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Antonio Matuozzo, 65 anni, parrucchiere in pensione, separato, già condannato per molestie sessuali. Uccide la convivente con 56 coltellate. Condannato a 30 anni per omicidio volontario aggravato, secondo il suo legale è una pena da boss mafioso

Barbarano Romano (Viterbo), 12 Ottobre 2013


Titoli & Articoli

Uccide la compagna a coltellate e si costituisce ai carabinieri (Viterbo News – 13 ottobre 2013)
Anna Maria Cultrera, 61 anni, è stata raggiunta nel sonno da dieci fendenti. Antonio Matuozzo, 65 anni, di origine napoletana, è stato rinchiuso in carcere
VITERBO – Ha ucciso la compagna con un coltello da cucina poi ha chiamato i carabinieri per costituirsi. Il fatto è accaduto intorno alle 4 di oggi, sabato 12 ottobre, al civico 60 di via IV Novembre, a Barbarano Romano. La vittima si chiamava Anna Maria Cultrera, aveva 61 anni, ed era originaria di Viterbo. Si era trasferita da poco nel piccolo centro della Tuscia insieme al compagno Antonio Matuozzo, 65 anni, di origine napoletana, con il quale aveva instaurato un rapporto dopo il divorzio con l’ex marito. Proprio per questo motivo non erano molto conosciuti in paese. ‘’Persone riservate, tranquille, che non partecipavano tanto alla vita della comunità’’, dicono di loro in paese. I due avevano dei figli dai precedenti matrimoni, erano entrambi pensionati e avevano deciso di vivere nel tranquillo borgo di Barbarano Romano. Una vita serena fino alle 4 di questa notte, quando Matuozzo ha deciso di mettere fine alla vita della compagna. Ha afferrato un coltello da cucina e l’ha uccisa: una decina di coltellate, una anche alla gola, mentre la donna si trovava nel letto. Poi la telefonata ai carabinieri della stazione locale per costituirsi. E’ stato lo stesso Matuozzo, che già in passato aveva avuto problemi con la giustizia per reati contro la persona e abusi sessuali (aveva da poco finito di scontare una pena a 4 anni e mezzo) ad aprire il portone di casa agli uomini del comandante Marco Stella. Li ha fatti entrare nell’appartamento e li ha accompagnati nella camera, dove la donna giceva ancora a letto in una pozza di sangue. Il 65enne, quindi, è stato trasferito nella caserma di Ronciglione, dove ad attenderlo c’era il pm Fabrizio Tucci per l’interrogatorio. Il corpo della donna, invece, è stato portato a Belcolle. Adesso l’uomo si trova rinchiuso nel carcere di Mammagialla.

Uccise la convivente con 56 coltellate: condannato a 30 anni (il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio – 8 ottobre 2015)
Confessò di avere ucciso la convivente colpendola con un grosso coltello da cucina; più di 50 i colpi che massacrarono Anna Maria Cultrera nell’ottobre 2013. Per questi fatti, oggi, Antonio Matuozzo, 67enne di origini napoletane, è stato condannato dalla I Corte d’assise d’appello di Roma a 30 anni di reclusione per l’accusa di omicidio volontario premeditato.
I giudici hanno così confermato la sentenza emessa dal gup di Viterbo nel novembre 2014 a conclusione del processo di primo grado che si svolse col rito abbreviato.
Era la notte tra l’11 e 12 ottobre 2013 quando, a Barbarano Romano, in provincia di Viterbo, intorno alle 3.30, Matuozzo uccise a coltellate la sua convivente. Fu lui stesso ad avvertire i carabinieri. «Venite, ho ucciso la mia convivente», disse al telefono ai militari. Matuozzo, pensionato separato, aveva un pregiudizio ‘importantè: una molestia sessuale per la quale aveva avuto una misura restrittiva, e una condanna ormai definitiva. Colpì Anna Maria Cultrera (pensionata ex dipendente di Poste Italiane, e divorziata) mentre la donna dormiva, proprio «per non farla soffrire». A scatenare la follia forse la gelosia.

Omicidio di Barbarano Romano – La difesa ricorre in Cassazione (Tuscia Web – 16 marzo 2016)
“A Matuozzo la stessa pena di un boss mafioso”
“La pena doveva essere severa, ma anche giuridicamente giusta”
. E’ tutto qui il motivo del ricorso in Cassazione di Antonio Matuozzo, 68enne napoletano che uccise a coltellate la compagna Anna Maria Cultrera nel 2013, a Barbarano Romano. La Corte d’Assise d’appello, l’anno scorso, ha confermato la sentenza di primo grado del tribunale di Viterbo: trent’anni di carcere per omicidio volontario aggravato da premeditazione e minorata difesa. Anna Maria, 61 anni, ex dipendente alle poste, fu colpita nel sonno da una raffica di coltellate. Il medico legale Giorgio Bolino, consulente della procura per l’autopsia, ne contò almeno 50.
Matuozzo prese il massimo della pena, nonostante il rito abbreviato. Una sentenza troppo dura per l’avvocato Enrico Valentini, firmatario del ricorso in Cassazione che, in 73 pagine, elenca i motivi che rendono quella condanna “giuridicamente ingiusta”. Dalle attenuanti generiche non concesse alla svalutazione del comportamento collaborativo dell’imputato.
Matuozzo non tentò neppure di scappare: fu lui ad avvertire i carabinieri in quella notte di pioggia, il 12 ottobre di tre anni fa. Gli uomini del comandante Marco Stella erano praticamente già lì: l’appartamento preso in affitto dalla coppia, in viale IV novembre, distava pochi passi dalla caserma. Dopo arrivarono il nucleo operativo radiomobile di Ronciglione e il pm Fabrizio Tucci.
Matuozzo confessò subito e con dovizia di particolari. E la difesa, adesso, nota quanto poco sia stata apprezzata la sua collaborazione. “Matuozzo paga per il proprio crimine come se non avesse mai confessato”, si legge nel ricorso alla Suprema Corte. Ma anche “come se fosse sempre stato del tutto psichicamente sano ed equilibrato”, o “come se avesse sempre avuto una vita facile e serena”. In realtà, dal tradimento della moglie in poi, per lui sarà tutto in salita, tra due tentativi di suicidio e un disturbo bipolare da curare coi farmaci.
La difesa fa il paragone con Giorgio De Vito, conterraneo di Matuozzo, assistito da Valentini condannato a 17 anni per l’omicidio della trentenne di Civita Castellana Marcella Rizzello: in quel caso, la Corte d’Assise d’appello concedeva le attenuanti generiche “non potendosi non tenere conto della lunga serie di sofferenze psichiche” non sfociate in malattia mentale, ma che “hanno certamente influito in modo negativo e involontario sulla psiche dell’imputato”. Quella di Matuozzo, per la difesa, è “una psiche già minata dalla malattia, che crollava totalmente” nel momento in cui la compagna decide di cacciarlo di casa.
L’avvocato smonta la solidità delle aggravanti. Tanto la premeditazione – definita ‘debole’ in più punti del ricorso – quanto la minorata difesa: l’aver colpito Anna Maria nel sonno per non lasciarle scampo. Matuozzo la racconta diversamente: “Dopo aver aspettato che lei si fosse addormentata, per non farla soffrire, ho preso un coltello per l’arrosto dalla cucina e l’ho colpita”. “Possibile – chiede la difesa – che Matuozzo meritasse la pena base dell’ergastolo come la merita un boss mafioso che stermini i propri nemici o uccida i testimoni di giustizia o causi la morte di civili innocenti o di un carabiniere o di un magistrato?”. Per i legali, quella sentenza troppo dura è da annullare.

 

 


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