Loading

Sidki Bouchaib, 59 anni, nullafacente, padre. Dopo anni di maltrattamenti, uccide la moglie a botte. Ergastolo

Milano, 30 Novembre 2022


Titoli & Articoli

Uccide la moglie a coltellate, i vicini: “Un orco, si sentivano sempre le urla della donna” (Fan Page – 1 dicembre 2022)
In tre anni erano stati tre gli interventi della polizia per maltrattamenti domestici nella casa di via Lope de Vega, e due i ricoveri per la donna. Che però aveva ogni volta negato le violenze, difendendo anzi il marito: “È un bravo musulmano”
“Un orco”, “Una persona violenta con la moglie e con i figli”, “Picchiava di continuo la moglie, si sentivano sempre le urla”. Lo raccontano i vicini di Sidki Bouchaib, 59enne egiziano che abita con moglie e quattro figli in un caseggiato popolare Aler di via Felice Lope de Vega, quartiere Barona, Milano. Ieri intorno alle 11.30, però, le solite urla sono state più alte che mai: erano quelle della moglie Wafaa Chrakoua, 51 anni, accoltellata con più fendenti e uccisa mentre i ragazzi erano a scuola. Per l’ultima volta.
Dopo l’omicidio, l’uomo scende in strada. Cammina senza una meta, vaga in stato confusionale tra le vie della periferia milanese. Contatta il 112, tenta di spiegare. Quando all’improvviso si imbatte proprio in una pattuglia delle forze dell’ordine che passa su viale Liguria: richiama l’attenzione dei militari, ferma la vettura e si costituisce confessando l’omicidio della moglie. “Ho ammazzato mia moglie, è a casa”. In questura, successivamente, darà questa spiegazione: “Abbiamo litigato, lei mi insultava perché non avevo un lavoro. Allora non ci ho visto più”.
La polizia era già intervenuta per maltrattamenti domestici
E così la donna viene ritrovata nell’appartamento pochi istanti dopo, riversa sul pavimento. Accanto a lei, un coltellaccio da cucina. E sul corpo immerso in una pozza di sangue ferite da taglio ovunque, dalle braccia al torace, dalle mani all’addome: le coltellate sono state tante e diverse, sferrate con cieca rabbia. Del resto, che l’uomo avesse frequenti scoppi d’ira e atteggiamenti violenti tra le mura di quell’appartamento al quarto piano, era cosa ben nota a chi abitava nei dintorni.
E non solo. In tre anni, erano stati tre gli interventi della polizia per maltrattamenti domestici, e due i ricoveri all’ospedale San Paolo per la donna. Che però aveva ogni volta negato le violenze: nessuna denuncia, nessuna dichiarazione a verbale. Se non di difesa nei confronti del marito: “È un bravo musulmano”.

“L’ho uccisa perché mi ha spento la tv”, Sidki confessa l’omicidio della moglie (Fan Page – 2 dicembre 2022)
Bouchaib Sidki, in carcere con l’accusa di aver ucciso a coltellate la moglie di 51 anni Wafaa Chrakoua, agli inquirenti ha spiegato il movente dell’omicidio.
Svela il movente dell’omicidio il cinquantanovenne marocchino Bouchaib Sidki, in carcere con l’accusa di aver ucciso a coltellate la moglie di 51 anni Wafaa Chrakoua al termine di una lite nell’appartamento di via Lope de Vega 1, nel quartiere Barona a Milano.
La confessione del presunto omicida
Agli inquirenti l’uomo confessa: “Mi trovavo in casa – le dichiarazioni del marito sono stati riprese da Il Giorno – e stavo guardando la televisione in soggiorno. Ero seduto sul divano, quando mia moglie è rientrata dal lavoro e mi ha spento la tv. Poi ha iniziato a rimproverarmi che stavo tutto il tempo sul divano invece che andare a cercarmi un lavoro“.
Poi continua a raccontare cosa è accaduto quel giorno: “Mia moglie ha continuato a urlarmi contro nei minuti successivi dicendomi che avrei dovuto lasciare la casa a lei e ai nostri figli. Poi quando è andata in camera da letto, io sono andato in cucina e ho impugnato il coltello che di solito usiamo per la carne. L’ho trovato che era sul tavolo vicino al forno”.
La donna ha chiesto scusa
L’uomo ha così raggiunto la donna che alla vista del coltello, terrorizzata, ha continuato a chiederle scusa. Ma inutilmente: il 59enne ha iniziato a colpirla più volte con il coltello. “Non mi ricordo quanti colpi le ho dato, posso dire però che mi sono accorto che a un certo punto era morta in quanto non urlava più”. Pochi minuti dopo l’uomo è pronto a confessare tutto al 112: compone il numero e si dirige verso il vicino Commissariato. Prima chiama il figlio e racconta tutto a lui.
L’uomo dopo ha deciso di costituirsi
Non fa in tempo ad arrivare dagli agenti di polizia che vede una pattuglia dei carabinieri passare vicino a lui così la ferma. Racconta tutto: i militari così iniziano a perquisirlo e lo riportano nel suo appartamento di via Lope de Vega. Qui sul posto erano arrivati già anche i poliziotti della Volante dell’Ufficio prevenzione generale. Davanti alla casa, l’uomo dice di non voler scendere dall’auto perché si vergognava di vedere in faccia il figlio che aveva chiamato poco prima. L’uomo ora si trova in carcere: il pubblico ministero Sara Arduini, che coordina l’inchiesta affidata alla polizia, deve ancora decidere sulla convalida dell’arresto e la misura cautelare del carcere per il marocchino. Dai primi accertamenti l’uomo maltrattava da tempo la moglie. La donna non aveva mai denunciato. (di Giorgia Venturini)

Milano: ammazza la moglie a coltellate, poi chiama il figlio e si ‘consegna’ (Alma News 24 – 4 dicembre 2022)
La discussione, l’ennesima di un rapporto difficile, quasi impossibile, nonostante un matrimonio “vecchio” ormai anni e anni e quattro figli cresciuti insieme. Gli insulti, le parole grosse, le minacce. Le promesse di morte che diventano realtà in un attimo. Poi l’allarme dato proprio a uno dei figli e quella “camminata” di un chilometro e poco più prima della resa, volontaria. È il film del femminicidio andato in scena nella tarda mattinata di mercoledì in via Lope de Vega, alla Barona, a Milano. Case popolari, condomini Aler dalle facciate scrostate, con le parabole sui balconi a fare compagnia a verande improvvisate e vasi con i fiori secchi. Wafaa Charakoua, 51 anni, marocchina, e suo marito Bouchaib Sidki, suo connazionale di otto anni più grande, vivevano al quarto piano del palazzo al civico 1. Quello stesso palazzo in cui Wafaa ha trovato la morte per mano del suo uomo.
L’omicidio, stando a quanto finora ricostruito, si è consumato verso le 12.20. Lei, che lavorava come donna delle pulizie in alcuni uffici, sarebbe tornata a casa e in poco tempo avrebbe cominciato a discutere con il marito. Sarebbe volato qualche insulto e lui avrebbe afferrato un coltello da cucina e si sarebbe accanito su di lei. Soltanto l’autopsia stabilirà con certezza quanti fendenti le ha sferrato, ma sono almeno una decina, quasi tutti al torace.
Lasciando la moglie a terra, ormai morta, Bouchaib – nessun precedente, cittadinanza italiana e al momento senza un lavoro – avrebbe quindi preso il cellulare per dare l’allarme. Il primo a ricevere la sua telefonata sarebbe stato uno dei figli.
Il presunto killer e la vittima ne avevano quattro: una ragazza maggiorenne che risiede all’estero e un 13enne, una 17enne e un 23enne, che vivevano con la coppia proprio nell’appartamento teatro dell’omicidio. Al cellulare con il più grande dei ragazzi, che in quel momento era al lavoro mentre i fratelli erano a scuola, il 59enne avrebbe confessato il femminicidio. Tanto che il giovane avrebbe chiesto a un amico che vive in zona di andare a controllare cosa fosse successo.

Omicidio Wafaa Chrakoua. Dieci coltellate mortali. Il marito al gip: “Uno scatto di rabbia” (Femminicidio Italia – 5 dicembre 2022)
Bouchaib Sidki, 59 anni, originario del Marocco, disoccupato, è calmo quando racconta alla gip Stefania Donadeo, nell’interrogatorio di convalida dell’arresto, di quello scatto d’ira che nella sua testa quasi giustifica le dieci coltellate mortali alla moglie Wafaa Chrakoua, di 51 anni, madre dei suoi quattro figli.
Nell’interrogatorio Sidki, difeso dall’avvocato Mario Petta, ha risposto alle domande della giudice ribadendo in sostanza quando aveva già detto alla pm Sara Arduini e agli investigatori della sezione Omicidi, diretti da Marco Calì.
L’ho uccisa per uno scatto di rabbia. Perché ero seduto sul divano, lei è entrata in casa e quando mi ha visto ha ricominciato con le solite cose, che dovevo trovarmi un lavoro, che non facevo niente, che lei era stanca e mi ha insultato. Così mi sono alzato dal divano, sono andato in cucina e ho preso un coltello…
Dopo aver ucciso, Sidki ha percorso più di un chilometro dal civico 1 di via Lope de Vega, zona Famagosta, periferia difficile di Milano, prima di fermare in viale Liguria una pattuglia dei Carabinieri. “Ho ucciso mia moglie“, ha detto subito ai militari. Con loro è tornato nell’appartamento al quarto piano del caseggiato popolare dove nel frattempo erano già arrivati i soccorritori del 118 e della polizia, chiamati dal figlio e dai vicini.
Non era la prima volta che dall’appartamento provenivano delle urla. Anzi, i litigi erano quotidiani, ma la donna non aveva mai voluto denunciare e a chi tentava di aiutarla raccontava che il marito si arrabbiava qualche volta con i figli, non con lei, che era tutto a posto. Nei registri delle forze dell’ordine c’è un solo intervento in via Lope de Vega al civico 1, quarto piano. È del luglio scorso: in quell’occasione il 59enne pare che avesse colpito la moglie con pugni e calci. L’allarme era partito dai vicini. Gli agenti erano arrivati nell’abitazione per prestarle soccorso. Alla fine, però, lei, anche in quell’occasione non aveva voluto denunciare: “tutto a posto“.

“Non puoi rispondermi”, poi le coltellate. Condannato all’ergastolo per l’omicidio della moglie (il Giorno – 24 luglio 2024)
Milano, dopo anni di maltrattamenti uccise la donna. Wafaa Chrakoua non ha mai denunciato per paura che i servizi sociali portassero via i figli
Un audio, inviato il 10 agosto 2022 da Bouchaib Sidki alla moglie, Wafaa Chrakoua, riassume la mentalità dell’uomo che il 30 novembre dello stesso anno avrebbe ammazzato la donna a coltellate nella casa popolare in via Lope de Vega dove viveva la famiglia: “Io sono l’uomo (…) tu non devi rispondermi quando io ti dico qualcosa. Non è un matrimonio questo qua, la donna dovrebbe stare zitta”. È uno dei messaggi riportati nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 27 giugno la Corte d’Assise ha condannato l’uomo all’ergastolo per omicidio volontario, riconoscendo anche l’aggravante dei maltrattamenti. È “irrilevante”, sottolineano i giudici, che la donna “non abbia mai trovato la forza di denunciare il marito”, anche “per il condizionamento culturale che le impediva di separarsi” da lui.
Come non “ha valore di giudicato” l’archiviazione del procedimento per maltrattamenti che fu aperto d’ufficio dopo tre “annotazioni” del 2015, 2019 e 2021. La Corte mette in luce la “totale assenza di resipiscenza ed elaborazione critica” da parte dell’imputato, che nel processo ha pure “tentato in modo grossolano di attenuare le responsabilità”. Lui che aveva sempre l’atteggiamento “di chi vuole mantenere il controllo sulla donna” e “teneva la famiglia in una condizione di grave indigenza”.
Quel femminicidio, quindi, “costituisce la degenerazione di precedenti condotte di maltrattamenti, poste in essere” per tutta la vita coniugale. La donna, però, non aveva mai voluto denunciare anche “per il timore di un intervento dei servizi sociali e di un allontanamento dei figli”, assistiti come parti civili dagli avvocati Raffaella Quintana e Alberto Angeloni. I giudici, comunque, fanno presente che per i maltrattamenti si può procedere d’ufficio, proprio per la “paura” che spesso impedisce “di denunciare”.

Killer della moglie e finto nullatenente per avere l’avvocato gratis: condannato all’ergastolo (il Giorno – 27 giugno 2024)
Il femminicidio di via Lope de Vega: revocato il gratuito patrocinio per Bouchaib Sidki dopo la scoperta di un rilevante patrimonio in Marocco. I giudici dispongono anche un risarcimento di 600mila euro per i figli
Per Bouchaib Sidki è arrivata la condanna più pesante: ergastolo per aver ucciso a coltellate la moglie di 51 anni, Wafaa Chrakoua, durante una lite scoppiata la mattina del 30 novembre del 2022 perché la donna, appena tornata nell’appartamento in via Lope de Vega 1 dopo ore trascorse a fare le pulizie per mantenere la famiglia, aveva osato spegnere la televisione e rimproverarlo. “Mi ha detto che stavo tutto il giorno a guardare la televisione invece di andare a cercarmi un lavoro”, aveva messo a verbale il 61enne dopo l’arresto per il femminicidio alla Barona…

Ergastolo per l’omicidio della moglie, la corte gli revoca l’avvocato gratis. “Ha proprietà in Marocco” (il Giornale – 27 giugno 2024)
I giudici d’Assise dopo la condanna al carcere a vita per Bouchaib Sidki, che ha ucciso la moglie Wafaa Chrakoua a coltellate nel novembre 2022 a Milano, hanno inviato gli atti alla procura per valutare altri profili penali
Non solo la (scontata) condanna all’ergastolo per il femminicidio della moglie, Wafaa Chrakoua, uccisa a 51 anni a coltellate dopo essere rientrata a casa dopo un turno estenuante di pulizia dopo una discussione per un motivo banale (proprio oggi ne avrebbe compiuti 53). Ora Bouchaib Sidki dovrà vedersela anche sotto un altro profilo penale: aveva avuto accesso al gratuito patrocinio, cioè l’assistenza legale gratuita, dichiarando di avere un reddito di soli 10 mila euro annui. Peccato che non sia così: il 60enne è destinatario di rendite ben più “cospicue”, in quanto è proprietario di alcuni immobili in Marocco, Paese del quale è originario, che ha affittato a una banca e a un altro ufficio. Così la prima sezione della corte d’Assise di Milano, presieduta da Antonella Bertoja, non solo ha disposto la revoca dell’avvocato pagato dallo Stato, ma ha trasmesso gli atti alla procura per valutare eventuali profili penali.
“L’ho uccisa per uno scatto di rabbia. Perché ero seduto sul divano, lei è entrata in casa e quando mi ha visto ha ricominciato con le solite cose, che dovevo trovarmi un lavoro, che non facevo niente, che lei era stanca e mi ha insultato. Così mi sono alzato dal divano, sono andato in cucina e ho preso un coltello. Poi non so perché, non so cosa mi è preso, ero pieno di rabbia e mi sono scagliato contro di lei più e più volte fino a quando ho visto che cadeva a terra tutta insanguinata e non si muoveva più. Solo allora mi sono ripreso e ho chiamato mio figlio, poi sono uscito in strada e ho fermato una pattuglia dei carabinieri che passava di lì”, aveva detto alla gip Stefania Donadeo, nell’interrogatorio di convalida dell’arresto.
La pm Francesca Gentilini, succeduta alla collega Sara Arduini che aveva coordinato l’inchiesta della Squadra mobile, aveva chiesto una condanna all’ergastolo. Oggi a Sidki è stata riconosciuta l’aggravante del vincolo di parentela oltre che i maltrattamenti aggravati nei confronti della famiglia. La corte ha anche stabilito dei risarcimenti, da 150 mila per ciascuno dei quattro figli, di cui uno ancora minorenne.
Tutti sono assistiti dagli avvocati Alberto Angeloni e Roberta Quintana: la vittima lavorava nel loro studio e hanno offerto assistenza legale gratuita ai figli.
La maggiore dei ragazzi, che viveva in Francia, è dovuta tornare in Italia dopo l’omicidio per occuparsi dei fratelli rimasti senza genitori, dopo che la madre è stata uccisa e Sidki è finito in carcere. Dopo aver ucciso la donna Sidki ha percorso più di un chilometro dal civico 1 di via Lope de Vega, zona Famagosta, prima di fermare in viale Liguria una pattuglia dei carabinieri. “Ho ucciso mia moglie”, ha detto subito ai militari. Con loro è tornato nell’appartamento al quarto piano del caseggiato popolare dove nel frattempo erano già arrivati i soccorritori del 118 e della polizia, chiamati dal figlio e dai vicini. Oggi la condanna all’ergastolo, le cui motivazioni saranno depositate entro 30 giorni.

 


Link