Uccide moglie e figlio e si spara in strada. Dramma a Ferrara (la Repubblica – 4 agosto 2017)
E’ stato trovato in fin di vita, accasciato al suolo con il segno di un colpo alla testa e la pistola in mano. Galeazzo Bartolucci, antiquario di 77 anni, si è ucciso in strada. Ma prima ha sparato alla moglie Mariella Mangolini, 73 anni, e al figlio Giovanni, 48enne. Tragedia a Ferrara. Dopo aver compiuto il folle gesto, originato probabilmente dallo sfratto imminente, l’uomo ha dato fuoco all’abitazione, in pieno centro, e poi è uscito dalla palazzina che affaccia su via del Turco e su piazzetta Bartolucci, alle spalle della chiesa di San Paolo: compiute poche centinaia di metri, si è sparato.
All’origine della tragedia, presumibilmente, la grave situazione finanziaria in cui versava la famiglia. In mattinata l’ufficiale giudiziario si era presentato proprio per valutare la situazione: avrebbe dovuto dare corso allo sfratto esecutivo dall’abitazione. Un mese fa era avvenuto il primo tentativo, sulla scia della richiesta di sgombero da parte dei nuovi proprietari della struttura, non eseguito perché la casa era piena di mobili e da svuotare.
Stamattina presto sono intervenuti i vigili del fuoco chiamati alle 6.30 per un incendio sviluppato al piano terra della palazzina. Spente le fiamme, i pompieri hanno rinvenuto nell’abitazione dell’antiquario, al primo piano, i corpi anneriti dal fumo dell’uomo e della donna con segni di colpi di arma da fuoco alla testa. Le salme successivamente sono state portate all’Ospedale di Cona per gli esami medico-legali. Sul posto sono stati trovati senza vita anche due gatti, i cui corpi sono stati presi in consegna dai volontari del gattile municipale. Una tragedia senza fine. Alle 7.30 la polizia era stata allertata, da un negoziante che aveva sentito esplodere un colpo, della presenza dell’antiquario. Il suo corpo è stato trovato riverso a terra sotto i portici in via Boccacanale di Santo Stefano, all’angolo con la sua abitazione.
Galeazzo Bartolucci era molto conosciuto in città. Gestiva da oltre vent’anni il piccolo negozio di antiquariato nella piazzetta Bartolucci, anche se il terremoto del 2012 lo aveva costretto a una temporanea chiusura. Nei social viene ricordato come un signore e un negozio d’altri tempi. Anche il figlio dell’omicida-suicida, Giovanni, era conosciuto a Ferrara. Per anni aveva lavorato come proiezionista al cinema Alexander fino alla chiusura, avvenuta nel 2006. Gli uomini della squadra mobile, che sta svolgendo le indagini, stanno ascoltando i familiari, i vicini, i possibili testimoni che si trovavano nella zona e il legale che ha seguito la procedura di sfratto esecutivo della famiglia dall’abitazione e il rilascio dell’immobile fissato per oggi.
“La famiglia Bartolucci non si è mai rivolta all’ufficio abitazioni” del Comune di Ferrara “per richiedere un’eventuale assistenza dovuta ad emergenza abitativa, come non risultano contatti negli ultimi anni con l’Asp per problematiche sociali”, chiarisce l’assessora comunale al welfare Chiara Sapigni, intervenendo sulla tragedia. “Resta pertanto – prosegue l’assessore – una grande amarezza e il rammarico di non aver potuto capire il grande disagio che la famiglia stava vivendo ma che, forse, per dignità ed orgoglio non si è avvicinata ai servizi comunali preposti”.
La vicenda dello sfratto. Il Comune ricostruisce in una nota i contatti recenti avuti dagli uffici con Bartolucci e famiglia, seguiti dall’ufficio Coc-Accoglienza sin dai primi mesi dopo il sisma 2012 per l’inagibilità dell’alloggio di proprietà in via Boccaleone 28/B. Poi, a fine luglio, prosegue l’assessora, Bartolucci “era stato contattato dalle operatrici dell’ufficio per convocarlo ieri pomeriggio al fine di informarlo sull’evoluzione della pratica e dei possibili benefici a cui avrebbe avuto accesso”. Ieri mattina, però, Bartolucci ha chiamato l’ufficio per chiedere di spostare l’incontro in quanto impegnato col trasloco ed era stato concordato un nuovo appuntamento per lunedì prossimo alle 12. “Come sempre – continua l’assessora – i colloqui tra il signor Bartolucci e gli operatori del Coc sono stati cortesi, sereni, cordiali perché la pratica che lo riguardava stava proseguendo il suo normale iter e le varie convocazioni, nel corso di questi anni, hanno sempre avuto lo scopo di informare, facilitare e sostenere la famiglia nel disbrigo delle varie incombenze”. Il pignoramento, da parte del Tribunale di Ferrara, “dell’alloggio e delle relative pertinenze parte dal 2011 e la vendita all’asta è stata conclusa ad aprile 2017 con il passaggio di proprietà”.

La strage dell’antiquario sul lastrico. Uccide moglie, figlio e si ammazza (La Stampa – 13 agosto 2017)
Ferrara, il gesto dell’uomo il giorno stesso dello sfratto esecutivo
Pensavano di dover affrontare solo un incendio, reso molto più difficile dal caldo patibolare di questi giorni. Il solito incendio a cui dover magari strappare mobili e oggetti antichi, forse qualche gatto impaurito, in quella casa dentro a quel vecchio palazzo del centro che conoscono un po’ tutti come una specie di museo, alle spalle della chiesa di San Paolo. I vigili del fuoco chiamati nella “Piazzetta Privata Fratelli Bartolucci”, il vecchio cartello bianco dice proprio così ed è una sintesi perfetta di tutto, hanno invece trovato anche due corpi tra il calore e le fiamme, due persone freddate con un colpo alla testa e crollate a terra, prima di essere avvolte dal fuoco: una cruda carneficina scoperta all’alba, quando ancora l’afa di Ferrara e della sua terra piatta non ha cementato l’aria e i passi di chi la deve attraversare, e quando è stato subito chiaro a tutti, ai poliziotti, a chi passava per andare al lavoro e ai giornalisti, che era l’alba di uno dei giorni più cupi e nudi mai visti da queste parti.
Uno di quei giorni che smontano in un baleno, nel tempo di tre colpi di pistola e di un fiammifero che si accende e si consuma
, nello spazio di poche centinaia di metri dentro quelle vie strette, tra quei muri di mattoni secolari, una famiglia, una storia, forse un pezzo intero di città, perlomeno quella parte di città che conosceva bene Galeazzo Bartolucci, suo figlio Giovanni e la moglie, Mariella Mangolini.
Il declino. Li conosceva perché aveva condiviso e partecipato ad una delle cose che rendono la vita una democratica corsa ad ostacoli per tutti, ricchi e poveri: la grandezza e la caduta, un lento inesorabile smottamento, di quella famiglia che aveva una nobiltà riconosciuta perfino dalla corte degli Estensi, in tempi ormai epici e certamente irraggiungibili se non con le pagine dei romanzi e dei saggi, e che pare abbia avuto origine a Firenze.
Questa storia finita con un uomo, un antiquario, un padre che a 77 anni preme il grilletto contro la mamma di suo figlio, 4 anni più giovane di lui, poi contro suo figlio di 48 anni e infine contro di sé, una tragedia che è soprattutto disperazione, dopo aver vagato per qualche centinaio di metri con la pistola in mano, in via Boccacanale di Santo Stefano, davanti al negozio di una commerciante che poi ha anche brontolato, per le transenne messe dalla polizia, perché lei doveva aprire il negozio, e quel trambusto non andava mica bene, quel barbone poteva anche andare ad agonizzare da un’altra parte: «è un cadavere, signora. Si è sparato». «Beh, si vede che era arrivata la sua ora». è finita così la storia di Galeazzo Bertolucci che ha tirato giù il sipario per non lasciare nulla dietro di sé, l’ultimo battito dell’orgoglio che ha riempito una vita di orgoglio e di ricordi.
Tre colpi. Una storia finita con una Smith & Wesson dal cui tamburo cui mancano chirurgicamente tre colpi, una pistola saltata fuori chissà da dove. Ma che si era già frantumata in modo irrimediabile con l’asta giudiziaria dello scorso autunno, quando il tribunale si è portato via il palazzo e il negozio, quella bottega scavata dentro il cuore dei muri medievali con l’insegna “Antiques e collezionismo”, con i collier, le bambole di porcellana e i soldatini di piombo, che a vederla lasciava in bocca un sapore agrodolce di cose strappate al tempo e cose strappate a se stessi, al patrimonio e alle collezioni dei genitori e dei nonni, a quello che si era stati finché poi non c’era più niente da strappare, e da mettere in vendita.
La storia di Galeazzo Bertolucci, padre violinista, due fratelli, una tradizione di famiglia con i dischi e con la musica nel negozio sotto ai portici a due passi dal Castello, uno di quei posti dove in una piccola città ci passano a comprare i padri e poi i figli, è in fondo un destino piegato senza sentimento da un debito con Equitalia e con le banche, circa 120mila euro, e da un ufficiale giudiziario che faceva solo il suo dovere, e in verità gli ha anche dato una proroga perché per poter portare fuori le proprie vite e i propri fantasmi da quei muri, prima bisognava spostare portare via chili e chili di ricordi e di vita sotto forma di mobili, soprammobili, quadri, oggetti, reperti di un passato che non è riuscito a sopravvivere al presente.
Pensava forse a tutto questo l’antiquario Galeazzo Bertolucci, con la pistola fumante in pugno, dopo essere uscito di casa poco dopo le sei di mattina, da quella casa diventata un mattatoio di affetti e di ricordi, lui che una volta di se stesso ha detto «antiquario am pias poc», che in ferrarese vuol dire «non mi piace la parola antiquario», perché lui in fondo – ha spiegato – si sentiva come una specie di custode del tempo che sussurrava agli oggetti e degli oggetti raccoglieva lo spirito e la memoria in essi racchiusa. Fino a che, appunto, non sale la marea del tempo. Fino a che non è troppo tardi per spostarsi. (Salvatore Maria Righi)

I funerali della famiglia Bartolucci: “Nessuno vi caccerà dalla casa del Signore” (TelEstense – 18 agosto 2017)
I funerali di Galeazzo Bartolucci, 77 anni, del figlio Giovanni, 48 anni, e della madre Mariella Mangolini, 74 anni, si sono tenuti ieri in Certosa.
La tragedia della famiglia (Galeazzo nelle prime ore del 4 agosto scorso avrebbe ucciso figlio e moglie per poi torgliersi la vita, un gesto probabilmente dettato anche dai gravi problemi economici e dall’imminente sfratto) ha sconvolto Ferrara e tutta la città, e ieri, amici e familiari, hanno potuto dare l’estremo saluto nell’aula del commiato della Certosa. Il rito funebre è stato officiato da monsignor Massimo Manservigi, vicario generale della Diocesi, il quale ha portato un messaggio dell’arcivescovo di Ferrara e Comacchio, monsignor Gian Carlo Perego, tratto dal Salmo 26:

“Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario”.

“La certezza che nessuno caccerà più Galeazzo, Mariella e Giovanni dalla casa del Signore, dove ora sono familiarmente insieme per “gustare la dolcezza del Signore” e per ritrovare e ammirare la bellezza che ha appassionato la vita di Galeazzo, di suo figlio Giovanni e di Mariella. Per sempre. Ancora insieme”. Questo ha detto l’Arcivescovo attraverso il messaggio letto da monsignor Manservigi.
Stanno emergendo nuovi particolari sulla tragedia che ieri ha sconvolto Ferrara. Il dramma del duplice omicidio-suicidio di Galeazzo Bartolucci e della sua famiglia è maturato dopo anni di difficoltà economiche. Secondo gli investigatori, il figlio, Giovanni, però, stava guardando avanti. La famiglia, infatti, dopo lo sfratto, sarebbe andata a vivere, in affitto, in un’abitazione in via Bologna. L’incendio appiccato dall’antiquario poteva provocare danni ben più gravi, visto che i vigili del fuoco, ieri mattina impegnati a domare le fiamme, hanno segnalato tracce di gas all’interno dell’appartamento al primo piano. Crucianelli (Polizia di Stato): “Probabilmente Galeazzo ha lasciato aperto il gas prima” di dar fuoco alle pelliccole delle “pizze”.
COSA AVREBBE PORTATO AL GESTO ESTREMO. Un fulmine a ciel sereno, giovedì 3 agosto scorso, il giorno prima dello sfratto, un episodio che potrebbe aver scatenato il dramma: il pignoramento dei beni contenuti nel negozio d’antiquariato di Galeazzo Bartolucci, oggetti che sono stati la sua vita negli ultimi vent’anni.
L’uomo di 77 anni che poi, venerdì mattina poco dopo le 5 avrebbe sparato e ucciso, nel sonno e probabilmente con colpi letali alla testa, la moglie Mariella Mangolini, di 73 anni, e il figlio, Giovanni Bartolucci, di 48 anni, per poi appiccare un incendio al piano terra dello stabile e farla finita, in strada, poco distante. L’antiquario, forse, non si aspettava questo procedimento legato al mancato pagamento di debiti precedenti. Dello sfratto, invece, Galeazzo ne era a conoscenza.
Secondo il dirigente della Polizia di Stato, Andrea Crucianelli, Bartolucci non aveva problemi di salute o psichici: anzi, Galeazzo e la sua famiglia si sarebbero dimostrati sempre sereni e collaborativi con gli operatori e gli ufficiali giudiziari. Come il 5 luglio scorso, quando venne fatto l’inventario dei beni all’interno della loro casa e venne stabilita la modalità di uscita dall’immobile. Oggetti e mobilio che, come hanno riferito dalla Polizia di Stato, sarebbero finiti nei depositi pubblici, un accordo per aiutare la famiglia nel trasloco. Il pignoramento dello stabile e delle relative pertinenze, da parte del Tribunale di Ferrara, partì dal 2011 e la vendita all’asta si è conclusa ad aprile scorso con il passaggio di proprietà a due nuovi intestatari. Ma lo sfratto, che sarebbe stato eseguito venerdì, poche ore dopo il duplice omicidio-suicidio, forse sarebbe stato prorogato. Questo secondo Crucianelli, il quale ha raccontato che il figlio, Giovanni Bartolucci, aveva chiesto al proprio avvocato qualche settimana, oltre la data ufficiale dello sfratto, per lasciare la casa.
La famiglia dell’antiquario, infatti, dal primo ottobre prossimo sarebbe andata ad abitare in affitto in un appartamento in via Bologna, e sembrerebbe che, fino ad allora, nessuno si sarebbe opposto alla dilazione della loro permanenza, fino a fine settembre, in via Boccaleone. Come ha poi ricordato Chiara Sapigni, assessore ai Servizi Sociali del Comune di Ferrara, la famiglia Bartolucci non si è mai rivolta all’ufficio abitazioni per richiedere un’eventuale assistenza e non risultano contatti negli ultimi anni con l’Asp per problematiche sociali.

Probabilmente, Galeazzo Bartolucci, nella notte tra giovedì e venerdì, non avrebbe retto e avrebbe messo in atto il suo piano, con una “Smith&Wesson” cinque colpi a tamburo. E’ attesa per la prossima settimana l’autopsia sui tre corpi: ancora non è ufficiale il numero dei colpi sparati dall’antiquario che, alle 5.45 di venerdì mattina, decise di farla finita sotto i portici di via Boccacanale di Santo Stefano, dove il corpo venne notato da una passante un ora e mezza dopo il gesto estremo.

Il suo negozio di dischi ha fatto storia in città e poi, oltre vent’anni fa la cessione e una nuova vita che ha dovuto affrontare la crisi prima, il terremoto poi. Tutte prove difficili per Galeazzo Bartolucci, il vecchio proprietario del negozio di dischi che questa mattina ha ucciso prima la moglie e il figlio e poi, poco lontano da casa, ha deciso, con un colpo di pistola al cuore, di togliersi la vita. Lo ha fatto nel giorno in cui davanti alla sua porta di casa si sarebbero dovuti presentare gli ufficiali giudiziari. La sua casa dal 2011 era stata pignorata e ad aprile era subentrato un nuovo proprietario.