LA RICOSTRUZIONE DEL DELITTO NELLE MOTIVAZIONI – Maria Cristina Omes e Carlo Lissi erano sposati da sei anni: lei lavorava in un’agenzia di assicurazione, lui era impiegato in una società di software. Si infatuò di una sua collega, che tra l’altro non lo corrispondeva e maturò il desiderio di separarsi dalla moglie. A due anni esatti dalla notte in cui la donna fu uccisa insieme ai suoi due bambini, il 14 giugno 2016, sono state rese note le motivazioni della sentenza di primo grado del gup di Pavia Luisella Perulli. Motivazione nelle quale si parla di “feroce annientamento” dei suoi “legami più forti” e si smentisce la versione dell’uomo, secondo cui a scatenare la follia omicida sarebbe stato un litigio avuto con la donna dalla quale voleva separarsi. Invece il gup ha ricordato che Lissi “la indusse a consumare un rapporto sessuale”, per poi scendere in taverna, prendere un coltello e approfittare “dello stato di abbandono della moglie, seduta inerme e inconsapevole sul divano dopo aver fatto l’amore con suo marito”.
Lissi “l’aggredì selvaggiamente, accoltellandola una prima volta alle spalle”. E poi salì al piano superiore. Sgozzò i suoi figli, prima Giulia e poi Gabriele che dormiva nel letto matrimoniale. I bambini, colti nel sonno, non hanno avuto nemmeno la possibilità di difendersi. Il padre ha affondato a entrambi il coltello nella gola. Poi è sceso in cantina, ancora in mutande dopo il rapporto con la moglie, si è fatto una doccia, è risalito e si è vestito. Per andare a vedere la partita. Un massacro che il gup ha definito “agghiacciante nella sua enorme sproporzione rispetto al movente”.