante di quanto accaduto poco prima è stata la figlia Elena, direttamente dalla voce del padre, quando l’ha raggiunta disperato e sotto choc, rendendosi conto che nulla sarebbe stato più come prima. È stato il genero ad accompagnare i carabinieri nell’abitazione della tragedia: «Non c’è niente da dire, lasciateci in pace» la risposta all’approccio dei cronisti.
IL RITROVAMENTO
Agnese sembrava quasi che dormisse adagiata sulla poltrona reclinabile in soggiorno con la tuta da casa. Accanto a lei doveva esserci l’uomo della sua vita, il padre dei suoi due figli, il neurologo stimato in città e anche oltre, il compagno con il quale, insieme, aveva deciso di farla finita. Una scelta condivisa e consapevole che la coppia ha voluto esternare in una lettera firmata lasciata in bella vista sul tavolo. La prima ad andarsene doveva essere lei, senza accorgersi, dal torpore alla morte. Lui l’avrebbe seguita subito dopo, con l’ago conficcato in vena: ma non è andata così.
I VICINI
Una strada con accesso privato, via del Commercio, poco lontana dal supermercato Pam, composta per lo più da villette a schiera. E che ieri, dalle nove del mattino di una domenica quasi primaverile, in cui al tempo del contagio si è celebrata comunque la festa della donna, i carabinieri hanno presidiato fino al primo pomeriggio. I vicini escono sparuti, chi con la borsa vuota della spesa, chi con il sacchetto dei rifiuti, chi affonda il viso nel giubbotto e abbassa gli occhi.
Nessuno vuole parlare: «Se li conoscevo? Certo. Da più di trent’anni. Bravissime persone, una coppia splendida. Sono molto addolorata ma non chiedetemi nulla di più» commenta una signora affrettando il passo.
La notizia dell’uxoricidio si è diffusa subito in città.E c’è stato persino qualcuno che sui social ha propalato la fake che l’episodio fosse in qualche modo collegato al coronavirus. La sindaca Martina Vesnaver, impegnata in una iniziativa con la Protezione civile, si è detta profondamente costernata, anche se non conosceva la coppia. Così il parroco di Santa Bertilla che ha avuto parole di vicinanza. «Quando ho letto sui siti l’indirizzo mi è venuto subito in mente Pasco e la conferma è arrivata poi con la pubblicazione del nome» afferma l’ex sindaco di Spinea, Claudio Tessari: «Certo che conoscevo Pasco, appressato neurologo, e anche la moglie, una coppia senz’altro unita e affiatata. Lei? Una signora molto distinta e colta. Mi ricordo che una volta è venuta da in municipio per un problema di viabilità». Sconvolto anche Gabriele Petrolito, assessore di Mirano, medico in pensione: «Una bella persona Pasco, e un bravissimo professionista. Ha lasciato l’ospedale molto tempo fa per darsi alla libera professione. Era da tempo che non lo vedeveo».
La Nuova Venezia – 2 aprile 2020
Morto Gianfranco Pasco, uccise la moglie (La Nuova Venezia – 9 aprile 2020)
Il neurologo, 81enne malato terminale, un mese fa voleva mettere fine alle sofferenze sue e della compagna. Ma non riuscì a morire
Lo aveva confidato alla figlia con un filo di voce: «Lo sento che mi manca poco». Ieri alle 11.45, nell’abitazione della figlia Elena a Mirano, Gianfranco Pasco è morto. Il neurologo, 81 anni, era agli arresti domiciliari per aver ucciso, l’8 marzo scorso, la moglie Agnese Mazzan, coetanea, nella loro casa di Spinea. Lo avevano deciso insieme, di morire. Lei ha lasciato una lettera per spiegare che marito e moglie, che si conoscevano da quando avevano 11 anni, entrambi malati terminali, non ne potevano più di cure palliative. Un mix di farmaci per lei, un’altra iniezione per lui. Ma lui non c’è riuscito. Non ci vedeva bene, non trovava la vena. È andato al Pronto soccorso di Mirano dove ha chiesto ai medici di fargliela loro, quell’iniezione. Poi ha raccontato tutto alla figlia. I carabinieri lo hanno portato in Psichiatria a Dolo, ma dopo tre giorni gli avvocati Paolo Stocco e Graziano Bovo di Mirano sono riusciti a fargli dare i domiciliari e derubricare il reato in “omicidio del consenziente”. Un caso che scuote la coscienza, che ci interroga, nel difficile dibattito avviato dai casi di Beppino ed Eluana Englaro, Marco Cappato e Dj Fabo. Eutanasia, sedazione profonda, legge sul fine vita. A casa la figlia Elena e la sua famiglia hanno accolto Gianfranco: con la coscienza e le conoscenze tecniche di un medico, Pasco era passato da un melanoma a un occhio (alla fine gli era stato tolto e sostituito con una protesi), a un’ischemia e una metastasi. «Mio padre è morto senza alcuna sofferenza», confida Elena, «si è spento serenamente nel sonno».
Ma c’è anche un dolore nel dolore. Un decreto del 1° aprile scorso stabilisce che se una persona non ha un tampone recente negativo al Covid-19 e muore in casa viene trattato come se fosse morto di coronavirus. «Già non si fanno i funerali, ma in questi casi è ancora peggio. Gianfranco Pasco non lo aveva. «Non lo rivedremo mai più, non sarà vestito per non esporre a eventuali rischi gli operatori dell’impresa funebre, nessuno gli toglierà il pacemaker. Si aggiunge dolore al dolore». Così sarà cremato. In cimitero riposerà con la sua Agnese e con Eugenio, il figlio della coppia nato nel 1970 e morto dopo un anno, un’altra dura ferita nel cuore.
«Io vorrei, per dare un senso a tutto questo dolore, far diventare la vicenda dei miei genitori un tassello del grande puzzle che un giorno porterà a una giusta e dignitosa legge sul fine vita. Vorrei che tutta questa storia potesse avere uno scopo più alto e risultare utile per qualcun altro», dice Elena, «la loro assoluta convinzione di avere il diritto di scegliere e di decidere quando era abbastanza li ha portati a peggiorare ulteriormente una situazione già drammatica». Resta una promessa: «Quando tutto questo sarà finito, faremo un bel commiato che sarà anche una grande festa. In puro “stile Pasco”»