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Domenico Laface, 54 anni, padre. Pregiudicato per tentato omicidio e maltrattamenti sulla prima moglie, destinatario di numerose denunce prescritte, porta in ospedale la seconda moglie dicendo di averla trovata così. Lei muore dopo 35 anni di violenze e giorni di agonia. Lui viene condannato con rito abbreviato a 18 anni di reclusione, dopo 7 gli vengono concessi i domiciliari

Reggio Calabria, 4 Maggio 2013

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Titoli & Articoli

Corriere della Sera – 8 maggio 2013

 

Donna morta a Reggio, lesioni dovute a percosse. Il gip ordina l’arresto per il marito (Approdo Calabria – 8 maggio 2013)
I carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Domenico Laface, di 54 anni, marito di Immacolata Rumi, la donna morta sabato nell’ospedale di Reggio Calabria perchè sottoposta a percosse. Il provvedimento restrittivo è stato emesso dal gip, Cinzia Barillà, che non ha convalidato il fermo di Laface, ritenento insussistente il pericolo di fuga, ma ha emesso comunque il provvedimento restrittivo. Nel frattempo nel corso della giornata è emerso che sarebbero compatibili con le percosse subite le lesioni rilevate sul corpo della donna morta. Il dato è emerso dall’autopsia.
Per la morte della donna il marito inzialmente era stato fermato per la necessità di accertare alcuni fatti che hanno preceduto la morte della moglie. Sabato scorso il decesso della donna era stato attribuito, in un primo tempo, a cause naturali. Dalle indagini sono poi emerse le percosse alle quali sarebbe stata sottoposta la donna e l’ipotesi del possibile nesso di causalità con il decesso. Da qui anche la decisione del pm di turno della Procura della Repubblica di Reggio Calabria di sottoporre il cadavere di Immacolata Rumi ad autopsia in modo da accertare le cause della morte verificando, in particolare, se fosse possibile collegarla alle percosse che avrebbe subito. All’uomo viene contestato il reato di maltrattamenti seguiti da morte, per il quale è prevista una pena fino a 24 anni di reclusione. Il fascicolo dell’inchiesta sulla morte di Immacolata Rumi è adesso al vaglio del gip, che deve decidere sulla convalida del fermo del marito della donna.
Una donna reggina di 53 anni, Immacolata Rumi, è morta sabato scorso in seguito alle percosse ricevute da un uomo. Questa è l’ipotesi emersa dalle indagini dei Carabinieri di Reggio Calabria scattate quando, sabato mattina intorno alle ore 7, la donna è giunta agli Ospedali Riuniti ed è deceduta nel nosocomio per arresto cardiocircolatorio. Le indagini della Compagnia cittadina, diretta dal capitano Pantaleone Grimaldi, avrebbero consentito al pm presso la Procura di Reggio Calabria di spiccare un fermo di indiziato di delitto nei confronti di un uomo che, secondo l’accusa, avrebbe percosso la Rumi, provocandone il decesso. Secondo le indiscrezioni in attesa di conferme, si tratterebbe del marito della donna. Il pm ha disposto l’autopsia sul cadavere della malcapitata. Intanto le indagini dell’Arma proseguono per chiarire tutti i dettagli della vicenda.

Reggio, donna uccisa di botte: i figli, “nostro padre è un violento, usava anche un bastone” (StrettoWeb – 8 maggio 2013)
Ha trascorso la sua prima notte in carcere Domenico Laface, il 58enne accusato dei maltrattamenti che potrebbero avere causato la morte della compagna Maria Immacolata Rumi sabato scorso agli ospedali Riuniti di Reggio Calabria. Il gip Cinzia Barillà ha accolto la richiesta di emissione di custodia cautelare del pm Antonella Crisafulli ed emesso un’ordinanza restrittiva pur non convalidando il fermo nei confronti dell’uomo.
L’esame del corpo della donna ha rilevato la presenza di frattura alle costole, quando e’ arrivata al pronto soccorso le sanguinava il naso e il labbro. Anche nei corridoi della struttura sanitaria, secondo le testimonianze contenute nel provvedimento, Laface ha continuato a minacciarla ”Maria, stai ferma se no ti meno un pugno”. Sono state le testimonianze dei figli raccolte dai carabinieri a confermare l’indole violenta dell’uomo, al punto che uno dei figli ha espressamente chiesto di non incontrarlo in caserma.
Con i sei figli, tuttavia, Domenico Laface non e’ mai stato violento quanto lo era stato con la moglie. Contro di lei, hanno raccontato i testimoni, usava a volte anche un bastone.Mio padre -racconta uno dei figli- l’ha malmenata con una certa violenza in piu’ occasioni anche in presenza mia e dei miei fratelli. A volte le dava anche pugni sul viso, sul corpo, calci. In qualche occasione l’ha picchiata con un bastone del tipo da passeggio che normalmente sta all’ingresso nel portaombrelli”. Lei non ha mai denunciato le percosse subite.
Domenico Laface invece davanti al giudice ha negato gli addebiti. ”Con mia moglie -ha dichiarato- ho sempre avuto un buon rapporto, mi ha dato sei figli, non abbiamo mai litigato e poi perche’ avrei dovuto menare mia moglie? Ribadisco che non l’ho mai toccata, puo’ esserci stata qualche parola di discussione, ma per i figli, che non e’ mai degenerata. Io le ho sempre voluto bene perche’ era una brava ragazza, ora Gesu’ Cristo l’ha voluta e se l’e’ chiamata Gli inquirenti non gli hanno creduto, visto pure il suo atteggiamento ”non mostrando mai una particolare sensibilita’ o drammatico dolore per la perdita della persona amata”, scrive il gip.

Reggio Calabria: morta dopo maltrattamenti, arrestato picchio’ anche ex moglie (Libero Quotidiano – 12 maggio 2013)
Domenico Laface, il 58enne arrestato per maltrattamenti in seguito ai quali la compagna Maria Immacolata Rumi e’ morta sabato scorso agli ospedali Riuniti di Reggio Calabria, era gia’ stato condannato per un episodio simile. Lo ha raccontato lui stesso al gip Cinzia Barilla’ durante l’interrogatorio in carcere, giustificando le sue azioni con il tradimento subito. Nello stesso contesto della sua precedente relazione, gambizzo’ il fratello della ex moglie. Laface ha subito anche altre pronunce non definitive per altri episodi di violenza, alcuni dei quali prescritti. “Si tratta pur sempre -secondo il gip- di eventi sintomatici di un indole assolutamente brutale ed impulsiva”.

 

Morte Immacolata Rumi, 18 anni di carcere in abbreviato al compagno: la picchiò provocandone la morte (Strill – 14 maggio 2014)
Condanna pesantissima per Domenico Laface. Il gup reggino, Domenico Santoro, lo ha condannato a 18 di carcere per il reato di maltrattamenti in famiglia aggravati dalla morte della persona offesa ed inoltre, ha riconosciuto l’aggravante dell’aver agito con crudeltà. Regge in toto quindi l’impianto accusatorio del sostituto procuratore Antonella Crisafulli che per l’uomo aveva invocato 20 di reclusione. Ad un anno dalla morte di Immacolta Rumi si chiude il primo step giudiziario di una vicenda che all’epoca sconvolse l’intera Reggio Calabria e approdò anche fra le cronache nazionali. Domenico Laface per il gup reggino provocò la morte della compagna, e madre dei suoi figli, che è deceduta in seguito da un’emorragia interna causata dalle percosse ricevute. Anni e anni di maltrattamenti, anni e anni di violenze fisiche, psicologie e verbali.
A raccontarlo agli inquirenti durante le indagini sono stati proprio i figli della coppia, stanchi degli abusi perpetrati dal padre e soprattutto distrutti dalla morte della loro madre. «I miei genitori litigavano spesso. Mio padre l’ha malmenata con una certa violenza in più occasioni anche in presenza mia e dei miei fratelli. A volte le dava anche pugni sul viso, sul corpo, calci. In qualche occasione l’ha picchiata con un bastone del tipo da passeggio che normalmente sta all’ingresso nel portaombrelli». Questo è quanto hanno riferito agli inquirenti i figli. L’ultimo episodio di violenza di cui i figli hanno riferito sarebbe risalito alla settimana precedente alla morte: «Eravamo in casa. C’era anche mia sorella … In tale circostanza sono riuscita a farli smettere e a calmarli», racconta una delle figlie. E un’altra delle ragazze: «Apprendevo, al riguardo, da mia sorella che, nella circostanza risalente al 28 aprile, mio padre avrebbe usato per l’ennesima volta violenza nei confronti di mia madre e, peraltro, anche con modalità particolarmente veementi». Circostanze e fatti confermate anche dai figli maschi della coppia che pur sapendo delle violenze fisiche hanno entrambi sostenuto, nei fatti di non essersi mai resi conto della gravità dei fatti e del rischio che correva la madre.
Le dichiarazioni raccolte dai Carabinieri della Compagnia di Reggio Calabria, hanno descritto un uomo irascibile e violento. Laface infatti, è stato condannato per lo stesso reato molto prima della relazione con la Ruimi. L’umo infatti, aveva questi comportamenti anche nei confronti della prima moglie che gli sono costati una condanna ad un anno di reclusione. Le testimonianze dei figli, i referti medici e le poco credibili giustificazioni che lo stesso Laface avrebbe dato agli inquirenti subito dopo il fatto, dichiarando di aver accompagnato la donna in ospedale dopo averla trovata in quelle condizioni in casa dopo il suo rientro, indussero il gip a disporre l’arresto. «In questo contesto non c’è chi non veda come sia impensabile accedere a misure alternative o ad una convivenza in casa con altri familiari, che vanno viceversa protetti dall’uomo e dalla sua irruenza incontrollabile, pronta ad esplodere a seguito dei più banali episodi, sicché l’unica misura cautelare adottabile è quella invocata dall’accusa». Alla luce della pesantissima condanna inflitta, Laface quindi in carcere ci resterà per molto tempo. Colpevole non soltanto di aver provato la morte della sua compagna, ma di aver privato inevitabilmente i suoi sei figli della propria madre e anche della sua figura, facendo piombare nella disperazione un’intera famiglia.

 

Reggio, prorogata detenzione domiciliare per Domenico Laface. L’uomo condannato a 18 anni per l’omicidio della moglie (il Dispaccio – 10 luglio 2021)
Continuerà a beneficiare della detenzione domiciliare Laface Domenico, reggino cl.56 condannato in via definitiva a diciotto anni di reclusione per l’omicidio della moglie Rumi Maria a seguito dei continui maltrattamenti posti in essere in costanza di matrimonio.
Così ha deciso l’ufficio di sorveglianza di Pavia che in accoglimento dell’istanza difensiva presentata dall’avv. Fabio Tuscano del Foro di Reggio Calabria che ha seguito il caso processuale fin dalle prime battute processuali, ha disposto il differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare.
Secondo il magistrato di sorveglianza sussistono i presupposti per la concessione del differimento richiesto dalla difesa ovvero le condizioni di salute del Laface e la lontananza tra il luogo di commissione del grave reato (Reggio Calabria) e quello della detenzione. Il Laface dopo sette anni di detenzione in carcere già da un anno si trovava in detenzione domiciliare dopo l’accoglimento dell’istanza difensiva di differimento disposta dal Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria che aveva nominato un perito medico per verificare la situazione di incompatibilità carceraria per come segnalato dalla difesa.


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