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Alessandro Alleruzzo, 50 anni. Figlio di un boss mafioso, uccide la sorella con due colpi di pistola e la getta in un pozzo. Ergastolo

Paternò (Catania), 30 Maggio 1995


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Uccise la sorella sposata perché tradiva il marito, in manette il figlio del boss Alleruzzo (FanPage – 4 giugno 2021)
Svolta nel caso di Nunzia Alleruzzo, scomparsa misteriosamente di casa nel maggio del 1995 e poi ritrovata cadavere tre anni dopo in un pozzo. La donna sarebbe sta uccisa dal fratello Alessandro, figlio del boss dell’omonimo clan mafioso. Secondo un collaboratore di giustizia, lo stesso Alleruzzo gli avrebbe “raccontato di aver ucciso la propria sorella per riscattare l’onore della famiglia”.
Barbaramente uccisa dal fratello solo perché aveva osato innamorarsi di un altro uomo tradendo il marito, così è morta Nunzia Alleruzzo, scomparsa misteriosamente di casa nel maggio del 1995 e poi ritrovata cadavere tre anni dopo in un pozzo. La svolta nel caso è arrivata oltre 25 anni dopo grazie alle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia che hanno portato in manette il fratello della donna Alessandro Alleruzzo, figlio del boss mafioso deceduto Giuseppe e destinatario nelle scorse ore di una misura di custodia cautelare eseguita dai carabinieri di Catania. Secondo un pentito lo stesso Alleruzzo gli avrebbe “raccontato di aver ucciso la propria sorella per riscattare l’onore della famiglia”. Per gli inquirenti si tratta di un efferato omicidio condotto con gli stessi sistemi mafiosi in cui si muoveva la famiglia Alleruzzo, storico clan del Catanese legato a Cosa nostra, e per un preteso fine di riscattare l’onore della famiglia mafiosa.
Nunzia Alleruzzo era sparita nel nulla il 30 maggio del 1995, quel giorno il figlio di 5 anni disse di averla vista uscire di casa con suo zio Alessandro ma le reticenze e l’omertà impedirono di scoprire la verità fino a quando lo stesso clan, con alcune telefonate anonime, permise ai carabinieri del Nucleo operativo della compagnia di Paternò di scoprire i resti della stessa donna all’interno di un pozzo tra cui un teschio con due fori causati da colpi di arma da fuoco. A ucciderla sarebbe stato lo stesso fratello, ma per oltre 25 anni il mistero attorno alla morte di Nunzia Alleruzzo è rimasto.
Il ritrovamento del corpo di Nunzia Alleruzzo
Come rivelano i carabinieri, solo le recenti dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, Francesco Bonomo, Antonino Giuseppe Caliò e Orazio Farina, hanno permesso di ricostruire dinamica e movente del delitto. La donna sarebbe stata assassinata perché secondo il fratello aveva leso l’onore della sua famiglia tradendo il marito. Calò ha detto di “avere appreso direttamente da Alessandro Alleruzzo” che era stato lui ad “avere ucciso la sorella, sporcandosi di sangue e terra per averla dovuta trascinare, per riscattare l’onore della famiglia”, affermazioni confermate anche dalle intercettazioni nella cella del carcere di Asti dove erano detenuti altri membri del clan mafioso. A fare ritrovare il cadavere, sempre secondo i racconti dei pentiti, sarebbe stato Santo Alleruzzo, reggente del clan all’epoca dei fatti, che dal carcere avrebbe intimato a suo cugino Alessandro di “fare ritrovare il corpo della sorella per darle sepoltura”.

Nunzia Alleruzzo fu uccisa con una pistolettata alle spalle (la Sicilia – 14 giugno 2021)
Il foro d’entrata dal basso verso l’alto mentre la figlia del boss era davanti al killer
Un colpo d’arma da fuoco di calibro 7,65 – esploso con direzione da sinistra a destra, lievemente dal basso in alto e da dietro in avanti – alla regione occipitale sinistra. L’uomo che ai primi di giugno del 1995 uccise Nunzia Alleruzzo – la figlia del boss Pippo, a sua volta legato a doppio filo alla famiglia Santapaola – non ebbe nemmeno il coraggio di guardare in volto la donna, inerme, che stava per ammazzare.
Non si trattò di una esecuzione in piena regola, stando a quanto appurato dopo il ritrovamento di quei poveri resti, in seguito di una telefonata anonima, il 25 marzo di tre anni dopo in un pozzo delle campagne di Paternò. Secondo il medico legale al quale furono affidate quelle ossa «il tiratore, al momento della esplosione del colpo, si trovava alla sinistra della vittima e lievemente dietro a essa». Chiaro, tutto questo può anche voler dire poco. Ma se si pensa che dieci giorni fa i carabinieri della compagnia di Paternò hanno arrestato per questo terribile omicidio proprio il fratello della vittima, Alessandro Alleruzzo, ecco che questo insignificante particolare può anche non essere più soltanto di secondo piano. Perché si può essere spietati finché si vuole ma ammazzare una persona di famiglia deve determinare delle implicazioni, a tutti i livelli, non di poco conto. E in questo caso, sempre che a sparare sia stato Alessandro, la scelta di non guardare in faccia la vittima deve avere rappresentato una sorta di scappatoia.
Ciò anche se, almeno a detta dei collaboratori di giustiziache hanno permesso di chiarire questo “cold case” – Francesco Bonomo, Antonino Giuseppe Caliò e Orazio Farina – Alessandro Alleruzzo non di rado si sarebbe straziato per avere tolto la vita a Nunzia: «L’ho dovuta ammazzare per “lavare” l’onore della famiglia e mentre la trascinavo per portarla nel pozzo mi sono sporcato del suo sangue…. E’ stato terribile, ma ho dovuto farlo, perché lei aveva abbandonato il marito e perché era solita intrattenersi, anche uscendo di casa a tarda ora dopo avere lasciato i figli a una parente, con altri uomini di malavita. Alcuni in aperto contrasto con la mia famiglia».
Di tali contrasti i familiari di Nunzia e Alessandrotestimoniarono a più riprese, ma quando il caso fu riaperto, alcuni mesi addietro, gli stessi familiari procedettero con una serie impressionante di ritrattazioni. Anche su particolari banali. Motivo per cui l’autorità giudiziaria – in testa il procuratore Carmelo Zuccaro e il sostituto Andrea Bonomo – si sarebbe convinta che qualcosa di più dei semplici “si dice” doveva esserci su Alessandro. Che per inciso, il giorno della scomparsa di Nunzia, era stato visto allontanarsi con la sorella.
Fra l’altro di quei resti non si sarebbe dovuto trovare più nulla, ma – sempre a detta dei collaboratori di giustizia – sarebbe stato Santo Alleruzzo “ ‘a vipera”, uomo forte della famiglia, ancor di più dopo gli arresti che hanno colpito a ripetizione i “vicini” Assinnata, a ordinare ad Alessandro di favorire il rinvenimento del cadavere. Un gesto di pietà per una donna che era pur sempre sangue del loro sangue.
E, a proposito degli Assinnata, dopo la riapertura delle indagini, la notizia che i carabinieri avevano imboccato la pista giusta, grazie anche al contributo dei collaboratori di giustizia, fu anticipata dal nostro giornale. Quella pagina, così come scrive nell’ordinanza emessa contro Alessandro Alleruzzo (per omicidio volontario pluriaggravato) dal Gip Santino Mirabella, arrivò in breve al carcere di Asti, là dove Turi Assinnata era detenuto assieme a uno degli uomini sospettati di avere intrattenuto una lunga relazione con Nunzia Alleruzzo. I due commentarono a più riprese la notizia, chiedendosi come mai quella pagina è sul tavolo di un ispettore della polizia penitenziaria: «Come mai questi fogli sono a Torino?… Cornuta la miseria… Questa cosa mi fa impazzire…. La Procura di Catania che apre vecchi faldoni… Nuovissimi pentiti… A quest’ora a Paternò c’è ‘u ugghi ugghi… Oggi ne abbiamo 12, segniamo la giornata di oggi».

“Uccise sorella per onore”: chiesta conferma ergastolo per Alessandro Alleruzzo (La Sicilia – 19 febbraio 2024)
Processo in appello per il figlio del boss di Paternò
La Procura generale di Catania ha chiesto, in appello, la conferma della condanna all’ergastolo di Alessandro Alleruzzo, figlio dello storico capomafia deceduto di Paternò, Giuseppe, per l’omicidio della sorella Nunziatina, assassinata con due colpi di pistola nel 1995. La sentenza di primo grado è stata emessa il 14 novembre 2022 dalla Corte d’assise etnea. L’omicidio, secondo l’accusa, sostenuta in aula dalla pg Giovannella Scaminaci, sarebbe stato commesso perché la vittima tradiva il marito con esponenti del suo clan e di uno rivale. Il collegio di difesa, con gli avvocati Giovanni Spada e Roberto D’Amelio, ha respinto tutte le contestazioni e ha chiesto l’assoluzione dell’imputato, presente in aula. La Corte d’assise d’appello ha aggiornato l’udienza per eventuali repliche e la camera di consiglio per il prossimo 24 aprile.
La donna era scomparsa di casa il 30 maggio 1995. Quel giorno il figlio di cinque anni disse di avere visto la madre uscire di casa con suo zio Alessandro. Secondo un pentito lo stesso Alleruzzo gli avrebbe “raccontato di aver ucciso la propria sorella per riscattare l’onore della famiglia”. I resti della donna furono trovati il 25 marzo 1998 da carabinieri di Paternò dopo due telefonate anonime. Per l’omicidio della sorella, Alessandro Alleruzzo, 50 anni, era stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare eseguita da militari dell’Arma il 4 giugno del 2021. Ad alcuni compagni di prigione, quando era detenuto, aveva confidato che aveva sparato due colpi di pistola in testa a ‘Nunziatina’ e di averne poi “trascinato il corpo e di averlo buttato in un pozzo” per “riscattare l’onore della famiglia”.
A permettere di ricostruire dinamica e movente del ‘cold case’ mafioso sono state l’inchiesta della Dda di Catania e le indagini dei militari dell’Arma della compagnia di Paternò dopo le rivelazioni di tre collaboratori di giustizia. Alessandro Alleruzzo è il figlio del defunto boss Giuseppe che negli anni ’70 e ’80 guidava il gruppo di Paternò di Cosa nostra, al centro di sanguinose faide mafiose, legato alla famiglia Santapaola di Catania. E’ anche cugino di Santo Alleruzzo, 68 anni, noto come ‘la vipera’, ritenuto il reggente del clan fino al suo ultimo arresto avvenuto nell’ambito dell’operazione “Sotto scacco” della Dda di Catania. Nell’ambito di guerre di mafia il boss Giuseppe Alleruzzo subì l’assassinio della moglie e del figlio e per questo decise di collaborare con la giustizia.


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