Dritan Demiraj (il killer del lago), 29 anni, pasticcere, padre. Con l’aiuto di tre complici tende un agguato alla ex e al nuovo compagno di lei. Condannato all’ergastolo, in cella viene aggredito da un altro detenuto e ridotto in stato vegetativo. La Cassazione lo libera e lo fa rimpatriare in Albania. I parenti chiedono un risarcimento allo Stato italiano. Muore nel 2024
Mozzate (Como), 1 Marzo 2014
Titoli & Articoli
Donna uccisa in stazione, ex compagno confessa: due fermi (il Resto del Carlino – 3 marzo 2014)
Il caso dell’omicidio di Mozzate (Como) è a una svolta. Il fornaio albanese Dritan Demiraj, 29 anni, ha confessato di aver ammazzato l’ex compagna Lidia Nusdorfi, la 35enne riminese uccisa a coltellate nel sottopassaggio della stazione ferroviaria, lungo la linea Saronno-Varese. I carabinieri di Rimini, a supporto dei colleghi di Como, lo hanno fermato per omicidio dopo ore di interrogatorio. Fermato per favoreggiamento il datore di lavoro, titolare del forno riminese, che avrebbe, forse solo per solidarietà senza la piena consapevolezza dell’accaduto, fornito un alibi all’albanese. Demiraj era stato sentito ieri nella caserma dei carabinieri di Rimini. E proprio nell’interrogatorio sono emerse le contraddizioni tra le dichiarazioni dell’albanese e quelle del datore di lavoro, soprattutto sugli orari di sabato notte. Quindi è arrivata la confessione.
L’uomo, che vive a Rimini con i due figli, uno avuto dall’ex compagna, si sarebbe mosso in auto alla volta di Mozzate e poi sarebbe tornato in Romagna. Ai militari ha raccontato della relazione finita sei mesi fa con Lidia Nusdorfi: “Mi ha tradito con mio cugino“. Un nuovo amore per la 35enne con un ragazzo poco più che ventenne, che avrebbe scatenato la gelosia dell’ex.
Nata in provincia di Milano, a Garbagnate Milanese, Lidia Nusdorfi si era trasferita e poi aveva vissuto a lungo a Rimini. Disoccupata, era tornata da qualche mese in Lombardia a Mozzate, dove era ospite di parenti. Sabato sera stava tornando verso casa: era scesa dal treno e si stava dirigendo verso il parcheggio dietro la stazione quando è stata aggredita.
Una riminese di 36 anni, attuale convivente di Dritan Demiraj, e’ stata denunciata dai carabinieri di Rimini per favoreggiamento, per aver aiutato negli spostamenti il fornaio albanese che ha confessato ai carabinieri l’omicidio dell’ex convivente.
Nelle indagini e’ emersa una denuncia per maltrattamenti in famiglia che la vittima aveva presentata nel 2010 nei confronti di Demiraj. La relazione tra il fornaio e la donna, madre di due figli piccoli, non era stata semplice fin dall’inizio, tanto che gia’ allora Lidia si era detta vittima di soprusi tra le mura domestiche. La denuncia aveva prodotto un procedimento penale a carico dell’albanese, fino alla richiesta da parte dell’autorita’ giudiziaria di una condanna a otto mesi. Nel 2013 le accuse erano state archiviate perche’ la donna, che non aveva mai smesso di vivere sotto lo stesso tetto del suo assassino, aveva ritirato la denuncia.
Demiraj e’ a disposizione dell’autorita’ giudiziaria per l’interrogatorio di convalida, cosi’ come il datore di lavoro che in un primo momento aveva fornito un alibi all’assassino reo confesso. Dopo ore di interrogatorio, pressati dai militari di Como e di Rimini,i due uomini si sono contraddetti, e mentre l’albanese confessava il delitto, provocato da un presunto tradimento della donna, il riminese ammetteva di aver voluto favorire il dipendente impietosito dal futuro dei due bimbi di Lidia accuditi da Demiraj e per la sorte dei quali ora i carabinieri hanno interessato i servizi sociali.
Si è anche venuto a sapere che l’albanese avrebbe chiesto ad un amico di chiamare la donna e fissare un appuntamento. I carabinieri stanno cercando di identificare l’autore della telefonata a Lidia Nusdorfi. Il conoscente, probabilmente residente al nord, si sarebbe fatto convincere ad intercedere per ottenere un appuntamento in stazione con la donna.
L’ha uccisa ed è tornato in auto come se nulla fosse (il Resto del Carlino – 7 marzo 2014)
Omicidio di Mozzate, la fidanzata del killer: “L’ha uccisa ed è tornato in auto come se nulla fosse”
ACCENDERE la la televisione una domenica sera e scoprire che hai passato il giorno prima accanto a un assassino: «Torno a casa e mi metto a guardare Studio Aperto: stavo per svenire, ho capito subito cos’era successo. E l’ho detto ai Carabinieri». A parlare, visibilmente scossa, è M.S, la 35enne riminese ultima fidanzata di Dritan Demiraj. il killer albanese che ha ucciso a coltellate in Lombardia l’ex compagna, Lidia Nusdorfi, dalla quale aveva avuto un figlio.
Davanti ai giornalisti lei, riminese, cameriera ai piani in un hotel e madre di tre figli ha raccontato quella giornata felice diventata un incubo: «Dritan mi aveva detto che sabato saremmo andati a fare una gita lontano da Rimini. Ci frequentavamo da un mese e mezzo e ogni tanto capitava di viaggiare. Prima di partire però, Dritan è andato alla stazione a prendere un suo amico albanese che è stato con noi tutto il giorno:non l’avevo mai visto e non mi ha mai rivolto la parola. Parlavano solo tra di loro, in albanese». I tre partono da Rimini alle 13. Una tappa all’aeroporto della Malpensa, dieci minuti in tutto, poi l’arrivo a Mozzate, il teatro del delitto: « Dritan continuava a girare… — racconta M.S. — poi, come se avesse visto qualcuno, si è fermato ed ha parcheggiato. Ha preso l’ombrello e mi ha detto: ‘Scendo un po’. L’altro lo ha seguito. Dopo 10 minuti Dritan è tornato. Non ho visto tracce di sangue, nulla». A quel punto però Lidia Nusdorfi è già agonizzante con la gola tagliata. «Dritan e l’altro —continua la riminese — sono tornati. Ho guidato per 10 chilometri, poi è tornato lui al volante…».
UNA SOSTA a Parma per i panini, poi il terzetto alle 22 è di nuovo a Rimini. «Dritan è salito in casa per cambiarsi, ha riportato l’amico alla stazione, poi siamo andati a casa di suo zio. Lì, c’erano i suoi figli e sua madre , abbiamo dormito insieme, io, Dritan e il bimbo piccolo. Non lo sapevo, ma ho dormito con un assassino».
Il giorno dopo alle 14,30 arrivano i carabinieri. «Credevo dovesse firmare dei documenti da firmare. Alle 18 accendo la tv e vedo gli stessi posti dov’ero stata la sera prima e capisco… Dritan mi aveva parlato di Lidia, mi aveva raccontato che se n’era andata, ma non aveva mai avuto una parola di odio verso di lei, niente di niente». (di Grazia Buscaglia)
Dritan Demiraj aveva un’accusa di tentato omicidio in Albania (Rtv Sanmarino – 28 aprile 2014)
Delitto di Mozzate ricco di colpi di scena, dopo l’omicidio della sua ex Lidia Nusdorfi e del nuovo compagno di lei Silvio Mannina, scompare anche il cugino albanese col quale il killer aveva avuto una lite furibonda, sempre per gelosia.
Per la grave lite col cugino, reo di aver avuto una breve relazione clandestina con la sua donna, Lidia Nusdorfi, il 29enne killer di Mozzate Dritan Demiraj era stato anche arrestato e, per sua stessa ammissione, accusato di tentato omicidio, segno che le lesioni procurate al cugino erano probabilmente di una certa entità. L’arresto però era durato pochissimo, 2-3 giorni, forse perché il comandante della caserma era suo amico di vecchia data. “Della scomparsa del cugino non dice nulla perché nulla gli è stato chiesto ufficialmente”, dice il suo avvocato difensore, Massimiliano Orrù, che aggiunge però che era stato proprio Dritan a parlare del cugino durante l’interrogatorio in carcere a Como: ha confermato di essere andato in Albania due volte, ad agosto e dicembre scorsi, dopo aver scoperto il tradimento, tra l’altro ammesso dalla sua stessa donna, che difatti aveva telefonato al cugino per dirgli “Non fare il bambino, assumiamoci le nostre responsabilità, ormai gliel’ho detto, confessa anche tu”. Forse sarà inviata anche una rogatoria in Albania.
Nel frattempo Dritan è tornato in carcere a Como, dopo aver aiutato gli inquirenti a ritrovare il corpo di Silvio Mannina, il nuovo compagno della sua ex Lidia, al lago Azzurro di Sant’Ermete di Romagna, dove il killer ha confessato di averlo ucciso, 24 ore prima di uccidere Lidia alla stazione di Mozzate. Per questo secondo omicidio è in attesa della nuova ordinanza di custodia cautelare e dunque del nuovo interrogatorio di garanzia. Dritan per l’omicidio di Mannina ha chiamato in causa anche la sua ultima donna, Monica Sanchi, dicendo che l’avrebbe aiutato a seppellirlo, e che anzi lei gli aveva recuperato la pala a casa sua. Ma esclude la presenza di altre persone. Perquisizioni sono state compiute in casa e nell’auto di proprietà di Monica Sanchi: i carabinieri per il momento hanno sequestrato solo una sorta di diario-opuscolo della Sanchi e la fotocopia della lettera che questa aveva scritto a Demiraj in carcere, nella quale gli avrebbe chiesto di dire la verità. Intanto è stata autorizzata la perizia psichiatrica richiesta dalla difesa di Demiraj e che sarà eseguita dal perito di parte Alessandro Meluzzi.
Fu complice in due omicidi: pena raddoppiata per il minore che aiutò Demiraj (News Rimini – 10 marzo 2016)
La Corte di Appello di Bologna ha condannato a 28 anni, con l’accusa di concorso in omicidio, il giovane, da poco maggiorenne, che secondo l’accusa aveva partecipato con Dritan Demiraj, 30enne albanese, all’omicidio di Silvio Mannina e Lidia Nusdorfi, commessi a Rimini e a Mozzate (Como) all’inizio del 2014 .
La sentenza ribalta quella di primo grado nella quale il ragazzo (anche lui di nazionalità albanese e fratello di un conoscente di Demiraj), all’epoca minore, era stato condannato a 16 anni. Mentre in primo grado gli era stato riconosciuto il concorso solo per l’omicidio di Mannina, l’appello ha contestato entrambi gli omicidi per via della sua presenza a Mozzate dove era stata uccisa a coltellate la Nusdorfi. A incastrarlo è stata la testimonianza di Monica Sanchi, ex compagna di Demiraj, anche lei coinvolta nella vicenda. Il ragazzo era stato arrestato in Francia nel luglio 2014, a casa della famiglia dove viveva. (Fonte Ansa)
Ergastolo a Dritan Demiraj per il duplice omicidio di Mannina e Nusdorfi (Rimini Today – 14 marzo 2016)
Una lunga camera di consiglio per i giudici della Corte d’Assise, riunita al Tribunale di Rimini per giudicare Dritan Demiraj, Sadik Dine e Monica Sanchi accusati di aver ucciso Silvio Mannina con l’obiettivo, poi, di far fare la stessa fine anche a Lidia Nusdorfi, ex compagna del fornaio albanese 29enne, il giorno successivo. I giudici si sono ritirati poco dopo le 12 di lunedì per poi uscire dalla camera di consiglio, con la sentenza, alle 20.30. Demiraj è stato riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo con 1 anno e 6 mesi di isolamento diurno. Colpevolo anche Monica Sanchi e condannata a 30 anni di recusione mentre per lo zio Sadik Dine, i giudici lo hanno ritenuto colpevole solo di soppressione di cadavere e condannatoa 5 anni.
Lidia Nusdorfi venne freddata con una serie di coltellate nella stazione di Mozzate, in provincia di Como, dopo che il giorno prima il fornaio albanese aveva ucciso Mannina ritrovato cadavere nella palude del lago Azzurro a Santarcangelo. Demiraj doveva rispondere delle accuse di duplice omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere, violenza privata, rapina, porto abusivo di coltello. Per il 29enne fornaio albanese, la richiesta era stata dell’ergastolo con l’isolamento diurno per due anni; chiesto l’ergastolo anche per Sadik Dine, zio di Demiraj, con l’isolamento diurno per 6 mesi; 22 anni per Monica Sanchi, per l’omicidio di Silvio Mannina, più altri 8 per la complicità nell’omicidio di Lidia Nusdorfi. Già condannato a 28 anni di reclusione in Appello dal Tribunale dei Minori il quarto complice, un 17enne albanese. (di Tommaso Torri)
Donna uccisa a Mozzate, ergastolo all’ex: «Mi aveva tradito e umiliato» (Corriere della Sera – 15 marzo 2016)
Dritan Demiraj, 30enne panettiere albanese, condannato per gli omicidi di Lidia Nusdorfi e del nuovo compagno di lei, Silvio Mannina, sepolto in una cava
Carcere a vita per Dritan Demiraj, il 30enne panettiere albanese accusato degli omicidi della ex compagna Lidia Nusdorfi, accoltellata a morte nel sottopassaggio della stazione di Mozzate e di Silvio Mannina, torturato, ucciso e sepolto in una cava a Rimini perché aveva avuto una relazione con la stessa Lidia. Trent’anni di carcere invece per la nuova compagna dell’omicida, Monica Sanchi, che ha aiutato il fidanzato nel suo folle piano di morte. I due omicidi risalgono al 28 febbraio e primo marzo del 2014.
La sentenza di condanna è stata pronunciata nella tarda serata di lunedì dalla Corte d’Assise di Rimini. Il processo si è svolto nel Tribunale romagnolo perché a Rimini è avvenuto il primo dei due delitti, quello di Silvio Mannina, scoperto però solo dopo l’uccisione di Lidia Nusdorfi.
Dritan Demiraj ha confessato entrambi i delitti e in Aula, nell’ultima udienza prima della sentenza, ha provato a chiedere scusa e si è detto pentito. «Lidia mi ha tradito e umiliato, sono impazzito», ha detto. Per l’accusa, l’albanese, che lavorava da anni in una panetteria in Romagna, ha pianificato l’uccisione della ex compagna, Lidia Nusdorfi, 35 anni, madre di suo figlio. Dopo averlo lasciato, la donna si era trasferita nel Milanese per provare a rifarsi una vita. Dritan con l’inganno le ha dato appuntamento alla stazione di Mozzate, la sera del primo marzo 2014. L’ha raggiunta nel sottopasso e l’ha accoltellata a morte. I carabinieri di Como sono arrivati rapidamente al giovane albanese.
Solo dopo l’omicidio di Mozzate è stata scoperta anche l’atroce fine di Silvio Mannina, 30enne bolognese. Il giovane aveva avuto una relazione con Lidia e Dritan Demiraj, accecato dalla gelosia, ha deciso di eliminarlo. Mannina, come ricostruito dalle indagini, è stato attirato a Rimini da Monica Sanchi, romagnola, nuova compagna dell’albanese. La donna lo avrebbe convinto con il miraggio di un rapporto sessuale. In Romagna però, il bolognese è stato prelevato da Dritan e portato in un appartamento nel quale il giovane è stato picchiato, torturato e poi strangolato. Il cadavere di Silvio è stato poi sepolto nella cava abbandonata del Lago Azzurro, a pochi chilometri da Rimini, dove è stato trovato solo dopo due mesi, quando l’albanese ha ammesso anche questo secondo delitto e ha confessato dove aveva nascosto il corpo.
La corte ha riconosciuto Dritan e Monica colpevoli. Il primo è stato condannato al carcere a vita con isolamento diurno per 18 mesi. La donna dovrà scontare invece una condanna a trent’anni di carcere. E’ stato invece condannato a 5 anni lo zio di Demiraj, Sadik Dine, per il quale l’accusa aveva chiesto trent’anni. Per i giudici non ha avuto però responsabilità nei delitti ed è stato condannato solo per aver partecipato all’occultamento del cadavere di Mannina. Per i due delitti è stato condannato prima a 16 e poi a 28 anni un minorenne albanese che, per l’accusa, ha aiutato Dritan a compiere entrambi gli omicidi. (di Anna Campaniello)
Donna e compagno uccisi dall’ex: condannato all’ergastolo (Milano Tody – 16 marzo 2016)
Gli omicidi nel 2014, uno a Rimini e uno a Mozzate (Como). L’uomo è reo confesso di entrambi i delitti: fu aiutato dalla nuova compagna, da un minorenne e da uno zio. “Impazzivo di gelosia”
Ha avuto l’ergastolo il 30enne Dritan Demiraj, albanese reo confesso di avere ucciso l’ex compagna Lidia Nusdorfi (35 anni all’epoca dei fatti) e il nuovo fidanzato della donna, Silvio Mannina, in preda alla gelosia. I due omicidi risalgono al 28 febbraio e all’1 marzo del 2014. L’agghiacciante vicenda venne alla luce quando, nel tardo pomeriggio del primo marzo, fu uccisa la donna, nel sottopassaggio della stazione ferroviaria di Mozzate (Como), località in cui Lidia si era trasferita da Rimini (la città in cui si è celebrato il processo) dopo avere lasciato Dritan. In un primo momento Dritan spiegò di essere stato tutta la notte al lavoro in panetteria e quell’alibi fu confermato anche dal datore di lavoro. Ma i carabinieri non ci credettero e Dritan alla fine confessò.
Dopo qualche giorno ci si rese conto che il nuovo fidanzato della donna era scomparso dalla circolazione dal 28 febbraio, giornata in cui aveva ricevuto un appuntamento (via Facebook) da parte di Monica Sanchi, nuova fidanzata di Dritan. Il quale, ad aprile 2014, confessò di avere ucciso anche Silvio, dopo averlo picchiato e torturato.
Per l’omicida la corte ha comminato l’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi, mentre Monica Sanchi è stata condannata a trent’anni di carcere. Altre condanne per un minorenne accusato di avere aiutato Dritan Demiraj a compiere entrambi gli omicidi, nonché per Sadik Dine, zio dell’uomo, che secondo l’accusa avrebbe aiutato il nipote a nascondere il cadavere di Silvio Mannina. Nell’ultima udienza del processo, accenno di pentimento per Dritan Demiraj, che ha spiegato alla corte di essere «impazzito per la gelosia», dopo il «tradimento e umiliazione» da parte della povera Lidia.
Demiraj picchiato in carcere, è in coma (Ansa – 9 aprile 2016)
E’ stato aggredito a Parma da altro detenuto, un pugile romeno.
Dritan Demiraj è in coma dopo essere stato picchiato da un altro detenuto, un ex pugile romeno, nel carcere di Parma. Lo scrivono alcuni giornali locali. Il fornaio albanese sta attualmente scontando l’ergastolo per il duplice omicidio della ex Lidia Nusdorfi, avvenuto alla stazione di Mozzate (Como) il 1 marzo 2014, e dell’amante della ex, Stefano Mannina, il 28 febbraio 2014 a Rimini. Demiraj è ricoverato in Rianimazione ed è in gravi condizioni. Non sono ancora chiari i motivi dell’aggressione. La condanna all’ergastolo era stata pronunciata lo scorso 14 marzo a Rimini.
Uccise e torturò la ex e il suo compagno, condannato all’ergastolo: ora è un uomo libero (Milano Today – 9 novembre 2017)
La decisione della Corte d’Assise: compromesso in modo irreversibile il suo stato mentale
È un uomo libero Dritan Demiraj, il 31enne che nel 2014 uccise in preda alla gelosia l’ex compagna Lidia Nusdorfi e il suo fidanzato, Silvio Mannina. Lo ha deciso la Corte d’Assise di Bologna che ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere sulla base di una consulenza medico legale: i giudici hanno ritenuto compromesso in modo irreversibile il suo stato mentale. In seguito alla condanna, infatti, il fornaio albanese era stato trasferito nel carcere di Parma dove, il 6 aprile del 2016, era stato aggredito da un altro detenuto. Un’aggressione barbara in seguito alla quale era finito in coma e poi costretto sulla sedia a rotelle perdendo anche parte delle proprie facoltà mentali.
È stato sottoposto a perizia medico legale su richiesta del difensore, l’avvocato Massimiliano Orrù, dalla quale è emerso che il fornaio 31enne ha perso la memoria, non ricorda gli omicidi commessi né cosa sia accaduto dopo, né cosa lo circondi. Parla ma non si muove autonomamente. “È come un bambino che vive alla giornata – ha spiegato l’avvocato Orrù – una condizione che la medicina indica come irreversibile. Il non luogo a procedere prevede anche l’immediata scarcerazione e rimessa in libertà”.
L’agghiacciante vicenda venne alla luce quando, nel tardo pomeriggio del primo marzo, fu uccisa la donna, nel sottopassaggio della stazione ferroviaria di Mozzate (Como), località in cui Lidia si era trasferita da Rimini (la città in cui si è celebrato il processo) dopo avere lasciato il compagno. In un primo momento Dritan spiegò di essere stato tutta la notte al lavoro in panetteria e quell’alibi fu confermato anche dal datore di lavoro. Ma i carabinieri non ci credettero e l’uomo alla fine confessò. Alcuni giorno dopo gli investigatori si resero conto che il nuovo fidanzato della donna era scomparso dalla circolazione dal 28 febbraio, giornata in cui aveva ricevuto un appuntamento (via Facebook) da parte di Monica Sanchi, nuova fidanzata di Dritan. Il quale, ad aprile 2014, confessò di avere ucciso anche Silvio, dopo averlo picchiato e torturato.
Rimini, condannato per due omicidi. Ora chiede i danni allo Stato (il Resto del Carlino – 4 dicembre 2017)
Dritan Demiraj ha gravi lesioni al cervello per un pestaggio che ha subìto in carcere
Un ergastolano con le capacità di un bambino, e per questo reso libero dalla Giustizia. Il duplice omicida Dritan Demiraj lascerà l’Italia, la sua famiglia sta già organizzando il suo ritorno in Albania, dove stanno cercando una sede adatta ad accoglierlo. Non solo. Ma dal momento che a ridurlo così è stato un pestaggio in carcere, il suo avvocato, Massimiliano Orrù, si dice pronto a chiedere i danni allo Stato per le condizioni in cui hanno ridotto il suo cliente.
Una storia ‘nera’ degna di un film, quella che vede protagonista il pasticciere albanese, autore di due efferati delitti. Quello dell’ex compagna, Lidia Nusdorfi, massacrata a coltellate alla stazione di Mozzate (Como), e del fidanzato della donna, Silvio Mannina, prima brutalmente torturato e poi gettato in una palude. Tutto per una vendetta legata a un tradimento.
Nella mattanza, Demiraj aveva trascinato con sé anche la donna che frequentava in quel momento, Monica Sanchi (condannata a 30 anni e inchiodata in un letto d’ospedale per una malattia degenerativa), e lo zio, Sadik Dine, assolto in primo grado e condannato all’ergastolo in Appello.
Senza memoria e privo di forze: l’ex killer rientra in Albania (il Giorno – 15 settembre 2020)
I giudici di primo grado gli avevano dato l’ergastolo per l’omicidio della ex compagna, Lidia Nusdorfi a Mozzate e dell’ultimo uomo che lei frequentava, Silvio Mannina di Castano Primo
Un ergastolano libero di tornare a casa, ma che da anni non ha più memoria delle sue vittime. Dritan Demiraj, il killer del lago Azzurro che uccise due persone a sangue freddo, sta per essere espulso. Dopo la feroce aggressione in carcere è stato dichiarato incapace di intendere e di volere, e la giustizia ha dovuto lasciarlo andare. Da tempo occupa un letto nel reparto di Geriatria dell’ospedale di Parma, ma non ha più titolo per stare in Italia e la sua famiglia lo vuole in Albania, dove potrà occuparsi di lui. Chi l’ha visto lo descrive come un uomo rannicchiato su se stesso e con la mente di un bambino che riconosce a stento medici e genitori. Non cammina e parla con grandi difficoltà, quanto alla sua memoria è ormai del tutto inesistente.
I giudici di primo grado gli avevano dato l’ergastolo per l’omicidio della ex compagna, Lidia Nusdorfi a Mozzate (Como) e dell’ultimo uomo che lei frequentava, Silvio Mannina di Castano Primo, nel Legnanese (Milano). Una vendetta albanese per il tradimento della donna. Era stato nel carcere di Parma che la sua nemesi si era materializzata in un ex pugile romeno. Quale conto in sospeso ci fosse tra i due detenuti non si è mai saputo, ma un giorno Dritan aveva incrociato quel bestione nei corridoi e quando gli agenti della Polizia penitenziaria glielo avevano tolto dalle mani, Demiraj era già in coma. Era arrivato in ospedale in condizioni talmente gravi che i medici l’avevano dato per spacciato. Invece era sopravvissuto, il suo corpo aveva in parte resistito e dopo mesi si era svegliato dal sonno della morte. Non la sua mente. A causa dei colpi ricevuti in testa, il cervello aveva subito lesioni tali da ridurlo poco più di un bambino.
Omicidio Mannina, “Non sono un assassino: Dritan mi ha rovinato la vita” (il Resto del Carlino – 17 luglio 2018)
Parla lo zio del killer dopo la sentenza della Cassazione che ha annullato l’ergastolo
Sadik Dine, il pescatore albanese zio del killer Drita Demiraj, è un uomo libero. Ancora più ‘libero’ dopo che la Cassazione ha annullato la sentenza di ergastolo che gli era stata inflitta in Appello per gli omicidi di Silvio Mannina e di Lidia Nusdorfi, accogliendo in toto il ricorso che era stato presentato dal suo avvocato, Massimiliano Orrù. Sulla testa di Dine c’è solo la condanna a cinque anni per occultamento di cadavere, quello di Silvio Mannina.
Signor Dine, ma lei è davvero innocente? «Io non sono un assassino come pensano gli altri. Io sono innocente, non ho ammazzato nessuno, gli assassini sono altri. Se fossi stato come mi dipingono, avrei già confessato, avrei già detto tutto, ma io non ho ucciso nessuno».
Lei non sente di avere le mani sporche di sangue? Ha pur sempre aiutato suo nipote Dritan a sbarazzarsi del corpo di un uomo, del povero Silvio Mannina… «Io ho aiutato mio nipote a nascondere il cadavere, è vero, è questa la mia colpa più grande e mi dispiace moltissimo per quel ragazzo, non c’entrava nulla, lui era già morto quando sono arrivato là. Mi dispiace per la sua famiglia, lo ripeto e chiedo ancora perdono e scusa, ma non per aver ucciso Silvio. Non l’ho ucciso io, gli assassini sono gli altri tre».
Torniamo indietro a quel maledetto 28 febbraio 2014. Che cosa è accaduto?
«Ero a casa mia quando è arrivata Monica Sanchi. ‘Ti vuole tuo nipote’, mi ha detto. Sono andata con lui a casa sua, sono entrato in camera da letto e Dritane ha esclamato: ‘Zio, aiutami, guardami cosa ho fatto, ho ucciso un uomo’. Sul letto c’era un ragazzo, Silvio Mannina, era già morto. Dritan era fuori di testa, sono stato costretto ad aiutarlo a portare via il corpo di quel poveretto».
Come costretto?
«Ho avuto persino paura che Dritan potesse fare del male a me ed alla famiglia, non ragionava più, era un momento terribile, mio nipote non era più in sé. L’ho aiutato a sollevare il corpo, a metterlo nel tappeto e poi nell’auto, fino al lago».
Avrebbe potuto però tirarsi indietro, lasciare lì Dritan..
«Lo so, ma per me Dritan era come un figlio,mi sono trovato in difficoltà, ho avuto paura della sua reazione violenta».
Lidia Nusdorfi, però, avrebbe potuto essere salvata se lei avesse parlato?
«Io non sapevo che cosa avrebbe fatto Dritan, non lo potevo immaginare. Era innamorato folle di quella donna, mai e poi mai avrei immaginato che l’avrebbe ammazzata».
Ma il volto di Silvio Mannina non la perseguita?
«Ce l’ho sempre davanti agli occhi, non riesco a dimenticare quel corpo senza vita, ma io non l’ho ucciso, era già morto quando sono arrivato a casa di Dritan. Capisco il dramma di sua madre, di sua sorella, io sono stato incastrato da mio nipote, mi ha distrutto la vita».
Perché distrutto la vita, lei è libero? «Mi hanno tolto i miei figli, non ho più un lavoro, è colpa di Dritan se sono finito in questa situazione terribile».
Ha mai pensato di fuggire? «Assolutamente no, io sono innocente, non ho ammazzato nessuno, la mia vita è qui».
(di Grazia Buscaglia)
E’ morta Monica Sanchi, la complice del killer (Chiamami Città – 4 febbraio 2019)
E’ morta in una clinica di Misano Monica Sanchi 40 anni, complice degli omicidi di Lidia Nusdorfi e Silvio Mannina. Quattro anni fa ammise le sue responsabilità nella complicità con Dritan Demiraj dell’uccisione di Lidia, ex compagna di lui e Silvio, ultimo amante di Lidia,. Nel 2016 fu condannata a 30 anni mentre il suo complice Demiraj all’ergastolo. La vicenda risale a venerdì 28 febbraio 2014. Silvio Mannina arrivò alla stazione di Rimini da Bologna, dove abitava. Giunto all’appartamento di Dritan, l’uomo sarebbe stato ammanettato e torturato, prima di essere strangolato con un cavo attorno al collo. Il corpo era stato sepolto in una buca scavata alla cava del lago azzurro di Santarcangelo di Romagna, ritrovato dagli inquirenti solo successivamente. Lidia Nusdorfi venne accoltellata il giorno dopo, il 1°marzo, alla stazione di Mozzate, in provincia di Como. In entrambi i casi decisiva fu la complicità di Monica Sanchi per attirare prima Mannina e poi Lidia nei luoghi dove poi sarebbero stati uccisi da Dritan. Per entrambi non sarà la giustizia terrena a fare espiare la pena per i due delitti. Per un destino che li ha uniti nel delitto ora li sta unendo anche nella conclusione tragica delle loro vite.
Monica Sanchi è deceduta colpita da un tumore alla spina dorsale. Era già da tempo ricoverata in una clinica, ai domiciliari non potendo stare in carcere. Mentre Dritan Demiraj, condannato all’ergastolo è uscito dal carcere dopo che la Corte d’Appello di Bologna, nel 2017, ha deciso per il “non luogo a procedere” constatata l’incapacità dell’uomo di stare in giudizio. Su Demirai è stato infatti accertato un “deficit di memoria e di comprensione” che lo ha reso «come un bambino che vive alla giornata, una condizione che la medicina indica come irreversibile». E’ ridotto in questo stato dopo un’aggressione subìta in carcere a Parma, nell’aprile del 2016: calci e pugni alla testa per 15 minuti, che lo avevano mandato in coma.
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In memoria di
Morto Dritan Demiraj, il «Killer del lago» uccise l’ex e il nuovo compagno. La sorella di Mannina: «Felice per la sua fine» (Corriere della Sera – 30 aprile 2024)
Era ricoverato in uno stato vegetativo e non ricordava più nulla del suo passato. Il 27 aprile è morto nel reparto di Geriatria dell’Ospedale di Parma Dritan Demiraj, 39 anni, passato alle cronache come il «Killer del lago» in Romagna: tra il 28 febbraio e l’1 marzo del 2014 uccise Silvio Mannina a Santarcangelo di Romagna dopo averlo torturato e costretto con le torture a prendere un appuntamento con la fidanzata Lidia Nusdorfi, che era la sua ex compagna nonché madre dei suoi figli.
Una trappola per presentarsi all’appuntamento – alla stazione di Mozzate, vicino Como – e ucciderla a coltellate. Per quegli omicidi Demiraj fu condannato all’ergastolo ma nel 2016 fu brutalmente picchiato da un altro detenuto a Parma: Demiraj riportò danni cerebrali – aveva iniziato a comportarsi come un bambino – perdendo la memoria. Ma la posizione dei familiari è inamovibile. «Non piango per questa morte» – attacca la sorella di Silvio Mannina, Simona. «Tu all’inferno, mio fratello in paradiso e per sempre nel mio cuore. Svegliarsi la domenica mattina con questa notizia non ha prezzo», aveva scritto su Facebook poco prima.
La trappola per le vittime Lidia Nusdorfi e Silvio Mannina. Gli omicidi diDritan Demiraj, trentanovenne albanese che in Romagna faceva il pasticcere e che con la giustizia aveva qualche precedente per spaccio e varie aggressioni, fecero scalpore in tutta Italia all’epoca. Furono delitti efferati: per primo si venne a conoscenza del femminicidio – all’epoca non si chiamava così – della ex Lidia Nusdorfi. Il delitto del fidanzato, Silvio Mannina, che viveva di stenti a Bologna, si scoprì solo dopo in un secondo momento: il cadavere era stato occultato nel lago azzurro, a Santarcangelo, perché l’intento del killer era quello di far apparire l’uccisione di Lidia Nusdorfi opera dello stesso Mannina. Che invece era stato attirato a Rimini con un escamotage: Dritan Demiraj, aveva conosciuto al Bingo di Riccione Monica Sanchi, che divenne poi la sua compagna.
La Sanchi aiutò il fidanzato a mettere in pratica i suoi piani. Sedusse Mannina sfruttando le chat di Facebook e lo attirò a Rimini ma all’appuntamento si presentarono anche il pasticcere e lo zio Sadik Dine, finito anche lui in carcere con una condanna all’ergastolo in quanto complice. Per il resto la storia è ben nota.
L’aggressione in carcere a Parma e la richiesta di risarcimento. «Nonpiango per la mortedi Dritan Demiraj – continua a ripetere la sorella – noi familiari ci siamo sentiti abbandonati: una persona del genere, un soggetto anzi, perché di certo non è una persona ha potuto chiedere dei risarcimenti per l’aggressione subita, noi invece no». E a spiegare il motivo è il legale Alessandro Buzzoni. «Demiraj fu dichiarato incapace di intendere e di volere, uscì dal carcere e finì in ospedale. Era una persona non abbiente e per questo era impossibile ottenere risarcimenti». A chiederli lo Stato per l’aggressione subita in carcere fu il legale del pasticciere albanese Massimiliano Orrù. Quanto alla sorte delle persone coinvolte c’è un minimo comune denominatore: una fine triste, tragica e drammatica, segnata dal destino.
Il podcast che ripercorre il caso «Sicuramente noi pensiamo che questo processo fosse stato segnato dal destino. I familiari – spiega l’avvocato Buzzoni – credono romanticamente che Silvio Mannina abbia ammaestrato dall’alto la sorte: è come se si fosse abbattuta una giustizia divina sugli autori di questi omicidi. In effetti pare che siano stati giudicati dall’alto, anche se dobbiamo ricordarci che è brutto dirlo o pensarlo e la giustizia divina non va invocata. La verità è che questa storia si è rivelata per quello che è: una vicenda drammatica ed efferata». Proprio in questi giorni è stata pubblicata la prima puntata di un podcast, «Crimini @» che ha ripercorso «Il caso Mannina», ideata da Davide Cardone e dall’avvocato Davide Grassi. (di Enea Conti)