Carlo Lissi, 31 anni, informatico, padre. Massacra moglie e figli, poi va a vedere la partita. Condannato all’ergastolo, rinuncia all’Appello ritenendo congrua la pena. In carcere si laurea in filosofia
Motta Visconti (Milano), 14 Giugno 2014
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La vicenda di Motta Visconti è una delle dieci+una Favole da Incubo contenute nel libro scritto da Roberta Bruzzone ed Emanuela Valente, con il titolo “L’Uomo nero che giocava a fare il papà”
Favole da Incubo
Strage di Motta Visconti, uccise moglie e figli: ora si laurea in carcere
Carlo Lissi, autore di una delle più spaventose stragi familiari degli ultimi anni, si è laureato in filosofia all’Università di Pavia
Era la sua passione da uomo libero. Ha contribuito a colmare le sue giornate da ergastolano “fine pena mai”. Carlo Lissi, autore di una delle più spaventose stragi familiari degli ultimi anni, si è laureato in filosofia all’Università di Pavia. Una volta diventato dottore, ha comunicato la notizia al difensore, l’avvocato Corrado Limentani. Lissi, che oggi ha 38 anni, alla spalle un lavoro da informatico, sconta il carcere a vita nel penitenziario pavese di Torre del Gallo dove ha sempre tenuto un comportamento irreprensibile.
Una strage, la sera di sabato 14 giugno 2014, in un villetta in via Ungaretti a Motta Visconti. Una mattanza premeditata, con una sola arma, il classico coltello da cucina. Lissi prima uccide la moglie Maria Cristina Omes, che ha 38 anni, sei più di lui, mentre la donna si rilassa sul divano; poi i figli, la primogenita Giulia, 5 anni, che riposa nella sua stanzetta, e Gabriele, 20 mesi, addormentato nel letto dei genitori. Una lunga doccia. Esce e va a vedere la partita Italia-Inghilterra su maxischermo in piazza. Rincasa e scopre l’orrore. Racconta di aver tentato di rianimare Maria Cristina, imbrattandosi con il suo sangue, e subito dopo di avere soccorso i figli. Evoca una banda di rapinatori, magari dell’Est. Confessa dopo una pizza.
Parla di un matrimonio nel quale si sentiva ingabbiato, senza trovare la forza di affrontare il discorso e le conseguenze di una separazione. Nello stesso tempo vagheggiava una storia d’amore con una collega, che accettava solo un rapporto di amicizia. Ascolta a capo chino la sentenza del gup di Pavia, Luisella Perulli, che lo condanna all’ergastolo. Rinuncia al ricorso in Appello, già presentato, con tre righe ai giudici, “considerando congrua la condanna inflittami in primo grado e scusandomi per la perdita di tempo”.

Uccise la moglie e i suoi due figli piccoli e, per crearsi un alibi, andò a vedere la prima partita dei Mondiali in Brasile, quella tra Italia e Inghilterra, in un pub con gli amici. Condannato al ‘fine pena mai’ nel processo di primo grado conclusosi un anno fa per il delitto di Motta Visconti (Pavia), Carlo Lissi, 34 anni, ha rinunciato al ricorso in appello, che già aveva presentato, scrivendo ai giudici: “Rinuncio all’appello perché ritengo congruo l’ergastolo inflittomi”.
Finisce così la vicenda giudiziaria iniziata dopo il triplice omicidio che ha sconvolto l’Italia intera. Perché quella sera del 14 giugno 2014, Lizzi non si accontentò di uccidere la moglie di cui non era più innamorato, Maria Cristina Omes, ma sgozzò anche Giulia, di 5 anni, e Gabriele, 20 mesi e perché quando, subito dopo la confessione, il pm Giovanni Benelli gli chiese se non fosse stato meglio divorziare, Lissi rispose: “Il divorzio non avrebbe risolto, perché i figli sarebbero comunque rimasti”.
Così in tre righe scritte alla Corte d’Appello di Milano, riporta il Corriere della Sera, il 34enne chiede che resti la pena dell’ergastolo “considerando congrua la condanna inflittami in primo grado e scusandomi per la perdita di tempo”.
Una scelta senza precedenti quella dell’ex impiegato, oggi seguito nel carcere di Pavia da uno psicologo. La rinuncia al ricorso già presentato per un secondo processo ormai imminente non dà altre possibilità. Così ai giudici milanesi non resta altro da fare che accettare la decisione di Lissi che, pure, qualche chance di evitare il ‘fine pena mai’ ce l’aveva. Per esempio, con un riconoscimento di un parziale vizio di mente.
RESTA LA CONDANNA DI PRIMO GRADO – Carlo Lissi è stato condannato all’ergastolo il 18 gennaio 2016. La sentenza del gup di Pavia prevedeva anche tre anni di isolamento diurno, ma poi la pena è stata ridotta perché Lissi era a giudizio con rito abbreviato. Il giudice ha riconosciuto le attenuanti generiche, subordinate però alle aggravanti della premeditazione, del vincolo di sangue e della minorata difesa. Proprio quelle attenuanti, però, avrebbero potuto creargli un altro spiraglio e portarlo a una pena più lieve. “Per noi la perizia psichiatrica era errata, la concessione delle attenuanti apre la porta al ricorso in appello” dichiarò subito dopo la pronuncia della sentenza l’avvocato che lo aveva assistito Corrado Limentani.
Lissi “l’aggredì selvaggiamente, accoltellandola una prima volta alle spalle”. E poi salì al piano superiore. Sgozzò i suoi figli, prima Giulia e poi Gabriele che dormiva nel letto matrimoniale. I bambini, colti nel sonno, non hanno avuto nemmeno la possibilità di difendersi. Il padre ha affondato a entrambi il coltello nella gola. Poi è sceso in cantina, ancora in mutande dopo il rapporto con la moglie, si è fatto una doccia, è risalito e si è vestito. Per andare a vedere la partita. Un massacro che il gup ha definito “agghiacciante nella sua enorme sproporzione rispetto al movente”.